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Maria Vittoria
19-01-12, 18:41
riassumo liberamente da

Novellino - foglio di fiabe e novelle - Casa Editrice G.Scotti & C - N. 29 18 Luglio 1907

Cetriolo

Novella di Carlo Sordi

Era brutto. Quando zappava l'orto, quando raspava su qualche piccolo lavoro, quando mangiava raggomitolato in un cantuccio, aveva un fare goffo e impacciato: pareva un animaletto selvatico, uno scimmiottino.

Aveva occhietti neri, mobili, zigomi sporgenti e la testa lunga, sformata e sottile tanto da sembrare un cetriolo da insalata. Per questo Beppe il mugnaio gli aveva appiccicato il soprannome di Cetriolo. In tutta la fattoria, in tutto il paese lo chiamavano così e nemmeno lui, povero bimbo, aveva mai saputo il suo vero nome.
Era solo.
Compare Giannone l'aveva adottato piccino allo Spedale degli Innocenti a Firenze e l'aveva allevato avvezzandolo a ogni genere di faccende.

- O Cetriolo - gli dicevan le donne - c'è da cullare Ninnì ! -
e Cetriolo come una balìa cullava ninnì.

- O Cetriolo, c'è da accendere il forno e aiutare a impastare ! -
e Cetriolo accendeva il forno e aiutava a impastare.

- Cetriolo, và a far l'erba per le bestie -
e Cetriolo agguantava la falce e andava a far l'erba.

Guai se diventava pigro; l'Argenta, la massaia bruna con un gran vezzo di coralli rossi al collo, minacciava così : " - bada che Giannone ha le mani pesanti ... -
e il bambino aveva paura e si rimetteva a lavorare . Oh, se sapeva di cos'era capace Giannone! Gli pareva di sentir sempre la testa rintronata dai tremendi scapaccioni che sapevan tirare quelle grosse mani !

Cetriolo aveva un solo amico cui confidava i suoi dolori: Giotto, il tacchino dalle penne verdi-azzurre e il collo ricoperto da grossi bernoccoli rosso-violacei.
Non so perché il nome del grande disegnatore fosse andato a quella bestia; certo è che Cetriolo trovava nel tacchino il suo unico conforto.
Quando il bambino a sera si sentiva sfinito, si rifugiava nella stalla e, seduto sulla panca, prendeva sulle ginocchia Giotto, e poggiava la testa su quella bernoccoluta del tacchino, narrando le paure, le umili gioie e le timide speranze della giornata.
E Giotto? Giotto la sera invece di andare a dormire con le galline s'accucciava sulle ginocchia del bimbo e mandava fuori dei sommessi glo glo a tutti quegli ingenui discorsi. Glo glo che per Cetriolo erano parole di approvazione, di compassione, di consolazione.

...

Un giorno Cetriolo andando al mercato incontrò il maestro del paese; un brav'uomo con la barba nera a punta, col fare solenne e con gesti larghi come un apostolo. Sapeva trovare un sorriso per tutti; e per ognuno una parola buona, consolante, gentile.
Cetriolo sapeva che quell'uomo conosceva il segreto per insegnare a leggere e a scrivere, a far di conto e tante altre belle e buone cose.
Tanti bambini andavano da lui e tornavano a casa contenti, ma Cetriolo sapeva che a lui non sarebbe capitata una simile fortuna e che non avrebbe potuto chiedere a nessuno di esaudire il suo desiderio d'imparare, perché avrebbe ricevuto solo canzonature e scapaccioni.
Ma il maestro gli andò incontro e gli parlò: - sei un bambino di Colleverde tu? -
- sissignoria -
- come ti chiami? -
- Cetriolo, ai suoi comandi -
- Cetriolo è un soprannome; e il nome vero? -
- non so -
- o di chi sei figliolo ? -
- di nessuno. Son di Compar Giannone -
- e che fai ? -

A questo punto Cetriolo arrossì, si mise un dito in bocca e tacque. Si vergognava a dire che faceva quel che gli comandavano.

- di che ti vergogni? - gli disse il maestro - qualunque lavoro è nobile, e qualunque lavoro tu debba fare puoi cercare di educarti e istruirti. Verrai alla scuola serale? -
- a scuola? ... a scuola io? - ... ma, non ci manderanno mica ...
- come no? prova a domandarlo stasera a Compar Giannone - e dicendo così il maestro fece una carezza sulla testa del bimbo e si allontanò.

La sera, a cena nella grande cucina, curvo sulla scodella di farinata gialla, Cetriolo si fece ardito e osò rivolger la parola a Compar Giannone.
- Avrei da dirvi una cosa -
Giannone per ascoltare posò il cucchiaio e intrecciò le mani sulla tavola:
- sentiamo -
- ho dieci anni - mormorò timido il bambino - e vorrei ... forse dovrei un pochino saper leggere e scrivere ... -
- o che ti salta in capo? - gridò il capoccia - fà come me, grullo ! Io non so fare un O nemmeno con un bicchiere eppure nessuno mi ha mai mangiato la pappa sul capo !-
- ma a me mi piacerebbe d'imparare ... ho visto il maestro stamane e mi ha detto ... dopo il lavoro fa scuola la sera ... -
- O Cetriolo, non mi venir fuori con ste idee che vò in bestia ! Ma guardalo - continuò additandolo con aria di canzonatura - vorrebbe studiare, un contadinaccio come lui ! -
Allora Cetriolo alzò il viso dalla scodella, tutto rosso e tremante : - il maestro dice che tutti possiamo imparare e che ogni lavoro è nobile -
Non l'avesse mai detto ! Giannone non curandosi dell'Argenta che s'era messa in mezzo menò un tremendo scapaccione che zittì tutti fino alla fine della cena, quando Cetriolo potè rifugiarsi nell'aia bianca, al chiaro della luna, dove fra il grano dorato pianse sulla testa bernoccoluta del tacchino, che gli rispose coi suoi glo glo.

Poi una sera Compar Giannone disse all'Argenta che aveva trovato da vendere Giotto, per dieci lire. E la mattina Compar Giannone con la sciarpa rossa e il vestito buono agguantò Giotto, gli legò le zamoe e lo portò lungo il letto sassoso del torrente, su alla casetta fra i cipressi.
Tornato a casa Giannone trovò Cetriolo in lacrime, raggomitolato dietro il cancello di legno.
- bè, che hai da frignare? -
- Giotto -
- ... ? -
- l'avete venduto -
Giannone s'infuriò, e afferrando il bambino per un braccio lo scosse gridando:
- e allora, grullo ? che t'importa di un tacchino? -
allora Cetriolo disperato mormorò :
- era mio amico, era il mio amico -

Giannone diventò feroce a sentire una simile bischerata; stava per lasciar partire uno dei suoi famosi scapaccioni quando s'udì una voce autorevole.

- Fermo -
e la mano restò sospesa in aria.

Tornando da scuola il maestro aveva ascoltato e capito. Giannone si zittì e restò immobile, perché dei gesti larghi e del bel parlare del maestro aveva soggezione.
Si parlarono, Giannone e il maestro.
E finalmente il maestro si rivolse a Cetriolo e gli disse: - Compar Giannone è d'accordo: torna a riprender Giotto, e domani dopo il lavoro potrai venire alla mia scuola serale -