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Visualizza Versione Completa : Il Marxismo e l'Anarchismo secondo il Movimento Socialista Mondiale



Gian_Maria
03-12-12, 18:57
Tratto da un documento tradotto da me (forse non troppo bene) qualche anno fa (lavoro ad un certo punto abbandonato).

Anarchismo. Un termine generale per indicare un gruppo di ideologie diverse e spesso contraddittorie. Tutte le correnti di pensiero anarchico, tuttavia, tendono a vedere la fonte dell’oppressione e dello sfruttamento nell’autorità in generale e nello stato in particolare. I socialisti, d’altra parte, vedono l’oppressione e lo sfruttamento nei rapporti sociali del capitalismo (che include lo stato). (Vedi anche BAKUNIN; KROPOTKIN, PROUDHON; STIRNER.)
Letture
Joll, J., The Anarchists, 1979.
Miller, D., Anarchism, 1984.
Thomas, P., Karl Marx and the Anarchists, 1980.


Bakunin, Michael (1814-1876). Bakunin fu un anarchico che si oppose all’autorità dal punto di vista dei contadini e dei lavoratori. Egli pensava che un’insurrezione spontanea potesse spazzare via il capitalismo e lo stato, ma la sua fede nei benefici “purificanti” della violenza era mistica: “Confidiamo nell'eterno spirito che distrugge e annichila solo perché è la fonte imperscrutabile ed eternamente creatrice di tutta la vita. La voglia di distruzione è anche una voglia creativa”. (La Reazione in Germania, 1842. Nota che l’ultima frase è spesso mal tradotta in “L’impulso alla distruzione è anche un impulso creativo”.)
La violenza rivoluzionaria, è sostenuto, creerebbe una nuova società organizzata come una federazione di comuni con un reddito individuale corrispondente al lavoro svolto dall’individuo. Il cospirazionismo e l’avventurismo romantico di Bakunin lo portarono al conflitto con Marx nella Prima Internazionale. Esso terminò con l’espulsione di Bakunin nel 1872. Una conseguenza di questo è che il criticismo anarchico nei confronti di Marx si basa, ancora oggi, sul presunto autoritarismo che Marx mostrò nella disputa. Ma la disputa fu molto più di un mero scontro di personalità. In primo luogo, Bakunin rifiutava qualsiasi forma di azione politica; l’insistenza di Marx sulla necessità di ottenere il potere politico era un anatema. In secondo luogo, Bakunin credeva che lo stato dovesse essere distrutto con violenza cospiratoria; la “dittatura del proletariato” proposta da Marx fu rifiutata sulla base che sarebbe risultata in una nuova forma di tirannia. Dai tempi di Marx, tuttavia, la “dittatura del proletariato” ha intrapreso un significato che lui mai intese e gli anarchici l’hanno adottato come prova della natura autoritaria del socialismo marxiano. Ma questo è dovuto alla distorsione del concetto da parte di Lenin conseguentemente alla rivoluzione russa. Per Marx la “dittatura del proletariato” significava controllo democratico dello stato da parte di una classe lavoratrice politicamente organizzata; non significava governo da parte di un partito d’avanguardia, come Lenin sosteneva. Ciò nonostante, Marx propose questo concetto nelle circostanze che erano prevalenti nel diciannovesimo secolo, e oggi per certi aspetti esso è anacronistico.
Nei suoi appunti sul libro “Stato e Anarchia” (1874) di Bakunin, Marx affermò che, finché esiste una classe di capitalisti, la classe lavoratrice deve fare uso dello stato (“i mezzi generali di coercizione”) per spossessarla dei mezzi di produzione. Questo sarebbe il modo più efficace di cambiare la società in quanto minimizza ogni potenziale per la violenza. Con una classe lavoratrice al controllo degli stati attraverso il loro uso dei loro partiti socialisti, il capitalismo internazionale può essere sostituito dal socialismo mondiale. È certamente molto ironico che gli anarchici condannassero questo modo di agire da lui proposto come potenzialmente autoritario, dato il loro rimedio consistente nella guerra civile sanguinosa contro lo stato (o una cosa del genere, ossia provare a cambiare la società ignorando lo stato). A questo riguardo sono vicini ai leninisti più di quanto possano immaginare. (Vedi anche ANARCHISMO; MARXISMO.)
Letture
Kelly, A., Michael Bakunin, 1982.


