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    Predefinito Rif: CONOSCERE IL CONSERVATORISMO

    Tutto il CONSERVATORISMO su Wikipedia, l'enciclopedia libera



    Conservatorismo
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera



    Il conservatorismo è una corrente politica che, in linea con il tradizionalismo, diffida dei cambiamenti improvvisi (la cui massima espressione è il concetto di rivoluzione) e sostiene l'opportunità di preservare un determinato stato politico, sociale e religioso.

    Indice

    1 Ideologia e contraddizioni
    2 Il conservatorismo in Europa
    2.1 Conservatorismo liberale
    2.2 Conservatorismo nazionale
    2.3 Cristianesimo democratico
    2.4 Conservatorismo tradizionalista
    3 Il conservatorismo negli Stati Uniti
    3.1 Conservatorismo sociale
    3.2 Teoconservatorismo
    3.3 Neoconservatorismo
    3.4 Paleoconservatorismo
    4 Note
    5 Bibliografia


    Ideologia e contraddizioni

    Il termine "conservatore" in genere connota i partiti della destra politica o del centro-destra. È alquanto difficile tuttavia dare una precisa definizione del conservatorismo. Molti partiti assumono espressamente il nome di "Partito Conservatore". Sono, di solito, partiti che pongono l'accento sui concetti di patria, fede, famiglia, ordine sociale. Sono partiti tanto liberali, quanto sociali. Nella maggior parte dei casi sono favorevoli al libero mercato, ma a volte "conservatori" sono anche partiti che accentuano il ruolo di controllo dello Stato nell'economia.

    Queste contraddizioni sono dovute all'evoluzione storica del conservatorismo. Infatti, in origine, i conservatori (si pensi ai Tories inglesi) erano a favore del protezionismo, osteggiavano il libero mercato e assumevano una posizione piuttosto statalista e comunitarista; in seguito, specie grazie all'apporto di leader come Margaret Thatcher e Ronald Reagan, il conservatorismo si è definitivamente riconciliato con il libero mercato, il liberismo economico e l'individualismo.

    I contenuti culturali circa le questioni etiche (aborto, omosessualità, droghe, ecc.) sono molto condizionati dalla confessione religiosa prevalente praticata nello Stato dove è presente il singolo partito, anche se nell'Europa settentrionale (Regno Unito e Paesi scandinavi), i conservatori tendono ad essere laici, tanto da spingere alla nascita di partiti democristiani alternativi in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca.

    I conservatori non sono favorevoli all'immobilismo sociale ma si dichiarano più che altro fautori di una progresso graduale (concetto non dissimile a quello di riformismo) che accompagni la società senza sconvolgerne le caratteristiche ed i parametri di riferimento.


    Il conservatorismo in Europa

    Il conservatorismo europeo ha un carattere prevalentemente moderato. Spesso i partiti d'ispirazione conservatrice hanno rappresentato nei vari Paesi la stabilità del governo e dell'ordine costituito. I conservatori europei, espressione dei ceti borghesi, sono spesso aperti in tema di diritti civili e si distinguono perciò dai democristiani, che sono di solito eticamente conservatori. Questa è anche la ragione per la quale questi ultimi si sono diffusi nei paesi a maggioranza cattolica e meno in quelli protestanti, dove i conservatori, assieme ai partiti borghesi di ispirazione liberale, hanno avuto il sopravvento.

    Sebbene i caratteri tipici del conservatorismo odierno (patriottismo, famiglia e libero mercato) siano comuni a tutti i partiti che si ispirano a tale tradizione politica, non mancano alcune varianti che hanno accentuato un aspetto più di un altro o che più si sono contaminate con altre tradizioni politiche, come il liberalismo e il nazionalismo, o religiose, come il Cristianesimo e in particolare il cattolicesimo.

    All'interno del movimento conservatore si possono dunque trovare diverse tendenze, tra le quali spicca il cristianesimo democratico (che nei paesi a forte presenza cattolica ha dominato il centro-destra e che tuttavia contiene al suo interno anche correnti più progressiste in campo economico, le correnti cristiano-sociali), il conservatorismo liberale (forte nei Paesi dell'Europa settentrionale e oggi diffuso anche nel resto del continente) e il conservatorismo nazionale.

    Nel Parlamento Europeo i gruppi che maggiormente rappresentano i valori conservatori sono quelli del Gruppo del Partito Popolare Europeo (alleanza del Partito Popolare Europeo, democristiano, e l'Unione per l'Europa delle Nazioni (emanazione dell'Alleanza per l'Europa delle Nazioni).

    - Conservatorismo liberale

    Il conservatorismo liberale o liberal-conservatorismo è una variante del conservatorismo che combina la classica preoccupazione conservatrice per tradizione, rispetto per l'autorità e, talvolta, valori religiosi con idee liberali, specialmente in campo economico (liberalismo economico, che difende capitalismo di mercato libero). Di solito il conservatorismo liberale è un'area politica dove trovano spazio i conservatori dei Paesi dove le idee economiche liberali sono considerate tradizionali e quindi conservatrici. Di converso esiste anche una tendenza del liberalismo, il liberalismo conservatore, che tende ad essere strettamente collegata con l'idea economica di liberismo e che quindi si colloca su un versante conservatore all'interno del movimento liberale.

    Esistono tuttavia alcuni Paesi dove i movimenti liberal-conservatori sono molto più grandi delle loro controparti liberali, e perciò i termini "liberali" e "conservatori" possono diventare sinonimi (come in Australia) o possono essere ridefiniti (come negli Stati Uniti, dove i conservatori utilizzano il termine conservative mentre il termine liberal è generalmente utilizzato per riferirsi a un movimento progressista che in Europa sarebbe definito liberale sociale). La tradizione conservatrice negli Stati Uniti d'America combina l'individualismo economico dei liberali classici con una forma di conservatorismo alla Edmund Burke, che è diventato parte della tradizione conservatrice americana, grazie ad autori come Friedrich von Hayek, Frank Meyer, Milton Friedman, Russell Kirk e William Buckley.

    Da un punto di vista europeo, negli Stati Uniti, i membri del Partito Repubblicano possono essere definiti come conservatori, mentre sono liberal (sinonimo di progressisti o liberali sociali) i membri del Partito Democratico.

