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    Predefinito Il cardinale, don Serafino e il signor B

    In quel Natale del 2010, nei giorni più infuocati della polemica politica, quando il governo del signor B. riuscì a vivacchiare ancora per un po’ ma senza una vera prospettiva, l’eminentissimo cardinale sentì il bisogno di un consiglio.
    L’eminentissimo cardinale aveva puntato a lungo su B. e sulle sue promesse: più soldi alle scuole cattoliche, più aiuti alle famiglie, più possibilità di lavoro per i giovani, più attenta difesa della vita umana. Erano quelli che il papa amava definire «valori non negoziabili», e l’eminentissimo cardinale, per difenderli, aveva appoggiato il signor B.
    Quel presidente del consiglio vanaglorioso e pieno di sé, in realtà, non gli piaceva troppo. Però era politicamente forte, sapeva aggregare consensi, godeva del sostegno di ampie fasce della popolazione, anche fra i cattolici, ed era stato capace di tenere lontana dal governo per un bel po’ di tempo la sinistra, composta da pericolosi ex comunisti e da ancor più pericolosi cattocomunisti.
    Ora però, in presenza di una crisi politica logorante e di preoccupanti segni dei cedimento del potere messo in piedi dal signor B., si trattava di prendere una decisione: puntare ancora su di lui o che cosa? Per questo l’eminentissimo cardinale chiamò alcuni dei suoi più fidati collaboratori e chiese loro di stendere un rapporto. Lo chiese anche a don Serafino, un prete giovane, studioso della dottrina sociale della Chiesa e persona molto sincera.
    L’eminentissimo cardinale voleva un giudizio spassionato sull’opera del capo del governo negli ultimi anni e su quanto fosse stato assennato, da parte della Chiesa, puntare su di lui. Don Serafino ubbidì e dopo pochi giorni fece pervenire all’eminentissimo cardinale il seguente documento.
    «Eminenza reverendissima, a meno che non possa vivere davvero duecento anni o giù di lì, come fingono di credere alcuni dei suoi interessati laudatores, il signor B. è alla fine della parabola vitale e dunque anche politica. Tuttavia la sua vicenda ha qualcosa da insegnare, e poiché lei mi ha chiesto un giudizio, le dirò quello che penso.
    Punto primo. Fin dalla sua discesa in campo, il signor B. ha rappresentato la negazione di tutto ciò che la dottrina sociale della Chiesa insegna a proposito di politica e impegno civile. Come sappiamo, seguendo le direttive del suo amico e protettore C., il signor B., quando era soltanto un costruttore e imprenditore televisivo, dopo aver fatto molti soldi in modo poco chiaro, decise di dedicarsi alla politica e di fondare un partito esclusivamente per tornaconto personale, per cercare di sottrarsi alla giustizia e per meglio perseguire i propri interessi. Tutto il contrario di quanto insegna la dottrina sociale della Chiesa, secondo la quale la politica, in quanto alta forma di carità, deve essere ispirata al servizio verso gli altri, specialmente verso i più deboli e indifesi, nel segno del bene comune. Per la Chiesa, come lei certamente sa, il singolo che si impegna in politica assume su di sé i problemi di tutti e di essi si fa interprete per trovare soluzioni il più possibile condivise. Ma nel caso del signor B. la decisione di dedicarsi alla politica nasce solo dalla necessità di tutelare se stesso.
    Punto secondo. Il compendio della dottrina sociale della Chiesa è molto chiaro. Coloro che hanno responsabilità politica non devono mai dimenticare o sottovalutare la “dimensione morale della rappresentanza”. Il politico, per il fatto di essere delegato a occuparsi dei problemi di tutti, deve dare testimonianza personale di assoluta trasparenza e moralità. Non c’è e non ci può essere distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. Anzi, l’autorità veramente responsabile è, secondo l’insegnamento della Chiesa, soltanto quella esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono una concezione e una pratica del potere come servizio. Tali virtù, elencate esplicitamente, sono: la pazienza, la modestia, la moderazione, la carità, lo sforzo di condivisione. Ebbene, ce n’è forse una che il signor B. abbia mai praticato? O non è stato piuttosto egli il campione dell’impazienza e dell’insofferenza verso le regole democratiche, dello sfarzo, del lusso, della presunzione, dell’immodestia, della vanità, della ricchezza ostentata, dell’esagerazione, dell’eccesso, dell’intemperanza, dell’egocentrismo, dell’amore di sé e del narcisismo eletto a sistema? Punto terzo. La Chiesa cattolica insegna che l’autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale, perché è la morale il criterioguida che precede e fonda gli altri. Tale moralità ha un modo molto pratico ed evidente di manifestarsi: consiste nell’emanare leggi giuste, cioè conformi al bene comune, e nel rispettare la divisione fra i poteri. Ma anche sotto questi profili il signor B., con la sua costante azione legiferante a favore di se stesso, con la pretesa di far prevalere nettamente l’esecutivo, con i ripetuti attacchi verso gli altri poteri costituzionali e con la battaglia ingaggiata contro la magistratura, ha disatteso pervicacemente l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa.