Kropotkin, Peter Alexeyevich (1842 – 1921). Nato a Mosca in una famiglia nobile, fu istruito in una scuola militare d’élite e fu un ufficiale dell’esercito. Rinunciò al suo incarico nel 1867 e divenne un anarchico nel 1872. Kropotkin fu imprigionato per la sua attività propagandistica in Russia nel 1874, ma fuggì due anni dopo e visse nell’Europa Occidentale fino al 1917. In Francia fondò e diresse Le Rivolte, fu arrestato di nuovo nel 1883, ma fu presto rilasciato, nel 1886. Poi andò in Inghilterra e aiutò a fondare il giornale anarchico Freedom a Londra.
Uno scrittore prolifico, Kropotkin è un esempio di un pensatore nella tendenza anarchica, qualche volta chiamata “anarco-comunismo”, che sosteneva molte idee con le quali i socialisti potevano essere d’accordo. I suoi libri possono essere consigliati: La Conquista del Pane (1892), Campi, Fabbriche e Officine (1899) e, soprattutto, Il Mutuo Appoggio (1902). E alcuni dei suoi lavori più brevi, in articoli e volantini, contengono eccellenti argomenti socialisti. (Vedi anche ANARCHISMO.)
Letture
Baldwin, R.N., (ed.) Kropotkin's Revolutionary Pamphlets, 1970.
Miller, M.A., Kropotkin, 1976.


Proudhon, Pierre-Joseph (1809-1865). Un artigiano francese autodidatta. Il termine “anarchismo” fu usato per la prima volta nel libro di Proudhon Che Cos’è la Proprietà? (1840), in cui diede la famosa risposta: “La proprietà è un furto”. Tuttavia, non pensava che questa frase dovesse essere presa letteralmente, come fece Marx nel suo attacco a Proudhon ne La Povertà della Filosofia (1847). Proudhon era in realtà a favore della proprietà privata. Egli fece una distinzione tra “proprietà” e “possesso”; e rifiutò la proprietà – il diritto capitalista di ricevere rendite, interessi e profitti attraverso la proprietà dei mezzi di produzione. Nella concezione di Proudhon di una società anarchica gli individui avrebbero un ugual diritto di possedere, basato su un sistema “mutualistico” di scambio equivalente tra produttori autonomi e finanziati da libero credito. Il socialismo marxiano, perciò, viene rifiutato per il motivo che violerebbe il diritto di possedere istituendo la proprietà comune.
Proudhon fu critico nei confronti di alcuni aspetti della società della proprietà (reddito da investimento, lo stato), ma non di altri (lavoro salariato e capitale, produzione della merce, denaro). E questo rimane valido ancora oggi per la maggior parte degli anarchici. (Vedi anche ANARCHISMO.)
Letture
Ritter, A., The Political Thought of Pierre-Joseph Proudhon, 1969.
Thomas, P., Karl Marx and the Anarchists, 1980.


Stirner, Max (pseudonym of Johann Casper Schmidt, 1806-1856). A German schoolteacher, writer and anarchist. He opposed all authority on egotistical grounds. But Stirner took this line of argument to its logical conclusion. In his claims for absolute egoism he rejects not only the state but society itself. This nihilistic attitude was clearly expressed in his main work, The Ego and His Own, (1844):
I, the egoist, have not at heart the welfare of this 'human society'. I sacrifice nothing to it. I only utilise it: but to be able to utilise it completely I must transform it rather into my property and my creature -- i.e., I must annihilate it and form in its place the Union of Egoists.
Most of The German Ideology (1845), by Marx and Engels, is a reply to Stirner's ideas. They argued for socialism in which the free development of each is the condition for the free development of all; and it was not an attempt to subjugate the individual to some monstrous collectivity, as Marxism is so often portrayed in anarchist caricatures. As for Stirner, his ideas would be impossible to put into practice. The required 'Union' contradicts his egoist viewpoint: the co-operative nature of the modern productive process is inescapable. But this doesn't stop so-called 'Libertarians' today making private property a virtue in the manner of Stirner, though they would rather not spell out his nihilistic conclusions. (See also ANARCHISM.)
Reading
Thomas, P., Karl Marx and the Anarchists, 1980.


