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Discussione: Geopolitica

  1. #4041
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    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  2. #4042
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    Predefinito Re: Geopolitica

    https://www.voltairenet.org/article208496.html

    “SOTTO I NOSTRI OCCHI” (9/25)
    La Francia manipolata
    di Thierry Meyssan

    Proseguiamo la pubblicazione del libro di Thierry Meyssan, Sotto i nostri occhi. In questo episodio l’autore ci mostra come la Francia post-coloniale sia stata reclutata da Regno Unito e Stati Uniti per unirsi alle loro guerre contro Libia e Siria. Queste due potenze l’hanno però tenuta all’oscuro del progetto “primavera araba”. Troppo impegnati a sottrarre fondi, i dirigenti francesi non si sono accorti di nulla. Quando si sono resi conto di essere stati esclusi dalla progettazione, la loro reazione è stata puramente comunicazionale: hanno tentato di farsi passare per gli ammiragli dell’operazione, senza preoccuparsi delle conseguenze dei maneggi dei partner.

    RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 7 DICEMBRE 2019
    FRANÇAIS TÜRKÇE ESPAÑOL
    +
    Questo articolo è estratto dal libro Sotto i nostri occhi.
    Si veda l’indice.

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    Il Regno Unito ha manipolato la Francia trascinandola nelle proprie avventure in Medio Oriente Allargato, senza rivelarle che vi si stava preparando, insieme agli Stati Uniti, sin dal 2005.
    LA PREPARAZIONE DELLE INVASIONI IN LIBIA E SIRIA
    Ancor prima dell’ufficializzazione della nomina da parte del Senato, il futuro segretario di Stato Hillary Clinton contatta Londra e Parigi per condurre una doppia operazione militare nel “Grande Medio Oriente”. Dopo il fiasco in Iraq, Washington reputa impossibile utilizzare le proprie truppe per un’operazione del genere. Dal suo punto di vista, è giunto il momento di rimodellare la regione – ossia ridisegnare gli Stati i cui confini erano stati definiti nel 1916 dagli imperi inglese, francese e russo (la “Triplice Intesa”) – per imporre linee di demarcazione favorevoli agli interessi degli Stati Uniti. L’accordo è noto con il nome dei delegati inglese e francese Sykes e Picot (il nome dell’ambasciatore Sazonov è stato “dimenticato” a causa della rivoluzione russa). Ma come convincere Londra e Parigi a mettere in discussione il proprio patrimonio se non promettendo di concedere loro di ricolonizzare la regione? Da qui la teoria della “leadership da dietro le quinte” (leading from behind). Tale strategia viene confermata dall’ex ministro degli Esteri di Mitterrand, Roland Dumas, che dichiarerà in TV di essere stato contattato da inglesi e statunitensi, nel 2009, per sapere se l’opposizione in Francia fosse a favore di un nuovo piano coloniale.

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    Su istigazione degli Stati Uniti, Francia e Regno Unito firmano gli accordi di Lancaster House. Una clausola segreta prevede la conquista di Libia e Siria. l’opinione pubblica tuttavia ignora l’accordo tra Londra e Washington sulle future “primavere arabe”.
    Nel novembre 2010 – ossia prima della cosiddetta “Primavera araba” – David Cameron e Nicolas Sarkozy firmano a Londra gli accordi di Lancaster House [1]. Ufficialmente, è un modo per creare sinergie tra gli elementi della Difesa – anche nucleari – e poter realizzare economie di scala. Benché sia un’idea decisamente bizzarra, alla luce degli interessi divergenti dei due paesi, l’opinione pubblica non capisce cosa si stia tramando. Uno degli accordi riunisce le “forze di proiezione” – da intendersi come forze coloniali – delle due nazioni.

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    Operazione “Southern Mistral”: lo strano logo del Comando delle operazioni aeree. Il reziario non protegge l’uccello della libertà, bensì lo imprigiona nella rete.
    Un allegato agli accordi precisa che il corpo di spedizione franco-britannica avrebbe condotto la più grande esercitazione militare congiunta nella storia dei due paesi – tra il 15 e il 25 marzo 2011 – sotto il nome di “Southern Mistral”. Il sito web della Difesa specifica che lo scenario di guerra prevede un bombardamento a lungo raggio per aiutare le popolazioni minacciate da “due dittatori del Mediterraneo”.

    È proprio il 21 marzo che AFRICOM e CENTCOM – comandi regionali delle forze armate statunitensi – scelgono come data per l’attacco congiunto di Francia e Regno Unito nei confronti di Libia e Siria [2]. È il momento giusto, gli eserciti anglo-francesi sono pronti. Visto che le cose non vanno mai come previsto, la guerra contro la Siria viene rimandata e Nicolas Sarkozy – nel tentativo di colpire per primo – ordina alle sue forze di attaccare solamente la Libia, il 19 marzo, con l’operazione “Harmattan” (traduzione in francese di “Southern Mistral”).

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    L’ex compagno di Gheddafi, Nuri Massud El-Mesmari, ha disertato il 21 ottobre 2010. Si è messo sotto la protezione dei servizi segreti francesi.
    La Francia crede di avere un asso nella manica: il capo del protocollo libico Nuri Masud al-Masmari, che ha disertato e chiesto asilo a Parigi. Sarkozy è convinto che l’uomo sia un confidente del colonnello Gheddafi e che possa aiutarlo a identificare chi è pronto a tradirlo. Purtroppo, il “chiacchierone” conosceva gli impegni del colonnello, ma non partecipava alle riunioni [3].

    Pochi giorni dopo la firma degli accordi di Lancaster House, una delegazione commerciale francese si reca in visita alla Fiera di Bengasi con funzionari del Ministero dell’Agricoltura, i capi di France Export Céréales e France Agrimer, i dirigenti di Soufflet, Louis Dreyfus, Glencore, Cani Céréales, Cargill e Conagra. Lì gli agenti della DGSE che li accompagnano incontrano in segreto alcuni militari per preparare un colpo di Stato.

