La mafia al Nord. Il caso Bardonecchia
Rocco Lo Presti, il boss morto pochi giorni fa, era arrivato a Bardonecchia nel lontano ’63 il primo mafioso inviato al confino al nord. Invece è stato lui a impadronirsi della città: nel ’95 il comune era già in mano ai mafiosi. Violenza, affari, cementificazione selvaggia, usura. E champagne per festeggiare
6 febbraio 2009, di Redazione
È morto Rocco Lo Presti, il “padrino” di Bardonecchia. Bardonecchia è una non troppo ridente località turistica del profondo Nordovest – al confine con Modane – che vanta un primato non invidiabile: primo e unico, finora, comune del Nord d’Italia ad essere commissariato per mafia, nel ’95. Chi comanda sono i calabresi. Tutto era cominciato con quella scellerata legge sul soggiorno obbligato d’inizio anni Sessanta: trasferiamo lontano dalla Sicilia e dalla Calabria i mafiosi, li isoliamo e li rendiamo inoffensivi. Non aveva immaginato, il legislatore, che l’iniziativa sarebbe servita soltanto ad “esportare” la criminalità. Nel ’63 Bardonecchia aveva dovuto ospitare Rocco Lo Presti, un giovane muratore di Marina di Gioiosa Jonica in odore di ‘ndrangheta. E così, per oltre quarant’anni, Lo Presti, dapprima vicino al clan dei Mazzaferro, poi degli Ursino (sua sorella ne ha sposato uno), fa di Bardonecchia il suo feudo, spadroneggiando nell’edilizia, nell’autotrasporto, nel commercio (suoi ristoranti, bar, negozi di materiale edilizio, sale giochi). Centinaia di calabresi vengono in Val di Susa a lavorare per lui e il clan Lo Presti-Mazzaferro mette le mani sulla località sciistica dove un tempo trascorreva le vacanze Giovanni Giolitti.
L’impresa edile di Lo Presti lavora a ritmo incessante. Bardonecchia non è più una località di montagna, ma una propaggine metropolitana di Torino. Oltre che visibile, la cementificazione è terribile, ma – se c’è la criminalità organizzata – nasconde una faccia ancora peggiore: riciclaggio del denaro, racket delle braccia, strozzinaggio, voti di scambio, intimidazioni, aggressioni. Ne fa le spese Mario Ceretto, un imprenditore edile che nel ’75 si rifiuta di assumere gli uomini proposti dal boss calabrese: viene rapito e ucciso. Lo Presti è condannato in primo grado. Nell’82 l’appello conferma 26 anni di galera. Poi la Cassazione annulla tutto e sappiamo perché.
Lo Presti è morto il 23 gennaio scorso, il giorno dopo la conferma della sua condanna per associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata all’usura (un giro di denaro di 3,5 milioni di euro, tassi del 10 per cento mensile). Forse il suo cuore di 70enne non ha retto. Ma le storie di mafia hanno sempre un inizio, mai una fine. A Bardonecchia, dove qualcuno sostiene che Lo Presti era un benefattore, ci si domanda chi prenderà il suo posto. Nei manifesti listati a lutto i primi nomi erano quelli non dei figli, ma dei nipoti, Luciano e Beppe Ursino, condannati anch’essi per strozzinaggio. Questo fa pensare a una pubblica investitura. Quando gli nacque il primo figlio Lo Presti organizzò una grande festa al Riky Hotel di Bardonecchia. Arrivò una fila interminabile di Bmw, Mercedes, anche delle limousine. Cantò Mino Reitano. Il Dom Perignon scorse a fiumi. Si racconta che “don Rocco” ne prese due bottiglie e le lanciò fuori dal locale, sull’asfalto, gridando: “Bevine anche tu, sindaco Corino, ma da sdraiato!”. Una scena da film hollywoodiano, ma senza Marlon Brando e Al Pacino, che trasformano la cruda realtà in una favola.
Riccardo De Gennaro
La mafia al Nord. Il caso Bardonecchia - 'U CUNTU
Venerdì 23 gennaio è mancato il boss mafioso Rocco Lo Presti
A Bardonecchia, nel pomeriggio, Giovedì 29 si sono svolte le esequie del pregiudicato
BARDONECCHIA - Si terranno oggi pomeriggio, alle 14.30 presso la chiesa parrocchiale, i funerali del boss mafioso Rocco Lo Presti, morto a 71 anni venerdì 23 gennaio a causa di un arresto cardiaco, presso la sezione detenuti dell'ospedale Molinette di Torino.
Ieri sera si è tenuto il rosario. Lo Presti, in ospedale da tempo e malato a causa del diabete ed altre disfunzioni, era stato trasferito dal San Luigi di Orbassano alle Molinette dopo la definitiva condanna a sei anni di carcere per il reato di associazione mafiosa, confermata giovedì 15 gennaio proprio dalla Corte di Cassazione. La prima sentenza di condanna era stata emanata nell'aprile 2002, dopo l'arresto per mafia avvenuto nel 1996, a causa della vicenda Campo Smith, per la quale venne sciolto il consiglio comunale di Bardonecchia. In tutti questi anni, comunque, in carcere Lo Presti non c'era mai stato.