Marxismo. La teoria socialista formulata da Marx ed Engels e ulteriormente sviluppata dai socialisti. Marx considerava se stesso come uno che stava dando espressione, in teoria, a un movimento che già stava procedendo; esso era il prodotto diretto del riconoscimento della lotta di classe e dell’anarchia della produzione nella società capitalistica. La teoria socialista nacque in opposizione dal capitalismo, ma espresse se stessa in termini di idee già esistenti. Lo stretto collaboratore di Marx, Engels, identificò tre tendenze intellettuali che essi erano in grado di riconoscere:
Il socialismo utopico (Fourier, Saint-Simon, Owen)
La filosofia tedesca (Hegel, i Giovani Hegeliani)
L’economia politica classica (Adam Smith, David Ricardo)

La teoria socialista fu una mescolanza critica di queste tre tendenze alla luce della reale lotta di classe.
I socialisti utopisti fornirono una critica costruttiva del capitalismo (la sua proprietà privata, la sua competitività, ecc.) e alcune idee interessanti circa le possibilità del socialismo (dissolvere la distinzione tra città e campagna, autosviluppo individuale, ecc.). Ma, in assenza di un’adeguata comprensione della natura di classe della società e del cambiamento sociale, essi non erano in grado di vedere il socialismo come qualcosa che non fosse una società ideale, una società che avrebbe potuto essere istituita in qualsiasi momento. Ciò che era necessario era una politica che ammettesse la lotta di classe.
Un’adeguata teoria della società e del cambiamento sociale è ciò che Marx contribuì a dare alla teoria socialista, fornendole una base scientifica. La filosofia hegeliana provò a spiegare la storia, la legge, le istituzioni politiche e così via, in termini dello sviluppo delle idee. Marx invertì questo metodo e sostenne che la spiegazione si trova non nello sviluppo delle idee, ma nello sviluppo delle classi sociali e delle loro condizioni di vita materiali. Il metodo di Marx per studiare il processo generale del cambiamento storico è chiamato la concezione materialistica della storia.

Entro il 1844 Marx era diventato un socialista ed era arrivato alla conclusione che l’anatomia della “società civile” (cioè il capitalismo) doveva essere cercata nell’economia politica, nell’economia. Marx studiò i classici dell’economia politica britannica, Adam Smith e in particolare David Ricardo. Secondo la teoria del valore-lavoro di Ricardo il valore di una merce era determinato dalla quantità di lavoro usata per produrla. I profitti, secondo alcuni seguaci di Ricardo, rappresentavano il lavoro non pagato dei lavoratori; e quindi si diceva che i lavoratori non erano pagati per il loro pieno valore ed erano frodati dai loro datori di lavoro. La visione di Marx della teoria del valore-lavoro spiegò lo sfruttamento, non dei capitalisti che frodano i lavoratori, ma come il risultato naturale del funzionamento del mercato capitalistico. Marx notò che ciò che i lavoratori vendevano ai capitalisti non era il loro lavoro, bensì la loro forza lavoro; i lavoratori vendono le loro capacità, ma devono cedere l’intero prodotto al datore di lavoro. I profitti rappresentano effettivamente il lavoro non pagato. E i lavoratori sono sfruttati anche se sono generalmente pagati per il pieno valore di quello che hanno da vendere. Marx produsse una teoria che spiegava come funzionava l’economia capitalistica, una teoria che è ampiamente accettabile ancora oggi.