    Avvertita dagli Stati Uniti, Tripoli arresta i traditori il 22 gennaio 2011. I libici credono di essere protetti dalla nuova alleanza con Washington, quando dall’America si stanno invece preparando a condannarli a morte. I francesi, dal canto loro, si ritrovano costretti a tornare all’ombra del Grande Fratello statunitense.

    Mentre i francesi si adoperano per predisporre l’invasione della Libia, gli statunitensi avviano la loro operazione, di portata decisamente superiore rispetto a quanto comunicato al loro agente Sarkozy. Non si tratta soltanto di detronizzare Muammar Gheddafi e Bashar al-Assad – come in effetti gli avevano fatto credere –, ma tutti i governi laici in vista di una sostituzione con i Fratelli musulmani. Iniziano così dagli Stati amici (Tunisia ed Egitto), lasciando gli inglesi e i francesi a occuparsi dei nemici (Libia e Siria).

    Il primo focolaio si accende in Tunisia. In risposta al tentato suicidio di un venditore ambulante – Mohamed Bouazizi, il 17 dicembre 2010 – esplodono proteste contro gli abusi della polizia e, successivamente, contro il governo. La Francia, che crede siano state spontanee, si offre di dotare la polizia tunisina di attrezzature antisommossa.

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    Nicolas Sarkozy e Michèle Alliot-Marie, all’oscuro del progetto anglosassone delle “primavere arabe”, mentre in Tunisia sta iniziando la “rivoluzione dei gelsomini”, negoziano con la famiglia del presidente Ben Ali la vendita di un aereo ufficiale, di cui si sono appropriati.
    Nicolas Sarkozy e il ministro degli Interni Michèle Alliot-Marie nutrono piena fiducia in Zine El-Abidine Ben Ali, con il quale intrattengono “affari” personali. Dopo essersi fatti costruire ed equipaggiare un Airbus A330 come aereo presidenziale, hanno rivenduto i due vecchi velivoli destinati ai viaggi ufficiali. Uno degli A319 CJ è stato oscuramente rimosso dagli inventari e ceduto alla società tunisina Karthago Airlines, di proprietà di Aziz Miled e Belhassen Trabelsi (fratello della moglie di Ben Ali) [4]. Nessuno sa chi sia stato il fortunato beneficiario della transazione. Dopo la fuga del presidente Ben Ali, il velivolo sarà recuperato e venduto a una società di Singapore e, successivamente, alla Turchia.

    Mentre si occupano della sua protezione, Nicolas Sarkozy e la Alliot-Marie restano increduli quando ricevono la richiesta del presidente Ben Ali di atterrare e rifugiarsi a Parigi. L’Eliseo fa appena in tempo ad annullare l’invio di un aereo cargo per il trasporto delle attrezzature di polizia che sono state promesse – aereo che sta aspettando sulla pista a causa delle lungaggini burocratiche della dogana – e quindi ad allontanare l’aereo del presidente decaduto dal suo spazio aereo.

    Nel frattempo, in Egitto, l’ingegnere informatico Ahmed Maher e la blogger islamista Esraa Abdel Fattah invitano a manifestare contro il presidente Hosni Mubarak il 25 gennaio 2011, “giorno della rabbia”. Subito sostenuti dalla televisione del Qatar, Al Jazeera, e dai Fratelli musulmani, danno il via a un movimento che, con l’aiuto delle ONG della CIA, destabilizza il regime. Le manifestazioni si svolgono ogni venerdì – all’uscita dalle moschee –, a partire dal 28 gennaio, sotto il comando dei serbi “addestrati” dal promotore delle “rivoluzioni colorate”, Gene Sharp. L’11 febbraio Nicolas Sarkozy scopre da una telefonata del proprio patrigno – l’ambasciatore statunitense Frank G. Wisner – che, su istruzione della Casa Bianca, ha convinto il generale Mubarak a ritirarsi.

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    Arrivato per partecipare alla riunione di lancio delle “primavere arabe” di Libia e Siria, il
    La CIA organizza allora un incontro segreto al Cairo dove il presidente Sarkozy invia una delegazione che comprende il lobbista Bernard-Henri Lévy, ex amante di Carla Bruni e Ségolène Royal. Il Fratello musulmano Mahmud Gibril, il secondo uomo del governo libico a entrare nel locale, ne esce come capo dell’“opposizione al tiranno”. Tra i siriani presenti si annoverano, in particolare, Malik al-Abdah (già della BBC, ha creato Barada TV con il denaro della CIA e del Dipartimento di Stato) e Ammar al-Qurabi (membro di una serie di associazioni di difesa dei diritti umani e fondatore di Orient TV) [5].

    È appena iniziata la guerra contro Libia e Siria.

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    Mostrandosi sulla piazza Verde di Tripoli il 25 febbraio 2011, Gheddafi denuncia un attacco alla Libia da parte dei terroristi di Al Qaeda e proclama fieramente che, insieme al popolo, si batterà fino alla fine, pronto a far scorrere “fiumi di sangue” e a sacrificare sé stesso. Annuncia che saranno distribuite armi ai cittadini per difendere la patria in pericolo. La propaganda atlantista lo accuserà di voler far scorrere il sangue del popolo libico.
    L’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO LA LIBIA
    La stampa occidentale assicura che la polizia libica ha represso una manifestazione a Bengasi, il 16 febbraio 2011, sparando sulla folla. Così il paese insorge – riporta sempre la stampa – e le autorità sparano su qualsiasi cosa si muova. Dal paese cercano di fuggire circa 200 mila lavoratori immigrati, che le TV mostrano in attesa ai valichi di frontiera. Muammar Gheddafi – che appare tre volte sullo schermo – parla senza mezzi termini di un’operazione architettata da Al Qaida, dicendosi disposto a morire da martire. Poi denuncia la distribuzione di armi al popolo per versare “fiumi di sangue”, sterminare questi “ratti” e proteggere il paese. Le frasi, estrapolate dal contesto originale, vengono diffuse dalle reti occidentali, che le interpretano come un annuncio non della lotta al terrorismo, ma della repressione di una presunta rivoluzione.