    Punto quarto. Parlare di morale vuol dire, lei me lo insegna, parlare anche di famiglia e sessualità, e sotto questo profilo lo spettacolo offerto dal signor B. è, se possibile, ancor più sconfortante. Quest’uomo pluriseparato e incapace di tenere a bada i suoi istinti sessuali ha fornito uno degli esempi più tristi e devastanti che mai siano stati offerti da un politico occidentale. Inutile dilungarsi sui vicende note. Basti ricordare il suo uso avvilente e umiliante della donna, da lui ridotta a oggetto di piacere, e senza che tutto ciò lo abbia mai condotto a un minimo accenno di pentimento o di contrizione. Al contrario, ciò che quest’uomo ha fatto per anni, fino alla tarda età, è stato di alimentare il deprimente mito di se stesso come vero maschio: uno spettacolo rivoltante.
    Punto quinto. Nel compendio della dottrina sociale c’è un interessante capitolo dedicato all’informazione. L’insegnamento è molto chiaro. L’informazione, vi si legge, è tra i principali strumenti di partecipazione democratica, perché non è immaginabile alcuna forma di partecipazione senza la conoscenza dei problemi della comunità e senza il possesso di tutti i dati conoscitivi a proposito di chi governa. Ebbene, che cosa ha fatto per anni e anni il signor B. se non cercare di condizionare a proprio favore anche l’informazione, esattamente per evitare che la comunità avesse una conoscenza corretta della realtà, per nascondere le proprie malefatte e per illudere i cittadini che sotto il suo governo tutto procedesse per il meglio quando invece i problemi sociali aumentavano? Come si pone quest’uomo, che si è battuto contro le intercettazioni telefoniche e ha detto che la libertà di stampa non è un valore assoluto, rispetto a un insegnamento della Chiesa che sostiene la necessità di garantire il pluralismo dell’informazione agevolando, mediante leggi appropriate, condizioni di uguaglianza nel possesso e nell’uso dei mass media? Lascia senza parole verificare come il signor B. incarni, anche in questo campo, l’esatto contrario di quanto la Chiesa insegna. Mi perdoni se cito ancora il compendio, ma è inevitabile. Tra gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del pluralismo e di quel diritto fondamentale che è l’obiettività dell’informazione, si legge, merita particolare attenzione il fenomeno delle concentrazioni editoriali e televisive, che hanno “pericolosi effetti per l’intero sistema democratico”, specialmente “quando a tale fenomeno corrispondono legami sempre più stretti tra l’attività governativa, i poteri finanziari e l’informazione”. E cosa dire dei contenuti culturali e morali veicolati dalle televisioni di cui il signor B. è proprietario e da quelle sulle quali esercita il controllo? La questione essenziale, afferma la dottrina sociale della Chiesa, è verificare se il sistema dell’informazione e dell’intrattenimento contribuisca a “rendere la persona umana migliore, cioè più matura spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperta agli altri”. Appunto.
    Punto sesto. L’alibi con il quale il signor B. ha spesso giustificato le sue scelte è il consenso degli elettori. “Abbiamo i numeri per farlo, la gente è con noi”, questo il ritornello. E che i numeri ci siano stati è fuori discussione, ma che cosa dice in proposito l’insegnamento della Chiesa? Ecco la risposta: “Il solo consenso popolare non è tuttavia sufficiente a far ritenere giuste le modalità di esercizio dell’autorità politica”. Per il cristiano ciò che conta è la legge morale, perché le maggioranze possono appoggiare scelte politiche moralmente ingiuste e i politici possono guadagnarsi il consenso attraverso operazioni moralmente tutt’altro che irreprensibili.
    Conclusioni. Alla luce di tutto ciò, eminenza reverendissima, credo che la risposta alla domanda su come sia stato possibile che il signor B. abbia governato così a lungo con il consenso di molti cattolici e l’appoggio delle più alte gerarchie si possa esprimere con una sola parola: tradimento. Tradimento del vangelo. Tradimento di ciò che la fede cristiana è e insegna. Tradimento di tutti coloro che per questa fede sono morti. Tradimento di nostro Signore Gesù Cristo che disse: “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8,32)».
    Dopo aver letto, l’eminentissimo cardinale prese il rapporto, lo mise in un cassetto e sospirò. Pure a Natale era costretto a occuparsi di faccende tanto complicate. Pensò a don Serafino e gli scappò un mezzo sorriso. Che ragazzo! La sincerità era un suo pregio, ma, decisamente, era anche il suo principale difetto.
    Aldo Maria Valli
    Antifascista, cattolico-democratico, contrario al principio "destro" di "limite e conservazione" e sostenitore del principio di "non appagamento", dunque, di centrosinistra!

