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Discussione: Geopolitica

  1. #2841
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    Predefinito Re: Rif: Geopolitica

    Così si fabbricano le primavere arabe
    MATTEO CARNIELETTO
    Lo scorso dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un importante documento intitolato “Strategia di sicurezza nazionale”. Un capitolo di questo testo è dedicato alle “rivoluzioni colorate“. Come è noto, i politici russi ne hanno un giudizio diametralmente opposto rispetto a quelli occidentali e parlano apertamente di “una delle principali minacce per la sicurezza nazionale della Russia”, individuando tra i responsabili di queste rivolte “gruppi radicali che usano ideologie estremiste nazionaliste e religiose, Ong straniere e internazionali e privati cittadini“.
    E, va detto, il giudizio dei russi non è errato. Lo spiega bene Alfredo Macchi in un libro intitolato Rivoluzioni S.p.a: chi c’è dietro la primavera araba. In esso viene spiegato come si fa la rivoluzione e, soprattutto, il ruolo che hanno avuto alcuni gruppi occidentali nel fomentare le rivolte in Medio Oriente.
    Partiamo dai nomi: vi siete mai chiesti perché abbiamo avuto la “rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia, quella dei “tulipani” in Kirghizistan e quella delle “rose” in Georgia? Abbandoniamo solo per un attimo il Medio Oriente e andiamo a Belgrado, là dove si insegna a fare la rivoluzione o, per usare le stesse parole del Center for applied non violent action and strategies (Canvas), fornire “gli strumenti utili per farla”. Il Canvas è stato fondato da Sdrja Popovic che, come scrive Alfredo Macchi nel libro citato, è stato “l’anima della rivoluzione serba del 2000”. Da lui sono passati molti attivisti delle primavere arabe: Mohamed Adel, per esempio, uno dei capi della rivolta egiziana del 2011.
    Ma chi è Popovic? Da studente – e siamo nel 1998 – fonda Otpor!, uno dei principali movimenti che schiereranno contro Slobodan Milosevic. Come scrive Macchi, “il gruppo studentesco sceglie come simbolo un pugno chiuso stilizzato su fondo nero e si dota dell’ironia come arma principale. Otopor! si distingue per la sua campagna mediatica innovativa contro il leader nazionalista Milosevic, e per le azioni dimostrative non violente e provocatorie, che porteranno il piccolo gruppo a giocare un ruolo decisivo nella caduta del dittatore”. La bibbia di Popovic è un testo americano di Gene Sharp intitolato Come abbattere un regime. A questo punto si passa alla storia così come la conosciamo noi: iniziano i bombardamenti della Nato, Milosevic viene consegnato al Tribunale dell’Aia e infine viene trovato morto. A questo punto Otpor! fa il salto di qualità e diventa un partito e Popovic – scrive Macchi – “decide di mettere il suo bagaglio di idee ed esperienze a disposizione di altri paesi soffocati da dittatori”. È così che nasce Canvas, che tanta parte avrà nelle rivoluzioni in Georgia, in Ucraina, in Libano e in tutto il nord Africa con le primavere arabe.
    Ma la storia di Canvas non è fatta solo di rivolte organizzate. È fatta anche di finanziamenti venuti da oltreoceano e fatti arrivare da un ex colonnello dell’esercito americano: Robert L. Helvey, per gli amici “Bob”, come si usa in America. Helvey fa parte dell’International Repubblican Institute“ed è specialista nell’azione clandestina e nella formazione degli addetti militari delle ambasciate statunitensi”. Il suo nome (e la sua presenza) sono dappertutto. Scrive un volume titolato On strategic nonviolent conflict: thinking about the fundamentals. In pratica un manuale per rovesciare dittatori, veri o presunti che siano. Ma dietro Otpor!non c’è solo l’ex colonnello. Ci sono anche associazioni legate al Congresso degli Stati Uniti come il National Endowment for Democracyche ha donato a Otpor!, solamente nel 2000, ben 237 mila dollari.
    La galassia “pro destabilizzazione” non è ovviamente composta solo da Otpor! e Canvas. C’è anche (anzi soprattutto) Freedom Houseche, dopo l’11 settembre, ha spostato la sua attenzione al Medio Oriente e che “riceve l’80 percento dei suoi fondi da Camera e Senato, attraverso il National Endowment for Democracy e il Dipartimento di Stato“.
    Ed è il National Endowment for Democracy (NED) ad aver fornito il maggior sostegno alle primavere arabe, come scrive Macchi. Nel 2010, quindi l’anno prima l’inizio delle grandi rivolte mediorientali, vengono finanziate associazioni in Tunisia, Libia, Egitto e Iran. E basta andare sul sito di Ned per vedere i fiumi di dollari che raggiungono i siriani “al fine di aumentare la loro consapevolezza sulle sfide importanti che li attendono“. Così che sono nate le primavere arabe e il caos che ne è seguito. Isis compresa.
    Così si fabbricano le primavere arabe | Gli occhi della guerra