Il Partito Socialista della Gran Bretagna ha sviluppato ulteriormente le teorie di Marx, e ha detto chiaramente dove non è d’accordo con Marx. Non appoggiamo le idee di Marx riguardanti le lotte per la liberazione nazionale, i programmi di riforma minimi, i buoni lavoro e la fase inferiore del comunismo. Su alcuni di questi punti il Partito Socialista non rifiuta ciò che Marx sosteneva ai suoi tempi, ma rigetta la loro applicabilità per i socialisti oggi. Ci sono, certamente, altre questioni su cui il Partito Socialista potrebbe apparire essere in disaccordo con Marx, ma in realtà si tratta solo di discussioni sulle distorsioni del pensiero di Marx. Per esempio, la “dittatura del proletariato” è di solito intesa nella sua interpretazione leninista. Il fatto che Marx sia stato leninizzato è senza dubbio una tragedia di proporzioni storiche mondiali; ciò che è fondamentalmente un metodo di analisi sociale con lo scopo di favorire azioni politiche informate da parte della classe lavoratrice, ha visto il suo nome utilizzato per identificare un’ideologia statalista di repressione della classe lavoratrice. Invece di essere conosciuto come uno strumento per l’autoemancipazione della classe lavoratrice, abbiamo avuto l’obbrobrio degli “stati marxisti”.
Non scoraggiato da questi sviluppi, il Partito Socialista della Gran Bretagna ha dato i suoi contributi alla teoria socialista combattendo allo stesso tempo le distorsioni delle idee di Marx. Alla luce di quanto detto sopra, le tre principali teorie marxiste possono essere così riesposte:
La teoria politica della lotta di classe
La teoria materialista della storia
La teoria del valore-lavoro

Il marxismo non è soltanto un metodo per criticare il capitalismo; indica anche l’alternativa. Il marxismo spiega alla classe lavoratrice l’importanza della proprietà comune, del controllo democratico e della produzione solamente per l’uso e i mezzi per realizzarla. E mentre è desiderabile che gli attivisti socialisti familiarizzino con i fondamenti del Marxismo, è assolutamente essenziale che una maggioranza di lavoratori abbia una conoscenza pratica di come opera il capitalismo e di ciò che significherà il passaggio al socialismo. (Vedi anche ENGELS; LOTTA DI CLASSE; MARX; PARTITO SOCIALISTA; STORIA; TEORIA DEL VALORE-LAVORO.)
Letture
Graham, K., Karl Marx, Our Contemporary: Social Theory for a Post-Leninist World, 1992