  2. #2
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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Citazione Originariamente Scritto da Popolare Visualizza Messaggio
    In quel Natale del 2010, nei giorni più infuocati della polemica politica, quando il governo del signor B. riuscì a vivacchiare ancora per un po’ ma senza una vera prospettiva, l’eminentissimo cardinale sentì il bisogno di un consiglio.
    L’eminentissimo cardinale aveva puntato a lungo su B. e sulle sue promesse: più soldi alle scuole cattoliche, più aiuti alle famiglie, più possibilità di lavoro per i giovani, più attenta difesa della vita umana. Erano quelli che il papa amava definire «valori non negoziabili», e l’eminentissimo cardinale, per difenderli, aveva appoggiato il signor B.
    Quel presidente del consiglio vanaglorioso e pieno di sé, in realtà, non gli piaceva troppo. Però era politicamente forte, sapeva aggregare consensi, godeva del sostegno di ampie fasce della popolazione, anche fra i cattolici, ed era stato capace di tenere lontana dal governo per un bel po’ di tempo la sinistra, composta da pericolosi ex comunisti e da ancor più pericolosi cattocomunisti.
    Ora però, in presenza di una crisi politica logorante e di preoccupanti segni dei cedimento del potere messo in piedi dal signor B., si trattava di prendere una decisione: puntare ancora su di lui o che cosa? Per questo l’eminentissimo cardinale chiamò alcuni dei suoi più fidati collaboratori e chiese loro di stendere un rapporto. Lo chiese anche a don Serafino, un prete giovane, studioso della dottrina sociale della Chiesa e persona molto sincera.
    L’eminentissimo cardinale voleva un giudizio spassionato sull’opera del capo del governo negli ultimi anni e su quanto fosse stato assennato, da parte della Chiesa, puntare su di lui. Don Serafino ubbidì e dopo pochi giorni fece pervenire all’eminentissimo cardinale il seguente documento.
    «Eminenza reverendissima, a meno che non possa vivere davvero duecento anni o giù di lì, come fingono di credere alcuni dei suoi interessati laudatores, il signor B. è alla fine della parabola vitale e dunque anche politica. Tuttavia la sua vicenda ha qualcosa da insegnare, e poiché lei mi ha chiesto un giudizio, le dirò quello che penso.
    Punto primo. Fin dalla sua discesa in campo, il signor B. ha rappresentato la negazione di tutto ciò che la dottrina sociale della Chiesa insegna a proposito di politica e impegno civile. Come sappiamo, seguendo le direttive del suo amico e protettore C., il signor B., quando era soltanto un costruttore e imprenditore televisivo, dopo aver fatto molti soldi in modo poco chiaro, decise di dedicarsi alla politica e di fondare un partito esclusivamente per tornaconto personale, per cercare di sottrarsi alla giustizia e per meglio perseguire i propri interessi. Tutto il contrario di quanto insegna la dottrina sociale della Chiesa, secondo la quale la politica, in quanto alta forma di carità, deve essere ispirata al servizio verso gli altri, specialmente verso i più deboli e indifesi, nel segno del bene comune. Per la Chiesa, come lei certamente sa, il singolo che si impegna in politica assume su di sé i problemi di tutti e di essi si fa interprete per trovare soluzioni il più possibile condivise. Ma nel caso del signor B. la decisione di dedicarsi alla politica nasce solo dalla necessità di tutelare se stesso.
    Punto secondo. Il compendio della dottrina sociale della Chiesa è molto chiaro. Coloro che hanno responsabilità politica non devono mai dimenticare o sottovalutare la “dimensione morale della rappresentanza”. Il politico, per il fatto di essere delegato a occuparsi dei problemi di tutti, deve dare testimonianza personale di assoluta trasparenza e moralità. Non c’è e non ci può essere distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. Anzi, l’autorità veramente responsabile è, secondo l’insegnamento della Chiesa, soltanto quella esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono una concezione e una pratica del potere come servizio. Tali virtù, elencate esplicitamente, sono: la pazienza, la modestia, la moderazione, la carità, lo sforzo di condivisione. Ebbene, ce n’è forse una che il signor B. abbia mai praticato? O non è stato piuttosto egli il campione dell’impazienza e dell’insofferenza verso le regole democratiche, dello sfarzo, del lusso, della presunzione, dell’immodestia, della vanità, della ricchezza ostentata, dell’esagerazione, dell’eccesso, dell’intemperanza, dell’egocentrismo, dell’amore di sé e del narcisismo eletto a sistema? Punto terzo. La Chiesa cattolica insegna che l’autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale, perché è la morale il criterioguida che precede e fonda gli altri. Tale moralità ha un modo molto pratico ed evidente di manifestarsi: consiste nell’emanare leggi giuste, cioè conformi al bene comune, e nel rispettare la divisione fra i poteri. Ma anche sotto questi profili il signor B., con la sua costante azione legiferante a favore di se stesso, con la pretesa di far prevalere nettamente l’esecutivo, con i ripetuti attacchi verso gli altri poteri costituzionali e con la battaglia ingaggiata contro la magistratura, ha disatteso pervicacemente l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa.
