Antonio Albanese: il mio politico un moderato rispetto a quelli veri
FULVIA CAPRARA
ROMA
Feste con ragazze seminude nella vasca idromassaggio, una signora in due pezzi ammirata al grido di «lei ha un bel corpo da assessore», una moglie, tradita e sbeffeggiata, esibita come gadget elettorale nell’imminenza del voto per offrire il quadro di una coppia felice, un figlio timido e frustrato costretto a lasciare la fidanzatina perchè ha poco seno, un compagno di partito sconvolto da una convocazione mattiniera: «Alle 7? Io è dall’82 che non mi sveglio alle 7!». Da venerdì Antonio Albanese, diretto da Giulio Manfredonia, arriva nelle sale con il suo Qualunquemente, 600 copie con il marchio Fandango, per raccontare l’avventura politica di Cetto La Qualunque, imprenditore calabrese corrotto, nonchè massimo esponente del partito «du’ pilu». Film «comicissimo», assicura il protagonista, ma la verità è che c’è poco da ridere perchè, più che mai in questi giorni, la realtà ha di gran lunga superato la fantasia e gli orrori beceri che scorrono sullo schermo sembrano nulla rispetto ai testi delle intercettazioni che campeggiano sui giornali di oggi.
Qualunquemente come istant film su Berlusconi e il caso Ruby? Naturalmente no, il cinema richiede tempi lunghi, ma l’occhio della satira può essere premonitore: «E’ dal 2003 che propongo il personaggio di Cetto, si riferisce a certi tipi esuberanti, a una maschilità che non ho mai sopportato, non mi piace farmi coinvolgere da qualcosa di troppo immediato e riconoscibile, Berlusconi ci ha anche un po’ fermato». E ancora: «Il mio Cetto? Oggi è solo un moderato, quando abbiamo scritto la sceneggiatura tre anni fa, ci siamo detti “pensa se il film usciva adesso”, poi, sei mesi fa, ci siamo detti la stessa cosa, e pure mio padre m’ha detto “pensa se usciva 25 anni fa”... Insomma, il film parla del nostro Paese». Paese dove tutto è possibile, dove ognuno «aspira al potere e punta verso l’alto, sempre di più», dove la caccia ai voti non si ferma nemmeno davanti ai moribondi, dove «se uno sa firmare due assegni a vuoto di fame non muore», dove «va tutto bene, ma io le tasse non le pago». Paese dove tutto è precipitato, oltre l’incubo peggiore: «Io e lo sceneggiatore, Piero Guerriera, siamo meridionali, da figlio dell’immigrazione, ho ancora tatuati addosso i ricordi di mio padre, la sua disperazione, l’abbandono della nostra terra per fame». Insomma Cetto viene da lontano e guarda oltre l’attualità: «Osservo il nostro tempo, ma lo rappresento liberamente, a mio modo, senza giudicare, non faccio satira sociale, punto alla comicità pura, rendo ridicole le figure dei mafiosi per far capire ai giovani che quelli sono cattivi esempi».
Intorno al politico gaglioffo e ai suoi eccentrici gessati (nelle righine c’è la ripetizione del suo nome all’infinito), una corte di servi, adulatori, malavitosi. A metterli in riga, almeno per il tempo della campagna elettorale, arriva Sergio Rubini, pugliese travestito da milanese ma, soprattutto, esperto d’immagine fissato con il thai chi chuan: «Il Sud descritto è drammaticamente vero, anzi, può essere pure più violento e più povero». Per Luigi Maria Burruano ( sullo schermo un imprenditore colluso), Qualunquemente «è il ritratto dell’immoralità in cui viviamo e a cui siamo assuefatti, Cetto fa anche simpatia, ma sarebbe da mettere al muro e sparargli, eppure lo applaudiamo perchè dentro di noi c’è un Cetto». Il regista Manfredonia dice che il mattatore di Albanese è «al contempo un “eroe” dell’Italia di oggi e un personaggio assolutamente astratto e surreale». Grazie a minacce, voti truccati e duelli televisivi guidati da presentatori-fan, l’ideologo di «cchiù pilu pe’ tutti» viene eletto alla guida del piccolo centro calabrese «Marina di Sopra», non a caso gemellato con Weimar. Nelle ultime immagini si vedono il ponte di Messina e il Quirinale, e speriamo che Albanese, almeno in questo, abbia esagerato: «Cosa mi aspetto da questo film? - si chiede Cetto nelle note del film - Quello che mi aspetto tutti i giorni quando mi sveglio, pilu. Io avevo proposto di intitolarlo col mio numero di cellulare, per risparmiare tempo, ma in Italia la creatività non paga. Io sì. Io pago, in contanti». Il sequel, com’è d’obbligo, dipenderà dagli esiti nelle sale, ed è anche probabile che la pellicola approdi alla prossima Berlinale, non si sa ancora se in concorso o fuori. Nel frattempo, insieme al film, esce, per Einaudi Stile Libero Extra, il libro che raccoglie «i comizi di Cetto La Qualunque», mentre l’inno di partito («onda calabra, qualunquemente, se c’è pilu non ci manca proprio niente») promette di fare furore.
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