    «Ecco perché la mia Russia, a un passo dal suicidio umano e demografico, ha deciso di dire sì alla vita»
    «Noi russi abbiamo vissuto sulla nostra pelle le conseguenze di un’ideologia che ci aveva fatto credere che saremmo stati felici senza Dio. Siamo arrivati a un centimetro dal suicidio umano e demografico. Adesso vogliamo tornare indietro». Alexey Komov è l’ambasciatore presso le Nazioni Unite del Congresso mondiale delle Famiglie, la più grande piattaforma internazionale per la difesa della famiglia naturale. In Italia per un convegno su Russia ed Europa organizzato a Rovereto dalla rivista Notizie Pro Vita, ha accettato di spiegare a Tempi le ragioni della svolta “life-friendly” di Mosca dopo il crollo del comunismo.
    In effetti negli anni Novanta, dopo settant’anni di regime, la Russia aveva indici di sviluppo umano da agonia.
    Fino alla vigilia della Rivoluzione bolscevica del 1917 il cristianesimo ortodosso era il fulcro della società russa. Nell’Ottocento l’ideologia marxista, partorita in Occidente, fece breccia nel cuore di alcuni intellettuali e borghesi russi. Secondo il materialismo comunista la scienza sarebbe riuscita a rendere l’uomo padrone di tutto. Non c’era più posto per la Chiesa che ricorda la dipendenza da Dio e dalle leggi naturali per la realizzazione dell’uomo e del bene comune. Perché la Russia ora guarda a queste idee con grande sospetto? Perché fummo i primi a conoscerle. Dopo la Rivoluzione d’ottobre fu legalizzato l’aborto, il divorzio, la famiglia come “affare” di Stato. Sull’orlo del precipizio ci siamo voluti fermare.
    Però la svolta “confessionale” di Putin e l’idea di fare della Russia una sorta di baluardo della cristianità non gode di buona stampa in Occidente.
    Senta, innanzitutto il governo sta approvando leggi che proteggono l’essere umano, cosa che si dovrebbe pretendere da ogni sovrano. Poi la valorizzazione del cristianesimo deriva dal fatto che Putin si è accorto che nel degrado assoluto l’unica cosa che ha resistito è stata la Chiesa ortodossa. La Russia ha provato il dolore di vivere senza Dio, per questo non crede più al comunismo e rigetta l’ateismo. Non a caso oggi il 77 per cento dei russi dichiara di credere in Dio e il 69 per cento è battezzato. Negli ultimi vent’anni sono state ricostruite trentamila chiese, seicento monasteri e altre duecento chiese sorgeranno presto a Mosca. Capisco che l’Occidente non capisca, visto quello che succede da voi. Però è così, il governo non sta imponendo nulla. E Putin sta solo prendendo atto del sentimento religioso riemergente nel popolo russo.
    In Russia vige ancora un sistema autoritario che ha ben poco di compatibile con la nostra democrazia.
    La “vostra” democrazia? In Occidente siete arrivati al punto di vedervi costretti per legge, e senza che nessuno abbia chiesto il vostro parere, a insegnare ai vostri figli che secondo questa “teoria del gender” non esistono “la mamma” e “il papà”, ma solo genitori A e B, che possono essere anche dello stesso sesso, e che si deve “scegliere” se essere “bambini” o “bambine”. Però senza discriminazioni, perché tutti devono essere uguali… Ecco, quando sento queste cose, quando sento che questa sarebbe “democrazia”, ripenso a me bambino. Ricordo che camminando per strada vedevo gli edifici progettati dalla nostra “grande democrazia socialista”, ed erano tutti brutti, tutti grigi, tutti uguali. Poi da qualche parte spuntava ancora qualche chiesa, bellissima, e subito sorgeva in me il desiderio di entrarci, di andare a rifugiarmi lì. Oggi le parti si sono invertite. Il popolo russo non cede all’ideologia Lgbt perché è molto meno ingenuo di quello europeo. La gente sa bene come gli intellettuali possono arrivare a imporre ideologie disumane.
    È sufficiente legiferare secondo il diritto naturale per cambiare un paese?
    Tuttora in Russia c’è una grande crisi demografica. Vent’anni fa siamo arrivati a quattro milioni di bambini abortiti ogni anno. Ora siamo scesi a circa due milioni. La politica da sola non basterà mai. Ma per fermare l’ingiustizia è necessario vietarla per legge. E comunque a ridurre i numeri dell’aborto sono stati anche il divieto del governo di pubblicizzarlo, il fatto che le leggi prevedano il finanziamento dei Centri di aiuto alla vita, lo stanziamento di una somma pari a dieci mila euro per il secondo figlio e concessioni demaniali a chi ne ha più di tre. Per il resto è compito dei cristiani e degli uomini di buona volontà ricostruire il tessuto sociale.
    Qual è la situazione della famiglia oggi in Russia?
    La situazione sta migliorando, ma ancora la metà dei matrimoni finisce in divorzi. La cultura di massa che passa attraverso la televisione, i film americani, le riviste e i media digitali condizionano le nuove generazioni. Anche in Russia i media restano i principali educatori…
    La Russia rischia sanzioni per le sue leggi “contro la propaganda e il proselitismo gay”. Non teme il suo isolamento a livello internazionale?
    No, perché la maggioranza dei russi la pensa esattamente come Putin. Il quale non ha nulla da temere perché il nostro paese dispone di un importante deterrente nucleare ed è lo snodo fra l’Europa e l’Asia. La nostra forza è sotto gli occhi di tutti. E mi lasci dire che noi russi abbiamo anche un senso messianico della nostra presenza nel mondo. Messianismo che può essere pericoloso, come quando volevamo esportare ovunque il comunismo, ma che ritorna utile ora che vogliamo ritrovare le nostre radici cristiane.
    E degli arresti delle Pussy Riot o degli attivisti di Greenpeace che dice? Non sono sintomi di un “regime”?
    Le persone pensano anche che noi russi non abbiamo l’acqua, che viviamo in povertà e che c’è corruzione ovunque. Invece in Russia la qualità dei servizi è ottima, la tassazione è bassa, la popolazione sta mediamente bene, costruiamo molto, importiamo e la materia prima è sfruttata con intelligenza. C’è libertà di impresa e anche di espressione. Mentre in Occidente in certi ambienti non potete neppure indossare una croce.
    http://www.informarexresistere.fr/20...-si-alla-vita/


