RICORDO E UNA ANALISI DI DUE MOMENTI CRUCIALI DELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE.Vulgus veritatis pessimus interpres.
I DUE 25 LUGLIO DELL'ITALIA FASCISTA.
Prima data, ormai semidimenticata.
La quale di certo non fa onore al Regime e al Paese che ebbero a promulgare un simile documento, gettando alle ortiche dignità, rispettabilità internazionali e basi ideologiche della "Dottrina Fascista", lanciandosi nell'imitazione scomposta e deleteria del razzismo su base biologica di stampo nazista, che nulla aveva in comune con l'idem sentire della maggioranza degli italiani e degli stessi fascisti, gettandosi nelle braccia di Hitler.
Ecco il testo del
Comunicato del PNF sul Razzismo del 25 Luglio 1938
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COMUNICATO EMESSO DALLA SEGRETERIA POLITICA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL MANIFESTO DEI DIECI SCIENZIATI ITALIANI, DAL TITOLO "IL FASCISMO E IL PROBLEMA DELLA RAZZA" 25 Luglio 1938
Il ministro e Segretario del Partito, Achille Starace, ha ricevuto un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, che sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, hanno redatto o aderito alle proposizioni che fissano la base del razzismo fascista.
Erano presenti i camerati fascisti:
dott. Lino Businco, assistente di Patologia Generale all'Università di Roma,
prof. Lidio Cipriani, incaricato di Antropologia all'Università di Firenze e
direttore del Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia di Firenze,
prof. Arturo Donaggio, direttore della Clinica Neuropsichiatrica
dell'Università di Bologna, presidente della Società Italiana di Psichiatria,
dott. Leone Franzi, assistente nella Clinica Pediatrica dell'Università di
Milano,
prof. Guido Landra, assistente di Antropologia all'Università di Roma,
sen. Nicola Pende, direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica
dell'Università di Roma,
dott. Marcello Ricci, assistente di Zoologia all'Università di Roma,
prof. Franco Savorgnan, ordinario di Demografia nell'Università di Roma e
presidente dell'Istituto Centrale di Statistica,
on. prof. Sabato Visco, direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale
dell'Università di Roma e direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso
il Consiglio Nazionale delle Ricerche,
prof. Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università
di Roma.
Alla riunione ha partecipato il ministro della Cultura Popolare, Dino Alfieri.
Il Segretario del Partito, Achille Starace, mentre ha elogiato la precisione e la concisione delle tesi ha ricordato che il Fascismo attua da sedici anni una politica razzista che consiste nel realizzare, attraverso l'azione delle
istituzioni del Regime, un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza.
Il Segretario del Partito ha soggiunto che il Duce parecchie volte, nei suoi scritti e discorsi, ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.
Anche in questo campo il Regime ha seguito il suo indirizzo fondamentale:
prima l'azione, poi la formulazione dottrinaria, la quale non deve essere considerata accademica cioè fine a se stessa, ma come determinante un'ulteriore precisazione politica.
Con la creazione dell'Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze, deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione.
Leggi «razziste» in tale senso sono già state elaborate e applicate con fascistica energia nei territori dell'Impero.
Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una «razza» diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni Nazione, costituito - coi loro uomini e coi loro mezzi - lo stato maggiore dell'antifascismo.
Il Segretario del Partito Starace ha infine annunciato che l'attività principale degli Istituti di cultura fascista nel prossimo anno XVII sarà l'elaborazione e diffusione dei princìpi fascisti in tema di razza, princìpi
che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo.
Roma, 25 luglio 1938
Val bene ricordare che l'Italia aveva già da tempo colonie di ampie dimensioni con significative popolazioni di stirpe diversa da quella italiana, che aveva amministrato con durezza a volte spietata, ma sostanzialmente in maniera pacifica sin dal 1931 dopo la fine della fase repressiva in Libia, e che il governatore della Libia, il Maresciallo Balbo, aveva persino iniziato a tratteggiare l'integrazione degli arabi fedeli a Roma nella comunità nazionale italiana, per varie fasi, e aveva portato in Gran Consiglio una proposta che mirava a concedere agli arabi la cittadinanza italiana, oltre ad aver costituito la GAL (gioventu' araba del littorio)
La giustificazione delle necessità imperiali diviene quindi ridicola ed evidentemente strumentale.
Tanto piu' che in AOI si tollerava da decenni l'istituzione del madamato, che aveva costituito una classe di cittadini di sangue misto di cui si era sostanzialmente ed ipocritamente taciuto, concedendo alle madri magri
indennizzi o vitalizi per tacitare gli scrupoli di coscienza dei padri e degli amministratori locali.
Il razzismo in Italia era presente, ma rimaneva sottotraccia e mancava forse quello che il Duce desiderava ardentemente, rinnegando le sue stesse parole (e forse le sue convizioni) ossia la volontà di dominio e la durezza padronale che invece non facevano difetto agli alleati che si era scelto, ossia i nazisti.