28 DICEMBRE 1908 - 28 DICEMBRE 2016
E'ancora notte quando padre Alfani, direttore dell'Osservatorio sismologico di Firenze, annota queste parole: "Stamani alle 5,21 sugli strumenti dell'Osservatorio è incominciata un'impressionante, straordinaria registrazione. Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave".
Alle 5,20 sullo stretto di Messina si ode un boato terrificante, cui segue un terremoto di spaventosa intensità. Interi fronti di edifici come la Palazzata, orgoglio e vanto di Messina, si disintegrano come colpiti da un'onda d'urto nucleare mentre le banchine del porto sono letteralmente inghiottite dal mare. Un vento sovrumano scaraventa lontano come giocattoli di latta interi convogli ferroviari, svellendo dal suolo le rotaie. Poco dopo onde alte una decina di metri si abbattono come un gigantesco maglio liquido sull'entroterra. Quando la furia delle acque si placa, dalle condutture del gas ormai contorte e dalle case sventrate si leva minaccioso il fuoco devastatore degli incendi. Non pochi superstiti del terremoto di Messina sono folli dal terrore.
Le riceventi dei telegrafi installati a Roma cominciano a ticchettare sinistramente i primi dati dell'immane disastro, in cui si dice che sulle due sponde dello Stretto sono morte almeno centodiecimila persone. Non c'è nemmeno l'idea, allora, di una protezione civile e naturalmente i primi che si muovono sono i militari. Un'intera divisione navale su tre corazzate vira a tutta forza dalla Sardegna facendo rotta verso la Sicilia. Il re, con i primi carichi di medicinali, si imbarca su una di esse. Navi delle flotte francese, inglese e russa si lanciano in una corsa di solidarietà. La città viene divisa per settori e cominciano ad affluire dalle legioni vicine e lontane contingenti di carabinieri. E ce n'è davvero bisogno.
Il 3 gennaio il prefetto straordinario proclama lo stato d'assedio perché gli sciacalli sono diventati una vera piaga, talvolta agiscono per bande e sono armati. I tribunali militari, pur cercando di usare una certa clemenza in mancanza di prove certe, non esitano a passare per le armi i delinquenti più feroci. Il lavoro per i militi è massacrante: scavare tra le macerie, recuperando talvolta anche i cadaveri dei loro colleghi sfortunati; organizzare la distribuzione di viveri, medicinali e coperte; creare dei cordoni intorno alle macerie fumanti; frenare i linciaggi della folla; incanalare torme di fuggiaschi impauriti; catturare gli evasi dalle carceri crollate e nei casi più gravi fucilare gli sciacalli.
Breve ma sufficiente la descrizione dell'intensa scossa tellurica in una "cronaca" dell'epoca redatta dal sismologo italiano Padre Guido Alfani: "Preceduto nei giorni più prossimi da debolissimi, frequenti scosse, il 28 dicembre 1908 alle ore cinque e venti circa, si iniziò il terribile movimento con una scossa sussultoria piuttosto forte, ma di breve durata. Parve cessare, ma fu una illusione, o almeno fu una pausa brevissima; riprese allora in moto ondulatorio intenso in una direzione parallela alla costa; quindi in senso differente dal primo e con rabbia maggiore che compié la strage e il disastro. Furono trenta secondi, tempo estremamente lungo per l'angoscia e il terrore. Tutti i superstiti narrano concordemente le variazioni successive della direzione del moto e asseriscono che all'ultimo gruppo di onde sismiche gli edifici crollarono stroncati, sbriciolati..."