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09-04-09, 19:15
EUROPA ED ASIA NELLA PROSPETTIVA DEI GRECI
di Claudio Mutti

Nei Persiani di Eschilo, la regina madre Atossa racconta ai Fedeli della corte regale di aver visto in sogno suo figlio Serse alla guida di un carro cui egli aggiogava due donne:
mi parve che due donne ben vestite,
l’una abbigliata in pepli persiani
e l’altra in pepli dorici, si offrissero alla vista,
per statura assai più insigni delle donne attuali
e per bellezza irreprensibili. Sorelle di una stirpe
medesima, abitavano la terra dei padri: l’una la greca
terra, avendola ottenuta in sorte, e l’altra quella dei barbari (vv. 181-187) (1).
La visione della regina allude al vano tentativo di Serse di pacificare un conflitto insorto tra due nazioni sorelle, la greca e la persiana, entrambe stanziate sulla “terra dei padri” (patra): l’una in Grecia e l’altra nella gaia barbaros – sintagma, quest’ultimo, che “connota, senza alcuna accezione negativa, il paese di coloro che non parlano greco: come fosse un poeta arcaico – come Omero – Eschilo mostra qui di non conoscere il ‘barbaro’ della propaganda nazionalista, dell’oratoria e della storiografia” (2).
Con l’allegoria delle due sorelle, Eschilo riafferma quella nozione dell’affinità tra Greci e Persiani che è già stata proposta nella parodo della medesima tragedia attraverso l’evocazione della figura di Perseo:
Irruente sovrano dell’Asia popolosa,
sospinge la mandria divina su ogni regione,
per due vie, confidando in saldi e duri condottieri
di terra e di mare, l’eroe pari agli dèi disceso d’aurea progenie (vv. 73-80).
Il sovrano in questione è Serse, la stirpe del quale è detta da Eschilo “aurea”, in quanto i re persiani indicavano il loro capostipite in Perse, figlio di Perseo e di Andromeda; e Perseo era nato da Danae, che Zeus aveva ingravidata trasformandosi in una pioggia d’oro. La discendenza dei Persiani da Perse è affermata anche da Erodoto:
Ma dopo che Perseo, figlio di Danae e di Zeus, giunse presso Cefeo figlio di Belo e sposò la figlia di lui Andromeda, gli nacque un figlio, al quale mise nome Perse; e lo lasciò lì, perché Cefeo si trovava ad esser privo di figliolanza maschile. Da lui dunque [i Persiani] ebbero nome. (VII, 61, 3).
I nomi di Perseo e di Perse richiamano quello di una delle ninfe che Teti partorì ad Oceano: Perseide. Esiodo la cita assieme alle sue sorelle, tra le quali troviamo Europa ed Asia (Theog., 337-361). Il vincolo che lega Greci e Persiani viene in tal modo ad inquadrarsi nel rapporto di parentela che unisce l’Europa all’Asia.
La ninfa Asia citata da Esiodo è verosimilmente da identificarsi con la sposa di Prometeo, alla quale, dice Erodoto, la maggior parte dei Greci riconduce il nome della regione asiatica (IV, 45, 3); il nome dell’Europa viene invece ricondotto, dallo stesso Erodoto, a una fanciulla originaria della città di Tiro, in Fenicia:
Ma costei sembra sia originaria dell’Asia e non risulta essere giunta in quella terra che dai Greci è chiamata Europa, ma solo essere giunta dalla Fenicia a Creta e da Creta in Licia. (IV, 45, 5).
La fonte più antica, quella omerica, dice che la fanciulla era figlia del “glorioso Fenice” (Iliade, XIV, 321); solo successivamente, come padre di Europa viene indicato Agenore, figlio di Poseidone. In ogni caso, Europa nacque sulle rive orientali del Mediterraneo. L’area geografica sulla quale si svolse la sua esistenza è quella compresa tra la Fenicia, l’Anatolia e Creta.
Nell’Inno omerico Ad Apollo (251 e 291), la denominazione di Europa individua il nord della Grecia.
Bisogna attendere l’età di Augusto perché il canto di Orazio, rivolgendosi alla principessa di Tiro amata da Giove e scelta per un destino grandioso, applichi il nome di Europa ad una vasta porzione della terra (sectus orbis):
Uxor invicti Jovis esse nescis;
Mitte singultus, bene ferre magnam
Disce fortunam: tua sectus orbis
Nomina ducet. (Carm. III, 27, 72-75).