    - Conservatorismo nazionale

    Il conservatorismo nazionale o nazional-conservatorismo è una variante del conservatorismo che combina ad esso elementi di nazionalismo, pur non essendo catalogabile come ideologia di estrema destra. Se i partiti conservatori fanno sovente della patria e dell'identità nazionale due temi importanti, quelli nazional-conservatori mettono questi concetti al centro della loro azione politica. Per questo, se i liberal-conservatori sono da considerarsi la "sinistra" del movimento conservatore, i nazional-conservatori ne sono la "destra".

    Mettere al centro della propria azione politica l'identità nazionale significa anche difesa della tradizione religiosa, culturale e linguistica del Paese. Secondo uno studioso austriaco, "il conservatorismo nazionale esalta la famiglia come casa e centro dell'identità, della solidarietà e dell'emozione"[1]. Tutto ciò porta i nazional-conservatori ad assumere posizioni fortemente conservatrici sul piano etico-sociale e a osteggiare con decisione l'immigrazione, il multiculturalismo e la globalizzazione, tutti fenomeni che, nel loro pensiero, finirebbero per danneggiare l'identità di un Paese. I nazional-conservatori non sono in genere entusiasti sostenitori del mercato, così da essere, sul piano dei rapporti con l'esterno, più inclini al protezionismo e, su quello interno, ad un forte intervento dello Stato in economia, volto a favorire la coesione sociale.

    - Cristianesimo democratico

    Il Cristianesimo democratico è un movimento politico che rappresenta sul piano politico i valori cristiani e li traduce in politica pubblica. L'espressione democrazia cristiana, nata in ambiente cattolico ed europeo, ha a lungo contraddistinto un'ideologia politica che combina un conservatorismo sotto il profilo dei costumi e dell'etica tradizionale (i democristiani sono in gran parte contrari all'aborto e al matrimonio omosessuale) a una visione più attenta al sociale dei conservatori tradizionali.

    Il cristianesimo democratico considera l'economia al servizio dell'umanità, ciò non toglie che la quasi totalità dei partiti democristiani non mettano in discussione il capitalismo in sé e per sé, anche se ne possono criticare alcuni elementi, come del resto fanno anche i liberali (critici del monopolio) e, ovviamente, le sinistre più o meno radicali. Negli ultimi decenni tuttavia molti partiti democristiani europei hanno abbracciato politiche liberiste, mentre si sono moderati sul piano culturale e morale. Il modello caro ai democristiani rimane in ogni caso quello dell'economia sociale di mercato.

    Le politiche e le priorità dei partiti democristiani spesso differiscono da un Paese all'altro, ma, in ogni caso, è possibile rintracciare una serie di caratteristiche che accomunano la maggior parte di questi. Secondo la definizione di Geoffrey K. Roberts e Patricia Hogwood "dal punto di vista ideologico, il cristianesimo democratico ha incorporato molte delle idee sostenute dai liberali, dai conservatori e dai socialisti, all'interno di una più vasta cornice di principi morali e cristiani"[2]. La principale differenza tra il cristianesimo democratico e il conservatorismo europeo è la maggiore caratterizzazione religiosa (anche se non necessariamente confessionale) del primo, a fronte del profilo sostanzialmente laico del secondo.

    - Conservatorismo tradizionalista

    Il Conservatorismo tradizionalista, conosciuto anche come "conservatorismo classico", "Tradizionalismo" o "Torismo", descrive una filosofia politica situata nell'alveo del Conservatorismo che sottolinea la necessità - filosofica, etica e pratica - dei principi della Legge naturale e dell'ordine morale trascendente, della tradizione, dell'unità organica e gerarchica, della vita rurale, del classicismo e della cultura elevata, e della Fedeltà. [3] Alcuni tradizionalisti hanno abbracciato i termini di "Reazione" e di "Controrivoluzione", riferendosi alla decadenza della società provocata dall'Illuminismo. Poiché i conservatori tradizionalisti hanno una visione gerarchica della società essi difendono la struttura politica di tipo monarchico come l'assetto sociale più naturale e benefico. Il Tradizionalismo - sebbene non si incarni in un preciso modello politico - è esistito dacché è cominciata la civiltà; la sua espressione contemporanea, tuttavia, si sviluppò nel XVIII secolo, soprattutto in risposta alla Guerra civile inglese e alla Rivoluzione Francese.

    Negli Stati Uniti d'America il conservatosimo tradizionalista non si organizzò in una omogenea corrente intellettuale e politica sino alla metà del XIX secolo. La coagulazione del conservatorismo tradizionalista statunitense nacque all'interno di un cenacolo di professori universitari che respingevano le nozioni di individualismo, di liberalismo, di modernità e di progresso sociale e rinnovarono l'interesse in ciò che Thomas Stearns Eliot definiva "Le cose permanenti" (quelle verità sempiterne che sopravvivono ai mutamenti temporali e quelle istituzioni sociali fodnamentali, come la Chiesa, la Famiglia, la comunità locale). Sovente il conservatorismo tradizionalista negli Stati Uniti confluisce nel Paleoconservatorismo.


    Il conservatorismo negli Stati Uniti

    Il conservatorismo statunitense si differenzia per molti versi da quello europeo. Sebbene non manchino varianti dello stesso (più inclini al conservatorismo liberale o a quello nazionale di stampo europeo) e nei diversi periodi storici abbia avuto diverse sfaccettature, esso si è caratterizzato in modo del tutto singolare. Il movimento conservatore (in origine caratterizzato principalmente dal protezionismo e dall'isolazionismo) è stato a lungo minoritario in entrambi i partiti e solo negli ultimi quarant'anni ha trovato casa nel Partito Repubblicano, essendo stato precedentemente forte soprattutto negli Stati del Sud, dominati dal Partito Democratico.

    Oggi i conservatori staunitensi si distinguono da quelli europei per l'intensità con la quale sostengono il liberismo (nell'accezione di libertarianismo e di Stato minimo) e soprattutto per la caratterizzazione religiosa e cristiana. Il successo del movimento conservatore, e dunque del Partito Repubblicano negli ultimi decenni, è dovuta precisamente al connubio tra liberismo economico e difesa dei valori cristiani. Da questo punto di vista, i conservatori americani hanno una posizione molto più dura in tema di diritti civili e osteggiano con vigore aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale e fecondazione artificiale. Di converso essi sono in genere strenui difensori della pena di morte.