    Punto quarto. Parlare di morale vuol dire, lei me lo insegna, parlare anche di famiglia e sessualità, e sotto questo profilo lo spettacolo offerto dal signor B. è, se possibile, ancor più sconfortante. Quest’uomo pluriseparato e incapace di tenere a bada i suoi istinti sessuali ha fornito uno degli esempi più tristi e devastanti che mai siano stati offerti da un politico occidentale. Inutile dilungarsi sui vicende note. Basti ricordare il suo uso avvilente e umiliante della donna, da lui ridotta a oggetto di piacere, e senza che tutto ciò lo abbia mai condotto a un minimo accenno di pentimento o di contrizione. Al contrario, ciò che quest’uomo ha fatto per anni, fino alla tarda età, è stato di alimentare il deprimente mito di se stesso come vero maschio: uno spettacolo rivoltante.
    Punto quinto. Nel compendio della dottrina sociale c’è un interessante capitolo dedicato all’informazione. L’insegnamento è molto chiaro. L’informazione, vi si legge, è tra i principali strumenti di partecipazione democratica, perché non è immaginabile alcuna forma di partecipazione senza la conoscenza dei problemi della comunità e senza il possesso di tutti i dati conoscitivi a proposito di chi governa. Ebbene, che cosa ha fatto per anni e anni il signor B. se non cercare di condizionare a proprio favore anche l’informazione, esattamente per evitare che la comunità avesse una conoscenza corretta della realtà, per nascondere le proprie malefatte e per illudere i cittadini che sotto il suo governo tutto procedesse per il meglio quando invece i problemi sociali aumentavano? Come si pone quest’uomo, che si è battuto contro le intercettazioni telefoniche e ha detto che la libertà di stampa non è un valore assoluto, rispetto a un insegnamento della Chiesa che sostiene la necessità di garantire il pluralismo dell’informazione agevolando, mediante leggi appropriate, condizioni di uguaglianza nel possesso e nell’uso dei mass media? Lascia senza parole verificare come il signor B. incarni, anche in questo campo, l’esatto contrario di quanto la Chiesa insegna. Mi perdoni se cito ancora il compendio, ma è inevitabile. Tra gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del pluralismo e di quel diritto fondamentale che è l’obiettività dell’informazione, si legge, merita particolare attenzione il fenomeno delle concentrazioni editoriali e televisive, che hanno “pericolosi effetti per l’intero sistema democratico”, specialmente “quando a tale fenomeno corrispondono legami sempre più stretti tra l’attività governativa, i poteri finanziari e l’informazione”. E cosa dire dei contenuti culturali e morali veicolati dalle televisioni di cui il signor B. è proprietario e da quelle sulle quali esercita il controllo? La questione essenziale, afferma la dottrina sociale della Chiesa, è verificare se il sistema dell’informazione e dell’intrattenimento contribuisca a “rendere la persona umana migliore, cioè più matura spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperta agli altri”. Appunto.
    Punto sesto. L’alibi con il quale il signor B. ha spesso giustificato le sue scelte è il consenso degli elettori. “Abbiamo i numeri per farlo, la gente è con noi”, questo il ritornello. E che i numeri ci siano stati è fuori discussione, ma che cosa dice in proposito l’insegnamento della Chiesa? Ecco la risposta: “Il solo consenso popolare non è tuttavia sufficiente a far ritenere giuste le modalità di esercizio dell’autorità politica”. Per il cristiano ciò che conta è la legge morale, perché le maggioranze possono appoggiare scelte politiche moralmente ingiuste e i politici possono guadagnarsi il consenso attraverso operazioni moralmente tutt’altro che irreprensibili.
    Conclusioni. Alla luce di tutto ciò, eminenza reverendissima, credo che la risposta alla domanda su come sia stato possibile che il signor B. abbia governato così a lungo con il consenso di molti cattolici e l’appoggio delle più alte gerarchie si possa esprimere con una sola parola: tradimento. Tradimento del vangelo. Tradimento di ciò che la fede cristiana è e insegna. Tradimento di tutti coloro che per questa fede sono morti. Tradimento di nostro Signore Gesù Cristo che disse: “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8,32)».
    Dopo aver letto, l’eminentissimo cardinale prese il rapporto, lo mise in un cassetto e sospirò. Pure a Natale era costretto a occuparsi di faccende tanto complicate. Pensò a don Serafino e gli scappò un mezzo sorriso. Che ragazzo! La sincerità era un suo pregio, ma, decisamente, era anche il suo principale difetto.
    Aldo Maria Valli
    Il giornale.it .21 XII
    Sorpresa, siamo più ricchi di quanto ci immaginiamo A dirlo è la Banca d'Italia