  2. #2842
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    Predefinito Re: Geopolitica

    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  3. #2843
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    Predefinito Re: Geopolitica

    azzz...certe antiche invenzioni..."il contrappeso"..
    mantiene certi precari equilibri...
    che altrimenti sai che disaster...
    " l' uomo ha una tale passione per il sistema
    e la deduzione logica che è disposto ad alterare la verità,
    per non vedere il visibile, a non udire l' udibile,
    pur di legittimare la propria logica."
    Dostoevskij.

  4. #2844
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    Predefinito Re: Geopolitica

    L'unico baluardo per la difesa dei popoli.
    Concetto diametralmente opposto a quello neocon della globalizzazione.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  5. #2845
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    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  6. #2846
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    Predefinito Re: Rif: Geopolitica

    IL PARTITO DELLA LIBERTA’ IN TESTA AI SONDAGGI ANNUNCIA CHE SE VINCERA’ LE ELEZIONI FARA’ USCIRE L’OLANDA DALLA UE
    - di Giuseppe De Santis –
    Al momento tutti i mezzi di informazione stanno seguendo con attenzione la campagna referendaria sulla fuoriuscita della Gran Bretagna dalla UE e la cosa non deve sorprendere visto che questo e’ l’evento del secolo che puo’ cambiare radicalmente il corso della storia d’Europa e del mondo. C’e’ pero’ un altro paese che potrebbe uscire dall’Unione europea e cio’ che sta accadendo li e’ anche di vitale importanza.
    Infatti, alcuni giorni fa il leader del Partito della Libertà Geert Wilders ha dichiarato che se diventa primo ministro fara’ uscire l’Olanda dalla UE. Al momento questo rimane solo uno scenario ipotetico ma le elezioni si terranno a Marzo del 2017 e al momento il suo partito e’ in testa ai sondaggi e quindi tale fuoriuscita non e’ poi cosi’ improbabile.
    Wilders ha spiegato tale durissima presa di posizione col fatto che l’Olanda non e’ piu’ uno stato sovrano capace di decidere su temi importanti come l’immigrazione, e ha dichiarato che la sua visione e’ di una Olanda come la Svizzera che si trova in Europa ma non e’ governata dai parassiti di Bruxelles.
    A questo suo annuncio, è seguita un’immediata impennata nei sondaggi, e oggi il Partito della Libertà è saldamente primo nelle intenzioni di voto dei cittadini olandesi. Come e’ facile immaginare Wilders vuole che la Gran Bretagna esca dalla UE perche’ tale risultato portera’ a un effetto domino che distruggera’ l’Unione Europea visto che altri paesi non avranno più il timore ad uscirne.
    Ovviamente in un anno tante cose possono cambiare, le elezioni politiche in Olanda non sono dietro l’angolo, ma il 2017 non è un traguardo poi così lontano, così come anche il supporto per il Partito della Liberta’ potrebbe calare da oggi ad allora. Questo, è chiaro, lo sperano ardentemente i suoi avversari.
    Resta il fatto, però, che solo un anno fa chiunque avesse affermato, in Olanda, di lottare politicamente per farla uscire dalla Ue, sarebbe stato preso per matto. Oggi, questa lina politica invece fa volare nei sondaggi Wilders e la sua formazione politica. Certamente i fatti di Colonia hanno contribuito a convincere gli olandesi che la misura e’ ormai colma e questa invasione va fermata ad ogni costo, e il partito di Wilders e’ il solo che e’ in sintonia con gli elettori.
    C’è da aggiungere, infine, che nel 2017 si terranno anche le elezioni presidenziali francesi, rispetto le qulai Marine Le Pen e’ lanciata verso il ballottaggio, che se la opponesse a un cadidato socialista, vincerebbe a mani basse diventando presidente della Repubblica. Non e’ da escludere, quindi, che anche dalla Francia possano venire delle sorprese molto positive.
    Effettivamente, oramai per una via o per l’altra ha poca importanza arrivati a questo punto, l’Unione Europea ha i giorni contati e gli unici a non volerlo capire solo i politici al governo in Italia.
    IL PARTITO DELLA LIBERTA? IN TESTA AI SONDAGGI ANNUNCIA CHE SE VINCERA? LE ELEZIONI FARA? USCIRE L?OLANDA DALLA UE | Informare per Resistere