Note:
(1) Traduzione mia, come per i brani successivi.
(2) Monica Centanni, Note di commento a: Eschilo, I Persiani, Feltrinelli, Milano 1991, p. 106.

Ierocle
10-04-09, 11:11
EUROPA ED ASIA NELLA PROSPETTIVA DEI GRECI
di Claudio Mutti

Nei Persiani di Eschilo, la regina madre Atossa racconta ai Fedeli della corte regale di aver visto in sogno suo figlio Serse alla guida di un carro cui egli aggiogava due donne:
mi parve che due donne ben vestite,
l’una abbigliata in pepli persiani
e l’altra in pepli dorici, si offrissero alla vista,
per statura assai più insigni delle donne attuali
e per bellezza irreprensibili. Sorelle di una stirpe
medesima, abitavano la terra dei padri: l’una la greca
terra, avendola ottenuta in sorte, e l’altra quella dei barbari (vv. 181-187) (1).
La visione della regina allude al vano tentativo di Serse di pacificare un conflitto insorto tra due nazioni sorelle, la greca e la persiana, entrambe stanziate sulla “terra dei padri” (patra): l’una in Grecia e l’altra nella gaia barbaros – sintagma, quest’ultimo, che “connota, senza alcuna accezione negativa, il paese di coloro che non parlano greco: come fosse un poeta arcaico – come Omero – Eschilo mostra qui di non conoscere il ‘barbaro’ della propaganda nazionalista, dell’oratoria e della storiografia” (2).
Con l’allegoria delle due sorelle, Eschilo riafferma quella nozione dell’affinità tra Greci e Persiani che è già stata proposta nella parodo della medesima tragedia attraverso l’evocazione della figura di Perseo:
Irruente sovrano dell’Asia popolosa,
sospinge la mandria divina su ogni regione,
per due vie, confidando in saldi e duri condottieri
di terra e di mare, l’eroe pari agli dèi disceso d’aurea progenie (vv. 73-80).
Il sovrano in questione è Serse, la stirpe del quale è detta da Eschilo “aurea”, in quanto i re persiani indicavano il loro capostipite in Perse, figlio di Perseo e di Andromeda; e Perseo era nato da Danae, che Zeus aveva ingravidata trasformandosi in una pioggia d’oro. La discendenza dei Persiani da Perse è affermata anche da Erodoto:
Ma dopo che Perseo, figlio di Danae e di Zeus, giunse presso Cefeo figlio di Belo e sposò la figlia di lui Andromeda, gli nacque un figlio, al quale mise nome Perse; e lo lasciò lì, perché Cefeo si trovava ad esser privo di figliolanza maschile. Da lui dunque ebbero nome. (VII, 61, 3).
I nomi di Perseo e di Perse richiamano quello di una delle ninfe che Teti partorì ad Oceano: Perseide. Esiodo la cita assieme alle sue sorelle, tra le quali troviamo Europa ed Asia (Theog., 337-361). Il vincolo che lega Greci e Persiani viene in tal modo ad inquadrarsi nel rapporto di parentela che unisce l’Europa all’Asia.
La ninfa Asia citata da Esiodo è verosimilmente da identificarsi con la sposa di Prometeo, alla quale, dice Erodoto, la maggior parte dei Greci riconduce il nome della regione asiatica (IV, 45, 3); il nome dell’Europa viene invece ricondotto, dallo stesso Erodoto, a una fanciulla originaria della città di Tiro, in Fenicia:
Ma costei sembra sia originaria dell’Asia e non risulta essere giunta in quella terra che dai Greci è chiamata Europa, ma solo essere giunta dalla Fenicia a Creta e da Creta in Licia. (IV, 45, 5).
La fonte più antica, quella omerica, dice che la fanciulla era figlia del “glorioso Fenice” (Iliade, XIV, 321); solo successivamente, come padre di Europa viene indicato Agenore, figlio di Poseidone. In ogni caso, Europa nacque sulle rive orientali del Mediterraneo. L’area geografica sulla quale si svolse la sua esistenza è quella compresa tra la Fenicia, l’Anatolia e Creta.
Nell’Inno omerico Ad Apollo (251 e 291), la denominazione di Europa individua il nord della Grecia.
Bisogna attendere l’età di Augusto perché il canto di Orazio, rivolgendosi alla principessa di Tiro amata da Giove e scelta per un destino grandioso, applichi il nome di Europa ad una vasta porzione della terra (sectus orbis):
Uxor invicti Jovis esse nescis;
Mitte singultus, bene ferre magnam
Disce fortunam: tua sectus orbis
Nomina ducet. (Carm. III, 27, 72-75).