    Le famiglie italiane detengono il 5,7% del patrimonio mondiale, per un valore pari a 160mila miliardi di euro. E' il doppio della nostra quota del prodotto lordo globale. Quanto ai debiti ne abbiamo meno perfino dei tedeschi

    Ma guarda un po’: gli italiani sono tra i più ricchi del mondo, eppure sono tra i meno indebitati, privatamente, e con una distribuzione delle proprietà tra le famiglie molto agiate e quelle molto povere tutto sommato accettabile. È il ritratto di un Paese evoluto, ben equilibrato, agiato, tutto sommato felice che trova nel privato, nella famiglia, nel piccolo la sua dimensione vincente.

    E la disoccupazione? E la crisi? E il debito pubblico? Nessuno li nega e non possono essere certo sottovalutati, ma per capire quale sia la realtà economica dell’Italia, non ci si può limitare sempre ai parametri di Maastricht, come se fossero criteri divini e che invece infallibili non sono. Li pretese la Germania di Kohl in cambio del via libera alla moneta unica, ma in modo arbitrario. È come se acquistando un’auto si valutassero solo i freni, la frizione, il circuito elettrico e la carrozzeria. Ma non il motore, né il cambio, né gli pneumatici, né lo sterzo.

    Il bollettino statistico di Bankitalia, riferito al periodo 2008-2009, permette di equilibrare, finalmente, il quadro, evidenziando anche le luci e non solo le ombre della nostra situazione finanziaria.
    Innanzitutto: la ricchezza netta mondiale delle famiglie ammonterebbe a circa 160mila miliardi di euro, di cui il 5,7% posseduto dagli italiani. «Tale quota appare particolarmente elevata se si considera che l’Italia rappresenta poco oltre il 3% del Pil mondiale e meno dell’1% della popolazione del pianeta», chiosano gli esperti di Palazzo Koch. Insomma, i patrimoni privati valgono quasi il doppio del Prodotto interno loro annuale, proiettandoci nella top-ten dei Paesi più facoltosi al mondo. Il 60% dei nostri nuclei familiari possiede una ricchezza netta superiore a quella del 90% delle famiglie di tutto il mondo; quasi tutti gli italiani sono più agiati del 60% delle famiglie dell’intero pianeta.

    Ma come investiamo i risparmi? Nessuna sorpresa: molto mattone e parecchia liquidità, mentre prevale la diffidenza nei confronti delle azioni, come potete leggere qui a fianco. Tra l’altro: rispetto alla crisi finanziaria, esplosa con il fallimento della Lehman nel settembre del 2008, la ricchezza complessiva è aumentata dell’1,1%, ovvero: le perdite provocate dal grande crash di due anni fa sono già state riassorbite. E anche questo è un segnale di stabilità, ancor più evidente se si considerano i debiti privati.

    Da tempo l’economista Marco Fortis sostiene che, paragonando l’insieme delle passività (pubbliche e private) alla ricchezza complessiva, l’Italia è solida quasi quanto la Germania e alla pari con la Francia. Il bollettino di Bankitalia corrobora questo quadro. Anzi, l’ammontare dei debiti risulta pari al 78% del reddito disponibile, il valore più basso tra i Paesi industrializzati. Siamo i primi della classe, davanti all’ammiratissima Germania, dove la percentuale è del 100%, come in Francia, distaccando Usa e Giappone (130%) e con la Gran Bretagna che tocca addirittura il 180%.