    Jobbik, la destra ungherese che sogna il potere
    Il partito nazionalista è l'opposizione più forte a Viktor Orban. E punta a a governare, facendo leva sui forti sentimenti patriottici diffusi nel Paese
    Luca Steinmann
    “Vesszen Trianon! Abbasso il Trianon” urlano i nazionalisti ungheresi durante le loro manifestazioni per le strade di Budapest. Ragazzini con bandiere ungheresi, grossi uomini pelati e tatuati a fare da sicurezza, preti che indossano lunghe tonache nere, striscioni retti da signore di mezza età che recitano “Ungheria agli Ungheresi”, dirigenti di partito in giacca e camicia, anziani, giovani ragazze che indossano appariscenti vestiti tradizionali, studenti universitari.
    Il popolo di Jobbik, il partito che organizza queste manifestazioni, è molto eterogeneo. Tutti, però, gridano lo stesso slogan. Prendendosela con il Trianon, il trattato firmato nel 1920 a Versailles che privò l'Ungheria di due terzi dei propri territori. Con il quale i vincitori punirono il Paese per avere perso la Grande Guerra.
    Quasi un secolo dopo la ferita inflitta dalla sconfitta non si è ancora riemarginata nel cuore di molti. Le mutilazioni territoriali che al tempo l'Ungheria subì sono ancora argomento di grande attualità: due milioni di persone di etnia magiara, infatti, vivono ancora fuori dai confini nazionali, in territori oggi appartenete a Romania e Slovacchia, dove hanno mantenuto viva la propria identità etnica e si organizzano in movimenti separatisti che puntano alla riannessione alla vecchia patria d'origine. Dove lo Jobbik li sta aspettando. “Il nostro attuale governo non tutela abbastanza i nostri compatrioti rimasti fuori dalla patria” spiega Tàmas Fodor, responsabile esteri del movimento “e per questo noi non abbiamo votato a favore della nuova Costituzione che lui ha proposto”.
    Questa Costituzione, fortemente voluta dal primo ministro Viktor Orban, è considerata dagli osservatori europei come illiberale, nazionalista e pericolosamente autoritaria. Per Jobbik, invece, è troppo moderata, e lo è anche per i milioni di ungheresi che lo sostengono. Alle ultime elezioni del 2014 il partito ha ottenuto il 20per cento dei consensi, diventando il partito di estrema destra più votato d'Europa. A seguito della crisi migratoria che ha interessato l'Ungheria la scorsa estate, poi, i nazionalisti hanno raggiunto il massimo storico della loro popolarità: i sondaggi li danno al 24per cento e li qualificano come la seconda forza del Paese, superata solo da Fidesz di Viktor Orban. Un partito, quest'ultimo, anche lui clasisficato dalla Ue come nazionalista e radicale.
    Che origine ha il nazionalismo magiaro? Cosa porta così tanti ungheresi ad avere un senso di appartenenza etnico così profondo? Jobbik, in realtà, è solo l'ultimo interprete di una serie di movimenti che, negli ultimi 100 anni, hanno raccolto il diffuso senso di ingiustizia e umiliazione del popolo ungherese. Inflitto all'Ungheria dalle potenze imperialiste stranire: prima dagli Stati vicnitori nella Grande Guerra, che con il Trianon spezzarono il Paese; poi dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale, che confermarono quanto stabilito dal Trianon per punire l'Ungheria per essersi schierata con le potenze dell'Asse; in seguito dai sovietici e dal loro totalitarismo; dopo di che dal mondo occidentale, che non appoggiò la rivolta popolare anti-comunista del 1956; infine dalla troika, dal libero mercato e dai politici liberali, accusati di avere svenduto le proprietà statali e i beni di interesse collettivo svendendo la sovranità nazionale del Paese per arricchirsi.