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    Presi dal panico, gli operai neri dell’Est della Libia cercano di fuggire prima che la Jamahiriya sia rovesciata. Sono convinti che, ove gli Occidentali ristabilissero il vecchio regime, sarebbero ridotti in schiavitù. Secondo l’ONU, si riversano alle frontiere in decine di migliaia.
    A Ginevra, il 25 febbraio, il Consiglio delle Nazioni Unite ascolta con sgomento la testimonianza della Lega libica per i diritti umani. Il dittatore è impazzito e “massacra il suo popolo”. Anche l’ambasciatore del Pakistan ne denuncia la violenza. Di colpo, la delegazione ufficiale libica entra nella stanza, conferma le testimonianze e si dichiara solidale con i concittadini contro il dittatore. Viene approvata una risoluzione, poi trasmessa al Consiglio di sicurezza [6], che adotta nell’immediato la Risoluzione 1970 [7], sotto il capitolo VII della Carta che autorizza l’uso della forza, stranamente pronta da diversi giorni. La questione viene posta all’esame della Corte penale internazionale e la Libia finisce sotto embargo. Quest’ultima misura è immediatamente adottata ed estesa all’Unione Europea. In anticipo rispetto agli altri paesi occidentali, Sarkozy dichiara: “Gheddafi deve andarsene!”.

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    L’ex ministro della Giustizia, Musfafa Abdel Gelil, (qui con BHL), che aveva fatto torturare le infermiere bulgare, diventa capo del governo provvisorio.
    Il 27 febbraio gli insorti a Bengasi creano il Consiglio nazionale di transizione libico (CNLT), mentre, lasciando Tripoli, il ministro della Giustizia, Mustafa Abdel Gelil, crea un governo provvisorio. Entrambi gli organi, controllati dai Fratelli musulmani, si uniscono per dare un’apparenza di unità nazionale. Subito le bandiere dell’ex re Idris spuntano a Bengasi [8]. Da Londra, suo figlio S.A. Mohammed El Senussi si dice pronto a regnare.

    Non riuscendo a convincere tutti i membri del CNLT ad appellarsi agli occidentali, Abdel Gelil nomina un Comitato di crisi che gode di pieni poteri ed è presieduto dall’ex numero due del governo di Gheddafi, Mahmud Gibril, di ritorno dal Cairo.

    A Parigi si ammira il modo in cui Washington gestisce gli eventi. Eppure, contraddicendo le informazioni provenienti da Bengasi e dalle Nazioni Unite, diplomatici e giornalisti a Tripoli assicurano di non presagire nulla che possa far pensare a una rivoluzione. Ma poco importa la verità, se le apparenze sono propizie. E così il “filosofo” Bernard-Henri Lévy persuade i francesi che la causa è giusta, assicurandosi di aver convinto lo stesso presidente della Repubblica a impegnarsi per la libertà dopo l’incontro con i libici “rivoluzionari”.

    L’esercito francese preleva Mahmud Gibril e lo conduce a Strasburgo, dove egli chiede al Parlamento europeo l’intervento “umanitario” occidentale. Il 10 marzo Nicolas Sarkozy e il premier inglese David Cameron scrivono al presidente dell’Unione Europea per chiedere di riconoscere il CNLT al posto del “regime” e per imporre una no-fly zone [9]. Con perfetta coordinazione, il deputato verde francese Daniel Cohn-Bendit – agente d’influenza degli Stati Uniti dal maggio ’68 – e il liberale belga Guy Verhofstadt, riescono – il giorno stesso – a far adottare dal Parlamento europeo una risoluzione che denuncia il “regime” di Gheddafi e invita a prendere il controllo dello spazio aereo libico per proteggere la popolazione civile dalla repressione del dittatore [10]. Sempre lo stesso giorno, il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, rende noto il lavoro in corso sugli strumenti tecnici necessari per l’attuazione della no-fly zone.

    Il 12 marzo la Lega araba vota a favore della no-fly zone nonostante l’opposizione di Algeria e Siria.

    Unica stonatura in questo concerto unanime è la Bulgaria che, memore del fatto che Abdel Gelil aveva coperto le torture alle infermiere bulgare e al medico palestinese, rifiuta di riconoscere il CNLT. Da parte sua, l’Unione africana è fortemente contraria a qualsiasi intervento militare straniero.

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    Il Libro Verde di Muammar Gheddafi.
    La Jamahiriya Araba Libica è organizzata secondo i principi del Libro Verde di Muammar Gheddafi, estimatore dei socialisti libertari francesi del XIX secolo, Charles Fourier e Pierre-Joseph Proudhon. Il colonnello ha così ipotizzato uno Stato minimo che si rivela però incapace di difendere il popolo dagli eserciti imperialisti. Inoltre, ha affidato allo Stato il compito di soddisfare le aspirazioni dei beduini: un mezzo di trasporto, casa e acqua gratis. Così ognuno possiede un’auto propria, mentre il trasporto pubblico è di fatto riservato agli immigrati. In occasione del matrimonio, a ciascuno viene donato un appartamento, ma talvolta è necessario aspettare tre anni prima che la casa sia costruita, per poi potersi sposare. Si eseguono enormi lavori per attingere acqua da falde millenarie nelle profondità del deserto. Nel paese regna la prosperità, il tenore di vita è il più alto rispetto a tutto il continente africano. Ma, in materia di istruzione, si fa molto poco: anche se le università sono gratuite, la maggior parte dei ragazzi lascia presto gli studi. Muammar Gheddafi ha sottovalutato l’influenza delle tradizioni tribali: tre milioni di libici conducono una vita agiata, mentre due milioni di immigrati africani e asiatici sono al loro servizio.

