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Scapigliato"
13-06-09, 13:33
Dichiarazione Ecosocialista di Belem

"Il mondo ha la febbre, causata dal cambiamento climatico,
e la malattia è il modello di sviluppo capitalista"- Evo Morales, presidente della Bolivia, settembre 2007

La scelta dell'umanità

L'umanità si trova oggi di fronte ad una scelta radicale: ecosocialismo o barbarie.

Non abbiamo più bisogno di prove della barbarie del capitalismo, sistema parassitario che sfrutta l'umanità così come la natura. Il suo unico motore è l'imperativo dell'accumulazione di profitti, e quindi il bisogno di crescita costante. Esso crea prodotti non necessari in modo dispendioso, dissipando le limitate risorse dell'ambiente e dando in cambio esclusivamente tossine e sostanze inquinanti. Sotto il capitalismo, l'unica misura del successo è quanto si vende di più ogni giorno, ogni settimana, ogni anno - compresa la creazione di un'ampia quantità di prodotti che sono direttamente dannosi sia agli esseri umani, sia alla natura, merci che non possono essere prodotte senza causare dissesti, distruggendo le foreste che producono l'ossigeno che respiriamo, demolendo gli ecosistemi e minacciando la nostra acqua, aria e terreno come fossero delle fogne a disposizione dei rifiuti industriali.

La necessità di crescita del capitalismo è presente ad ogni livello, dall'impresa individuale al sistema nel suo complesso. L'insaziabile voracità delle imprese multinazionali è agevolata dall'espansione imperialista alla ricerca di un sempre maggiore accesso alle risorse naturali, ad una manodopera a basso costo, ed a nuovi mercati. Il capitalismo è sempre stato ecologicamente distruttivo, ma nella nostra epoca questi assalti alla Terra sono accelerati.
Tale cambiamento quantitativo sta dando il via ad una trasformazione qualitativa, portando il mondo ad un punto critico, sull'orlo del disastro. Una parte crescente della ricerca scientifica ha rilevato molti modi in cui piccoli aumenti di temperatura potrebbero causare effetti irreversibili e incontrollabili - quali il rapido scioglimento del manto di ghiaccio della Groenlandia, o lo sprigionamento del gas metano contenuto nei ghiacci perenni e nei fondali degli oceani, che renderebbero inevitabile un catastrofico cambiamento climatico.

Lasciato senza controllo, il surriscaldamento globale avrà effetti devastanti sulla vita umana, animale e vegetale. La produzione di raccolti diminuirà drasticamente, portando ad una carestia alimentare su scala mondiale. Centinaia di migliaia di persone verranno sfollate a causa della siccità in alcune aree e dall'innalzamento del livello degli oceani in altre. Un clima caotico e imprevedibile diventerà la regola. L'aria,. l'acqua ed il terreno saranno avvelenati. Epidemie di malaria, colera e di malattie perfino più micidiali colpiranno i membri più poveri e vulnerabili di ogni società.

L'impatto della crisi ecologica è avvertito più duramente da coloro le cui vite sono già state devastate dall'imperialismo in Asia, in Africa ed in America Latina, e dai popoli indigeni che ovunque sono particolarmente vulnerabili. La distruzione ambientale e il cambiamento climatico costituiscono un atto di aggressione da parte dei ricchi contro i poveri.

La devastazione ecologica, effetto dell'insaziabile bisogno di accrescere i profitti, non è una caratteristica accidentale del capitalismo: è connaturata nel DNA del sistema e non può in alcun modo essere riformata. La produzione orientata al profitto prende in considerazione solamente un orizzonte di breve periodo per le proprie decisioni d'investimento, e non può prendere in considerazione ola salute e la stabilità di lungo periodo dell'ambiente. L'espansione economica infinita è incompatibile con ecosistemi finiti e fragili, ma il sistema economico capitalista non può tollerare limiti alla crescita; la sua costante necessità di espansione sovvertirà ogni limite che potrà essere imposto in nome dello "sviluppo sostenibile". Perciò il relativamente instabile sistema capitalista non può regolare la sua stessa attività, né tanto meno può risolvere i problemi causati dalla sua crescita caotica e parassitaria, in quanto questo richiederebbe il porre dei limiti all'accumulazione - un'opzione inaccettabile per un sistema fondato sulla regola: "Cresci o Muori!"

Se il capitalismo rimarrà l'ordine sociale dominante, nel migliore dei casi possiamo aspettarci condizioni climatiche insopportabili, un intensificarsi dei problemi sociali e l'emergere delle più barbariche forme di dominio di classe, così come le potenze imperialiste combatterebbero tra loro e con il Sud del mondo per il controllo continuativo delle diminuenti risorse del mondo.

Nel caso peggiore, che la vita umana non sopravviva.

Strategie Capitaliste per il Cambiamento

Non mancano strategie proposte per contrastare il disastro ecologico, compreso il problema del surriscaldamento globale che si profila come risultato dello smodato aumento delle emissioni di diossido di carbonio nell'atmosfera. La stragrande maggioranza di queste strategie presentano un aspetto comune: sono elaborate da e per conto del sistema globale dominante, il capitalismo.

Non è una sorpresa che il sistema globale dominante che è responsabile della crisi ecologica stabilisca anche i termini del dibattito rispetto a questa crisi, in quanto il capitale controlla i mezzi di produzione della conoscenza tanto quanto l'emissione del diossido di carbonio nell'atmosfera. Di conseguenza, i suoi politici, burocrati, economisti e professori portano avanti un'interminabile gamma di proposte, tutte varianti sul tema che possa essere posto rimedio al danneggiamento ecologico del mondo senza la soppressione dei meccanismi di mercato e del sistema di accumulazione che dirige l'economia mondiale.

Ma una persona non può servire due padroni - l'integrità della Terra e la redditività del capitalismo. Una delle due cose deve essere abbandonata, e la Storia lascia poco spazio sulla buona fede della stragrande maggioranza dei politici. Ci sono quindi tutte le ragioni per dubitare radicalmente sulla capacità delle misure statuite per porre rimedio alla catastrofe ecologica.

Perciò, al di là di una mera patina di rivestimento, le riforme degli ultimi trentacinque anni hanno rappresentato un mostruoso fallimento. Singoli miglioramenti sono senz'altro utili, ma sono inevitabilmente sopraffatti e spazzati via dalla spietata espansione del sistema e dal carattere caotico della sua produzione.