    Tra le varie correnti del Partito Repubblicano si possono ricordare i social conservatives e la Religious Right (entrambi, per semplificare, di stampo teocon), i libertarians (liberali a tutto tondo), i fiscal conservatives (strenui sostenitori del rigore di bilancio), i moderates (quelli che un tempo avremmo chiamato Rockefeller Republicans), i paleoconservatives (inclini al protezionismo e al nativismo) e i neoconservatives. Nel Partito Democratico sono conservatori i membri della Blue Dog Coalition e moderati (cioè fiscally conservative e a favore del libero commercio a livello internazionale), e i New Democrats, molti dei quali sono riuniti nel Democratic Leadership Council.

    - Conservatorismo sociale

    Il conservatorismo sociale è quella corrente del conservatorismo americano che si occupa prevalentemente delle tematiche etico-sociali, opponendosi strenuamente all'aborto, all'eutanasia e al matrimonio gay, e proponendo politiche generose nei confronti della famiglia, considerata cellula fondamentale della società.

    - Teoconservatorismo

    Il teoconservatorismo è una corrente del movimento conservatore americano che, oltre ad abbracciare le posizioni care ai conservatori sociali di cui sopra, prefigura una meno netta distinzione tra sfera religiosa e dello Stato e fa discendere le sue posizioni, non tanto dalla tradizione come fanno i conservatori sociali, ma dalla Sacra Scrittura.

    Con il termine teocon (theocon) ci si riferisce solitamente ad appartenenti a branche del mondo cristiano che sono schierati su posizioni considerate conservatrici, o che uniscono un'ideologia politicamente conservatrice con la difesa di alcuni temi sociali a forte impronta religiosa. Si tratta in genere di appartenenti alla tradizione protestante degli Stati Uniti. Spesso il termine è erroneamente confuso con neocon. Sebbene alcuni theocons possano essere vicini al movimento neocon e viceversa, si tratta di due concetti molto diversi, riferendosi, il primo, al rapporto tra politica e religione e, il secondo, a una particolare teoria di politica estera.

    - Neoconservatorismo

    Il neoconservatorismo è una corrente che si occupa prevalentemente di politica estera. Di origine liberal, i neoconservatori sono più aperti nel campo dei temi etici rispetto ad altre correnti conservatrici e non si oppongono più di tanto ai principi del big government e propongono solo limitate restrizioni alla spesa sociale. Dal punto di vista della politica estera, il movimento sostiene l'utilizzo della forza militare, se necessario in maniera unilaterale, per sostituire regimi dittatoriali con democrazie. Questa visione è contraria all'internazionalismo, al realismo e all'isolazionismo.

    - Paleoconservatorismo

    Il paleoconservatorismo è quella corrente che potremmo definire "di vecchio stile", essendo legata all'originale tradizione politica conservatrice, priva di ogni tratto liberale. I paleoconservatori, oltre a sostenere posizioni di stampo conservatore sociale, sono favorevoli all'isolazionismo e al protezionismo, sono diffidenti rispetto al mercato e si oppongono strenuamente all'immigrazione, sia illegale che legale, in ragione del cosiddetto nativism.


    Note

    1^ Rosenberger, Sieglinde, Europe is swinging towards the right - What are the effects on women?, Università di Vienna, 2002
    2^ Roberts e Hogwood, European Politics Today, Manchester University Press, 1997
    3^ Frohnen, Bruce, Jeremy Beer, and Jeffrey O. Nelson, ed. (2006) American Conservatism: An Encyclopedia Wilmington, DE: ISI Books, pp. 870-875.


    Bibliografia

    Borgognone, Giovanni, La destra americana. Dall'isolazionismo ai neocons, Roma-Bari, 2004
    Burke, Edmund, Riflessioni sulla Rivoluzione Francese, Roma, 1984
    Goldwater, Barry, The Conscience of a Conservative, New York, 1960
    Kirk, Russell, The Conservative Mind. From Burke to Eliot, Chicago, 1953
    Micklethwait, John e Wooldridge, Adrian, The Right Nation. Conservative Power in America, New York, 2004
    Schneider, Gregory, Conservatism in America since 1930, New York-Londra, 2003
    Scruton, Roger, Manifesto dei conservatori, 2007
    Veneziani, Marcello, La cultura della destra, Roma-Bari, 2002
    Catà, Cesare, Da radici inabbandonabili. Leo Strauss e la Rivoluzione Conservatrice, in A. Morganti (a cura di), Atti del Convegno “Neocons tra reinvenzione della storia e prassi”, Il Cerchio, Rimini 2007, pp. 43-71
    Nolte, Ernst, La rivoluzione conservatrice, (a cura di Luigi Iannone), Rubbettino, 2009


    Conservatorismo, Conservatorismo - Wikipedia



    Tutto il Conservatorismo su Wikipedia, The Free encyclopedia (inglese):

    Conservatism, Conservatism - Wikipedia, the free encyclopedia

    Scuole

    Cultural Conservatism, Cultural conservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Liberal conservatism, Liberal conservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Social conservatism, Social conservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    National conservatism, National conservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Neoconservatism, Neoconservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Paleoconservatism, Paleoconservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Right-libertarianism, Right-libertarianism - Wikipedia, the free encyclopedia

    Idee

    Fiscal Conservatism, Fiscal conservatism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Economic liberalism, Economic liberalism - Wikipedia, the free encyclopedia
    Property, Property - Wikipedia, the free encyclopedia
    Rule of law, Rule of law - Wikipedia, the free encyclopedia
    Social order, Social order - Wikipedia, the free encyclopedia

    Organizzazioni

    Conservative political parties, Conservative political parties - Wikipedia, the free encyclopedia
    International Democrat Union, International Democrat Union - Wikipedia, the free encyclopedia
    European Democrats, European Democrats - Wikipedia, the free encyclopedia