Venne poi arrestato nel novembre 2006 dalla Polizia di Bardonecchia, insieme ai suoi due nipoti, per un altro reato: associazione a delinquere finalizzata all'usura, nei confronti di politici ed imprenditori torinesi. Patteggiò tre anni di condanna. Anche in questo caso, però, Lo Presti in carcere c'era stato poco, a causa soprattutto dell'età e del diabete. Conosciuto da tutti, era un vero personaggio di Bardonecchia.
Ha rappresentato un pezzo della storia economica dell'Alta Valle e della località olimpica.
Confinato a Bardonecchia dagli anni �50 proprio perch� in odore di mafia, al seguito del boss mafioso Francesco Mazzaferro (la cui casa in Via Medail è stata recentemente confiscata) ha fatto arrivare al nord numerose famiglie calabresi, per costruire quelle seconde case, quei palazzi e quei residence che oggi offrono posti letto a migliaia di turisti che vengono a Bardonecchia per sciare. Esemplare la vicenda dell'illecito sulla costruzione immobiliare di Campo Smith, che nel 1994 ha causato lo scioglimento del consiglio comunale di Bardonecchia e poi l'arresto dello stesso Lo Presti nel 1996.
La vicenda si era snodata poi in due processi paralleli ma con esiti diametralmente opposti: da una parte la condanna per mafia nel 2002 di Lo Presti, dall'altra l'assoluzione completa dell'ex sindaco Gibello e del segretario comunale, come persone estranee ai fatti. Lo Presti era uno semplice, di poche parole, che non amava farsi vedere o atteggiarsi, aveva una parlata tipicamente dialettale, e soleva ricordare di aver dato lavoro a migliaia di persone. ''Zio Rocco'' o ''Roccuzzo'' lo chiamavano in molti a Bardonecchia.
Negli ultimi anni era visto più come un personaggio rispettato e di folclore, più che come un temuto capo della'ndrangheta.
Ha sempre negato tutto. Fino ad un anno e mezzo fa, il 25 ottobre 2007, era ancora abbastanza in salute, ed aveva partecipato all'udienza di difesa del suo avvocato, sempre per il processo di mafia, al Palazzo di Giustizia di Torino, accompagnato solo dalla sua compagna rumena.
La mafia
a Bardonecchia:
una questione
controversa
Negli anni Settanta, proprio a causa della presenza al nord di Lo Presti e Mazzaferro, la commissione parlamentare antimafia si è occupata di Bardonecchia in relazione al racket dell' edilizia e di altri traffici. In particolare, fra il �73 e il �76, l' indagine conoscitiva promossa dal deputato Pio La Torre (poi assassinato dai killer di Cosa Nostra a Palermo, il 30 aprile del 1982), mette in luce come a Bardonecchia opererebbe un vero clan mafioso capitanato dai fratelli calabresi Vincenzo e Francesco Mazzaferro.
Nel 1975 Lo Presti viene arrestato per il sequestro e l'omicidio dell'imprenditore Ceretto. Anche quella fu una vicenda controversa: rinchiuso nel super carcere dell'Asinara (nella stessa cella insieme a Tommaso Buscetta), Lo Presti venne prima condannato a 26 anni di carcere, poi assolto in appello.
Successivamente il procedimento venne annullato in Cassazione, per poi concludersi con l'assoluzione definitiva in appello nel 1982, attuata dal tribunale di Genova.
Dall'82, il boss invece torna a Bardonecchia, per dedicarsi al commercio, aprendo la sala giochi, un negozio di abbigliamento e uno di pescheria. Quattordici anni dopo, l'arresto per mafia e l'inizio del lungo processo, terminato solo nel 2009 La ''questione mafiosa'' è sempre stata controversa nella vicenda Lo Presti.
Da una parte, a favore dell'accusa, sono state fondamentali per la condanna per mafia le testimonianze di alcuni pentiti, dell'ex sindaco Corino, e le indagini svolte dagli ufficiali della polizia di Bardonecchia e della Dia (come quelle dell'ex commissario Leone - rimosso subito dall'incarico - e dell'ispettore Fulvi). Dall'altro lato, a ''difesa'' di Lo Presti, invece, durante i processi sono state sempre utilizzate le testimonianze di molti apparte nenti alla ''società civile'' di Bardonecchia. Come l'allora sindaco di Bardonecchia Ambrois, l'ex assessore Aldo Timon e tanti altri professionisti edili. ''E tutti - aveva affermato l'avvocato Ronco - hanno negato atti intimidatori, minacce e sopraffazioni da parte di Lo Presti''. Così come l'allora comandante della compagnia dei Carabineri di Susa, il maggiore se Rocco Lo Presti era mafioso oppure no, e ad arrivare ad una condanna definitiva. Circa un anno fa, la questura di Torino aveva reso noto il sequestro di beni economici e immobiliari appartenenti alla sua famiglia, ad alcuni prestanome e ai nipoti, per un valore che supera 2 milioni di euro: tre appartamenti a Bardonecchia e Oulx, due sale giochi, dieci conti correnti, un conto deposito titoli e tre libretti di deposito.