    Il malcontento popolare verso il mondo occidentale è molto diffuso. “Le organizzazioni internazionali hanno tradito le nostre aspettative, dopo il 1989 è diventato tutto più difficile” dice un anziano manifestante. E' soprattutto a questo diffuso malcontento a cui devono i propri consensi Fidesz e Jobbik. Mentre il primo è un partito borghese, Jobbik si caratterizza per essere popolare, rurale, militante e forte tra i giovani.
    Nato nel 2002 come movimento studentesco nelle università – Gabor Vona, il suo leader attuale, è nato nel 1978 – è passato in pochi anni dall'avere consensi minimi ad essere la principale forza di opposizione. La sua popolarità è cresciuta anche attraverso la realizzazione di azioni eclatanti: come la sistemazione nel periodo natalizio di grosse croci di legno di fronte ai centri commerciali nel centro di Budapest, per ricordare il significato autentico del Natale contro il consumismo e il materialismo occidentale; o con la fondazione, nel 2007, della Guardia Ungherese, movimento paramilitare a difesa degli ungheresi dalle violenze di stranieri, minoranze e potenze imperialiste. Sciolte dalla magistratura con l'accusa di istigazione all'odio razziale, e per intimidazioni compiute nei confronti della comunità rom, le loro azioni non si sono però fermate, continuando per mano dei militanti di Jobbik.
    La stampa internazionale ha a più riprese scritto degli attacchi fisici compiuti ai danni di persone di etnia rom, come ripercussione per dei furti commessi da questi ultimi. Episodi, questi, che sono stati evidentemente apprezzati dalla popolazione locale. Secondo un sondaggio solo il 7per cento degli ungheresi ritiene che le forze di destra siano una minaccia per il Paese. Gran parte degli intervistati, invece, ritiene che tali gruppi rappresentino la soluzione ideale per i problemi sociali ed etnici che affliggono il Paese. Molti di loro sostengono inoltre che l'unica soluzione per garantire agli ungheresi la sicurezza dalla criminalità siano le ronde di sicurezza dello Jobbik, che individuano nei rom una minaccia all'ordine pubblico.
    Ma quali sono le differenze tra Jobbik e il Fidesz di Viktor Orban? Oltre alla diversa estrazione sociale della base militante e all'accusa rivolta al presidente di non occuparsi a sufficienza delle minoranze magiare presenti all'estero, Jobbik sosteine che la maggioranza non abbia mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale, di concedere troppe libertà alle banche e di non essere abbastanza duro nel contestare la Ue. Se infatti Fidesz è considerato un partito euroscettico, Jobbik si pone nell'eurocriticismo più spinto, che vorrebbe che la Ue cessasse di esistere. Non è raro, infatti, che durante le sue manifestazioni venga dato fuoco alle bandiere comunitarie.
    Un altro punto su cui i due partiti divergono è il rapporto con la nutrita comunità ebraica ungherese. Se Orban ha più volte ribadito di considerare gli ebrei ungheresi come dei “compatrioti da difendere” lo stesso non vale per Jobbik, i cui dirigenti non hanno mai negato di non provare simpatia per gli ebrei e Israele, fino ad invitare il governo a schedare tutti i cittadini ebrei presenti nelle istituzioni.
    Jobbik, la destra ungherese che sogna il potere | Gli occhi della guerra