Engels, Friedrich (1820-1895). Nato nella città tedesca che oggi è chiamata Wuppertal, il figlio maggiore di un capitalista tessile. Engels fu educato per una carriera come mercante, ma nel 1841 andò a Berlino e diventò un membro dei Giovani Hegeliani, un gruppo di filosofi di sinistra con cui anche Marx aveva a che fare. Nel 1842 Engels divenne un comunista (prima e indipendentemente da Marx) e andò a Manchester a lavorare per l’attività del padre. In Inghilterra s’interessò al Cartismo e alle lotte della classe lavoratrice inglese. Le sue ricerche, e le sue conclusioni socialiste, furono messe per iscritto in Le Condizioni della Classe Lavoratrice in Inghilterra (1844). Engels e Marx si misero d’accordo per produrre una satira politica: La Sacra Famiglia (1845), che segnò l’inizio di una collaborazione che durerà una vita. Engels e Marx cominciarono col scrivere L’Ideologia Tedesca nel novembre del 1845 e continuarono a lavorarci per quasi un anno prima che fosse abbandonarla incompiuta, come disse Marx, al “rosicchiante criticismo dei topi” (segni di denti di topi furono successivamente trovati sul manoscritto). Questo lavoro contiene un attacco ai Giovani Hegeliani (l’ideologia tedesca in questione) e nel fare ciò essi stabilirono i principi basilari della concezione materialista della storia. Engels aiutò Marx a scrivere il Manifesto del Partito Comunista, pubblicato dalla Lega Comunista nel 1848. Per alcuni aspetti, questo lavoro deriva da un pezzo che Engels scrisse sotto forma di prontuario l’anno precedente, I Principi del Comunismo. Engels e Marx diventarono attivi nel giornalismo radicale durante i sollevamenti che seguirono le rivoluzioni del 1848.
Nel 1850 Engels si riunì alla famiglia a Manchester, dove rimase fino al 1870, aiutando Marx finanziariamente e giornalisticamente. Engels sviluppò anche le sue proprie linee d’interesse, specialmente nelle scienze naturali, e un risultato dei suoi studi fu pubblicato nel 1927 con il titolo La Dialettica della Natura. Nel 1878 fu in grado di andare in pensione e di trasferirsi a Londra. Quando Marx divenne meno attivo politicamente a causa dei suoi problemi di salute, Engels assunse maggiore responsabilità per presentare “la loro posizione comune”. Nel 1878 apparve l’Anti-Duhring, e tre suoi capitoli furono pubblicati come L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza nel 1880. Quest’ultimo lavoro si dimostrò essere molto popolare all’interno del crescente movimento socialista come un’esposizione generale del Marxismo. Engels continuò a perseguire le sue linee d’interesse e nel 1884 scrisse e pubblicò L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. E nel 1888, in Ludwig Feuerbach e la Fine della Filosofia Classica Tedesca, Engels spiegò la sua filosofia della natura e della storia. Tuttavia, dopo la morte di Marx avvenuta nel 1883 Engels spese la maggior parte del suo tempo editando le note di Marx per i volumi due e tre de Il Capitale, pubblicati rispettivamente nel 1885 e nel 1894. Engels inoltre spese i suoi ultimi anni fungendo da consigliere per i partiti della Seconda Internazionale, prima di morire di cancro nel 1895. Valutare il contributo di Engels al Marxismo è problematico. Uno dei suoi più grandi talenti era quello di rendere popolare il Marxismo all’interno del crescente movimento socialista. In effetti, alcuni commentatori sostengono che ciò che ora è generalmente inteso come “Marxismo” deriva principalmente da Engels, ma che alcune delle sue interpretazioni delle idee di Marx differiscono in modo significante da quest’ultime. Sembra, per esempio, che l’interpretazione e l’applicazione della dialettica di Engels siano fondamentalmente diverse da quelle di Marx. Per Marx la dialettica era un modo di sbrogliare le contraddizioni all’interno dei fenomeni sociali, mentre per Engels era le leggi universali del movimento del pensiero e della materia. In altri casi sorsero dei problemi a causa dell’interesse di Engels nelle scienze naturali. Per esempio, la famosa frase di Engels concernente la “dissoluzione” dello stato proviene dal suo interesse in biologia, mentre Marx usò sempre il termine più preciso “abolizione” in questo contesto. Considerati questi problemi, sembra corretto dire che quando ci si riferisce a citazioni di Marx ed Engels su alcune questioni non si può partire dal presupposto che stiano entrambi parlando all’unanimità. (Vedi anche MARX; MARXISMO.)
Letture
Carver, T., Marx and Engels: The Intellectual Relationship, 1983.


Lotta di classe. “La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi” (Il Manifesto del Partito Comunista). Marx ed Engels più tardi precisarono che ciò si riferiva alla storia scritta per tenere conto delle primissime società comuniste primitive nelle quali le divisioni di classe non erano ancora emerse. Nella società antica le lotte erano tra i proprietari degli schiavi e quest’ultimi; nella società feudale tra i nobili e i servi della gleba; e nel capitalismo, tra i capitalisti e i lavoratori.
Queste lotte riguardano la distribuzione del prodotto sociale, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro e i risultati della produzione. La lotta di classe, però, è più di una lotta per il livello di sfruttamento. Ultimamente è una lotta per il possesso e il controllo dei mezzi di produzione e di distribuzione. Per tutta la storia, le classi escluse dal possesso e dal controllo dei mezzi di produzione e di distribuzione sono state spinte dalla loro situazione economica a provare a ottenere tale possesso attraverso il raggiungimento del potere politico. (Vedi anche CLASSE; STORIA.)


