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    Predefinito Sinistra Nazionale: "ci chiamavano nazi-mao"

    Sinistra Nazionale: “ci chiamavano Nazi-Mao”



    Il giorno 8 dicembre del 2010 si è tenuta in Roma, presso il cinema-teatro Capranica, la presentazione dei primi cinque dei dieci filmati documentari “Ci chiamavano nazi-mao”, diretti da Ugo Gaudenzi e la cui regia politica è stata curata da Nando De Angelis. Al margine delle proiezioni si sono tenute due conferenze-dibattito: alla prima, imperniata sulla ricostruzione storica del pensiero e della istituzionalizzazione socialista-nazionale in vari frangenti della storia europea, hanno partecipato Mario Consoli, Giuseppe Parlato, Giorgio Vitangeli, Giulio Vignoli e Antonio Pennacchi; la seconda si è configurata come un “colloquio militante” della sinistra nazionale.
    I documenti filmati di cui sopra, di forte rilievo storiografico e di pregevole realizzazione, spaziando in un determinato segmento temporale pluriennale della “contestazione” a cavallo tra gli anni Sessanta a Settanta, documentano la storia di quel filone storico-politico che da sempre congiunge le istanze di giustizia sociale con l’affermazione della sovranità nazionale, all’insegna del binomio socialismo/nazione. Tale corrente, che nella nostra Nazione prese le compiute forme politiche dell’Organizzazione Lotta di Popolo, in quegli anni ebbe appunto una marcata reviviscenza, vide una affermazione planetaria, subì delle campali controffensive e lasciò comunque una indelebile eredità storica a noi nuove generazioni.
    Reviviscenza, affermazione, sconfitte e lasciti narrati, appunto – in una forma davvero inedita – in “Ci chiamavano nazi-mao”; un “Sessantotto”, insomma, come nessuno lo ha mai raccontato: con entusiasmo e amore per la verità.
    Arrivare a Roma alla mattina di un giorno festivo, per chi romano non è, rinfranca lo spirito ancor più di quanto la città eterna normalmente permette. Percorrerne le strade e abbeverare gli occhi al suo splendore, sono stati – unitamente a uno straordinario sole primaverile pur se dicembrino - sufficienti segni premonitori di una giornata che sarebbe proseguita all’insegna della rara sintonia e della non comune soddisfazione che si prova nel poter stare accanto a propri affini, a sodali politici, a consanguinei dello spirito che la distanza fisica non permette di frequentare quotidianamente. Si realizzava una di quelle rare coincidenze in cui il dove si accorda ritmicamente al come: la Roma cui ogni aggettivo è indegno e la solidarietà dei fratelli della sinistra nazionale. L’entusiasmo e la migliore predisposizione, quindi, di certo non difettavano agli inizi di quello che una irriverente recensione dell’evento aveva definito “Il lungo giorno dei nazi-mao”. Entusiasmo e buona predisposizione che subito si rivelano ben riposti e rafforzati dal saluto del “presente!” che è stato rivolto a ogni immagine di ognuno dei “padri” del pensiero di sinistra nazionale, da Mazzini a Garibaldi, da Sorel a Proudhon, da Nietzsche a D’Annunzio, da Mussolini a Corridoni, da Bombacci a Drieu, da Céline a Peron, da Guevara ad Habbash, da Sands a Coudroy, doverosamente omaggiati attraverso una bella proiezione delle loro immagini sul grande schermo cinematografico del Capranica.
    I film-documentari Ci chiamavano nazi-mao (ripeterlo non nuoce: diffusi in edicola con Rinascita nelle maggiori città ovvero ordinabili direttamente presso il giornale) decantano, dal crogiuolo di una storia millenaria, la linea politica di sinistra nazionale nel particolare contesto storico di quell’arco temporale - che per comodità espressiva viene definito “sessantotto” – che si estende dal 1966 al 1973.
    Un movimento europeo che la moderna storiografia “un tanto al chilo” vorrebbe collocare all’interno di quei fenomeni (opposti estremismi, ricorso alla violenza) che ne furono invece gli implacabili distruttori, e cui i preziosi documentari di Rinascita rende invece giustizia. Prima di essere ucciso, il movimento si è fondato sulla simbiosi dei valori sociali e nazionali che fino a quel momento, in ogni dove, dal sud-est asiatico all’America latina, dall’Africa della decolonizzazione al mondo arabo assediato dalla violenza sionista, aveva contraddistinto ogni movimento di liberazione nazionale. Eppure, oggi più che mai, quando si parla di sessantotto lo si ricollega ancora alle Br, agli omicidi politici rossi/neri, all’antifascismo militante; come se per parlare del sole si descrivesse un’eclissi.