    Il 19 marzo si incontrano a Parigi 18 nazioni (Germania, Belgio, Canada, Danimarca, Emirati Arabi Uniti, Spagna, Stati Uniti, Francia, Grecia, Italia, Iraq, Giordania, Marocco, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Qatar e Regno Unito) e 3 organizzazioni internazionali (Lega araba, Unione Europea e ONU) per annunciare l’intervento militare imminente [11]. Poche ore dopo, la Francia scavalca i partner e attacca per prima.

    In Siria la situazione è diversa e procede più lentamente. Gli appelli a manifestare del 4, 11, 18 e 25 febbraio e del 4 e 11 marzo a Damasco non sortiscono alcun effetto. Anzi, è in Yemen e in Bahrein che il popolo scende in piazza senza alcun invito.

    Nello Yemen i Fratelli musulmani – tra cui la giovane Tawakkul Karman, che in seguito vincerà il Nobel per la Pace – danno il via a una “rivoluzione”. Ma, come nel caso della Libia, il paese si fonda su un’organizzazione tribale, per cui non è possibile disporre di una lettura prettamente politica degli eventi.

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    Nicolas Sarkozy dà istruzioni a Alain Bauer per contrastare la rivoluzione in Bahrein.
    Su richiesta del re del Bahrein, l’esercito saudita arriva nel minuscolo regno che ospita la V Flotta statunitense per “ristabilire l’ordine”. Il Regno Unito invia il torturatore Ian Anderson, che aveva fatto meraviglie nella gestione della repressione in epoca coloniale – ossia, prima del 1971 – mentre, per riorganizzare la polizia, la Francia invia Alain Bauer, consigliere per la sicurezza del presidente Sarkozy ed ex responsabile per l’Europa della NSA statunitense in Europa ed ex gran maestro del Grand Orient de France [12].

    Il caos si propaga per contagio, ma resta ancora da far credere che siano stati i popoli a ispirarlo e che l’obiettivo sia l’instaurazione della democrazia.

    (Segue…)
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  3. #4043
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    Predefinito Re: Geopolitica

    LORO POSSONO
    Maurizio Blondet 14 Dicembre 2019 7 commenti

    Ricordate le reazioni americane , europee ed ovviamente dei media nostrani a direzione ebraica al memorandum di intesa che l’Italia ha osato stringere con la Cina a marzo? Rimproveri durissimi. Minacce e vere e proprie di sanzioni. Cipiglo di Merkel e Macron. Visite di pentimento di Di Maio al soglio di Washington, “pietà, la Nato resta la nostra casa…pagheremo gli F35, ci stiamo allontanando da Putin e dal suo petrolio”…

    “ Di Maio ha sgualcito l’immagine che a fatica si era costruito dalle parti di Washington, quando si presentò agli americani, nel novembre 2017, come il possibile futuro candidato premier”, rimproverava il neocon che dirige la Stampa, Maurizio Molinari,che a Washington è di casa. Gli americani “ credono che aprire i porti di Genova e Trieste ai cinesi sia il cavallo di Troia per i loro piani di conquista geopolitica”.

    (Guardate il video di Molinari: dove dice che “L?italia è nemma morsa” fra Trump e Xi

    https://www.lastampa.it/politica/201...rma-1.33687121

    https://video.lastampa.it/esteri/l-i...i/96453/96460?

    (Qui Cerasa: https://www.ilfoglio.it/politica/201...polini-242783/)
    I cinesi gestiscono Haifa – e nessuna protesta

    Orbene, ai primi di dicembre, Israele ha affittato l’intero porto di Haifa a Pechino. Lo apprendiamo dal Jerusalem Post, che trionfante comunica: “La grande battaglia sul porto di Haifa si è conclusa e la Cina ha battuto gli Stati Uniti nella competizione per influenzare la politica israeliana.

    La Cina inizierà a gestire il porto nel 2021 e gli Stati Uniti dovranno decidere se continuare ad attraccare lì la sua sesta flotta o dar seguito al la sua minaccia di ritirarsi”.



    https://www.jpost.com/Israel-News/Ch...nalysis-610510

    In questo caso, nessuna minaccia. Nemmeno un sopracciglio aggrottato. Solo il sospiro: vuol dire che non ci attracchiamo più la Sesta Flotta.. nessuna inquietudine”.

    Eppure non solo Israele è il beneficiario alla pari di tutti i segreti e le tecnologie americane, le più gelose e di valore strategico, che riceve con totale generosità e senza pagare; onde grazie alla lobby e alle migliaia di sayanim inseriti nei posti chiave, gli Usa sono per Sion un libro aperto e un ventre molle per il piccolo popolo a cui niente si può negare.

    Non basta: Israele è anche famosa per essersi già rivendute le tecnologie più decisive alla Cina. Per esempio “la tecnologia segreta americana per missili ed elettro-ottica è stata recentemente trasferita in Cina da Israele, comprendente , il sistema di refrigerazione in miniatura prodotto da Ricor e utilizzato per missili e apparecchiature elettro-ottiche”, lamentava flebile il sito Military.com il 14 dicembre 2013”.

    Anzi, aggiungeva il sito, “all’inizio degli anni ’90 l’allora direttore della CIA James Woolsey disse a una commissione per gli affari del governo del Senato che Israele aveva venduto i segreti degli Stati Uniti alla Cina per circa un decennio. Più di 12 anni fa gli Stati Uniti chiesero a Israele di annullare un contratto per fornire alla Cina missili Python III, che includeva la tecnologia sviluppata dagli Stati Uniti per i suoi missili Sidewinder”.

    Ma questa è storia antica. Invece è del marzo scorso la lamentela di Foreign Policy (la rivista del Council on Foreign Relations) del marzo 2019: “La Cina sta spiando Israele per rubare i segreti degli Stati Uniti.