    Varianti nazionali

    Conservatism in Germany, Conservatism in Germany - Wikipedia, the free encyclopedia
    Conservatism in the United States, Conservatism in the United States - Wikipedia, the free encyclopedia

    - Tories (UK)
    Tories (political faction), Tory (British political party) - Wikipedia, the free encyclopedia
    Ultra-Tories, Ultra-Tories - Wikipedia, the free encyclopedia

    - Conservative Party (UK)
    Conservative Party, Conservative Party (UK) - Wikipedia, the free encyclopedia
    History of The Conservative Party, History of the Conservative Party - Wikipedia, the free encyclopedia
    Leaders of The Conservative Party, Leaders of the Conservative Party - Wikipedia, the free encyclopedia

    - Republican Party (USA)
    Republican Party (United States), Republican Party (United States) - Wikipedia, the free encyclopedia
    Factions in the Republican Party (United States), Factions in the Republican Party (United States) - Wikipedia, the free encyclopedia
    History of the United States Republican Party, History of the United States Republican Party - Wikipedia, the free encyclopedia


    In italiano:

    Conservatorismo, Conservatorismo - Wikipedia
    Conservatorismo liberale, Conservatorismo liberale - Wikipedia
    Conservatorismo nazionale, Conservatorismo nazionale - Wikipedia
    Cristianesimo democratico, Cristianesimo democratico - Wikipedia
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    Predefinito Rif: CONOSCERE IL CONSERVATORISMO

    I.D.I.S. - Istituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale
    Voci per un Dizionario del Pensiero Forte



    Edmund Burke (1729-1797)

    di Marco Respinti





    1. La vita e le opere

    Edmund Burke nasce a Dublino, in Irlanda, il 12 gennaio 1729 da padre anglicano e da madre cattolica: con il fratello Richard viene educato da anglicano perché possa, in futuro, intraprendere la carriera pubblica; la sorella, invece - com'era costume nell'Irlanda del tempo -, riceve un'educazione cattolica. Ma l'ambiente cattolico in cui de facto vive, gli studi coltivati e la stessa appartenenza etnica contribuiscono a creare in lui quello che è stato definito "stampo di pensiero cattolico". Dal 1743 al 1748 studia arti liberali al Trinity College di Dublino formandosi su autori classici greci e latini: Cicerone (106-43 a. C.) e Aristotele (384-322 a. C.) esercitano sul futuro parlamentare un'influenza profonda come maestri, rispettivamente, di retorica e di pensiero - lo stesso Burke verrà poi considerato uno dei massimi prosatori di lingua inglese - e di filosofia politica. Nel 1750, a Londra, studia diritto al Middle Temple: presto però, stanco del pragmatismo materialista e della metodologia meccanicista di cui è impregnato l'insegnamento, contrariando il padre, l'abbandona e si dà alla carriera letteraria.

    Ma, con il tempo, il futuro statista acquisisce comunque una seria conoscenza del diritto europeo continentale e di quello britannico, dalla romanistica al Common Law. Estimatore e conoscitore del diritto naturale antico e moderno, approfondisce il pensiero di Cicerone e degli stoici latini, e, fra i moderni, quello di Richard Hooker (1553-1600), che considera come la massima fonte del diritto canonico dell'epoca della Riforma protestante. Questi, pastore anglicano autore di The Laws of Ecclesiastical Polity, detto "il Tommaso d'Aquino della Chiesa anglicana", continua, in parte e a certe condizioni, la tradizione filosofica scolastica nell'Inghilterra dopo lo scisma della prima metà del secolo XVI. Altra fonte importante della formazione e poi del pensiero burkiani è la catena dei grandi giuristi britannici, da sir Edward Coke (1552-1634) a sir William Blackstone (1732-1780) - autore dei Commentaries on the Law of England -, passando per i giurisperiti moderati, favorevoli all'incruenta "Gloriosa Rivoluzione" inglese del 1688. Peter J. Stanlis - uno dei massimi studiosi statunitensi viventi del pensiero burkiano - scrive: "È importante notare che la sua erudizione giuridica, comprendente le tradizioni del diritto naturale, del diritto delle genti, del Common Law inglese, del diritto penale e dei precedenti consuetudinari nel diritto positivo, ne imbevvero e ne informarono la filosofia politica, il senso dell'Europa come grande commonwealth di nazioni con un'eredità morale e giuridica comune e la fiducia nel cammino della tradizione lungo la storia".

    Nel maggio del 1756 l'anglo-irlandese pubblica il primo scritto, anonimo: A Vindication of Natural Society, un pamphlet che deride la filosofia libertina e deista allora in voga. Il 12 marzo 1757 sposa Jane Nugent. Nell'aprile dello stesso anno dà alle stampe A Philosophical Inquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful. In quest'opera dedicata all'estetica, indaga le fondamenta psicologiche dell'arte e ricusa l'idea di esse come semplice prodotto di rigide regole teoretiche, anticipando aspetti importanti del pensiero filosofico della maturità. Nei mesi precedenti era apparso anche l'anonimo An Account of the European Settlements in America, testo forse redatto da Will Burke - un parente di Edmund -, nel quale sono stati individuati numerosi apporti del pensatore anglo-irlandese. L'opera ottiene un buon successo e contribuisce a incrementare l'attenzione britannica sull'America. In essa, l'anonimo autore simpatizza con l'idea di libertà politica espressa dalle Colonie britanniche, mettendo in guardia i propri compatrioti circa la pericolosità di certe misure commerciali troppo restrittive.

    Il 9 febbraio 1758 Jane Burke dà alla luce il figlio Richard, che morirà nel 1794. Nel medesimo anno, Burke comincia a dirigere l'Annual Register, una corposa rassegna che, dal 1759, si occupa di storia, di politica e di letteratura, prima solo britanniche, poi anche europee continentali, e che egli dirige, anche collaborando, fino al 1765. Fra il 1758 e il 1759 scrive Essay towards an Abridgment of the English History - interrotto a re Giovanni Plantageneto, detto Senzaterra (1167-1216) -, un'opera pubblicata postuma nel 1811. In questo stesso periodo Burke inizia a frequentare Samuel Johnson (1709-1784), l'eminente letterato tory, cioè del "partito del re": nonostante la diversità delle loro opinioni politiche, fra i due intercorreranno profonde stima e amicizia.

