All'improvviso il nostro Gianfrego ha avuto uno squarcio nella memoria e guarda caso si è ricordato della sua nonnetta ebreuccia . Una mossa certamente dovuta a calcoli futuristici in caso di elezioni . Una nonna ebrea porterebbe voti in più al suo carniere .Ormai tutti ti conoscono "mascherina" repapelle:
HO UNA NONNA EBREA
Rullino i tamburi, suonino le trombe, si lancino i coriandoli: la conversione a U di Gianfranco Fini è compiuta, l’uomo si è purificato. Sì, perché ha scoperto (forse) che sua nonna era ebrea. Non è la battuta dell’anno, anche perché sarebbe drammaticamente ironico e paradossale che l’ultimo leader del partito post fascista italiano, quello immortalato su migliaia di manifesti elettorali con il braccio destro bello teso, avesse origini ebraiche. No, è tutto vero. E’ quanto ha detto il Presidente della Camera durante il suo tour alla Sinagoga di Roma in occasione del Giorno della Memoria. Dopo aver raccontato “di avere ormai una collezione di kippah”, il cognato di Giancarlo Tulliani è rimasto folgorato da un candelabro.
Come in un film, come in un flashback degno di una delle migliori puntate di Lost, Fini ha ricordato, ha scavato nella propria memoria, ha rivissuto momenti di un’infanzia che credeva perduta. “Il candelabro a otto bracci… ecco cos’era quello che nella mia infanzia credevo un giocattolo, pur prezioso. Era una fila di otto seggioline, di argento brunito, che potevano contenere candele, l’unico oggetto che mia madre conservava di mia nonna, che era di Ferrara”. Caspita… e la nonna, come si chiamava la nonna? “Mia nonna era di Ferrara, si chiamava Navarra, e ha trasmesso a mia madre un candelabro, che somiglia tanto ai vostri”.
Ah, tutto chiaro. Beh, una pagina da libro Cuore, ci mancava solo la lacrimuccia sgorgare dall’occhio della terza carica dello Stato e poi sarebbero saltate fuori Maria De Filippi o Raffaella Carrà a fargli qualche sorpresa. Pensate se Fini avesse scoperto le proprie radici vent’anni fa, quando la fiamma ardeva ancora, quando il nero era colore dominante dalle parti del partito da lui comandato come “un Noriega qualunque” (citiamo sempre Di Pietro). Pensate alle campagne elettorali del MSI, con Fini a fare il destrorso duro e puro, accompagnato da Tremaglia in stivaloni e fez e da Assunta Almirante che ancora lo riteneva, bene o male, il degno erede di suo marito.
Ecco, immaginatevi un comizio con l’attuale Presidente della Camera che, ad un certo punto, si metteva a ricordare la nonna, forse ebrea di Ferrara, e quel candelabro, che non era un gioco, ma un prezioso cimelio di famiglia. Cosa sarebbe successo? Beh, a parte le manganellate della piazza, probabilmente sarebbe diventato una macchietta, e la sua carriera politica si sarebbe conclusa miseramente.
Ancora una volta, Fini arriva in ritardo. Stavolta, però, la conversione arriva al momento giusto e opportuno: quando bisogna cancellare un passato troppo scomodo e rifarsi una verginità più volte violata.
Fini: “Ho la nonna ebrea”