    China Is Spying On Israel to Steal U.S. Secrets

    Benjamin Netanyahu ignored the intelligence operations of Beijing and Moscow for too long. Now, the Israeli government is finally paying attention, but it could be too late.
    Foreign Policy

    Da decenni Israele (dice FP) nel quadro del grande progetto incentivare investimenti esteri e delle privatizzazioni di beni nazionali e di espansione dei beni israeliani sui mercati internazionali – insomma il bello del mercato globale – insomma la piccola Sion sempre minacciata nella sua esistenza “dal 1992 al 2017, ha accresciuto il commercio bilaterale con la Cina da $ 50 milioni a $ 13,1 miliardi, diventando così -la Cina – il più grande partner commerciale di Israele in Asia e il suo terzo partner commerciale al mondo dopo l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Nella prima metà del 2018, le importazioni cinesi da Israele hanno raggiunto $ 2,77 miliardi, con un incremento del 47% rispetto allo stesso periodo del 2017”.

    Orbene, la Cina sta già spiando “ i due maggiori esportatori di armi di Israele, Israel Aerospace Industries e il produttore di armi Rafael, insieme alla società Elbit Systems. I primi due sono corporazioni statali e tutti e tre hanno filiali negli Stati Uniti che aiutano a fabbricare le armi più avanzate di Israele, inclusi missili e avionica. Questi progetti e segreti commerciali sono ambiti dalle agenzie di intelligence e dai governi di tutto il mondo”. Aziende israeliane che “ stanno collaborando con le loro controparti statunitensi come Raytheon, Boeing e Lockheed Martin ai progetti congiunti, che includono aerei da guerra F-16 e F-35 e i sistemi di difesa antimissilistica Arrow. Chiaramente, la Cina percepisce Israele come una porta posteriore attraverso la quale può accedere e penetrare in programmi segreti statunitensi”.
    America ventre molle (diciamo )

    Porta posteriore? Alla nostra mente volgare viene una metafora più corporea: per Sion, la superpotenza è il culum LGBT offerto ad ogni inculatio e violazioni che vengano in mente alla fantasia più osée dell’entità ebraica e alla sua lobby. E senza difesa, come sappiamo da quando il culum apertissimo si fece fottere i segreti per la fabbricazione della Bomba.

    Adesso, come ha detto la stessa intelligence israeliana, “ gli investimenti cinesi in Medio Oriente sono aumentati del 1.700 percento tra il 2012 e il 2017. Complessivamente, i cinesi hanno investito $ 700 miliardi nella regione. Quasi la metà è nel settore energetico, $ 150 miliardi in ricerca e sviluppo, $ 113 miliardi nell’industria, $ 103 miliardi nei trasporti, $ 68 miliardi nel settore militare, $ 4 miliardi in prestiti finanziari e solo $ 155 milioni in aiuti umanitari”.

    Non è il bello del mercato? Pechino non sta forse applicando le lezioni che avete predicato rispetto alle “aperture” di ogni genere? Di che vi lamentate dunque, culum americano ormai da decenni non più vergine? La Cina sta ampliando non sono il porto di Haifa ma anche quello di Hasdod.


    Marzo 2017: il patto cino-israeliano per gli accordi di libero scambio. https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjb...t1448055.shtml

    Va bene. Già sappiamo che dagli USA, non verrà ad Israele nemmeno il minimo rimprovero . Ma allora perché la lobby ebraica nostra, coi suoi giornali e vari media, ci rimprovera di esserci associati alla Via della Seta e minaccia e fa minacciare sanzioni e ritorsioni non solo da culum americano ma da quello merkeliano, non meno aperto alle voglie loro? Da noi, i cinesi non potranno carpire un millesimo dei segreti militari americani che Israele mette addirittura in vendita.

    Perché dunque? E’ solo per dimostrare il vostro potere e la vostra voce in capitolo anche vero un paese secondario, di terza scelta? A questo proposito mi piacerebbe domandare come mai tutti gli ebrei che contano – dai Cerasa ai Ferrara, da Mentana ai Molinari , da David Sassoli a Gualtieri – sono in prima linea nella campagna per tenerci dentro la UE ad ogni costo. Sembra quasi che starci , i questa gabbia, piaccia solo a loro. Ma capisco che tali domande possono rinfocolare l’antisemitismo – che come tutti sanno è in travolgente avanzata in Europa , per i quale è in corso la giustissima campagna contro l’Odio. Quindi ritiro.

    https://www.maurizioblondet.it/loro-possono-3/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  4. #4044
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    Predefinito Re: Geopolitica

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  5. #4045
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    Predefinito Re: Geopolitica

    Vero.
    Sta per crollare.
    C'era chi lo temeva nel 2019, facciamo cifra tonda.
    Bisogna sedersi tutti intorno a un tavolo. 😂

  6. #4046
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    Predefinito Re: Geopolitica

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  7. #4047
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    Predefinito Re: Geopolitica

    Citazione Originariamente Scritto da ventunsettembre Visualizza Messaggio
    Vero.
    Sta per crollare.
    C'era chi lo temeva nel 2019, facciamo cifra tonda.
    Bisogna sedersi tutti intorno a un tavolo. ��
    E fare la catena con le mani.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  8. #4048
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    Predefinito Re: Geopolitica



    "Molti Stati dovrebbero smettere di immischiarsi nella questione siriana, smettere di violare il diritto internazionale. Basta, abbiamo solo bisogno che sia seguito il diritto internazionale. I civili saranno al sicuro, l'ordine tornerà, tutto andrà bene. Nient’altro”. Queste le parole del presidente siriano Bashar al-Assad che la Rai ha deciso di non far ascoltare agli abbonati.
    Pandora TV, in esclusiva, pubblica l'intervista integrale, tradotta in italiano, fatta dall'ex presidente della Rai, Monica Maggioni, al presidente siriano, Bashar al-Assad.
    Voce di Massimo Mazzucco e Margherita Furlan.
    Ultima modifica di Eridano; 18-12-19 alle 18:34
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  9. #4049
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  10. #4050
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    Predefinito Re: Geopolitica

    https://www.voltairenet.org/article208542.html

    “SOTTO I NOSTRI OCCHI” (10/25)
    La Francia nell’ingranaggio
    di Thierry Meyssan

    Proseguiamo la pubblicazione a episodi del libro di Thierry Meyssan, Sotto i nostri occhi. In questo episodio il presidente Sarkozy, manovrato dall’amico emiro del Qatar e dal proprio ministro filo-turco, Alain Juppé, impiega le forze armate francesi contro la Libia e contro la Siria.

    RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 13 DICEMBRE 2019
    FRANÇAIS TÜRKÇE PORTUGUÊS ESPAÑOL
    +
    Questo articolo è estratto dal libro Sotto i nostri occhi.
    Si veda l’indice.

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    Niente è abbastanza prezioso per l’emiro del Qatar.
    L’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO LA SIRIA
    Mentre Al Jazeera porta a termine i reportage in Tunisia, Libia ed Egitto, si solleva la questione se gli eventuali disordini potranno estendersi anche in Siria. È necessario attendere il 18 marzo 2011 per averne conferma e assistere all’inizio dell’operazione: una manifestazione degenera a Dara, provocando quattro vittime. Nel giro di pochi giorni la protesta si espande, mentre nella città si instaura un controllo militare. Gli scontri causano più di cento morti e il centro viene devastato.

    Secondo quanto riportato da Al Jazeera, la polizia avrebbe arrestato alcuni bambini per aver imbrattato i muri con scritte contro il governo. Gli stessi bambini sarebbero stati pesantemente torturati.

    La città di Homs diventa il teatro di una vasta manifestazione che degenera in violenza. Anche qui, dunque, si predispone il controllo dei militari.

    Il 10 maggio Germania, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia fanno sì che l’Unione Europea applichi alcune sanzioni per impedire l’esportazione di attrezzature destinate alla polizia e altre dirette contro tredici funzionari, tra cui Maher al-Assad, comandante della Guardia repubblicana e fratello minore del presidente.

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    Fotografia del documento d’identità di Hamza Ali Al-Khateeb e quella del suo corpo alla riconsegna ai genitori. Secondo SyrianRevolution2011 sarebbe stato torturato. Secondo i medici legali il corpo si è invece decomposto in obitorio.
    Il 25 maggio Germania, Francia, Portogallo e Regno Unito cercano di far approvare dal Consiglio di sicurezza una risoluzione al fine di mettere la Siria nella stessa posizione della Libia, ma senza riuscirci. Sudafrica, Brasile, Cina, India e Russia si oppongono alla condotta che la Comunità internazionale vuole imporre alla Repubblica araba siriana.

    È a questo punto che Barada TV trasmette le foto del cadavere di Hamza Ali Al-Khateeb, un 13enne che sarebbe stato torturato e castrato dai servizi segreti dell’Armée de l’air. Secondo Al Jazeera, il regime tortura e uccide i bambini.

    Il 31 maggio e il 16 luglio 2011 Francia, Qatar e Turchia promuovono due conferenze dell’opposizione politica, la prima ad Adalia e la seconda a Istanbul; quest’ultima viene intitolata “Conferenza di salvezza nazionale” in riferimento al “Fronte di salvezza nazionale” creato, nel 2007, dai Fratelli musulmani.

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    Gli Stati uniti hanno riunito 350 immigrati anti-Assad a Istanbul. La Francia aveva l’incarico di far loro eleggere un “Consiglio Nazionale Siriano”.
    È in occasione della conferenza di Istanbul che, a settembre, viene istituito il Consiglio nazionale siriano sul modello del Consiglio nazionale di transizione libico, che gli occidentali avevano spacciato per un’alternativa credibile alla Jamahiriya Araba Libica. È la Francia che crea le due organizzazioni, in Libia e Siria, con figure selezionate dalla CIA negli anni precedenti. Come i membri libici, quelli siriani ricevono subito uno stipendio. In prevalenza fanno parte della Fratellanza musulmana, ma non agiscono quasi mai conformemente a tale etichetta e, di conseguenza, le due organizzazioni sembrano laiche. Il Consiglio siriano è presieduto da Burhan Ghalyun, professore di sociologia all’Università Parigi 1 - Panthéon-Sorbonne e collaboratore di National Endowment for Democracy (NED). La stampa si astiene dal far trapelare la notizia secondo cui questo “laicissimo” è, in realtà, ex consigliere di Abbassi Madani, presidente del Fronte islamico di salvezza (FIS) dell’Algeria, durante l’esilio in Qatar.

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    Sulla rete televisiva alle dipendenze del ministero, France24, il ministro degli Esteri francese, avvalendosi di un’attrice, mette in scena le dimissioni dell’ambasciatrice siriana Lamia Chakkour. Fa poi pressione su tutti gli ambasciatori siriani nel mondo, esigendo le loro dimissioni, pena incorrere nel giudizio d’un tribunale internazionale. La vera ambasciatrice protesterà a lungo ma invano. Questa propaganda di guerra non ha prodotto conseguenze.
    Il 7 giugno France 24, alle dipendenze del Ministero degli Esteri, trasmette in diretta un toccante intervento telefonico dell’ambasciatrice siriana in Francia, Lamia Shakkour, che annuncia le dimissioni in segno di protesta contro i massacri nel suo paese. Anche se Renée Kaplan, vicedirettrice della redazione di France 24, giura che la voce corrisponde a quella dell’ambasciatrice – che ben conosce –, si tratta in realtà della moglie del giornalista Fahd al-Argha al-Masri, che parla da un altro studio della rete [1]. Coordinandosi con France 24, il Ministero degli Esteri francese contatta gli ambasciatori siriani nel mondo, rendendo note a tutti le “dimissioni” in diretta della collega Lamia Shakkour e chiedendo loro di fare altrettanto, sotto minaccia di essere trascinati davanti alla Corte penale internazionale. Arrivano subito le proteste della vera ambasciatrice, che cerca di ottenere la rettifica da France 24, che naturalmente nega. Quando BFM TV alla fine le concede la parola, l’intossicazione si dirada in fretta senza che alcun ambasciatore siriano abbia ceduto alle pressioni. Tuttavia, il Consiglio superiore dell’audiovisivo francese – nominato dal presidente della Repubblica, dell’Assemblea nazionale e del Senato – non indagherà mai sulla vicenda.