    Nel 1759 diviene segretario privato e assistente politico di William Gerard Hamilton (1729-1796), un suo coetaneo già attivo in Parlamento. La redazione dei Tracts Relative to the Laws against Popery in Ireland - scritti frammentari pubblicati postumi nel 1797 - risale all'autunno del 1761, durante un soggiorno irlandese. Dopo la separazione da Hamilton, il pensatore anglo-irlandese si lega a Charles Watson-Wentworth, secondo marchese di Rockingham (1730-1782), divenendone presto segretario. Questi, il 10 luglio 1765, viene nominato primo ministro da re Giorgio III di Hannover (1738-1820) benché il sovrano sia assai riluttante ad affidare l'incarico a un whig, cioè del "partito del Parlamento". Eletto nel medesimo anno alla Camera dei Comuni, Burke vi diviene presto la guida intellettuale e il portavoce della "corrente Rockingham" del partito whig, la quale, peraltro, ha solo brevi successi politici fra il 1765 e il 1766 e di nuovo, per pochi mesi, nel 1782.

    Burke siede dunque nei banchi dell'opposizione per la maggior parte della propria carriera politica ed è durante questa seconda fase della sua esistenza che lo statista-pensatore pubblica le opere più note, fra cui Thoughts on the Causes of the Present Discontents nel 1770, Speech on the Conciliation with the Colonies nel 1775, Reflections on the Revolution in France nel 1790, Thoughts on the French Affairs e Appeal from the New to the Old Whigs nel 1791, nonché le Letters on a Regicide Peace, concluse nel 1796.

    Il 9 luglio 1797 Burke muore nella sua casa di campagna di Beaconsfield, in Inghilterra.


    2. Il pensiero politico-filosofico

    Gran parte dell'attività pubblica burkiana è impegnata a difendere da un lato la Chiesa anglicana dagli attacchi dei "liberi pensatori" e dei riformisti protestanti radicali, dall'altro i cattolici e i dissenzienti protestanti, lesi nei propri diritti dalla politica assolutistica del governo londinese. Ratio di quest'azione politica non è un concetto "latitudinario" di libertà religiosa, ma una visione d'insieme della natura umana e dei rapporti fra lo Stato, i corpi sociali intermedi e i singoli individui minacciati dall'assolutismo moderno. Obiettivo di Burke è garantire uguali diritti a tutti i sudditi britannici, ovunque si trovino e qualunque fede religiosa professino: diritti concreti, acquisiti storicamente in virtù della secolare tradizione costituzionale e consuetudinaria britannica - i "benefici" -, e - a partire dal 1789 francese non a caso in aspra polemica, fra l'altro, con le "libertà inglesi" - contrapposti alle astrazioni illuministico-razionalistiche della Loi e del "diritto nuovo".

    Lo statista diviene e rimane celebre per quattro "battaglie parlamentari". La prima, a tutela dei diritti costituzionali tradizionali dei coloni britannici in America, si oppone alla tassazione arbitraria, imposta dal governo londinese, e difende l'autentico significato della Costituzione "non scritta" britannica. Con lungimiranza, Burke si accorge della miccia che tale politica va innescando nella polveriera nordamericana e fa di tutto per allontanare lo spettro della perdita delle Colonie. Mai favorevole all'indipendenza che queste dichiarano nel 1776, una volta scoppiato il conflitto armato fra esse e la Corona britannica, egli giudica gli eventi come una "guerra civile" interna all'Impero - non una rivoluzione -, presto sanabile.

    La seconda battaglia parlamentare è quella condotta contro l'amministrazione pubblica, che impedisce questa volta ai sudditi irlandesi di fruire dei diritti costituzionali britannici, anche se in tema di libertà religiosa Burke non riesce ad avere altrettanto parziale successo in difesa dei compatrioti cattolici.

    In terzo luogo, lo statista chiede la messa in stato d'accusa di Warren Hastings (1732-1818), governatore generale dell'India britannica, per il suo malgoverno, ma non è ascoltato. La sua azione decisa comporta comunque qualche moderato successo e, soprattutto, è di monito - poco ascoltato - per il futuro. L'impero dove mai tramontava il sole crollerà infatti più per l'ottusità di certi suoi governanti che non per altre ragioni.

    L'ultima tenzone parlamentare burkiana ha a tema la Rivoluzione francese. Nelle Reflections on the Revolution in France - una delle opere più commentate e influenti della storia inglese moderna, pubblicata poco dopo la "presa della Bastiglia", il 14 luglio 1789 -, l'uomo politico anglo-irlandese intuisce, analizzando le premesse filosofiche che aveva visto dipanarsi lungo i decenni precedenti, l'intero corso degli eventi rivoluzionari, dal regicidio alla dittatura militare napoleonica, stigmatizzandone la natura. Per lui, la Rivoluzione costituisce l'avvento della barbarie e della sovversione di ogni legge morale e di ogni consuetudine civile e politica.

    Sull'interpretazione di tale evento, del resto, lo stesso partito whig si spacca, insanabilmente diviso fra i new whig liberali di Charles James Fox (1749-1806) e gli old whig guidati appunto da Burke, i quali finiscono per stringersi in lega politica con i tory di William Pitt il Giovane (1759-1806). Proprio alla difesa burkiana del "commonwealth cristiano d'Europa", a cui la Francia giacobina e atea si è sottratta e contro il quale essa combatte accanitamente - Burke afferma che, negli anni della Rivoluzione, la Francia autentica risiede all'estero -, si deve quell'appoggio parziale che, in alcuni momenti, il governo britannico fornisce alla causa contro-rivoluzionaria francese.

    Il lume della filosofia politica burkiana è, infatti, la difesa dell'ethos classico-cristiano, fondamento della normatività che il pensatore ravvisa nelle consuetudini giuridiche e culturali del suo paese, parte della "società delle nazioni" cristiane europee. Il rapporto burkiano fra diritto naturale morale e istituzioni civili vede queste ultime come tentativo storico di incarnare il primo, secondo una logica che unisce morale personale e morale sociale. La "filosofia del pregiudizio" - ossia della tradizione e della consuetudine storica - è la grande arma del common sense britannico burkiano.