Un esempio è a testimonianza del fallimento: nei primi quattro anni del XXI secolo, le emissioni mondiali annuali di anidrite carbonica sono state quasi tre volte maggiori di quelle di tutto il decennio degli anni '90, nonostante la comparsa dei Protocolli di Kyōto nel 1997.

Il sistema di Kyōto impiega due meccanismi: il sistema "Cap and Trade" di compravendita dell'inquinamento per ottenere determinate riduzioni nelle emissioni e progetti di sviluppo nel Sud del mondo - i cosiddetti "Meccanismi di Sviluppo Pulito" (Clean Development Mechanisms) - come compensazione alle emissioni nelle nazioni ad alta industrializzazione. Questi strumenti si basano tutti su meccanismi di mercato, il che significa, per prima cosa, che le emissioni di anidrite carbonica nell'atmosfera diventano una merce sotto il controllo degli stessi interessi che creano il surriscaldamento globale. Coloro che inquinano non sono spinti a ridurre le proprie emissioni di anidrite carbonica, è invece ad essi permesso di usare il loro potere sul denaro per controllare il mercato dell'anidrite carbonica per i loro stessi fini, che includono la devastante ricerca di ulteriori carburanti basati sul carbonio. Né c'è un limite all'ammontare dei crediti di emissione che possono essere istituiti dai governi accondiscendenti.

Poiché una verifica ed una valutazione dei risultati è impossibile, il sistema di Kyōto non solo non è in grado di controllare le emissioni, ma garantisce anche grandi opportunità di evasioni e frodi di tutti i tipi. Come riconobbe perfino il Wall Street Journal nel marzo 2007, la compravendita di emissioni "frutterà denaro per alcune grandi imprese multinazionali, ma non crediate neanche un minuto che questa farsa farà qualcosa per il riscaldamento globale".

Gli incontri di Bali sul clima nel 2007 aprirono la strada ad abusi perfino peggiori del periodo precedente. A Bali fu evitato qualsiasi riferimento agli obiettivi per una drastica riduzione delle emissioni di anidrite carbonica (del 90% entro il 2050) come auspicato dai più seri esperti di climatologia; i popoli del Sud del mondo sono stati abbandonati alla mercé del capitale assegnando la giurisdizione sul processo alla Banca Mondiale, rendendo più facile perfino le compensazioni per l'inquinamento da anidrite carbonica.

Al fine di affermare e garantire il nostro futuro, quello dell'umanità, è necessaria una trasformazione rivoluzionaria, nella quale tutte le singole lotte particolari vadano ad unirsi in una lotta più ampia contro il capitale stesso. Questa più ampia lotta non può rimanere meramente negativa ed anti-capitalista. Deve annunciare e costruire un tipo di società differente, e questa è l'ecosocialismo.

L'Alternativa Ecosocialista

Il movimento ecosocialista si propone di fermare ed invertire il disastroso processo di surriscaldamento climatico in particolare e l'ecocidio capitalista in generale, e di costruire un'alternativa radicale e pratica al sistema capitalista. L'ecosocialismo si colloca in un'economia trasformata fondata sui valori non monetari di giustizia sociale e di equilibrio ecologico. Critica sia l' "ecologia di mercato" capitalista, sia il socialismo produttivista, che ignora l'equilibrio ed i limiti della Terra. Ridefinisce il cammino e la meta del socialismo all'interno di una struttura ecologica e democratica.

L'ecosocialismo comporta una trasformazione sociale rivoluzionaria, che implicherà la limitazione della crescita e la trasformazione dei bisogni attraverso un profondo passaggio da criteri economici quantitativi ad altri qualitativi, con un'enfasi sul valore d'uso piuttosto che sul valore di scambio.

Questi obiettivi implicano processi decisionali democratici nella sfera economica, mettendo la società in condizione di definire collettivamente gli obiettivi di investimento e di produzione, e la collettivizzazione dei mezzi di produzione. Solo processi decisionali e proprietà della produzione collettivi possono offrire la prospettiva di lungo periodo che è necessaria per l'equilibrio e la sostenibilità dei nostri sistemi sociali e naturali.

Il rigetto del produttivismo e il passaggio da criteri economici quantitativi ad altri qualitativi comporta un ripensamento della natura, degli obiettivi della produzione e dell'attività economica in generale. Le attività umane creative, non produttive e riproduttive essenziali quali le attività domestiche e familiari, il crescere e curare i bambini, l'educazione dei bambini e degli adulti, e le arti, saranno valori chiave in un'economia ecosocialista.

Aria ed acqua pulite, e suolo fertile, così come accesso a cibo libero da ogm e fonti di energia rinnovabile e non inquinante, sono diritti umani e ambientali basilari difesi dall'ecosocialismo. Lungi dall'essere "dispotici", i processi decisionali collettivi su scala locale, regionale, nazionale ed internazionale equivalgono all'esercizio da parte della società della libertà e della responsabilità comunitaria. La libertà di decisione costituisce una liberazione dalle alienanti "leggi" economiche del sistema capitalista orientato alla crescita.
Per evitare il surriscaldamento globale ed altri pericoli che minacciano la sopravvivenza umana ed ecologica, interi settori dell'industria e dell'agricoltura devono essere soppressi, ridotti o ristrutturati, ed altri devono essere sviluppati, garantendo al contempo la piena occupazione per tutti. Una così radicale trasformazione è impossibile senza il controllo collettivo dei mezzi di produzione e la pianificazione democratica della produzione dello scambio. Le decisioni democratiche sugli investimenti e sullo sviluppo tecnologico devono rimpiazzare il controllo delle imprese capitaliste, degli investitori e delle banche, così da essere al servizio dell'orizzonte di lungo termine del bene comune della società e della natura.