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    Il meeting del 14 luglio 2011, animato da Bernard-Henri Lévy e organizzato dal ministro israeliano della Difesa, alla presenza di un rappresentante della Guida Suprema dei Fratelli Mussulmani.
    Il 4 luglio Bernard-Henri Lévy organizza un incontro al cinema Saint Germain-des-Prés per fornire sostegno all’opposizione democratica siriana e al rovesciamento del tiranno Bashar al-Assad. Presiedono l’incontro, insieme all’ex ministro degli Esteri di Sarkozy, Bernard Kouchner e il suo successore hollandista, Laurent Fabius. I tre invitano a partecipare all’iniziativa l’intera classe dirigente. Personalità di destra, sinistra e ambientalisti firmano volentieri, ma nessuno si accorge della presenza in sala di alcuni capi israeliani e Fratelli musulmani. Tutti convinti di fare del bene, senza neanche immaginare le conseguenze di ciò che è appena successo [2].

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    I veri obiettivi degli pseudo-rivoluzionari delle primavere arabe esibiti dalle bandiere: quella dei siriani fu adottata nel 1932 dai colonizzatori francesi; i libici fanno propria quella del 1951 del re Idris.
    L’8 luglio gli ambasciatori di Stati Uniti e Francia a Damasco – rispettivamente Robert Ford ed Éric Chevallier – assistono a una manifestazione ad Hama [3]. Il governo siriano convoca i diplomatici e li accusa di sostenere l’opposizione e promuovere i disordini, mentre i sostenitori della Repubblica organizzano manifestazioni davanti alle ambasciate statunitense e francese. Ironicamente Robert Ford accusa i baathisti di aver minacciato la sua rappresentanza diplomatica mentre ad Hama l’opposizione aveva agito senza violenze. Il segretario di Stato Hillary Clinton sostiene che al-Assad “non è indispensabile”; quindi, con una dichiarazione del presidente, il Consiglio di sicurezza condanna l’attacco rivolto alle ambasciate.

    Il 29 luglio il colonnello Riyad al-Assad annuncia la propria diserzione e la creazione dell’Esercito siriano libero (ESL, o FSA dalla sigla inglese), esortando i militari ad aderire e a far cadere il “regime”. L’operazione viene guidata dalla DGSE e il colonnello al-Assad viene scelto perché omonimo del presidente Bashar al-Assad. Sfortunatamente, se i cognomi vengono trascritti in modo identico con l’alfabeto latino, in arabo sono diversi. L’Esercito siriano libero adotta la “bandiera dell’indipendenza” che, in realtà, è quella della colonizzazione francese rimasta in vigore al momento dell’indipendenza. Racchiude i quattro colori panarabi: il rosso di Maometto, il nero degli Abbasidi, il verde dei Fatimidi e il bianco degli Omayyadi. Le tre stelle rappresentano il governo di Damasco, di Aleppo e il territorio dei Nusayri, ossia gli alawiti. Questa bandiera è ben nota ai siriani perché, fin dal 2006, appare nella più famosa serie televisiva locale, Bab al-Hara, la storia di un paesino durante l’occupazione francese. Il sinistro comandante della gendarmeria adorna il proprio ufficio con la bandiera dell’occupante francese da una parte e la futura bandiera dell’Esercito siriano libero dall’altra.

    È in corso la “democratizzazione” del Grande Medio Oriente, o quantomeno in apparenza. Pur non comprendendo chiaramente cosa sta succedendo la Francia – ovvero la “patria dei diritti umani”, che si era già coperta di ridicolo in Tunisia – suppone di dover assolutamente seguire da protagonista il corso degli eventi.

    ANALOGIE NELLE OPERAZIONI IN LIBIA E SIRIA
    Il fatto che l’ESL riceva la bandiera francese e il Consiglio nazionale di transizione libico quella del re Idris è un chiaro sintomo della divisione dei ruoli. Il destino della Libia è quello di tornare sotto l’influenza inglese, mentre per la Siria si profila un ritorno sotto quella francese.

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    Il ministro francese degli Esteri affida la propaganda del Consiglio Nazionale di Transizione Libico e quella del Consiglio Nazionale Siriano ai servizi audiovisivi a disposizione del ministero: Audiovsuel extérieur de la France (France24, RFI, Monte Carlo), diretto dal pubblicitario Alain Duplessis de Pouzilhac.
    La Francia non si risparmia nel dare inizio alla propaganda occidentale. Il 5 luglio 2011 France 24, canale televisivo del Ministero degli Esteri francese, riceve un incarico da parte del Consiglio nazionale di transizione libico per compensare l’assenza di un’amministrazione propria. In pompa magna firmano l’accordo Alain Duplessis de Pouzilhac – in qualità di CEO dell’Audiovisivo francese all’estero (AEF) – e Mahmud Shammam, ministro dell’Informazione del Consiglio nazionale di transizione libico. I sindacati dei giornalisti francesi protestano contro questa posizione ufficiale di parte che vìola l’etica professionale [4]. Eppure, con maggiore discrezione, l’accordo viene esteso, nel mese di ottobre, al Consiglio nazionale siriano.

    Alla fine di marzo 2011 una controversia mette in contrasto il ministro degli Interni francese, Claude Guéant, e il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdoğan, sulla natura della guerra contro la Libia che i francesi hanno paragonato a una “crociata”. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, coglie l’occasione per negoziare una riconciliazione con l’omologo turco Ahmet Davutoğlu.

    Dall’epoca di Francesco I esiste una lunga tradizione di alleanze tra Francia e ottomani. Nel XVI secolo Parigi, sovvertendo le divisioni religiose, si lasciò sedurre dai “doni” del musulmano Solimano il Magnifico. Ormai corrotto, Francesco I accetta di allearsi con suo “padre” contro il Sacro Romano Impero degli Asburgo. Nella corrispondenza, Solimano lo umiliò definendolo suo “wali di Francia” (governatore). Gli eserciti ottomani si diressero nel Sud della Francia e Francesco I trasformò temporaneamente la cattedrale di Tolone in una moschea per accoglierli.

