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    Predefinito La rivolta d'Egitto vista con gli occhi di Teheran

    La rivolta d'Egitto vista con gli occhi di Teheran



    L'ayatollah Khamenei esalta la rivolta del popolo egiziano e gli echi della Rivoluzione del '79
    La tv di stato iraniana aveva annunciato chel'ayatollah Sayyed Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran, avrebbe personalmente guidato la preghiera del venerdìall'università di Teheran. Erano sette mesi che non accadeva. La data di oggi ha una doppia valenza, per il passato e per il futuro: è l'anniversario del martirio dell'Imam Reza- nipote del Profeta Maometto - ed è anche il "giorno della partenza", scadenza dell'ultimatum dettato dalle opposizioni egiziane al presidente Hosni Mubarak perché lasci il paese.
    Nel sermone di questo venerdì così importante, l'ayatollah Khamenei ha levato la sua voce a sostegno della rivolta nel mondo arabo: "Ciò che sta accadendo in Egitto, inTunisia e nel Medioriente è un vero e proprio terremoto, una sconfitta per le politiche americane e sioniste". Accompagnato dalle grida di migliaia di fedeli "Morte all'America! Morte a Israele", Khamenei ha espresso la sua soddisfazione per il "risveglio islamico", un vero movimento di liberazione che "né gli Stati Uniti, né Israele riusciranno a fermare". "Dopo anni di lotta - ha detto la guida suprema dal suo pulpito - l'eco della Rivoluzione si è fatta sentire ovunque". Dal punto di vista di Teheran, infatti, le rivoluzioni in atto non sono frutto di una negativa convergenza economica, ma la volontà del popolo musulmano di reagire all'umiliazione inferta da "traditori, servi dell'Occidente".
    Mubarak sarebbe niente di più che un collaborazionista dei sionisti, complici dell'assedio cui è sottoposta la Striscia di Gaza. "L'esercito egiziano dovrebbe schierarsi dalla parte del popolo e spostare le sue attenzioni sui nemici israeliani", ha auspicato il leader iraniano invitando, inoltre, la popolazione a dare seguito a una rivoluzione dell'Islam. Senza mai nominare direttamente ElBaradei, Khamenei ha messo in guardia il popolo egiziano a non fidarsi di personaggi imposti dal mondo occidentale che intende "sostituire una spia (ndr, Mubarak), con un'altra spia (ndr, ElBaradei)".
    Nel contempo, Khamenei ha colto l'occasione per elencare i successi della Rivoluzione iraniana e per affermare l'indipendenza del popolo dell'Iran nonostante i continui tentativi di boicottaggio da parte di Europa e Stati Uniti.
    Molti osservatori politici ed esperti del Medioriente non possono fare a meno di confrontare gli eventi di attualità con quanto accaduto nel 1979 in Iran: i critici del presidenteBarack Obama non hanno mancato di etichettarlo come il potenziale nuovo Jimmy Carter che trentadue anni fa non fu in grado di gestire la Rivoluzione islamica perdendo quello che era un alleato chiave di Washington nell'area. Il quotidiano The Washington Times ha addirittura consigliato alla Casa Bianca di ritirare i funzionari dall'ambasciata del Cairo per evitare un remake del sequestro di Teheran, quando 52 membri dell'ambasciata Usa di Teheran furono tenuti come ostaggi per tredici mesi. Lo stesso John Kerry - uno dei più fidati consiglieri di Obama - ha fatto un diretto paragone con la crisi iraniana del 1979 e in un editoriale sul New York Times ha ribadito quanto sia importante stare dalla parte del popolo (come accaduto nelle Filippine nel 1986), piuttosto che al fianco di un leader che non ha più consenso (come nel caso invece dello Shah Mohamed Reza Pahlavi).
    In questa cappa di tensione, le preoccupazioni di Washington e di Israele possono essere comprensibili, considerato anche il ruolo di un Iran sciita che negli anni ha imparato a relazionarsi in maniera egregia con le popolazioni del mondo arabo sunnita - tradizionalmente, soprattutto in materia religiosa, avversari - (ndr, sulla questione è consigliabile la lettura di Iranyana, scritto da Robert Baer, 2010 - Piemme Editore).
    È utile però far emergere almeno un elemento che lascia aperti scenari diversi da quelli dell'Iran 1979. A differenza di quanto accaduto trentadue anni fa, in Egitto manca una figura carismatica come quella dell'ayatollah Ruhollah Khomeini e il ruolo dei Fratelli Musulmani, stando a quanto accade in queste ore, è riscontrabile solo in filigrana. Ancora oggi, infatti, Mohammed al Beltagi ha dichiarato ai microfoni dell'emittente Tv al-Jazeera che il gruppo religioso non presenterà candidati alle elezioni presidenziali, il che lascia intendere che non c'è nessuna figura religiosa, al momento, pronta ad assumere la guida del paese.