Gli elementi più oppressi della società umana, i poveri ed i popoli indigeni, devono prendere parte attiva nella rivoluzione ecosocialista, così da rivitalizzare le tradizioni ecologicamente sostenibili e dar voce a coloro che il sistema capitalista non può ascoltare. Poiché i popoli del Sud del mondo ed i poveri in generale sono le prime vittime della distruzione capitalista, le loro lotte e le loro rivendicazioni aiuteranno a definire i contorni della società ecologicamente ed economicamente sostenibile in fieri. Analogamente, l'eguaglianza di genere è parte integrale dell'ecosocialismo, e i movimenti delle donne sono stati tra gli oppositori più attivi e apertamente critici verso l'oppressione capitalista. Altri attori potenziali del cambiamento rivoluzionario ecosocialista esistono in tutte le società.

Un processo del genere non può iniziare senza una trasformazione rivoluzionaria delle strutture sociali e politiche, basate sul sostegno attivo, da parte della maggioranza della popolazione, ad un programma ecosocialista. La lotta dei lavoratori - operai, contadini, senzaterra e disoccupati - per la giustizia sociale è inseparabile dalla lotta per la giustizia ambientale. Il capitalismo, sfruttatore e inquinante sia socialmente, sia ecologicamente, è il nemico della natura così come del lavoro.

L'ecosocialismo propone trasformazioni radicali:

1.nel sistema energetico, rimpiazzando i carburanti basati sul carbone e i biocarburanti con fonti pulite di energia sotto il controllo della comunità: energia eolica, geotermica, idroelettrica e, soprattutto, solare;
2.nel sistema dei trasporti, riducendo l'utilizzo dei camion e delle auto privati, rimpiazzandoli con un trasporto pubblico libero ed efficiente;
3.nei presenti schemi di produzione, consumo e costruzione, che sono basati sullo spreco, l'obsolescenza connaturata, la competizione e l'inquinamento, producendo solo beni sostenibili e riciclabili e sviluppando un'architettura verde;
4.nella produzione e nella distribuzione del cibo, difendendo la sovranità alimentare locale fin quando è possibile, eliminando l'agribusiness industriale inquinante, creando agro-ecosistemi sostenibili ed impegnandosi attivamente per rinnovare la fertilità del suolo.

Teorizzare ed agire per la realizzazione dello scopo del socialismo verde non significa che non dovremmo anche lottare per riforme concrete ed urgenti fin da subito. Senza alcuna illusione in un "capitalismo pulito", dobbiamo attivarci per imporre a quali che siano i poteri - governi, imprese multinazionali, istituzioni internazionali - alcuni cambiamenti elementari elementari ma essenziali:

riduzione drastica e vincolante nelle emissioni dei gas serra,
sviluppo di fonti di energia pulita,
garantire un vasto sistema di trasporti pubblici gratuiti,
progressiva sostituzione dei camion con i treni,
creazione di programmi di pulizia dell'inquinamento,
eliminazione dell'energia nucleare, e delle spese di guerra.

Queste ed altre rivendicazioni sono al centro del Movimento per la giustizia globale e dei Fora Sociali Mondiali, che hanno promosso, sin dal 1999 a Seattle, la convergenza dei movimenti sociali ed ambientali in una lotta comune contro il sistema capitalista.

La devastazione ambientale non sarà fermata nelle sale delle conferenze internazionali o con negoziati per la stesura di trattati: solo l'azione di massa può fare la differenza. I lavoratori urbani e rurali, i popoli del Sud del mondo ed indigeni sono ovunque in prima linea in questa lotta contro l'ingiustizia ambientale e sociale, combattendo le multinazionali sfruttatrici ed inquinanti, l'agribusiness velenoso e non rendicontabile, le invasive sementi geneticamente modificate, i biocarburanti che aggravano solamente l'attuale crisi alimentare. Dobbiamo rafforzare questi movimenti eco-sociali e creare solidarietà tra le mobilitazioni ecologiste anticapitaliste nel Nord e nel Sud del mondo.

Questa Dichiarazione Ecosocialista è un invito ad agire. Le radicate classi dominanti sono potenti, nonostante il sistema capitalista si riveli ogni giorno di più in bancarotta finanziariamente ed ideologicamente, incapace di risolvere le crisi economiche, ecologiche, sociali, alimentari e di altra natura che esso stesso genera. Invece le forze dell'opposizione radicale sono vive e vitali. Stiamo combattendo a tutti i livelli, locale, regionale ed internazionale, per creare un sistema alternativo basato sulla giustizia sociale ed ecologica.

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(per aggiungere il tuo nome alla lista dei firmatari, manda una mail con il tuo nome e paese di residenza a ecosocialism@gmail.com)

Noi firmatari, sosteniamo l'analisi e le prospettive politiche contenute nella Dichiarazione Ecosocialista di Belem, e supportiamo la nascita e la costruzione di una Rete Internazionale Ecosocialista.

www.EcosocialistNetwork.org (http://www.ecosocialistnetwork.org/)

Scapigliato"
13-06-09, 13:35
WILLIAM MORRIS: THE FIRST GREEN 'SOCIALIST?

(This is a modified version of a paper I first gave at the Socialist History Society).

"Our cities are a wilderness of spinning wheels instead of palaces; yet the people have not clothes. We have blackened every leaf of English greenwood with ashes, and the people die of cold; our harbours are a forest of merchant ships, and the people die of hunger."
RUSKIN; The Crown of Wild Olive.

I have made the title of this paper into a question rather than a statement,since what I want to investigate is the extent of the Green movement's debt to Morris. Some research on this topic has also been done by Florence Boos, who has also edited Morris's Socialist Diary.
I want to suggest that many of the ideas and practices which we advocate today in the Green movement owe their origins to Morris - perhaps indirectly[Footnote 1]
.He seems to have been one of the first Victorians to address himself consciously to the question of our relationship with Nature, the natural world - i.e. rather than just write about it, or paint it, he suggested concrete steps that might be taken to preserve and enhance the beauty of the natural world and of the countryside. Some of his major interests are those which are still very much central concerns of the Green movement today - for instance his concern with THE NATURE OF WORK. His discussion of the Nature of Work develops from ideas first discussed by Carlyle and Ruskin.

We will first of all consider the final paragraph of A DREAM OF JOHN BALL:
But as I turned away shivering and downhearted, on a sudden came the frightful noise of the "hooters," one after the other, that call the workmen to the factories, this one the after- breakfast one, more by token. So I grinned surlily, and dressed and got ready for my day's "work" as I call it, but which many a man besides John Ruskin (though not many in his position) would call "play."