    Secondo Russell Kirk (1918-1994) - uno dei "padri" della rinascita burkiana statunitense contemporanea -, il pensatore anglo-irlandese appartiene al "partito dell'ordine": egli, infatti, è figura rappresentativa di quel legittimismo patriottico britannico accorto, che unisce fedeltà e critica costruttiva, e che si riassume nell'espressione conservatrice "opposizione di Sua Maestà", antitetica a quella rivoluzionaria di "opposizione a Sua Maestà".

    L'influenza di Burke si esercita su pensatori importanti come Joseph de Maistre (1753-1821) e su numerosi autori di area culturale anglosassone, francese e tedesca; ma, soprattutto, dà origine a quello che, nel mondo di lingua inglese, prende il nome tecnico di "pensiero conservatore", inteso come opposizione consapevole al mondo nato con il 1789 francese e con la filosofia rivoluzionaria che lo ha ispirato e mosso.

    Burke, certo del prossimo successo dei giacobini anche in terra inglese, vuole che la località della propria inumazione sia tenuta segreta, per paura che i nemici possano un giorno giungere a dissacrare il luogo del riposo delle spoglie mortali del loro primo e radicale avversario.




    Per approfondire: la critica più seria ed esaustiva sulla figura di Edmund Burke è pressoché esclusivamente in lingua inglese; in italiano vedi Scritti politici, a cura di Anna Martelloni, UTET, Torino 1963; Riflessioni sulla Rivoluzione Francese, con una prefazione di Domenico Fisichella, Ciarrapico, Roma 1984; Inchiesta sul Bello e sul Sublime, a cura di Giuseppe Sertoli e Goffredo Miglietta, 4a ed., Aestethica, Palermo 1992; Pensieri sull'attuale malcontento, a cura di Gabriella Galliano Passalacqua, ECIG, Genova 1987; e Difesa della società naturale, a cura di Ida Cappiello, Liberilibri, Macerata 1993.


    IDIS-DPF: Edmund Burke (1729-1797)
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    Predefinito Rif: CONOSCERE IL CONSERVATORISMO

    Riflessioni sulla Rivoluzione francese

    di Edmund Burke






    Per il testo integrale del volume:

    http://forum.politicainrete.net/cons...und-burke.html
    Ultima modifica di Florian; 22-11-09 alle 21:10
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    Predefinito Rif: CONOSCERE IL CONSERVATORISMO

    Alexis de Tocqueville

    di Maurizio Schoepflin

    Il Timone, luglio/agosto 2004





    Appassionato difensore della libertà e della democrazia, nemico di socialismo, statalismo e centralismo. Benché ateo, stimò la religione: essa sola può rendere veramente liberi e fondare un sistema democratico.


    «Più vivo e meno vedo la possibilità che i popoli possano fare a meno di una religione positiva»; «I popoli religiosi sono per natura forti proprio ove i popoli democratici sono deboli; il che dimostra di quale importanza sia che gli uomini, diventando uguali, mantengano la propria religione»; «Non ho mai visto dei popoli liberi la cui libertà non affondasse le sue radici nella fede religiosa»: risulterà sicuramente sorprendente sapere che l'autore di queste espressioni sia stato un ateo; certo un ateo molto attento alle cose religiose e in particolare alla verità cristiana, come egli stesso rende noto scrivendo a un interlocutore nei termini seguenti: «Io non sono un credente (e non lo dico per vantarmi), ma per quanto io sia un non credente, ho sempre provato, leggendo il Vangelo, un'emozione profonda. Molte delle dottrine che vi sono contenute mi hanno sempre colpito come qualche cosa di assolutamente nuovo. E non capisco come, leggendo questo libro ammirevole, la vostra anima non abbia sentito, come la mia, quella sorta di libera aspirazione che è suscitata da un'atmosfera più vasta e più pura».

    L'estensore di questi pensieri si chiamava Alexis de Tocqueville ed è considerato uno dei maestri della democrazia e del liberalismo moderni. Nato nel castello di Verneuil, presso Parigi, il 29 luglio del 1805, in una famiglia di antica nobiltà normanna sfuggita al terrore giacobino, Tocqueville, dopo aver concluso gli studi di giurisprudenza nel 1826, compì un lungo viaggio in Italia. Ma il viaggio che segnerà profondamente la sua personalità e i suoi studi egli lo effettuò, tra il maggio del 1831 e il febbraio dell'anno successivo, negli Stati Uniti, di cui visitò la regione dei Grandi Laghi e alcune delle principali città e dove venne ricevuto dal Presidente Andrew Jackson. Nel 1835 uscì il primo volume della sua celebre opera “La Democrazia in America”, che verrà ultimata nel 1840. Nel 1838 venne eletto deputato: sarà riconfermato nella carica sino al 1851, l'anno del colpo di Stato di Luigi Napoleone. Tocqueville, tuttavia, non si dimostrò mai particolarmente entusiasta del parlamentarismo, anche se nei confronti della sua persona la stima fu sempre alta e i discorsi da lui pronunciati alla Camera lasciarono una traccia importante. Rifiutatosi di entrare nel governo del Bonaparte, abbandonò l'agone politico, ma non si trattenne dal condannare l'ascesa al potere del nuovo Napoleone, cosa che gli costò addirittura l'arresto. Negli ultimi anni di vita viaggiò molto e scrisse varie opere, tra le quali spicca “L'Ancien Régime et la Révolution” del 1856. Morì a Cannes il 16 aprile del 1859.

    Uomo intransigente, personalità di alto valore morale, liberale sui generis, Tocqueville fu una figura tanto importante quanto poco compresa e valorizzata e, nonostante abbia ricoperto cariche prestigiose, rimase sostanzialmente estraneo alla politica del suo tempo, lontano dai giochi di potere [...]. Eppure, alcune delle sue idee si sono rivelate profetiche e, alla lunga, vincenti. Innanzitutto, egli fu un convinto sostenitore della libertà, per la quale nutrì una passione autentica e disinteressata e non dubitò mai che il socialismo fosse un irriducibile nemico di essa: a suo parere, il materialismo, il rifiuto della proprietà privata e il disprezzo per l'individuo tipici delle ideologie socialiste fanno sì che esse siano profondamente nocive per la libertà e conducano verso forme politiche caratterizzate dallo statalismo, dal centralismo e da una malintesa uguaglianza, che niente ha a che vedere con quella autentica, figlia della libertà e della democrazia.