Fabio Tanzilli
La Valsusa.it, settimanale della Val di Susa e Val Sangone. Notize, avvenimenti e comunicazione in Val di Susa e Val Sangone. Stampa diocesana valsusina
'Don Ciccio' e i 30 anni di mafia nella Val Susa Dal Frejus a Campo Smith l' ombra lunga di 'don Ciccio'
Repubblica — 07 novembre 2006 pagina 1 sezione: TORINO
Aprile 1995. Con un decreto firmato dal presidente della Repubblica, viene sciolto il consiglio comunale di Bardonecchia. La motivazione è pesante: collusione con la criminalità organizzata, in relazione alle vicende legate agli appalti per costruire case e alberghi a Campo Smith. é la prima volta che un comune del Nord Italia viene azzerato per mafia. La cattiva fama che la cittadina dell' Alta Valle di Susa si porta dietro da oltre un ventennio, tuttavia, non è una novità, sebbene in quei giorni di primavera del ' 95 a Bardonecchia si cerchi di minimizzare e si finga persino stupore per il provvedimento adottato dal Quirinale. Le marce a favore degli arrestati per Campo Smith, che vedono in prima fila uomini di chiesa ed esponenti politici tanto di sinistra che di destra, non impediscono comunque di ricordare. Che cosa? Questo: negli anni Settanta, la Commissione parlamentare antimafia si è occupata di quei posti in relazione al racket dell' edilizia e di altri traffici. In particolare, fra il '73 e il '76, l' indagine conoscitiva promossa dai deputati Pio La Torre (poi assassinato dai killer di Cosa Nostra a Palermo, il 30 aprile del 1982), Manlio Vineis, Francesco Mazzola e Giorgio Pisanò mette in luce come a Bardonecchia opererebbe un vero clan mafioso capitanato dai fratelli calabresi Vincenzo e Francesco (noto come don «Ciccio») Mazzaferro, che sarebbe al centro di buona parte degli affari leciti e soprattutto illeciti della zona: dalla speculazione edilizia agli appalti per la realizzazione dell' autostrada del Frejus, dal voto di scambio agli appoggi nei Palazzi che contano per tacitare chi indaga: è il caso del commissario Leone, rimosso dall' incarico perché troppo ficcanaso e pericoloso per gli interessi dei «don Ciccio» e dei compari d' anello. Nel rapporto dell' Antimafia, a ogni modo, c' è tutto. Come quando si afferma: «Si sono verificati fenomeni di delinquenza organizzata con caratteristiche del mondo mafioso: massicci casi di intermediazione, collocazione abusiva, sfruttamento e decurtazione salariale, racket». Nelle carte della Commissione, destinate a restare a lungo lettera morta, si citano già il nome e il cognome di una delle persone che verranno coinvolte nei maneggi per l' edificazione di Campo Smith, una delle ultime zone verdi risparmiate dalle colate di cemento che hanno deturpato la località di villeggiatura cara a Giovanni Giolitti. Si chiama Rocco Lo Presti, è in odore di 'ndrangheta e avrebbe solidi rapporti con i Mazzaferro, anche se negli anni Novanta ha persino ottenuto la certificazione antimafia per una sua impresa. Sbarcato in Val di Susa da Marina di Gioiosa Ionica, in Calabria, da nullatenente si è trasformato in un imprenditore edile. Lo Presti, però, riesce sempre a uscire indenne dalle bufere giudiziarie che periodicamente si abbattono su di lui. Non si risparmia qualche arresto e persino una coabitazione in cella all' Asinara con don Masino Buscetta, ma alla fine ritorna libero e riprende a occuparsi dei suoi affari nella centralissima via Medail, la main street di Bardonecchia. Nel 1996, proprio per l' affaire di Campo Smith, Lo Presti finisce in carcere. Lui, al solito, respinge ogni accusa: «Vogliono far ricadere su di me la responsabilità di quel che è successo». E i suoi avvocati incalzano: «Sul nostro cliente si sta esagerando, ora lo chiamano in causa per episodi di quindici anni fa». Stavolta, in ogni caso, l' ex manovale non evita la condanna. Nell' aprile del 2002 gli vengono inflitti sei anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso: si va dal controllo delle attività economiche più appetibili al voto di scambio. I suoi legali ricorrono in appello, Lo Presti riguadagna la libertà. Il giudizio di secondo grado, intanto, a distanza di tutti questi anni, non è ancora stato fissato. è arrivato prima l' ennesimo arresto per l' ennesimo coinvolgimento in un' inchiesta della magistratura torinese. - MASSIMO NOVELLI
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