    E da quali voci è composto il debito privato? Detto in altri termini: gli italiani si indebitano per andare in vacanza, far la spesa, comprare lavatrici, auto, usando le diaboliche carte revolving o lasciandosi tentare dal credito al consumo? Nossignori. L’Italia - per fortuna - non è l’America. Paghiamo soprattutto per i mutui (40% dei debiti totali), che però riguardano solo una piccola parte degli immobili comprati nel nostro Paese. Già, perché la maggior parte dei proprietari ha già finito di rimborsare i mutui e sono proprietari a tutti gli effetti.

    E quando fanno compere, come in questi giorni, usano perlopiù soldi propri, veri, disponibili, già guadagnati, mentre solo in minima parte (12% del totale) contraggono debiti al consumo. Spagnoli, irlandesi, americani e inglesi ci invidiano.
    Da noi la classe media non è ancora estinta, come dimostrano i dati sulla concentrazione dei patrimoni. Pochi hanno tanto, tanti hanno poco? In apparenza sì: il 10% delle famiglie più facoltose possiede circa il 45% della ricchezza complessiva, mentre la metà più povera controlla il 10% degli asset privati. Eppure, se confrontiamo l’Italia alla Gran Bretagna che per 13 anni è stata laburista e all’America progressista di Obama, dove il 10% delle famiglie più agiate possiede non il 45% né il 60%, ma addirittura il 70% della ricchezza nazionale, lo squilibrio italiano risulta ragionevole e compensato da un altro dato: il 40% della popolazione possiede il 45% della ricchezza nazionale. Insomma, quattro italiani su dieci vivono in uno stato di ragionevole agiatezza; borghesia vera, all’antica, che la globalizzazione non ha spazzato via.

    Non ancora perlomeno. Ieri è suonato un primo campanello d’allarme. Nel primo semestre 2010 la ricchezza è calata dello 0,3%. Un dato irrisorio, ma non trascurabile. Segnala che il Paese non può vivere di rendita e che pertanto, se si vogliono mantenere questi livelli di benessere, bisogna far crescere l’economia reale e produrre ricchezza, anziché limitarsi a possederla. Un’arte in cui, finora, abbiamo saputo eccellere.
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    Stia tran quillo il cardinale e preghi che la sinistra non prevalga: NON PREVALEBUNT
    Ultima modifica di yure22; 21-12-10 alle 11:54

  3. #3
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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Tu parli dell'indebitamento delle famiglie, ed è vero, io non mi sorprendo, siamo un popolo di risparmiatori. I problemi sono il lavoro, la precarietà, la disoccupazione, la tassazione delle grandi rendite, i giovani. Su questi temi, fondamentale il governo non esiste e con 3 deputati in più figuriamoci per i prossimi 2 anni. Riforme, riforme, riforme? retorica, retorica, retorica...
    L'argomento tuttavia è un altro.
    Antifascista, cattolico-democratico, contrario al principio "destro" di "limite e conservazione" e sostenitore del principio di "non appagamento", dunque, di centrosinistra!