Marx, Karl Heinrich (1818-1883). Nato a Treviri, sud-ovest Germania, Marx fu il figlio di un avvocato e ricevette un’educazione cristiana protestante. Fu uno studente alle università di Bonn e di Berlino prima di prendere il suo Dottorato a Jena in filosofia della scienza nell’antica filosofia greca. A Berlino venne influenzato dalla filosofia di Hegel; Marx fu brevemente ma attivamente coinvolto nel movimento dei Giovani Hegeliani che produsse una critica liberale radicale della religione e della autocrazia prussiana. Marx poi intraprese il giornalismo, e a un certo punto a cavallo tra il 1843 e il 1844 divenne un comunista mentre viveva a Parigi. Marx espose le sue nuove idee, per autochiarificazione, nei Manoscritti Economici – Filosofici (1844). Appena prima di essere espulso da Parigi perché considerato un sovversivo Marx aveva incontrato Engels per la prima volta.
A Bruxelles, Marx ed Engels cercarono di “saldare il conto” con la loro “precedente coscienza filosofica”, la filosofia hegeliana, e così facendo stabilirono i principi basilari della loro teoria materialista della storia ne L’Ideologia Tedesca (1845). Dopo essere rimasto colpito dalle idee dell’anarchico Proudhon, Marx lanciò un attacco con La Povertà della Filosofia (1846), il suo primo lavoro pubblicato. Come membro della Lega Comunista, Marx con l’aiuto di Engels scrisse il Manifesto del Partito Comunista (1848). Dopo essere stato coinvolto giornalisticamente nelle rivoluzioni del 1848, Marx e la sua famiglia si trasferirono a Londra. Là scrisse due analisi delle rivoluzioni del 1848: Le Lotte di Classe in Francia (1850) e Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte (1851).

Durante gli anni 1850 Marx intensificò i suoi studi di economica politica, grazie alla Biblioteca del Museo britannico. La sua principale fonte di reddito durante questo periodo fu Engels; ma sebbene si trovasse spesso in estrema povertà Marx non fu l’ozioso parassita come talvolta veniva dipinto. Marx fu in realtà un giornalista per vent’anni e fu due volte un direttore di giornale (Rheinische Zeitung, 1842-3, Neue Rheinische Zeitung, 1848-9). La seguente è una lista incompleta di circa 700 articoli (molti dei quali piuttosto lunghi) fino al 1862 quando abbandonò il giornalismo:
1842-4: Rheinische Zeitung
Anekdota
Deutsch-Franzosische Jahrbucher – circa 30 articoli
Vorwarts!
1848-9: Neue Rheinische Zeitung – circa 100 articoli
1850: Neue Rheinische Zeitung-Revue – circa 5 articoli più 10 con Engels
1852-62: New York Daily Tribune – circa 330 articoli
1852-5: Neue Oder Zeitung – circa 100 articoli
1856: The Peoples' Paper – 6 articoli
1857-60: New American Cyclopedia – 9 articoli più 7 con Engels
1859: Das Volk – 10 articoli
1861-2: Die Presse – circa 175 articoli