Note:
(1) Traduzione mia, come per i brani successivi.
(2) Monica Centanni, Note di commento a: Eschilo, I Persiani, Feltrinelli, Milano 1991, p. 106.


UN ACHEMENIDE NATO A ITACA

di Claudio Mutti


(...) Albin Persae
Rhenumque bibunt (...)
(Seneca, Medea, 373-374)




“Sorelle di sangue, di una medesima stirpe”


Si dice che Ciro sia nato da Cambise, re dei Persiani; questo Cambise era della stirpe dei Perseidi e i Perseidi derivano questo nome da Perseo.
(Senofonte, Kyrou paideia, II, 1)

Nei Persiani di Eschilo, la regina madre Atossa racconta ai Fedeli della corte reale di aver visto in sogno suo figlio Serse che stava aggiogando ad un carro due donne in contesa tra loro, una delle quali era avvolta in panni persiani, mentre l’altra indossava l’abito dorico.

Mi parve che due donne ben vestite,
l’una abbigliata in pepli persiani
e l’altra in pepli dorici, si offrissero alla vista,
per statura assai più insigni delle donne attuali,
per bellezza irreprensibili e sorelle di sangue, di una medesima
stirpe; come patria, abitavano una l’ellenica
terra, avendola ottenuta in sorte, e l’altra quella dei barbari (vv. 181-187) (1).

La donna abbigliata in pepli dorici, che contende con quella in pepli persiani e rifiuta l'imposizione del giogo facendo cadere a terra il Gran Re, può simboleggiare Atene, vittoriosa a Salamina sulla flotta persiana. Come testimoniato da Erodoto (V, 88), il chitone dorico era diventato un abito femminile panellenico; al tempo in cui furono rappresentati I Persiani, infatti, oltre al chitone ionico (lungo fino ai piedi e fornito di maniche) le donne ateniesi indossavano anche il chitone dorico (corto e privo di maniche). Eschilo avrebbe menzionato l'abito dorico “perché le donne greche d'Asia, ma anche le persiane (...) indossavano il chitone ionico, che era pertanto inadatto a differenziare l'abito delle donne greche da quello delle donne persiane” (2). Ma la donna abbigliata in pepli dorici potrebbe benissimo indicare profeticamente “i Dori peloponnesiaci, che un anno dopo Salamina sconfiggeranno l'esercito terrestre dei Persiani” (3). In ogni caso, la visione notturna della regina allude al vano tentativo di Serse di pacificare un conflitto insorto fra due “sorelle di sangue, di una medesima stirpe” (kasignéta ghénous tautoû), entrambe stanziate sulla “terra dei padri” (pátra): l’una in Grecia e l’altra in “terra barbara” (gaîa bárbaros). Questo sintagma non implica alcun giudizio negativo, ma indica semplicemente un paese in cui non si parla greco: “come fosse un poeta arcaico – come Omero – Eschilo mostra qui di non conoscere il ‘barbaro’ della propaganda nazionalista, dell’oratoria e della storiografia” (4). D'altronde, “ritenere che i normali rapporti quotidiani fra greci e persiani fossero segnati e condizionati dai luoghi comuni sui barbari che ritroviamo nella tradizione ellenica darebbe un'immagine completamente errata di quei rapporti” (5); ed anche nel 472, mentre la tragedia eschilea dei Persiani trionfava ad Atene, “i confini tra la lega navale attica e i territori persiani nell'Asia minore occidentale erano molto più permeabili di quanto spesso si è ritenuto” (6). Tuttavia, col “sorprendente riferimento di Eschilo alla Persia e alla Grecia in guerra tra di loro come (...) 'sorelle di sangue, della medesima progenie'” (7), i Persiani ci appaiono nella prospettiva di una straordinaria familiarità col mondo ellenico; viene infatti riaffermata quella nozione dell’affinità fra Greci e Persiani che nella parodo dei Persiani è stata proposta attraverso l’indiretta evocazione della figura di Perseo, antenato comune dei due popoli:

Irruente sovrano dell’Asia popolosa,
sospinge la mandria divina su ogni regione,
per due vie, confidando in saldi e duri condottieri
di terra e di mare, l’eroe pari agli dèi disceso d’aurea progenie (vv. 73-80).

Il sovrano in argomento è Serse, la stirpe del quale è detta da Eschilo “aurea”, in quanto la famiglia degli Achemenidi indicava il proprio capostipite in Perse, figlio di Perseo e di Andromeda; e Perseo era nato da Danae, che Zeus aveva ingravidata trasformandosi in pioggia d’oro. La discendenza dei Persiani da Perse è attestata anche in Erodoto: “Ma dopo che Perseo, figlio di Danae e di Zeus, giunse presso Cefeo figlio di Belo e sposò la figlia di lui Andromeda, gli nacque un figlio, al quale mise nome Perse; e lo lasciò lì, perché Cefeo si trovava ad esser privo di figliolanza maschile. Da lui dunque ebbero nome” (Erod. VII, 61, 3). I nomi di Perseo e di Perse richiamano a loro volta quello di una delle ninfe che Teti partorì ad Oceano: Perseide. Esiodo la cita assieme alle sue sorelle, tra le quali troviamo Europa ed Asia ([I]Theog., 337-361). Il vincolo che lega Greci e Persiani viene così ad inquadrarsi nel rapporto di parentela che unisce l’Europa all’Asia.
Quanto agli Achemenidi, probabilmente non è casuale l'omonimia che lega i discendenti del persiano Hakhamanish al greco Achemenide, il compagno di Odisseo che, incontrato da Enea su una spiaggia della Sicilia, prima di essere raccolto dall'eroe troiano gli si presenta con queste parole: "Sum patria ex Ithaca, comes infelicis Ulixi, - nomine Achaemenides" (Aen., III, 613-614). Ai lettori romani dell'Eneide doveva pur dire qualcosa il fatto che il pater Aeneas avesse imbarcato con sé un greco che portava lo stesso nome della dinastia fondata da Ciro il Grande.


Da [I]L'Iran in Europa, "Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici", 1/2008





1. La traduzione, come quelle dei brani successivi, è mia.
2. H. D. Broadhead, The Persae of Aeschylus, Cambridge 1960, p. 77.
3. Raffaele Di Virgilio, Il vero volto dei Persiani di Eschilo, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1973, p. 26.
4. Monica Centanni, Note di commento a: Eschilo, I Persiani, Feltrinelli, Milano 1991, p. 106.
5. Josef Wiesehofer, La Persia antica, Il Mulino, Bologna 2003, p. 35.
6. Josef Wiesehofer, ibidem.
7. Jean Haudry, Gli Indoeuropei, Edizioni di Ar, Padova 2001, p. 168.