This is a point that Morris develops at greater length in NEWS FROM NOWHERE. Because Morris enjoyed his work and was self-employed - indeed, was an employer - many people would have thought of his work as play, because it was enjoyable. It seems as though the section on Workers' Rights in the Green Party's Manifesto for a Sustainable Society

WR101 We define work in the full sense, not the traditional limited definition as employment in the formal economy. Green thinking recognises the latter as one part of the whole - a large part, but not the only one. Work exists in a variety of forms, each related to and often affecting others, like species in an ecosystem. Work covers all the activities people undertake to support themselves, their families and communities.

I referred to Carlyle because he perhaps stimulated Morris's examination of the Nature of Work. Carlyle himself never really tries to define what work IS, and he certainly has no truck with the idea of Pleasure in Work - in fact he more or less dismisses the idea of happiness as an irrelevance; he almost seems to advocate 'useless toil' as being at least preferable to 'idleness' - however you define idleness. Certainly Carlyle, writing in 1843, was in a position to observe the Industrial Revolution at first hand, and to see the degradation of the worker from an 'artisan' to a 'hand', the appendage to a machine. But the remedies he proposed were vastly different from those proposed by Morris - not only is Carlyle vague about the definition of work, but he sees restoration of feudal authority as the only true remedy for the evils of laissez-faire capitalism. In fact both Carlyle and Ruskin seem to hold the view that if everyone remained content in their stations, and the workers worked and their 'natural superiors' recognised and lived by the principle of noblesse oblige everything would be fine and there would be no need for revolution.
Perhaps Morris's concept of The Nature of Work should be seen as a reaction against the Protestant ethic expressed in Ruskin's writings, and the dour Calvinism of Carlyle" [Footnote 2] I think the problem with Carlyle and Ruskin was that they never quite came to terms with the fact that work basically consists of the production of commodities, or more properly the production and exchange of commodities; Morris had grasped this even before he read Marx, and he discusses:
(a) what commodities should be produced.
(b) how they should be produced.
(c) by whom they should be produced.
(d) for whom they should be produced.
(e) how they should be distributed.

A related theme is the question of how Morris's expression of his love of nature, of landscape, of the English countryside, (a) is expressed in his poetry and later prose works; how it changed and developed as he travelled the road to Socialism - I think it can be convincingly demonstrated that it did change. Look at these excerpts from the Prologue to The Earthly Paradise:


Dreamer of dreams, born out of my due time
Why should I strive to set the crooked straight?
Let it suffice me that my murmuring rhyme
Beats with light wing against the ivory gate,
Telling a tale not too importunate
To those who in the sleepy region stay,
Lulled by the singer of an empty day.

Forget six counties overhung with smoke,
Forget the snorting steam and piston stroke,
Forget the spreading of the hideous town;
Think rather of the pack-horse on the down,
And dream of London, small and white and clean,
The clear Thames bordered by its gardens green;
Think,that below the bridge green lapping waves
Smite some few keels that bear Levantine staves,
Cut from the yew-wood on the burnt-up hill.


(this introductory stanza continues with images of a thriving medieval port).

The discussion therefore involves two main themes, following on from the above quote.
1) Morris developed from a poet who claimed to be a 'Dreamer of Dreams' and asked the rhetorical question, "Why should I strive to set the crooked straight?" into someone who took action to set the crooked straight, both literally and metaphorically. In fact I almost took 'Setting the Crooked Straight' as my title. The 'crooked' meaning - the injustices of laissez-faire capitalism, which he wanted to set right. In all the early poems we can clearly see his love of nature and of the English countryside - and some of this is in the tradition of pastoral poetry. Pastoral poetry doesn't necessarily lead to a Green Socialist position - the point being that in order to write pastoral poetry you need to know about the tradition of pastoral poetry, not to be aware of the realities of sheep farming - this may in fact detract from the idyllic nature of the landscape described in pastoral poetry.

2) HOWEVER, in works such as News from Nowhere, is he any less a 'dreamer of dreams'? I think not - and in many ways this dreams resembles his vision of the Middle Ages, certainly in the way people dress and the style of their houses and gardens. (I shall return to the topic of gardens later). His vision of the world as it had been (or as Morris thought it ought to have been!) is similar to his vision of a harmonious socialist society in News from Nowhere.

I should also like us to examine the following passage from SIGURD THE VOLSUNG, which appeared in 1876. [Footnote 3].


Now sheathed is the Wrath of Sigurd[footnote 4]; for as wax withstands the flame,
So the kings of the land withstood him and the glory of his fame.
And before the grass is growing, or the kine have fared from the stall
The song of the fair-speech masters goes up in the Niblung hall.
And they sing of the golden Sigurd and the face without a foe,
And the lowly man exalted and the mighty brought alow;
And they say, when the sun of summer shall come aback to the land,
It shall shine on the fields of the tiller that fears no heavy hand;
That the sheaf shall be for the plougher, and the loaf for him that sowed,
Through every furrowed acre where the son of Sigmund rode.


Now this does demonstrate at the very least a concept of Victorian philanthropy, and also contains Biblical references or echoes. [Footnote 5]. SIGURD is actually full of Biblical references, for reasons which need not detain us here, but I think we may remind ourselves that the development of Socialism in England owes something of a debt to the Methodist church, although this is something in which Morris himself had no interest.

Thus we could say that Morris's vision of the Middle Ages as a time of artistic excellence (he regarded the Renaissance as the beginning of degeneracy and decay in the arts) functioned as a blueprint for what the world might be like after the Socialist revolution. He did not idealise the medieval period in the way Ruskin did, or the way the Pre-Raphaelites did in their paintings, but he was aware that the art/craft of the medieval period was an expression of some creative spark that (he felt) the Victorian period had lost. Thus in some ways Morris could hardly be said to have idealised the medieval period at all. He admired the art of the period, which is not quite the same thing.