    Tale movimento popolare, dai suoi albori fino ai primi anni Settanta, non era niente di tutto ciò. La critica radicale era mossa uniformemente nei confronti di quello che iniziava ad essere definito sistema, cioè le proiezioni partitiche, sindacali, scolastico-universitarie e persino di costume della divisione dell’Europa in blocchi contrapposti secondo le perverse logiche di dominio elaborate a Jalta quando le macerie del continente erano ancora in fiamme. Contro questo sistema, appunto, la gioventù europea del tempo decise di gridare “basta!”, trovando nella lotta di popolo e nella ricerca della congiunzione delle rivendicazioni sociali con le istanze di riaffermazione della sovranità il suo naturale compimento politico, come lo avevano trovato i coetanei di Hanoi e dell’Avana. Si affermavano, facendo leva su queste precise rivendicazioni, movimenti quali Primula e Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi, come la Jeune Europe di Thiriart e – naturalmente – l’Organizzazione Lotta di Popolo. Tali organizzazioni, relegate alla damnatio memoriae inflitta agli eretici, si radicarono nelle università e nelle fasce sociali di dissenso dei giovani europei. Avevano nel cuore uno slancio talmente umano dal sembrare un cazzotto vibrato alla bocca dello stomaco di una società che ogni giorno si omologava e mercificava sempre più; è la forza dell’uomo libero che scandalizza il borghese, è la spregiudicatezza che li faceva accomunare Guevara, Mussolini e Mazzini che rappresentarono il campanello d’allarme per la reazione e per il “fronte rosso”. La loro visione universale, il riconoscimento dei movimenti di liberazione del Viet-Nam e di Cuba, la volontà e la determinazione di esportare in Europa il sentimento e la prassi politica che avevano liberato quei popoli, il risorgere – quindi – della linea politica che meglio non possiamo definire che “di sinistra nazionale”, non potevano più essere tollerati. Il sistema doveva reagire.
    Chi ha ucciso quindi la lotta di popolo? Chi ha spento le fiamme di quella ribellione? Chi ha sepolto una speranza che ancora poteva essere coltivata negli animi di ogni uomo libero? L’identità dei mandanti è più evidente che mai: le strutture sovranazionali e gli Stati che avevano tutto l’interesse a preservare lo status di nazione a sovranità limitata per l’Italia e per le altre nazioni europee. Ma come vi riuscirono? Chi furono gli esecutori? Senz’altro il sistema dei partiti, che con ogni mezzo (o mezzuccio, non hanno buttato via niente) ha preteso l’esclusività della rappresentanza popolare, e quindi anche dei settori giovanili naturalmente inclini alla ribellione; fu sintomatico di questo atteggiamento l’episodio – narrato con dovizia di particolari in uno dei filmati - in cui, di fronte alla prospettiva di vittoria alle elezioni universitarie dei ragazzi di Primula, fecero fronte comune nell’organizzare una vasta operazione di brogli elettorali stampando delle schede già votate secondo la proporzionalità delle rispettive rappresentanze numeriche.
    Esecutori materiali dell’omicidio del movimento furono senza meno gli “sbirri” del Pci e del Msi, posti a guardia delle valvole di sfogo politiche alle estreme dello schieramento partitico, che non esitarono a scatenare la criminale contrapposizione degli opposti estremismi, inventarono l’antifascismo e l’anticomunismo militanti in cui ingabbiare gli impulsi rivoluzionari, inventarono i miti della resistenza e della destra legge & ordine a difesa dell’ordine costituito, si resero responsabili e mandanti politici della morte e del ferimento di migliaia di giovani durante gli scontri artificiosamente provocati; i primi non si fecero scrupolo di sciogliere la loro organizzazione giovanile (la Fgci) per poter meglio infiltrare coi propri uomini il movimento, i secondi non ebbero neanche il pudore di nascondere il loro ruolo di “guardie bianche” al servizio dei potentati politici e – nelle università – delle baronie. Senza dubbio un ruolo di rilievo fu rivestito da quell’universo oscuro dei servizi (che alcune anime pie ancora si ostinano a definire “deviati”) che attraverso una straordinaria campagna di attentati contro obiettivi civili fece naufragare, in un orgia di violenza e repressione, ogni possibilità di aggregazione rivoluzionaria (e, a livello istituzionale, a precludere taluni indirizzi politici “sovranisti” dell’Italia-colonia, insomma: due piccioni con una fava, col trascurabile dettaglio che in questo caso le “fave” erano piene di tritolo e scoppiavano nelle stazioni e nelle banche).
    Altra conclamata responsabilità nell’assassinio della ribellione nazionale e sociale italiana ed europea è da ascriversi alla grande informazione, che non ha mancato di disinformare costantemente e massicciamente sulla reale natura dei movimenti antagonisti, i cui componenti venivano di volta in volta definiti “teppisti”, “devastatori” o – per l’appunto – “nazi-mao”, terrifico neologismo (semanticamente sensato: avevano rotto il maleficio degli estremismi contrapposti) volto a precludere ai rivoluzionari qualsiasi possibile sostegno o solidarietà.
    I film-documentari Ci chiamavano nazi-mao” rendono giustizia a questi eventi della nostra storia recente, sfatando i miti di lustri di storiografia demonizzatrice e/o fuorviante. Ci riescono grazie alla sincera emozione che trasmette la loro visione (magistrale e indelebile alla memoria il ricordo del Guevara e della sua morte, e le parole di commiato del presidente Peron), grazie all’accuratezza della ricostruzione storica, grazie allo slancio ideale di chi li ha realizzati, grazie alla memoria che viene conservata viva e trasmessa – prezioso lascito – alla sinistra nazionale del XXI secolo che compie i propri primi passi e rafforza la propria identità. La nuova sinistra nazionale, dunque, che raccoglie un testimone trasmesso da secoli e che proietta nel nuovo millennio una eredità patrimonio genetico dei popoli e degli uomini liberi. La cronaca dell’anno appena trascorso ha visto un manipolo (non per usare un desueto cliché, ma perché di “manipolo” si tratta) di giovani uomini trovare naturale aggregazione attorno a questa idea forte. Fondamentale è stato il ruolo di Rinascita, quotidiano di riferimento del pensiero di sinistra nazionale, che ha svolto il ruolo di catalizzatore e di crogiuolo attraverso il quale questo consorzio umano ha potuto affermarsi, anche – ma non solo – attraverso l’ospitalità che la teorizzazione e la dottrina socialista nazionale trova sulle sue pagine.
