L´Osservatore romano ha deciso di pubblicare ieri per intero la nota nella quale il presidente Napolitano esorta a fare presto chiarezza sullo scandalo delle serate di Berlusconi ad Arcore. Una sorta di asse ideale tra il Vaticano e il Quirinale. Ma è un editoriale di Avvenire, il quotidiano dei vescovi, a entrare nella vicenda Ruby e a chiedere in modo perentorio: <<Fare chiarezza è necessario, è una storia sconvolgente>>
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l presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco a chi gli chiede commenti, risponde: <<Ha gia' parlato Avvenire>>.
Indignato e' anche l´articolo di Famiglia cristiana: <<Nella vicenda della minorenne Ruby risalta la personalita' di un politico che forse ha sbagliato secolo, immaginandosi simile ai signori rinascimentali ai quali tutto era permesso>>.
A schierarsi con Berlusconi e' invece Tempi, magazine vicino a Comunione e liberazione. Difende il premier definendolo <<un perseguitato politico vicino alla gogna>>
Di seguito l'editoriale del direttore di Avvenire Marco Tarquinio di cui si è parlato su tutti i Tg, pubblicato ieri da Avvenire.
18 gennaio 2011
Grave preoccupazione e un'attesa
Chiarezza necessaria
Non so come si concluderà l’indagine mila*nese a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ma so che i reati che avrebbe commesso secondo i pubblici ministeri sono molto pesanti: «concussione» e «prostituzione minorile». E so che se sul piano delle possibili conseguenze penali il primo reato ipotizzato – la concussione – è il più grave, il secondo reato – la prostituzione minorile – sul piano della va*lutazione morale è addirittura insopportabile. I lettori di Avvenire, del resto, conoscono bene le nostre battaglie contro l’infame industria della prostituzione, contro la pedofilia in tutte le sue forme comprese quelle mercenarie, contro le lu*singhe e le violenze tese a indurre qualunque persona – soprattutto le più piccole e le più fra*gili – a fare mercato del proprio corpo.
Altri, negli anni, hanno accusato questo gior*nale e il mondo cattolico italiano, a causa della chiarezza delle opinioni espresse in proposito, di essere i megafoni di un «moralismo» vecchio e superato. Hanno degnato di superiore condi*scendenza la nostra incapacità di capire che, nel mondo evoluto di oggi, il «mestiere più an*tico del mondo» è ormai una «professione» co*me un’altra, meritevole della mutua, della par*tita Iva, di riconoscimento sociale e, persino, di ruolo politico.
Oggi alcuni di questi altri mo*strano di aver cambiato parere e di nutrire un nuovo e vibrante sdegno per i casi (da provare) di prostituzione e di prostituzione minorile che riguarderebbero l’attuale capo del governo. Lo*ro hanno cambiato parere, noi no. Il metro con il quale misuriamo fatti e problemi è sempre lo stesso, e anche solo l’idea che un uomo che sie*de al vertice delle istituzioni dello Stato sia im*plicato in storie di prostituzione e, peggio an*cora, di prostituzione minorile ferisce e scon*volge. Eppure, oggi, nessuno può dire come si concluderà l’indagine milanese sul presidente del Consiglio. Io so che è arrivata, come un terribile tornado, all’indomani della sentenza della Corte costi*tuzionale che ha in parte corretto e affievolito la normativa sul legittimo impedimento (il mi*ni- scudo posto a tutela dell’attività di un uomo di governo sottoposto a iniziative giudiziarie).
Ma soprattutto so che, ancora come un deva*stante tornado, s’è abbattuta non soltanto sul principale leader politico italiano e su un grup*po di suoi amici e amiche e conoscenti, ma sul*l’immagine internazionale del nostro Paese, sui discorsi tra genitori e figli, tra colleghi, persino tra passanti. So che questa indagine, questa ar*ticolata ipotesi d’accusa col suo corredo di no*mi esotici e di intercettazioni piccanti, è esplo*sa fuori dal forno dov’era stata cucinata ripor*tando sul tavolo – e non solo quello delle istitu*zioni, ma anche quello da pranzo delle famiglie italiane – il fumo più che mai tossico della guer*ra tra settori del mondo delle toghe e settori del mondo della politica e un immangiabile 'piat*to forte' a base di potere, sesso e soldi.
So, poi, un’altra cosa molto importante. Tutto questo poteva non accadere. Questa escalation – il passaggio del presidente del Consiglio da possibile «parte lesa» a indagato principe nel fascicolo dedicato al cosiddetto caso Ruby – po*teva non essere sotto i nostri occhi e al primo posto nei nostri discorsi in un momento in cui su ben altro ci si dovrebbe concentrare per il be*ne del Paese. Si può legittimamente argomen*tare sul motore di questo ennesimo e increscioso affondo giudiziario contro Berlusconi, ci si può persino interrogare sulle straordinarie energie investigative investite in questa vicenda da strut*ture centrali di polizia e dalla procura milane*se.
Ma ci si deve interrogare, credo, anche e so*prattutto su altro. «In qualunque campo, quan*do si ricoprono incarichi di visibilità, il conte*gno è indivisibile dal ruolo», annotò con preoc*cupazione lo scorso 27 settembre il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Quella sua preoccupazione era ed è sentita da tanti. E in questi anni questo giornale ha ripetutamente ri*cordato a tutti – premier in primo luogo – che per servire degnamente nella sfera pubblica bi*sogna sapersi dare, e tener cara, una misura di sobrietà e di rispetto per se stessi, per ogni altro e per il ruolo che si ricopre. Io non so, insomma, come si concluderà l’in*dagine milanese a carico del presidente Berlu*sconi. Ma so che deve concludersi presto.
A noi italiani, a tutti noi, comunque la pensiamo e co*munque votiamo, è dovuto almeno questo: un’uscita rapida da questo irrespirabile polve*rone. E ognuno deve fare per intero la propria parte perché questo avvenga con tutta l’indi*spensabile pulizia agli occhi dell’Italia e del mondo.
Marco Tarquinio
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testo tratto da IMGPress - Il foglio elettronico