I did say that his expression of his vision changed - but the vision itself did not change all that much. He saw Socialism as the means to achieve his vision of an integrated, whole society, in which the landscape was not damaged, and in which the stark division between town and country was abolished - expressed most elaborately in NEWS FROM NOWHERE, of course. The idea of the abolition of the division between town and country (i.e. the abolition of large manufacturing districts such as, in the 19th. century, Leeds, Manchester, etc) was a common feature of Utopian writing. [Footnote 6] - and Marx had stated that one of the tasks of Socialism would be to end this division. Again, this is something that most environmentalists regard as a priority, even if they may not have heard of Morris and don't approach the question from a Marxist perspective. Note, for instance, these extracts from the Green Party's MANIFESTO FOR A SUSTAINABLE SOCIETY:CY201 We believe that is is a fundamental human right and obligation for people to live in a style that ensures the can hand on to their descendants an environment that is at least as rich in wildlife and attractive landscapes as when they inherited it.
CY202 Rural and urban communities meet the many different needs of people in a healthy society. They are not separate from each other and one should not dominate the other. In a green society, towns will not grow beyond the ability of the countryside around them to provide fresh and healthy water and food, recreation, timber and wildlife habitats. There will be a constant flow of environmental, social and cultural information between them. Towns will return compostable materials to the countryside. These urban communities will integrate into all their decisions the impact on a vital, thriving rural community.


The germ of these ideas can be found in Morris’s Useful Work versus Useless Toil and Art and Socialism. In Useful Work versus Useless Toil, a talk given at the Hampstead Liberal Club on January 16, 1884, Morris said;
'There are few men, for instance, who would not wish to spend part of their lives in the most necessary and pleasantest of all work - cultivating the earth. One thing which will make this variety of employment possible will be the form that education will take in a socially ordered community.'

Art and Socialism was a talk given to the Secular Society of Leicester, Jan 23, 1884, in the course of which Morris asks,

What are the necessaries for a good citizen? First, honourable and fitting work….
The second necessity is decency of surroundings, including
1. Good Lodging. 2. Ample space. 3. General order and beauty. That is:
1. Our houses must be well-built, clean and healthy. 2. There must be abundant garden space in our towns, and our towns must not eat up the fields and natural features of the country. Nay, I demand even that there be left waste places and wilds in it, or romance and poetry, that is Art, will die out among us. 3. Order and beauty means that not only our houses must be stoutly and properly built, but also that they be ornamented duly; that the fields be not only left for cultivation, but also that they be not spoilt by it any more than a garden is spoilt; no-one for instance to be allowed to cut down, for mere profit, trees whose loss would spoil a landscape; neither on any pretext should people be allowed to darken the daylight with smoke, to befoul rivers, or to degrade any spot of earth with squalid litter and brutal wasteful disorder. (emphasis added).


The vision of society in NEWS FROM NOWHERE is one that is close to the vision of a possible future society expressed in many green/environmental manifestos and blueprints. For instance, the Thames is so clean - due to a lack of industrial pollution - that there are again salmon in the river near Hammersmith. The society has no money, it is a barter economy, people produce (a) what they need (b) what they LIKE. Piccadilly is a market, but one 'ignorant of the arts of buying and selling' - beautiful hand-made craft goods are exchanged and donated. The whole of London has reverted to being villages and parks. All the houses have gardens and (of course, this being Morris's dream!) all the buildings are well-built and attractively ornamented, but NOT VULGAR.

Morris repeated over and over again his hatred of the ugliness caused by rapid industrialisation; poisoning of the atmosphere by sulphurous emissions from factories, pollution of rivers, cutting down of trees - in short, the wholesale destruction of what we should now call the environment. The following examples are taken from Art Under Plutocracy, delivered at University College, Oxford, November 14, 1883. The meeting was chaired by Ruskin: Morris's lecture caused a furore, especially at the point at which Morris declared his adherence to the Socialist cause and asked his audience to support it, at least financially if in no other way.

a.To keep the air pure and the rivers clean, to take some pains to keep the meadows and tillage as pleasant as reasonable use will allow them to be; to allow peaceable citizens freedom to wander where they will, so they do no harm to garden or cornfield; nay, even to leave here and there some piece of waste or mountain sacredly free from fence or tillage as a memory of man’s struggles with nature in his early days; is it too much to ask of civilisation to be so far thoughtful of man's pleasure and rest, and to help so far as this her children to whom she has most often set such heavy tasks of grinding labour? Surely not an unreasonable asking. But not a whit of it shall we get under the present system of society. That loss of the instinct for beauty which has involved us in the loss of popular art is also busy in depriving us of the only compensation possible for that loss, by surely and not slowly destroying the beauty of the very face of the earth….not only have whole counties of England, and the heavens that hang over them, disappeared beneath a crust of unutterable grime, but the disease which, to a visitor coming from the times of art, reason and order, would seem to be a love of dirt and ugliness for its own sake, spreads all over the country….
b.And why have our natural hopes been so disappointed? Surely because in these latter days, in which as a matter of fact machinery has been invented, it was by no means invented with the aim of saving the pain of labour. The phrase labour-saving machinery is elliptical, and means machinery which saves the cost of labour, not the labour itself, which will be expended when saved on tending other machines.
c.I tell you that the very essence of competitive commerce is waste.

Morris owed something to Ruskin, who certainly had an instinctive hatred of the ugliness and pollution of industrial landscapes, but whose expression of this hatred failed to reach as far as an attempt to analyse the causes – Morris did try to analyse the causes, once he became an active Socialist. And the actual pollutants were different; that is, pollution didn’t to any great extent result from the use of pesticides on agricultural land – this is more of a 20th and 21st century phenomenon – it resulted from the production methods in the manufacturing towns, and though Morris was unable to suggest solutions himself, he did suggest that research should be done to find solutions, as in this extract from THE LESSER ARTS, (originally entitled THE DECORATIVE ARTS), which was the first lecture he gave; it was given to the Trades Guild of Learning, April 12 1877.

Is money to be gathered? Cut down the pleasant trees among the houses, pull down ancient and venerable buildings for the money that a few square yards of London dirt will fetch; blacken rivers, hide the sun and poison the air with smoke and worse, and it's nobody’s business to see to it or mend it. That is all that modern commerce, the counting-house forgetful of the workshop, will do for us herein.
And Science - we have loved her well, and followed her diligently, what will she do? I fear she is so much in the pay of the counting-house, the counting-house and the drill sergeant, that she is too busy, and will for the present do nothing. Yet there are matters which I should have thought easy for her; say for example teaching Manchester how to consume its own smoke, or Leeds how to get rid of its superfluous black dye without turning it into the river, which would be as much worth her attention as the production of the heaviest of black silks, or the biggest of useless guns.