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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Citazione Originariamente Scritto da Popolare Visualizza Messaggio
    Tu parli dell'indebitamento delle famiglie, ed è vero, io non mi sorprendo, siamo un popolo di risparmiatori. I problemi sono il lavoro, la precarietà, la disoccupazione, la tassazione delle grandi rendite, i giovani. Su questi temi, fondamentale il governo non esiste e con 3 deputati in più figuriamoci per i prossimi 2 anni. Riforme, riforme, riforme? retorica, retorica, retorica...
    L'argomento tuttavia è un altro.
    Sai perchè si lavora?
    Per produrre !
    ora se tu producessi moltissimo e non riuscissi a vendere continueresti a produrre?

    Metti il caso di un operaio fiat che viaggia su una renault e poi si lamenta per la cassa integrazione ti sembra intelligente?

    Se il lavoro in un paese costa troppo le imprese si trasferiscono all'estero,
    per evitarlo facciamo sì che da noi si guadagni quanto in romania (se meno vedremmo le imprese romen e venire da noi).


    Altro discorso : il governo con tre voti in più.
    Ok, passi la mano alla minoranza (sarà per lei an cora più difficile con tre voti in meno) ti pare?

    Andiamo ad elezioni anticipate?
    Mi pare un buon discorso: facciamo a marzo?

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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Citazione Originariamente Scritto da yure22 Visualizza Messaggio
    Sai perchè si lavora?
    Per produrre !

    ora se tu producessi moltissimo e non riuscissi a vendere continueresti a produrre?

    Metti il caso di un operaio fiat che viaggia su una renault e poi si lamenta per la cassa integrazione ti sembra intelligente?

    Se il lavoro in un paese costa troppo le imprese si trasferiscono all'estero,
    per evitarlo facciamo sì che da noi si guadagni quanto in romania (se meno vedremmo le imprese romen e venire da noi).


    Altro discorso : il governo con tre voti in più.
    Ok, passi la mano alla minoranza (sarà per lei an cora più difficile con tre voti in meno) ti pare?

    Andiamo ad elezioni anticipate?
    Mi pare un buon discorso: facciamo a marzo?
    io direi soprattutto per magnà.
    Io non mi sono scagliato contro le regole del mercato, ma con l'inefficienza dei nostri governanti, che non danno risposte ai problemi veri. Sarebbe bene una riforma sui redditi dei nostri parlamentari: rendiamoli precari e paghiamoli per ogni riforma che fanno, così anche loro provano cosa significhi perdere il lavoro.
    Tu mi citi la Fiat? ok, è normale che Marchionne guadagni 400 volte un operaio? Se la fiat vuole emigrare lo faccia, è il mercato! Però il governo deve impegnarsi a riconvertire le fabbriche.
    Elezioni anticipate? No, governo tecnico si. Lo ha detto Napolitano.
    Antifascista, cattolico-democratico, contrario al principio "destro" di "limite e conservazione" e sostenitore del principio di "non appagamento", dunque, di centrosinistra!

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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Citazione Originariamente Scritto da Popolare Visualizza Messaggio
    io direi soprattutto per magnà.
    Io non mi sono scagliato contro le regole del mercato, ma con l'inefficienza dei nostri governanti, che non danno risposte ai problemi veri. Sarebbe bene una riforma sui redditi dei nostri parlamentari: rendiamoli precari e paghiamoli per ogni riforma che fanno, così anche loro provano cosa significhi perdere il lavoro.
    Tu mi citi la Fiat? ok, è normale che Marchionne guadagni 400 volte un operaio? Se la fiat vuole emigrare lo faccia, è il mercato! Però il governo deve impegnarsi a riconvertire le fabbriche.
    Elezioni anticipate? No, governo tecnico si. Lo ha detto Napolitano.
    Se m'inviti a sottoscrivere per ridurre sia gli onorevoli che le loro paghette io ci sto.