    Un'altra importante e profetica intuizione tocquevilleiana riguarda l'alleanza fra lo «spirito di religione» e lo «spirito di libertà». Il Nostro è convinto che la dimensione religiosa non sia un accidente della vita dell'uomo, ma ne costituisca una componente profonda e insopprimibile; a partire di qui, egli si impegna a dimostrare che soltanto una forte religiosità può rendere autenticamente liberi gli uomini e pertanto fungere da fondamento e da collante di ogni sistema veramente democratico. È opportuno ricordare che non era per niente facile sostenere tali convinzioni nella Francia ottocentesca percorsa da numerosi fermenti laicisti e anticlericali, una Francia in cui molti erano convinti che la religione fosse nemica del progresso, della giustizia e della libertà. Tocqueville ravvisò nella religione la grande forza che avrebbe reso possibile il delicato passaggio dall'Antico Regime alle moderne democrazie, soprattutto in virtù della sua capacità di indicare all'umanità i valori etici fondamentali, quelli che la morale laica non avrebbe mai potuto trovare e giustificare.

    Agli occhi di Tocqueville, la religione rappresenta il migliore antidoto contro l'individualismo, l'egualitarismo e la corsa sfrenata al benessere. Si legge a questo riguardo in una pagina de “La democrazia in America”: «Non esiste religione che non situi l'oggetto dei desideri dell'uomo oltre e sopra i beni della terra e non elevi naturalmente la sua anima verso regioni di gran lunga superiori a quelle dei sensi. E parimenti non esiste religione che non imponga a ogni individuo un qualche dovere verso la specie umana, oppure un dovere comune, e non lo sottragga ogni tanto alla contemplazione di se stesso». E sempre nel medesimo capolavoro tocquevilleiano troviamo le seguenti illuminanti considerazioni: «Dubito che l'uomo possa mai sopportare contemporaneamente una completa indipendenza religiosa e una totale libertà politica; e sono incline a pensare che, se non ha fede, bisogna che serva e, se è libero, che creda».



    «È stato, forse più di ogni altro, merito di Tocqueville di avere enunciato una accorta e sofferta consapevolezza dei pericoli totalitari impliciti nella stessa democrazia e indicato nella religione l'unica difesa contro una società caratterizzata da un paternalismo senza padre, da una libertà priva di finalità, da una uguaglianza come mero livellamento, da un individualismo privo di solidarietà, da uno statalismo senza Stato. [...] occorre [...] proprio per preservare la libertà dei popoli dai pericoli di una civiltà massificata, ritornare a quella religione, da cui nacque ogni governo, compreso quello della democrazia: "moralizzare la democrazia attraverso la religione"».
    (G. Morra, “Teologia politica e religione civile”, Giorgio Barghigiani Editore, 2000, p. 40).


    Alexis de Tocqueville de Tocqueville
    Ultima modifica di Florian; 30-11-09 alle 18:32
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    Predefinito Rif: CONOSCERE IL CONSERVATORISMO

    Tocqueville. Democrazia in America e libertà della persona

    di Luca Pesenti

    Tracce. Litterae Communionis, febbraio 2004







    Ci vuole un popolo educato e responsabilizzato, capace di superare i rischi, che pur ci sono, di un regime democratico. Come? Attraverso sei condizioni necessarie. Parola di Tocqueville


    Ogni epoca ha i suoi simboli, i suoi feticci, i suoi spettri. Prima l'epoca di Marx, della classe operaia pronta per il paradiso, della rivoluzione permanente, dell'eguaglianza contro la libertà. Poi l'epoca di Max Weber, dell'individualismo protestante al servizio del capitalismo, della caduta dei legami che tengono insieme popoli e uomini, dell'utilitarismo di massa, della libertà contro la fraternità.

    Oggi, non sembrano esserci dubbi: il simbolo più coerente con lo spirito del tempo è Alexis de Tocqueville, che, benché morto da quasi centocinquanta anni, non ha perso la sua stringente attualità: la democrazia e l'America, la religione e lo Stato, le comunità e la libertà. Tutto sintetizzato nelle sue opere, «La democrazia in America» e «L'antico regime e la rivoluzione». A lui guardano tutti quelli che ragionano di crocifissi sui muri delle scuole, di scontri di civiltà da evitare, di democrazia da difendere o magari da esportare, di comunità da rifondare, di libertà da proclamare. A Tocqueville si rifanno i neo-comunitaristi, preoccupati per la crisi dei legami caldi, di parentela e solidarietà, e per le conseguenze sulla tenuta stessa della civiltà d'Occidente. Ma a lui guardano anche alcuni elementi di punta del pensiero neoconservatore, balzati agli onori delle cronache per essere divenuti le guide teoriche della presidenza Bush: a loro piace molto il teorico della libertà e del suo rapporto stringente con la religione, il sostenitore dell'autonomia della società rispetto allo Stato. E anche dentro la Chiesa c'è chi, come il cardinale Camillo Ruini, guarda a Tocqueville come a un riferimento teorico inevitabile. Insomma, oggi si direbbe che Tocqueville è un pensatore "bipartisan": scavalca le tradizionali categorie e pone nel cuore dell'Occidente domande decisive per la sua stessa sopravvivenza.

    Niente democrazia senza libertà

    La tesi centrale di Tocqueville ne «La democrazia in America» può essere sintetizzata così: tutto ciò che nella società moderna spinge l'uomo a rompere i legami sociali e comunitari rintanandosi nel privato tende a condurlo sempre più decisamente nel porto del potere, un potere vicino, determinato, intimo e provvidenziale. È il potere della democrazia moderna con le sue radici dell'opinione pubblica, egualitario e maggioritario. Diversamente da altri critici della democrazia, però, Tocqueville non aveva nessuna intenzione di combatterla, convinto come era della sua ineluttabilità storica e filosofica. Il suo interesse fu piuttosto quello di comprendere i contesti in cui la libertà potesse essere preservata dentro i tempi e gli spazi democratici, rendendoli immuni dalle derive dispotiche che si erano manifestate in Europa e in particolare nella Francia rivoluzionaria.

