i tre fenomeni (citati prima nel testo: NON ADESIONE INTERIORE (ottica di Maurras) ALLA SOCIETA CRISTIANA, MODELLO DELLA DESTRA; NASCITA DI NUOVE SINISTRE E CONSEGUENTE SLITTAMENTO "a destra" DELLE VECCHIE; REAZIONI SBAGLIATE ALLE NUOVE SINISTRE) hanno conseguentemente portato a una stratificazione di posizioni culturali “a destra”, confondendo e appaiando Destra e false “destre” in un unico contenitore, a causa della necessità del momento di impedire l’avvento delle sinistre più estreme. È il caso del fascismo: costola del socialismo, essa si piegò ad essere una forza anticomunista, in cui, per combattere il comunismo e impedirne la diffusione, confluirono il consenso di gran parte della Destra popolare e quello della sinistra liberale, ma essa non fu una vera Destra. È in ragione dell’esistenza di queste stratificazioni che si è distinto, all’inizio, tra cultura e politica: non perché la Destra, posizione culturale, non esista e non si esprima politicamente, e non perché la “destra” politica concretamente esistente non si fondi e non si debba fondare sulla Destra – quasi le due fossero mondi separati e incomunicabili (e non invece osmotici come sono e debbono essere) –, ma perché semplicemente può capitare (ed è storicamente successo il più delle volte) che le “destre” politiche non collimino con la Destra, a causa delle confusioni ingenerate dalle stratificazioni di cui si è detto. Tali stratificazioni sono anche detti «fusionismi». Ed è bene notare che, alle volte teorizzati e perseguiti scientemente – come nel caso del fusionismo reaganiano –, secondo la formula del “tutti contro qualcuno”, e spesso proposti tramite l’unificazione populistica adoperata da leaders carismatici – nella loro diversità, sono tali, ad esempio, Mussolini [Benito, 1883-1945], Franco [Francisco, 1892-1975], e altre figure dei regimi autoritari, ma anche i democratici De Gaulle [Charles, 1890-1970], Thatcher [Margareth, 1925], Reagan [Ronald, 1911-2004], Berlusconi [Silvio, 1936] –, i fusionismi sono una necessità perché sostanzialmente sono l’unico modo più efficace di bloccaggio dell’avanzata istituzional-legislativa delle sinistre più “avanzate”, in quanto la frammentazione fra le varie sinistre “moderate” e la Destra permette un più agile spazio di manovra per l’avversario. Ciò ci permette di fare due incisi sempre molto attuali, alla luce dei rivolgimenti italiani contemporanei interni al “centrodestra” e riguardanti il nuovo partito Futuro e Libertà per l’Italia: 1) non si può pretendere dalle forze fusioniste un governo sempre facile, comodo, in quanto la loro diversità interna, specie in una democrazia mediatica, non può non trovare come collante il populismo carismatico: ciò comporta che, pur in una relativa omogeneità progettuale-concettuale, l’unità sia garantita non dal progetto, bensì dalla figura del capo, e questo, alle volte, costringe le forze fusioniste a un sostanziale immobilismo di governo, a causa delle (anche forti) divisioni interne: la stratificazione, pur essendo necessaria, rimane comunque un male, per quanto il minore; 2) sono semplicemente suicide per un polo “destro” quelle proposte che pretendono una profonda democrazia interna al suo interno rispetto alla guida del leader carismatico: la stratificazione fusionista permette un ampio pluralismo (fin troppo) sui principi e sulle proposte, e tale pluralismo divide in mille rivoli lo schieramento, ma ci sono sempre dei punti fermi indiscutibili in uno schieramento fusionista, tra i quali il ruolo del capo carismatico e le sue esigenze: una volta che si metta in discussione la sua linea, il fusionismo entra in crisi irreversibile, a causa delle profonde divisioni esistenti tra le forze che lo compongono: se il fusionismo è l’unico modo più efficace per opporsi al progressismo più “avanzato”, colpirne il collante (il capo), significa impedire un’alternativa efficace (per quanto parziale e non pienamente alternativa) alla sinistra, lasciando campo aperto alle vittorie di quest’ultima.