    Questa nuova sinistra nazionale è tornata a tingere coi colori della contemporaneità una storia che ormai andava confinandosi nelle pagine dei libri, nei filmati in bianco e nero, fino a sfumare nei colori sgranati delle ultime sue manifestazioni degli anni Ottanta. La ripresa di un cammino, dunque, mai interrotto nei millenni.
    Nel suo essere allo stesso tempo portatrice di una storia politica che è stata il motore delle vicende umane d’Europa (e non solo) nonché avendo una struttura numericamente elementare ed embrionale, per la consapevolezza che ha di sé e dall’alto del suo senso della realtà, la sinistra nazionale ha dovuto improntare la sua manifestazione umana e politica tenendosi in mezzo al guado. In mezzo al guado innanzitutto tra una grande storia, un passato glorioso, e un presente difficile. La maestosità di questo passato non crediamo che in questa sede abbisogni di dimostrazioni di sorta; senza voler risalire a eventi datati di millenni, alla Grecia dorica o ai Gracchi del V secolo ab Urbe condita, la sinistra nazionale si appropria a pieno diritto del patrocinio politico e dell’eredità storica di tutti quanti hanno – in ogni epoca e ad ogni longitudine – teorizzato o realizzato l’unico socialismo possibile, quello naturalmente congiunto all’elemento nazionale.
    Abbiamo più volte citato questi nobili precursori in questa sede e nelle nostre pubblicazioni, abbiamo citato grandi esperienze politiche, massime realizzazioni di giustizia e di pace sociale non a caso – prima o dopo, con maggiore o minore intensità – finite nel mirino di forze ostili.
    Ci riferiamo naturalmente al socialismo giustizialista e al bolivarismo latino-americano, al socialismo panarabo e baathista, al socialismo fascista europeo, al sindacalismo rivoluzionario, alla “religiosità” civile e statuale del movimento mazziniano, a tutte le istanze socializzatrici e nazionali che hanno battuto il suolo d’Europa e del mondo intero.
    In mezzo al guado di un evidente squilibrio geografico: tra la constatazione di come in Europa occidentale e in ispecie in Italia il pensiero socialista nazionalista e di sinistra nazionale sia un fenomeno marginale (meglio: marginato) e di scarso rilievo numerico-politico (ciò, in verità, più a causa della conventio ad excludendum che non della mancanza di bravura dei socialisti), e il dato di fatto che in altre aree del pianeta la sinistra nazionale è prassi di governo e istituzioni sovrane.
    In mezzo al guado tra dottrina e azione, tra le accuse che ci incolpano di scarsa “concretezza” e di intellettualismo solo per aver resistito alla tentazione puerile dell’ennesimo movimentino e la necessità di una presenza territoriale e – soprattutto – sociale.
    I principi sono saldi, si rafforzano quotidianamente di certezze interiori, di studio e approfondimento. La sinistra nazionale vuole essere molto più elementare delle vuote elucubrazioni, e si stringe attorno a pochi indissolubili e imprescindibili principi che vale la pena ribadire: l’adesione all’ideologia socialista, il patrocinio del valore politico della nazione, tutela dello Stato nella sua manifestazione socialista e nazionale, la promozione di uno Stato federale continentale strumento dei popoli e delle nazioni, laicità e sovranità della politica, tutela dell’identità culturale della nazione, partecipazione/socializzazione/nazionalizzazione dell’economia, proprietà popolare della moneta, denunzia delle strutture sovranazionali dell’imperialismo, non ingerenza reciproca, libertà di critica politica, economica, sociale e di ricerca storica.
    I principi, dicevamo, sono saldi. Talmente saldi dal permetterci di tenere la posizione con tenacia per arrivare sino alla foce, in mezzo al guado: senza rischi di sbandamenti verso i perniciosi argini dell’avventurismo e dello sterile nostalgismo.
    Nel particolare contesto di chiusura dell’anno, di elaborazione dei pensieri sui tempi passati e di auspici per quelli venturi, ci sia consentito il ringraziamento e il saluto con un sentito “viva noi!” a tutti i nostri che ogni giorno portano avanti il pensiero stupendo della sinistra nazionale. E un ringraziamento e un saluto – e un “ad majora!” per il prossimo anno – a tutti coloro che ci seguono, ci seguiranno, ci leggono, ci consigliano e ci spronano ad andare avanti. E’ grazie a noi e a Voi che si configura e si identifica la nostra prima vittoria: la rottura del vecchio maleficio, quello per cui “ci chiamavano nazi-mao” e ci confinavano in cattività; la vittoria di ognuno che – anche in questa disgraziata parte di mondo – non dovrà più temere o vergognarsi di affermare la propria identità di socialista e nazionalista. E’ la coscienza di sé, fermata obbligatoria sulla strada della libertà.