    La rivolta d'Egitto vista con gli occhi di Teheran, Nicola Sessa
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    Predefinito Rif: La rivolta d'Egitto vista con gli occhi di Teheran

    Rivoluzione in Egitto – L’Iran si guarda le spalle


    by Kaveh Afrasiabi



    Published in Dopo i primi giorni della rivoluzione, quale futuro per l’Egitto?, Italiano,
    on 09/02/2011






    In occasione della commemorazione del trentatreesimo anniversario della rivoluzione che rovesciò l’assediata monarchia iraniana filo-americana, i mezzi di informazione statali dell’Iran hanno trasmesso uno dei discorsi del grande ayatollah Ruhollah Khomeini pronunciati in seguito al suo rientro trionfante in Iran nel 1979. In questo discorso egli esortava gli egiziani a “scendere nelle strade senza temere il regime militare, proprio come ha fatto la popolazione iraniana, e a liberarsi delle marionette degli americani”.
    Mentre l’Egitto è travolto da una rivoluzione popolare per liberarsi da 31 anni di governo autoritario di Hosni Mubarak – fatto che potrebbe provocare cambiamenti significativi negli equilibri di forza e nelle alleanze a livello regionale – Teheran parla in maniera fiduciosa dell’emergere di un “nuovo e potente Medio Oriente islamico”, per parafrasare il portavoce del ministro degli esteri iraniano Ramin Mehmendoust.
    Un commentatore ha scritto da Teheran che vi sono grandi aspettative che l’Egitto “stia per uscire dall’orbita americana dopo decenni di asservimento, e che stia per allontanarsi dall’Occidente in direzione di attori regionali indipendenti come la Siria e l’Iran”.
    Secondo un professore di scienze politiche dell’Università di Teheran, “la rivolta egiziana potrebbe avere profonde ripercussioni geopolitiche, e ciò potrebbe significare la fine dell’era americana in Medio Oriente, che dura dalla seconda guerra mondiale e che ha subito un primo colpo con la rivoluzione iraniana. Quello egiziano rappresenterebbe il secondo colpo, e visto che l’Egitto gioca un ruolo fondamentale nel mondo arabo, si potrebbe verificare un effetto domino anche nella regione del Golfo Persico dominata dagli sceiccati del petrolio”.
    Parlando di possibili paragoni tra l’Iran e l’Egitto, se Mubarak fosse stato più intelligente avrebbe imparato una lezione dall’esperienza dello Shah il quale aveva tentato inutilmente di insediare un governo militare, aveva imposto il coprifuoco e aveva schierato i carri armati nelle strade di Teheran. Tutto ciò aveva fatto ulteriormente infuriare la popolazione invece di riuscire a sottometterla, aveva permesso ai soldati di fraternizzare con i manifestanti, e aveva così reso inefficace la dimostrazione di forza del regime assediato.
    D’altra parte, le voci secondo cui alcuni politici americani come John Kerry avrebbero chiesto a Mubarak di dimettersi immediatamente, e secondo cui il presidente Barack Obama avrebbe mandato il suo inviato in Egitto a incontrare Mubarak, probabilmente per convincerlo a lasciare il potere prima che il paese sia sconvolto da ulteriore caos, ci riportano ancora all’Iran quando il presidente Jimmy Carter riuscì a convincere lo Shah a lasciare il paese sia intervenendo direttamente che attraverso l’ambasciatore americano a Teheran.
    Tuttavia vi sono importanti differenze tra le due rivoluzioni, cosa che impedisce di fare un confronto ravvicinato. A differenza della profonda lealtà dei militari iraniani nei confronti dello Shah, l’esercito egiziano ha alle spalle una storia di indipendenza che permette di spiegare le notizie circolate questa settimana, secondo cui l’esercito si sarebbe rifiutato di sparare sui dimostranti.
    Quello che sta avvenendo in Egitto, e che invece era del tutto assente in Iran, è il passaggio dell’esercito dalla parte della rivolta popolare. Se Mubarak lasciasse il potere e l’esercito assumesse il ruolo di guardiano della transizione democratica, ciò limiterebbe l’ampiezza delle trasformazioni strutturali nell’Egitto del dopo Mubarak. Per converso, l’Iran post-rivoluzionario vide il rovesciamento completo delle istituzioni militari e l’emergere di un esercito parallelo, la Guardia Rivoluzionaria Islamica.