  7. #2847
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    Predefinito Re: Geopolitica





    “Se Russia attacca in Baltico, disfatta Nato è sicura”

    Una simulazione del think-tank Rand ha mostrato come un attacco della Russia ai paesi baltici sarebbe concluso vittoriosamente in tre giorni
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  8. #2848
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    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  9. #2849
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    Predefinito Re: Geopolitica

    Corea Nord riaccende reattore che produce plutonio - Mondo - ANSA.it

    Qui da noi corrono voci di bene informati (non confermabili) che gli USA stiano rastrellando viceversa tutto il plutonio che avevano portato in Europa per portarselo di nuovo a casa.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  10. #2850
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    Predefinito Re: Rif: Geopolitica

    Così l'America torturava in Iraq e in Afghanistan. Le foto sono centinaia
    Una battaglia lunga un decennio si è conclusa con la messa online delle immagini.
    Lucio Di Marzo
    Maltrattamenti e abusi. Prigionieri torturati in Iraq e in Afghanistan nelle malfamate prigioni americane, nell'arco di tre anni, dal 2003 al 2006, della presidenza Bush.
    C'è questo in 198 immagini pubblicate online dal Dipartimento della Difesa americano, il risultato di una battaglia legale che si trascinava da anni.
    Sessantacinque militari, secondo il dipartimento, sono stati condannati in America per gli abusi accertati nel periodo successivo all'occupazione dell'Iraq e alla caduta del regime di Saddam Hussein. Ed è proprio da indagini interne alle forze armate che arrivano le foto, che mostrano cicatrici, lividi ed escoriazioni sui prigionieri. E se si può parlare di una vittoria, è certo di rilievo ben inferiore a quello che gli attivisti avrebbero voluto, cioè la pubblicazione di un corpus di 2000 immagini che sono in possesso del Pentagono.
    http://www.ilgiornale.it/news/mondo/...e-1221086.html


    La Russia può essere alleata degli USA? Lite tra Trump e Jeb Bush durante dibattito
    Jonathan Ernst
    Il candidato alla Casa Bianca Donald Trump ha affermato che gli Stati Uniti stanno spendendo miliardi di dollari in Siria per sostenere persone di cui non si sa nulla piuttosto che cooperare con la Russia.
    Il miliardario americano Donald Trump e l'ex governatore della Florida Jeb Bush hanno avuto un duro scambio di opinioni durante un dibattito televisivo discutendo della possibilità che la Russia possa diventare un alleato degli Stati Uniti.
    "E' assolutamente sbagliato sostenere che la Russia possa trovarsi dalla parte giusta nel conflitto in Siria," — ha detto il governatore della Florida Jeb Bush nel corso di un dibattito televisivo con gli altri candidati alla Casa Bianca del Partito Repubblicano. "Putin non può essere un alleato degli Stati Uniti, tutto il mondo sa che lui sta attaccando le truppe che sosteniamo," — ha dichiarato Jeb Bush.
    Rispondendo alle dichiarazioni del suo rivale, Trump ha detto che "Jeb ha assolutamente torto". A suo parere Bush "difende gli interessi delle lobby."
    Trump si è espresso per la cooperazione con la Russia. Ha inoltre osservato che gli americani "devono capire con chi stiamo combattendo, per chi stiamo combattendo e quello che stiamo facendo." Secondo Trump, "in Siria, stiamo spendendo miliardi e miliardi di dollari per sostenere persone di cui non abbiamo la più pallida idea di chi siano."
    Il pubblico ha accolto le parole di Bush con applausi entusiastici, mentre ha suscitato reazioni negative l'intervento di Trump.
    In precedenza il candidato repubblicano Trump aveva annunciato di essere disposto a rafforzare i legami di cooperazione con la Russia. Il presidente russo Vladimir Putin aveva apprezzato queste parole, definendo Trump "il leader assoluto della corsa presidenziale."
    La Russia può essere alleata degli USA? Lite tra Trump e Jeb Bush durante dibattito tv

 

 
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