It is as well to recall here that the terminology we now use was not used by Morris and his contemporaries, although I am suggesting that he gave the impetus to many of our own environmental concerns. At certain points Morris still used vocabulary such as "conquering Nature", "our struggle with Nature" and so on, which indicates that, though he did his best, he could not entirely free himself from the mind-set that saw Nature as a hostile force to be conquered and subdued, or the Conquest of Nature as something desirable … although his awareness of humanity as a part of Nature is usually to the fore. It is possible that he used this terminology as an initial point of contact with his audiences>

For most of the 19th century, "environment" [Footnote 7]was a neutral term meaning "the surroundings", "where we live" - it didn’t have the emotive weight it carries today. Similar, the word "ecology" (first recorded in English in 1893 according to “Ecology for Beginnersâ€, but used by Thoreau in 1856, according to the OED) was not used with any positive or negative connotations - the general public were less aware of what an ecosystem was and how it could be damaged. [Footnote 8]

I want to add here something about public awareness - Morris at least was very aware of potential, indeed actual, damage to the environment, even if he did not use this terminology. This contradicts the claim made by Hans Magnus Enzensberger in his Critique of Political Ecology (New Lft Review, 84, pp. 3-32, 1974). He was obviously totally unaware of Morris's writings when he claimed that "Industrialisation made whole towns and areas of the countryside uninhabitable as long as a hundred and fifty years ago….the ecological movement has only come into being since the districts which the bourgeoisie inhabit and their living conditions have been exposed to those environmental burdens that industrialisation brings with it. What fills their prophets with terror is not so much ecological decline, which has been present since time immemorial, as its universalisation".[Footnote 9]

Morris, like Engels, (and even Ruskin and Carlyle, as we have seen), was perfectly well aware of the dehumanisation of work and of the degrading, cramped and unsanitary conditions in which the working class lived. And he did set out to campaign against all this. He did visit industrial towns and saw how ugly and dirty they were, and was indignant at the conditions in which the workers lived. My point throughout has been that Morris's ideas on the environment have had a great influence on the environmental movement, and Morris never denied that he was a member of the bourgeoisie - what is true is that has taken a century or more for some of these ideas to be taken up by large numbers of people. Unfortunately, it has to be conceded that the Green movement is still perceived in some quarters as something of a middle-class hobby, at least in the UK and the USA.

It should also be observed that Morris's interest was also – indeed primarily - in the BUILT ENVIRONMENT - his first overtly "political" act (According to E.P. Thompson in his biography of Morris) could be seen as the foundation of the Society for the Protection of Ancient Buildings. (Still in existence today).

One of the contradictions in Morris's own working life, of course, is that his own dictum of "have nothing in your houses that you do not know to be useful or believe to be beautiful", could not be universally applied, and one of his major complaints was that much of the work of the Firm of Morris & Co.consisted of "ministering to the swinish luxury of the rich". He wanted his art to be available to everyone – and, perhaps more importantly, he wanted everyone to be able to practice ART, and for ART to have the widest definition possible. This is another field in which the Green Party’s Manifesto for a Sustainable Society seems to have taken Morris’s advice to heart:

AT101 We respect individual and group creativity in all its diversity and value freedom of expression. A list of examples of the type of activity to which this statement relates would include painting, sculpture, drama, music, dance, photography, film, writing, crafts and design, and other types of creative activity not specifically mentioned here.
AT102 We value participation as well as excellence in the arts: we do not value hierarchy.
AT103 Artistic expression permeates all human activity and can be thought of holistically as part of, not separate from, people's lives.

Morris would obviously have given pride of place to craft and design, and he himself was not interested in the performing arts, so drama is not specifically mentioned in NEWS FROM NOWHERE, but this is probably just forgetfulness rather than anything more sinister!


So perhaps I could sum up by saying that Morris has influenced the Green movement in ways which he could not have anticipated, but would surely have been happy to know about. I think, though, that it was his perspective as a Socialist activist that enabled him to develop ideas and theories that could have practical application; as a young man, his poetry celebrated the beauty of Nature, but it is in his prose writings and lectures that we see a development towards an active 'Green Socialist' perspective.

WILLIAM MORRIS: THE FIRST GREEN SOCIALIST" (http://leonora.fortunecity.co.uk/WilliamMorris.html)

Gian_Maria
13-06-09, 16:11
ECOSOCIALISMO

La prospettiva ecologica

Gli attuali metodi di produzione possono innegabilmente danneggiare gli ecosistemi del mondo in molti modi. Tuttora, la questione rimane se l’attività produttiva umana, la trasformazione dei materiali che provengono dalla natura nelle merci adatte per l’uso umano, è inevitabilmente dannosa in un senso ecologico. La massiccia scala dell’attività produttiva umana certamente ha implicazioni immense per l’ecologia e alcuni verdi radicali sostengono che l’attività umana su una tale scala sia incompatibile con un rapporto armonioso con il resto della natura.

Nel considerare che cosa noi intendiamo per “danno ecologico”, è importante ricordare che questi ecosistemi si stanno evolvendo. La biosfera nel complesso, che consiste in milioni di forme di vita reciprocamente interdipendenti, può essere pensata come un unico ecosistema.

Tuttavia è ancora possibile distinguere vari subsistemi, o “biomedi” all’interno di esso, sulle basi delle differenti condizioni climatiche e fisiche che esistono in diverse parti del mondo. Questi si schierano dalla tundra dell’artico, attraverso le foreste conifere e decidue e le steppe, alla savana e le foreste pluviali delle regioni vicino all’equatore. A ciascuna di queste condizioni fisiche e climatiche corrisponde un ecosistema stabile che si evolve fino al suo “punto culminante”, attraverso una serie di fasi successive. Questo punto culminante stabile sarà la situazione dove l’ammontare del cibo prodotto dalla vita della pianta è sufficiente, dopo aver tenuto conto dei bisogni di respirazione delle piante, per soddisfare in maniera sostenibile i requisiti di energia alimentare di tutte le forme di vita animali dentro il sistema. Sarà, di fatto, la situazione che fa un uso ottimale, in termini di sostenimento di tutte le forme di vita dentro il sistema, della luce dei raggi del sole che cadono sull’area.