    Di merchionne alla fiat ce ne sta uno solo, a me sta un poco antipatico pure come la fiat in particolare, però ti ricordi in che stato falòlimentaree si trolvasse la fiat solo 63 anni fa? Diamogli atto d'averla salvata!
    Un governo tecnico é assurdo ! nessulo lo ha votato la maggioranza di berlusconi non lo vuole su chi troverebbe appoggio? Le leggi in parlamento debbono trovare una maggioranza, il governoi tecnico, secondo te su che maggioran za pootrebbe contare?

    Ineficienti i nostri govedrnanti? Ma chi lo dice? Una propaganda PDina? Ma se bersani neppure il lambrusco della sua vigna é capace di fare.

    Bisogna essere obiettivi: critica pure berlusconi ma su argomenti validi ,altrimenti ne determini il successo.

  7. #7
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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Citazione Originariamente Scritto da yure22 Visualizza Messaggio
    Se m'inviti a sottoscrivere per ridurre sia gli onorevoli che le loro paghette io ci sto.

    Di merchionne alla fiat ce ne sta uno solo, a me sta un poco antipatico pure come la fiat in particolare, però ti ricordi in che stato falòlimentaree si trolvasse la fiat solo 63 anni fa? Diamogli atto d'averla salvata!
    Un governo tecnico é assurdo ! nessulo lo ha votato la maggioranza di berlusconi non lo vuole su chi troverebbe appoggio? Le leggi in parlamento debbono trovare una maggioranza, il governoi tecnico, secondo te su che maggioran za pootrebbe contare?

    Ineficienti i nostri govedrnanti? Ma chi lo dice? Una propaganda PDina? Ma se bersani neppure il lambrusco della sua vigna é capace di fare.

    Bisogna essere obiettivi: critica pure berlusconi ma su argomenti validi ,altrimenti ne determini il successo.
    no, 2 anni di promesse di riforme: welfare, scuola, università e ricerca (solo modifiche degli organi di gestione, niente per il futuro dei giovani), pubblica amministrazione (brunetta abbaia tanto ma non morde), giustizia (per ora solo immunità e legittimo impedimento), sicurezza (tanti mafiosi arrestati e devo riconoscerlo ma senza sciogliere le giunte colluse con la mafia), federalismo (...delle chiacchere leghiste, con tanto di ingenti tagli agli enti locali). Potrei continuare, ricordo che avevano 100 parlamentari in più, ora solo 3, al massimo 5. Non sono stati capaci di fare una riforma seria in 2 anni e mezzo con quella maggioranza, figuriamoci adesso.
    Antifascista, cattolico-democratico, contrario al principio "destro" di "limite e conservazione" e sostenitore del principio di "non appagamento", dunque, di centrosinistra!

  8. #8
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    Predefinito Rif: Il cardinale, don Serafino e il signor B

    Citazione Originariamente Scritto da Popolare Visualizza Messaggio
    no, 2 anni di promesse di riforme: welfare, scuola, università e ricerca (solo modifiche degli organi di gestione, niente per il futuro dei giovani), pubblica amministrazione (brunetta abbaia tanto ma non morde), giustizia (per ora solo immunità e legittimo impedimento), sicurezza (tanti mafiosi arrestati e devo riconoscerlo ma senza sciogliere le giunte colluse con la mafia), federalismo (...delle chiacchere leghiste, con tanto di ingenti tagli agli enti locali). Potrei continuare, ricordo che avevano 100 parlamentari in più, ora solo 3, al massimo 5. Non sono stati capaci di fare una riforma seria in 2 anni e mezzo con quella maggioranza, figuriamoci adesso.
    La riforma della scuola mi pare ottima, se poi t'aspetti che produca lavoro sub ito m i pare un poco azzardato.

    Sono d'accordo sui tagli all'amministrazione pubblica, però non credo sarà cosa facile: chi lo spiega ad uno che lavora in provincia che la pacchia chiude?

    Pure portare gli onorevoli a 500 mi pare un'impresa: tu voteresti per il tuo licenziamento?

    Il futuro dei giovani? Dim mi quale governo dal '45 in poi se n'é preoccupato.

    Secondo te cosa ci sarebbe da fare in questo campo? M anifestare?

 

 

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