    Sinistra Nazionale:

  2. #2
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    Qualcuno ha visto "Nazi-mao"?

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Qualcuno ha visto "Nazi-mao"?

    Prego??? Cosa significa questo tuo post???
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    Gli umori corrodono il marmo

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Prego??? Cosa significa questo tuo post???
    E cosa vuoi che significhi? Ho chiesto se qualcuno ha visto il documentario.

  5. #5
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    Predefinito Rif: Sinistra Nazionale: "ci chiamavano nazi-mao"

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    E cosa vuoi che significhi? Ho chiesto se qualcuno ha visto il documentario.

    Credo allora di aver frainteso, il forum che moderi è pieno di troll pronti a rovinare ogni 3d (con la compiacenza di chi dovrebbe controllare, dato che li si lascia "piacevolmente fare"), per questo ad una prima lettura avevo frainteso il tuo post.
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  6. #6
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    Predefinito Rif: Sinistra Nazionale: "ci chiamavano nazi-mao"

    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Credo allora di aver frainteso, il forum che moderi è pieno di troll pronti a rovinare ogni 3d (con la compiacenza di chi dovrebbe controllare, dato che li si lascia "piacevolmente fare"), per questo ad una prima lettura avevo frainteso il tuo post.
    I troll sono un problema di tutta la rete,la rete stessa ha dato la possibilità a esseri che prendono calci da sempre(e mai ne daranno..) di sentirsi forti almeno
    nella realtà..virtuale. :giagia:

  7. #7
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    Predefinito Rif: Sinistra Nazionale: "ci chiamavano nazi-mao"

    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Credo allora di aver frainteso, il forum che moderi è pieno di troll pronti a rovinare ogni 3d (con la compiacenza di chi dovrebbe controllare, dato che li si lascia "piacevolmente fare"), per questo ad una prima lettura avevo frainteso il tuo post.
    I moderatori di Destra Radicale fanno il possibile. Siccome il sottoscritto non si permette di dare giudizi sul modo in cui voi gestite questa sezione, ti pregherei di fare altrettanto, senza polemica.

  8. #8
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    Predefinito Rif: Sinistra Nazionale: "ci chiamavano nazi-mao"

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    I moderatori di Destra Radicale fanno il possibile. Siccome il sottoscritto non si permette di dare giudizi sul modo in cui voi gestite questa sezione, ti pregherei di fare altrettanto, senza polemica.


    Gli utenti e lettori giudicheranno da qui:

    http://forum.politicainrete.net/dest...-telefono.html


    CON QUESTA SI CHIUDE PER TUTTI L'OT.
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