    Un’altra differenza significativa riguarda la leadership dell’opposizione al regime che nel caso dell’Iran era unita sotto la guida di Khomeini, mentre un relativo vuoto di leadership caratterizza la rivoluzione egiziana. Se Mohamed ElBaradei, formatosi negli Stati Uniti, vincitore del Premio Nobel per la pace nel 2005, ed ex direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, assumesse la guida del governo di transizione ci si potrebbe aspettare una resistenza nei confronti di qualunque tentativo compiuto da altri, per esempio dai Fratelli Musulmani, di modificare in maniera sostanziale la posizione filo-occidentale mantenuta fino ad oggi dal paese.
    Ciò potrebbe essere vero a maggior ragione visto che l’Egitto avrà bisogno di più aiuti esterni rispetto al passato per coprire le ingenti perdite economiche causate dalla rivolta. In altre parole, le difficoltà economiche rappresenterebbero il “tallone di Achille” del regime post-Mubarak e ciò potrebbe essere sfruttato dall’Occidente per cercare di evitare che l’Egitto imiti una rivoluzione in stile iraniano.
    Tuttavia possiamo affermare con una certa sicurezza che l’emergere di un sistema politico democratico in Egitto permetterebbe al Cairo di adottare un approccio di politica estera più indipendente che non lo porterà ad esempio ad allinearsi sempre agli interessi americani e/o israeliani. Questa sarebbe già un’importante vittoria per l’Iran, il quale grazie alla crisi nel mondo arabo vede ridursi la pressione occidentale nei suoi confronti nell’attuale crisi riguardante il proprio programma nucleare.
    Prevedendo una “lunga crisi” che potrebbe provocare cambiamenti nel resto del mondo arabo, molti politologi in Iran sono fiduciosi che nel 2011 l’Iran potrà almeno raccogliere i frutti della rivolta araba e rafforzare la propria posizione in una regione turbolenta. Come è stato affermato da un quotidiano di Teheran, “riconfigurare il Medio Oriente attraverso la rivoluzione è sempre stato un obiettivo importante per l’Iran, e ora per la prima volta dopo 33 anni questa riconfigurazione sembra assumere la forma di molteplici rivolte arabe”.
    Tuttavia, così come l’Iran può aver rappresentato un “modello di riferimento” per alcuni aspetti invocati dagli egiziani scontenti che vogliono cambiare il regime dal basso, allo stesso modo un futuro Egitto democratico potrebbe anche avere un’influenza sull’Iran, suggerendo alla popolazione iraniana di aumentare i propri sforzi per democratizzare la Repubblica Islamica.
    Questa possibilità è già presente in un’affermazione di un’importante figura dell’opposizione in Iran, Mir Hussein Mussavi, che ha cercato di attribuirsi il merito dalla rivolta popolare egiziana attirando l’attenzione sulle proteste di massa che hanno seguito le controverse elezioni presidenziali in Iran nel giugno 2009.
    E’ possibile che i detentori del potere in Iran risponderanno ai desideri democratici nella regione concedendo maggiori libertà politiche nel prossimo futuro. In altre parole – ottimisticamente parlando – i recenti sviluppi nel mondo arabo rappresentano una buona notizia anche per quanto riguarda la possibilità di allentare le attuali restrizioni e di accrescere la tolleranza nei confronti del dissenso in Iran.
    Kaveh Afrasiabi è un analista politico specializzato in questioni iraniane; ha insegnato all’Università di Teheran ed all’Università di Boston, ed ha svolto attività di ricerca in diversi altri istituti; è fondatore e direttore di Global Interfaith Peace





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    Predefinito Rif: La rivolta d'Egitto vista con gli occhi di Teheran

    Il satrapo non vuole mollare..un vero presidente eterno.


    Egitto calcola costi disordini, proteste continuano | Prima Pagina | Reuters

 

 

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