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    Il trattato segreto concluso tra Alain Juppé e Ahmet Davutoğlu riprende gli obiettivi dei due Paesi. La Francia sosterrà uno Stato per le tribù kurde, in ossequio all’impegno preso negli anni Venti. La Turchia si sbarazzerà dei kurdi, sostenendo la fondazione di uno Stato kurdo in Siria, così come già fece in Iraq. Non sarà però possibile creare uno Stato kurdo in Siria e il trattato finirà col minare le relazioni franco-turche.
    Il trattato Juppé-Davutoğlu rimane segreto, benché la stessa legge francese vieti questo tipo di diplomazia dalla fine della prima guerra mondiale. Perciò non è mai stato ratificato dal parlamento e non ha alcun valore legale.

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    L’Alto Commissario francese per la colonizzazione della Siria (mandato della Società delle Nazioni) recluta, con l’aiuto dei turchi, 900 uomini della tribù kurda dei Millis per reprimere la ribellione nazionalista araba ad Aleppo e Raqqa. Questi mercenari combatteranno come gendarmi francesi, sotto quella che diventerà la bandiera dell’attuale Esercito Siriano Libero (telegramma del 5 gennaio 1921).
    Archivi dell’esercito francese.
    Nicolas Sarkozy e Alain Juppé non possono rendere pubblico il documento senza rischiare l’immediata destituzione: per il primo da parte dell’Haute Cour, per il secondo una condanna della Corte di giustizia della Repubblica. Infatti l’accordo prevede la partecipazione della Turchia alla guerra appena iniziata in Libia e a quella non ancora iniziata in Siria. La Turchia si adopera per mobilitare il popolo di Misurata, in larga parte discendente dei soldati ebrei dell’Impero ottomano – gli Adgham – e dei nomadi mercanti di schiavi neri – i Muntasir, che avevano sostenuto i Giovani Turchi – per aiutare la Coalizione a rovesciare la Jamahiriya Araba Libica. Si mobiliteranno anche le popolazioni turkmene nel nord della Siria per insidiare la Repubblica araba siriana. In cambio, la Francia si impegna ad appoggiare l’adesione di Ankara all’Unione Europea benché, durante la campagna elettorale, il presidente Sarkozy avesse promesso il contrario ai francesi. Soprattutto, i due paesi risolveranno la questione curda senza compromettere l’integrità territoriale della Turchia. In altre parole, si creerà in Siria uno Stato indipendente – che chiameremo “Kurdistan” – per poi espellervi parte dei curdi turchi. Tale piano sfida il buon senso, perché il Kurdistan storico si trova unicamente in Turchia. Non è altro che, né più né meno, un piano di conquista della Libia e della Siria e di pulizia etnica in Turchia.

    Si ricordi che Alain Juppé non si è mai mostrato riluttante a sostenere genocidi quando lo ha ritenuto utile. Nel giugno del 1994, ad esempio, organizzò con François Mitterrand l’operazione “Turchese” durante i massacri del Ruanda. Certo, si trattava di creare una “zona umanitaria sicura” per le popolazioni in pericolo ma, sotto tale copertura e all’oscuro degli eserciti, anche e soprattutto per utilizzare la DGSE per esfiltrare i propri amici.

    Dunque, unendo l’utile al dilettevole, il governo di Erdoğan presenta ad Alain Juppé un “dono” tramite gli imprenditori turchi.

    Parallelamente all’accordo con la Turchia, Alain Juppé affida al senatore gollista Adrien Gouteyron una missione per sondare la situazione delle comunità cristiane d’Oriente. Il senatore si dilunga in un viaggio tra le comunità del Medio Oriente – eccetto quelle siriane – e conclude – non c’è da stupirsi – che è necessario aiutare i cristiani a rimanere nella propria patria e accoglierli meglio quando emigrano in Francia [5]. Senza saperlo, il parlamentare apre la strada al trasferimento dei maroniti.

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    Nella coppia Al-Thani il potere è ufficiosamente detenuto dalla sceicca Mozah. Per esercitare un’influenza sulla Francia, il Qatar non corromperà il presidente Sarkozy, ma metterà mezzi sontuosi a disposizione della moglie, Carla Bruni.
    Nel corso del suo mandato, il presidente Sarkozy si allinea per lo più con gli interessi del Qatar. L’emiro, ovvero l’uomo che gestisce più contanti al mondo, cerca di guadagnarsi lo status di grande potenza comprando uomini e funzioni riuscendo così a portare la pace in Sudan e a nominare il “presidente” incostituzionale del Libano. Considerato l’obbligo assunto nei confronti del presidente francese, l’emiro offre alla coppia Sarkozy ogni sorta di beneficio personale, tra cui vacanze di lusso e la possibilità di utilizzare uno dei suoi aerei privati. Nicolas Sarkozy promuove una modifica della convenzione fiscale tra Francia e Qatar in modo che l’esenzione fiscale di cui gode l’ambasciata sia estesa a tutti gli investimenti dell’emiro e famiglia. Gli al-Thani, nel giro di qualche anno, comprano immobili per 5 miliardi di euro e acquisiscono grandi alberghi e casinò. Partecipano al capitale di società prestigiose come Total, EADS e Areva. Acquistano una società di calcio, il Paris Saint-Germain, e fondano canali televisivi sportivi. L’interessata generosità dell’emiro tocca tutti i settori della società francese: corrompe una cinquantina di parlamentari di ogni partito e cerca – ma senza successo – di assumere il controllo delle periferie musulmane. Alla fine, a poco a poco si assicura il favore della maggior parte dei capi politici ed economici del paese, per cui il piccolo Emirato ha un suo portavoce nel Consiglio di sicurezza e può disporre dell’esercito francese a proprio piacimento [6].
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

 

 
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