Un punto culminante ecologico è definito in termini di esistenza di condizioni fisiche e climatiche. È chiaro che se questi ultimi cambiamenti, come hanno fatto relativamente di frequente nel corso delle migliaia di milioni di anni di vita sono esistiti – attraverso cose come il livello del mare, e l’andirivieni delle ere glaciali – allora l’equilibrio precedentemente esistente sarà rovesciato. Uno nuovo tenderà poi a svilupparsi in conformità con le nuove condizioni fisiche e climatiche.

Lo sfacelo di un vecchio ecosistema fa precipitare le differenti specie e varietà di forme di vita in uno stato di competizione. Nel caso delle piante, la competizione sarebbe nel catturare la luce dei raggi del sole. Nel caso degli animali, sarebbe nel recuperare l’energia alimentare prodotta dalle piante. Le specie e gli individui che dimostrano di essere meglio adattati alle nuove condizioni (“il più adatto” come dice Darwin) sopravviverebbero e fiorirebbero. Alla fine un nuovo ecosistema stabile, con un “punto culminante” differente, appropriato alle nuove condizione geofisiche, si evolverebbe. A tali periodi di tempo l’evoluzione biologica sarebbe incline ad accelerare come insieme. Le specie potrebbero scomparire lasciando la nicchia ecologica che hanno occupato per essere riempite dai nuovi arrivati.

Gli ecosistemi del mondo si stanno continuamente evolvendo e perciò non c’è nessuno stato “originale”, “naturale” del pianeta. Dopo tutto, gli esseri umani sono sia un prodotto che una parte della natura e non qualcosa al di fuori di essa. Non c’è alcun motivo di considerare un ecosistema in cui gli esseri umani, come gli altri animali, vivono in un numero limitato come “raccoglitori/cacciatori” nella foresta come più “naturale” di uno in cui c’è un numero più grande di alberi e piante della foresta. Non c’è alcuna base in ecologia per dire che gli alberi dovrebbero essere la principale forma di vita, nemmeno che la condizione umana naturale è cacciare e raccogliere.

L’Ecologia e il Socialismo

I materiali che gli esseri umani prendono dalla natura possono essere divisi in due categorie, a seconda se sono rinnovabili o non-rinnovabili. Quasi tutto della natura organica è rinnovabile (dato che la maggior parte di essa può essere cresciuta in un periodo di tempo relativamente breve), come lo sono certe forze naturali che gli esseri umani usano come strumenti di lavoro (fiumi, cascate, vento, i raggi del sole, ecc.). Le risorse non-rinnovabili d’altro canto – come i minerali metalliferi, il carbone, il petrolio, l’argilla, la sabbia – sono così chiamate perché non fanno parte di alcun ciclo naturale che le riproduce, per lo meno non con una scala di tempo rilevante per gli esseri umani.

L’Agricoltura

Il modo più ovvio in cui gli esseri umani estraggono materiali rinnovabili dalla biosfera è attraverso l’agricoltura. L’agricoltura comporta, per definizione, un cambiamento fondamentale nell’ecosistema esistente. L’introduzione dell’agricoltura in Europa comportò il taglio della maggior parte della foresta decidua. Questa foresta decidua ha rappresentato un punto culminante ecologico stabile per la maggior parte dell’Europa. La terra era usata per far crescere piante che gli esseri umani trovavano utili, a danno sia degli alberi che delle altre piante che erano cresciute rigogliosamente nella foresta. L’agricoltura comporta deliberatamente l’impedimento di un ecosistema di svilupparsi verso un punto culminante.

Un ecosistema che coinvolge l'agricoltura per essere stabile richiede l'azione intenzionale da parte degli esseri umani. Questo comporta non soltanto coltivare i campi e mantenerli puliti da altre piante che potrebbero crescere là (“erbacce”), ma anche mantenere la fertilità del terreno che, senza agricoltura, si rinnoverebbe spontaneamente.

Le cose vanno male quando gli esseri umani ignorano le conseguenze ecologiche delle loro azioni, per esempio, permettendo tanto pascolo dei loro animali addomesticati o prendendo dal terreno senza ristabilire i minerali e i materiali organici che sono essenziali allo sviluppo normale della pianta. Tuttavia, se gli esseri umani osservano queste regole, allora, come testimoniano numerosi esempi storici, un ecosistema in cui gli esseri umani praticano l’agricoltura può essere stabile quanto uno da cui gli esseri umani sono assenti, o uno in cui essi praticano la caccia e la raccolta.

Ciò era capito e praticato nelle comunità agricole relativamente autosufficienti che sono esistite fino all’arrivo del capitalismo, dove ciò che era prodotto era in gran parte consumato sul posto. Lo scarto degli esseri umani risultante dal consumo, insieme con lo scarto degli animali e quelle parti di piante e animali che non erano usate come cibo e altri fini, era restituito al terreno dove veniva decomposto da insetti, funghi e batteri presenti negli elementi che sostengono la fertilità del terreno.

Quando, tuttavia, il luogo di produzione e il luogo di consumo sono separati, questo ciclo tende a distruggere. Il risultato è che la fertilità del terreno diminuisce. Se un’area si specializza nella produzione di un raccolto per l’esportazione, cioè per il consumo altrove, ciò significa che della materia minerale e organica incorporata nella raccolta lascerà quell’area per sempre e non sarà restituita al terreno. Lo stesso è valido per l’allevamento animale. Gli animali richiedono grandi quantità di calcio per le loro ossa, come pure di altri minerali come il fosforo, il ferro e il magnesio, i quali a loro volta provengono dal terreno, tramite le piante con cui si alimentano. Se quegli animali sono esportati, sia morti che vivi, e consumati altrove, allora i minerali che contengono sono persi dal terreno della zona dove essi sono stati allevati.

Un problema complementare sorge all’altro capo, al punto del consumo: che cosa fare con lo scarto degli esseri umani che, quando i punti di produzione e di consumo erano gli stessi, era restituito automaticamente al terreno e riciclato dalla natura? Rilasciandolo nel mare o nei fiumi o nelle fogne significa che è perso dall’agricoltura, anche se non, sfortunatamente, dalla biosfera (questo contribuisce all’inquinamento dell’acqua incoraggiando la proliferazione di alcune forme di vita – per esempio, le alghe e i batteri – a danno di altre che l’acqua normalmente sostiene).