Ciò si aggiunge a tutti i libri, i volantini, i monologhi e la corrispondenza! Le Opere Complete di Marx ed Engels, che iniziarono ad essere pubblicate nel 1975 e che alla fine comprenderanno 122 volumi, non conterranno tutti gli scritti di Marx.
Il primo risultato dello studio di Marx in Gran Bretagna di economia politica arrivò in un manoscritto pubblicato per la prima volta nel 1941 con il titolo Grundrisse (Abbozzi). Nel 1859 fu pubblicato Per la Critica dell’Economia Politica. Questa contiene una Prefazione in cui Marx fece un riassunto del “risultato generale” che era usato come “linea guida” per i suoi studi empirici; e questa prefazione contiene anche l’unica descrizione autobiografica dello sviluppo intellettuale di Marx di cui disponiamo. Nel 1865 Marx consegnò una relazione al Consiglio Generale della Prima Internazionale, successivamente pubblicata sotto forma di volantino con il titolo Salario, Prezzo, Profitto, opponendosi alla visione secondo cui salari più alti non possono migliorare l’insieme della classe lavoratrice. Nel 1867 fu pubblicato il libro primo de Il Capitale (sottotitolato: Una Critica dell’Economia Politica); i libri secondo e terzo furono curati per la pubblicazione dopo la sua morte da Engels. Oltre ad essere interessato alla teoria, Marx fu un attivista politico. Fu profondamente coinvolto nella Prima Internazionale, prestando servizio nel suo Consiglio Generale dal 1864 al 1872. Dopo la sanguinaria repressione della Comune di Parigi, Marx cominciò a godere di cattiva fama a causa della sua difesa della Comune ne La Guerra Civile in Francia (1871). Corrispondeva con socialisti di tutto il mondo ma, negli ultimi anni della sua vita, la sua salute era peggiorata al punto che il lavoro politico era impossibile.
È da Marx ed Engels che noi riceviamo quella corrente di pensiero conosciuta come “Marxismo”. Questo comprende la teoria del valore-lavoro, la teoria materialista della storia e la teoria politica della lotta di classe. Questi sono strumenti di analisi, che sono stati ulteriormente sviluppati e modificati da socialisti, per spiegare come la classe lavoratrice è sfruttata sotto il capitalismo e in che modo il socialismo mondiale sarà l’emancipazione della nostra classe. La validità delle teorie di Marx è indipendente dall’uomo Marx. Tuttavia, critiche nei confronti di Marx sono state prodotte a causa delle interpretazioni errate e delle distorsioni del Marxismo che sono avvenute nel ventesimo secolo. (Vedi anche ENGELS; MARXISMO.)
Letture
McLellan, D., Karl Marx: His Life and Thought, 1974.

Josef Scveik
07-12-12, 12:08
Ho letto un paio di righe e vorrei sottolineare alcune imprecisioni:
1)I socialisti, d’altra parte, vedono l’oppressione e lo sfruttamento nei rapporti sociali del capitalismo (che include lo stato).

Non solo i socilaisti, ma anche gli anarchici vedono l’oppressione e lo sfruttamento nei rapporti sociali del capitalismo. E' vero che gli individualisti tendono a fossilizzarsi su stato ed autorità, però i comunisti anarchici scrivono anche nel loro sito (fdca.it) che il principale nemico da combattere è la borghesia capitalistica.

2) Bakunin fu un anarchico che si oppose all’autorità dal punto di vista dei contadini e dei lavoratori. Egli pensava che un’insurrezione spontanea potesse spazzare via il capitalismo
Bakunin non è uno spontaneista ma un'organizzatore convinto, la riprova sta nelle sue innumerevoli organizzazioni fondate. Spesso fu addirittura accusato di aver accentrato troppi poteri su di sè. In quanto alla descrizione di Bakunin come un sanguinario mi sembra un pò eccessiva...

3)Riguardo alla dittatura del proletariato, è vero che ha prevalso l'accezione leninista (nel senso che il marxismo viene oramai inteso, purtroppo, come sinonimo di leninismo), però anarchici e marxisti libertari hanno trovato punti di contatto in diverse esperienze storiche. Si può pensare al biennio rosso in Italia, alla repubblica die consigli di baviera, ai consigli ungheresi e alle prime concezioni sovietiste nella russia del 1905. Il problema è: i consigli\soviet sono un mezzo o un fine? Per gli anarchici sono un fine, ovvero il modo per concepire l'organizzazione sociale futura. Per molti marxisti sono un mezzo, ovvero un modo per conquistare il potere ed impadronirsi dello stato.