    A questo scopo identificò una serie di condizioni che riteneva necessarie per la difesa della libertà nelle società democratiche.

    Per il mantenimento della libertà

    «La più fondamentale tra le cause del mantenimento della libertà nella democrazia americana - scriveva lo storico del pensiero sociologico Robert Nisbet - Tocqueville ci mostra essere il principio americano della divisione dell'autorità nella società». Lo studioso francese riteneva che in America i diritti individuali fossero ottenuti attraverso la diversificazione dell'autorità, e questo principio è alla base non solo della struttura di autorità complessiva in America, ma anche di tutte le istituzioni fondamentali della vita americana, inclusa la religione, l'economia e lo stesso governo politico.

    Una seconda fonte di libertà negli Stati Uniti, secondo Tocqueville, era la presenza e la rilevanza delle istituzioni locali, intese come vere e proprie scuole di cittadinanza e di libertà.

    Intimamente collegata ad essa vi è la terza causa della libertà americana: il sistema federale, che separa l'una dall'altra le branche esecutiva, giudiziaria e legislativa del governo nazionale e separa i poteri del governo nazionale dai poteri statali e locali.

    Quarta tra le condizioni necessarie, la libertà di stampa, ritenuta decisiva non tanto per un'astratta possibilità di giudizio individuale sulle cose pubbliche (come penseremmo forse oggi), ma innanzitutto perché agli occhi di Tocqueville una stampa libera era essenziale per stimolare le persone a formare associazioni di grandezza sufficiente per dedicarsi alle cause importanti. Con le parole dei nostri giorni, sarebbe dunque una pre-condizione per una corretta applicazione della sussidiarietà orizzontale.

    La critica al «dispotismo democratico»

    Nonostante i molti motivi di entusiasmo di cui si è fatto cenno, Tocqueville non fu affatto un acritico ammiratore della società americana. La società democratica, secondo Tocqueville, è infatti una società individualistica nella quale ognuno, con la sua famiglia, tende a isolarsi dagli altri. Scompare l'ascetico individuo weberiano, fatto di progetti a lunga scadenza e rigorosa etica del lavoro. Al suo posto, ecco un edonistico homo democraticus, spinto dall'eguaglianza delle condizioni a una irrefrenabile passione per la ricchezza e il benessere. È il primo ritratto compiuto di quell'Io frettoloso, pressappochista, grigio, insoddisfatto e ansioso che così spesso tornerà alla ribalta nella sociologia novecentesca, e che il sociologo Georg Simmel definirà «uomo blasé». "Quella stessa uguaglianza - spiega Tocqueville - che consente a ogni cittadino di concepire grandi speranze, rende tutti i cittadini individualmente deboli. Permette ai loro desideri di espandersi, ma al contempo limita da ogni parte le loro forze".

    Contro la statolatria

    Stranamente questa società individualistica presenta alcune caratteristiche comuni con l'isolamento proprio delle società dispotiche, perché il dispotismo tende a isolare gli individui gli uni dagli altri. Per questo motivo Tocqueville, anticipando una riflessione che maturerà soprattutto in Hannah Arendt, formulò ciò che Raymond Boudon definisce il suo «teorema fondamentale»: e cioè che il pubblico di individui separati e distanti "tende a lasciare il campo perfettamente libero agli effetti perversi generati dalle buone intenzioni dello Stato". Quello Stato che, seguendo sempre Tocqueville, non soltanto diventa imprenditore, educatore, assistente sociale, ma definisce anche le idee e i valori che danno sostanza a quelle pratiche (specialmente quella educativa). Così la democrazia tende verso una forma di «dispotismo» abbastanza differente dalle passate forme di tirannia. Nelle parole di Tocqueville: "Il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose e uniformi; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue".

    Comunità e religione: educazione alla libertà

    Eppure, Tocqueville non credeva che questo «dispotismo democratico» fosse inevitabile. Il problema posto da «La democrazia in America» sposta così la propria attenzione su un modello di libertà che non è garantito da un insieme astratto di regole e di procedure (come vorrebbe un certo liberalismo), ma dalla presenza di un popolo educato e responsabilizzato. Dunque da persone capaci di superare i rischi dell'individualismo democratico, vivendo altre due pratiche caratteristiche dell'America descritta da Tocqueville. Innanzitutto, la partecipazione associativa. Nel suo viaggio americano lo studioso francese era rimasto colpito sia dal numero delle associazioni civili e politiche, sia dalla loro enorme vitalità. Queste associazioni erano essenziali per superare l'innata divisione degli individui all'interno della democrazia e per difenderli contro la centralizzazione del potere. In breve, le associazioni volontarie combattevano simultaneamente i due mali dell'individualismo e del dispotismo democratico.

    La religiosità, un fatto pubblico

    Ma la vitalità associativa non basta a spiegare l'eccezione americana. La società americana è, agli occhi del non credente Tocqueville, quella che ha saputo unire in modo perfetto lo spirito religioso e quello liberale. Tutto l'opposto della Francia descritta in «L'antico regime e la rivoluzione», dove a un fortissimo centralismo politico associato a una sostanziale smobilitazione della società civile (i famosi corpi intermedi delle società premoderne, azzerati dallo zelo rivoluzionario), si affiancò un diffuso (almeno tra l'elite rivoluzionaria) sentimento antireligioso. Per il laico Tocqueville, dunque, la religione non doveva e non poteva essere semplicemente un fatto privato ma, come ha scritto Nicola Matteucci, "un fatto pubblico, meglio una «istituzione politica»", pur nella rigorosa separazione dallo Stato. Solo la religione, agli occhi dello studioso francese, può formare uomini moralmente liberi, capaci di contrastare e superare i mali connessi all'egualitarismo democratico e alla materialistica riduzione della vita a ricerca del benessere. Dunque la religione non è soltanto una componente connaturata alla natura umana, ma una necessità civile e sociale per il mantenimento della libertà.


    Tocqueville. Democrazia in America e libert della persona. Democrazia in America e libertà della persona
    Ultima modifica di Florian; 30-11-09 alle 18:39
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