La “soluzione” che è stata trovata sotto il capitalismo, in quanto è la più economica in termini di contenuto di lavoro dei prodotti, è stata l’uso di fertilizzanti artificiali – nitrati e fosfati che sono stati fabbricati in stabilimenti chimici. Questo funziona nel senso di permettere alla terra di continuare a produrre lo stesso ammontare, o più, dello stesso raccolto o animale, ma a un prezzo in termini d’inquinamento dell’acqua nella regione interessata. I fertilizzanti artificiali, non essendo tenuti dal terreno nello stesso modo in cui lo è lo scarto organico, tendono ad essere dilavati via dalla pioggia in corsi d’acqua dove causano inquinamento.

La soluzione ecologica al problema è trovare qualche modo per restituire al terreno lo scarto organico risultante dal consumo umano in aree urbane. Barry Commoner suggeriva che ciò potrebbe essere fatto per mezzo di tubi che colleghino la città e la campagna. Una soluzione a lungo termine sarebbe quella prevista dai primi socialisti che non vedevano l’ora che l’agricoltura e l’industria manifatturiera venissero combinati,

graduale abolizione della distinzione tra città e campagna, con una distribuzione più uniforme della popolazione sul territorio. (1)

I Materiali Non-Rinnovabili

Preoccupazione è stata espressa per il fatto che le risorse non-rinnovabili alla fine si esauriranno. Eppure, malgrado alcune previsioni selvagge che sono state fatte nel passato recente, l’esaurimento delle risorse non-rinnovabili non è un problema immediato. Un vantaggio che i materiali non-rinnovabili hanno sulla maggior parte di quelli rinnovabili è che possono normalmente essere usati più di una volta. Con l’importante eccezione del carbone, del petrolio e dei gas naturali quando bruciati, essi possono essere riciclati. Una proporzione di alcuni metalli viene persa attraverso la corrosione, ma tutti i metalli possono in linea di principio essere recuperati e riusati. È stato insinuato, per esempio, che la maggior parte dell’oro estratto dai tempi antichi sia ancora in uso. Gran parte del ferro, del rame, dello stagno e di altri metalli estratti nello stesso periodo è ancora in giro da qualche parte anche se non è ancora usato come l’oro. Le risorse possono essere conservate facendo strumenti di produzione più facili da riparare e fabbricando beni di tutti i tipi che durino piuttosto che si distruggano o diventino inutilizzabili dopo un periodo di tempo attentamente calcolato, come è pratica comune sotto il capitalismo.

Le risorse non-rinnovabili possono essere sostituite in molti casi da quelle rinnovabili. La produzione di elettricità è un esempio calzante.

La Tecnologia Non-Inquinante

Le tecniche impiegate per trasformare i materiali devono, se vogliono evitare di rovesciare i cicli naturali che sono fondamentali alla natura, evitare di scaricare nella biosfera o abbandonare come residui i prodotti, le sostanze tossiche o le sostanze che non possono essere assimilate dalla natura. In altre parole, dovrebbe essere applicata la tecnologia non-inquinante. Ciò è piuttosto fattibile da un punto di vista tecnico dato che le tecniche di trasformazione non-inquinanti sono conosciute in tutti i campi della produzione. Tuttavia, esse oggi non sono impiegate su alcuna ampia scala poiché incrementerebbero i costi di produzione e così sono escluse dalle leggi economiche del capitalismo.

Conclusione

Il principio di fondo dietro le trasformazioni nei materiali e i metodi produttivi usati, che è richiesto dalla necessità di tenere adeguato conto della dimensione ecologica, è quello che il sistema produttivo nell'insieme dovrebbe essere sostenibile per il resto della natura. In altre parole, quello che gli esseri umani prendono dalla natura, l’ammontare e il ritmo con il quale lo fanno, come pure il modo in cui usano questi materiali e se ne sbarazzano dopo l’uso, dovrebbe completamente essere fatto in una tale maniera da lasciare la natura in una posizione di continuare a fornire e riassorbire i materiali richiesti per l’uso.

A lungo andare questo implica livelli di consumo e di produzione stabili o soltanto in lento aumento, benché non escluda un piano accurato di rapido sviluppo su un periodo per raggiungere un livello a cui il consumo e la produzione potrebbero poi rimanere stabili. Una società in cui i livelli di produzione, di consumo e di popolazione sono stabili è stata denominata una “economia di stato-stabile” dove la produzione sarebbe adattata semplicemente per soddisfare i bisogni e a sostituire e riparare lo stock dei mezzi di produzione (materie prime e strumenti di produzione) necessari per questo.

È ovvio che oggi i bisogni umani sono lontani dall’essere soddisfatti su scala mondiale e che onestamente la rapida crescita nella produzione di cibo, abitazioni e altre basilari amenità sarebbe ancora necessaria per alcuni anni anche se la produzione cessasse di essere governata dalle leggi economiche del capitalismo. Tuttavia non dovrebbe essere dimenticato che una “economia di stato-stabile” sarebbe una situazione molto più normale di una economia adattata per accumulare alla cieca sempre più mezzi di produzione. Dopo tutto, l’unica ragione razionale per accumulare mezzi di produzione è alla fine essere in una posizione di soddisfare tutti i bisogni di consumo ragionevoli.

Una volta che lo stock dei mezzi di produzione ha raggiunto questo livello, in una società con questo scopo, l’accumulazione, o l’ulteriore espansione dello stock dei mezzi di produzione, può fermarsi e i livelli di produzione essere stabiliti. Logicamente, questo punto alla fine sarebbe raggiunto, dato che i bisogni di consumo di una data popolazione sono limitati.

Così se la società umana deve essere in grado di organizzare la sua produzione in un modo ecologicamente accettabile, allora deve abolire il meccanismo economico capitalistico dell’accumulazione di capitale e adattare la produzione preferibilmente alla diretta soddisfazione dei bisogni.

Fonti:

(1) Il Manifesto del Partito Comunista, Marx & Engels (1848)

(Traduzione da www.worldsocialism.org (http://www.worldsocialism.org))

davide75
12-10-09, 19:17
compagno gian maria, l'ecosocialismo è molto interessante :ciaociao: