Visualizza Versione Completa : Chi è mio fratello?
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11-04-13, 19:02
Non v'è dubbio circa il fatto che Dio ama tutto il mondo, tutta la creazione, ogni creatura.
Un amore generale che dona vita, alito di vita, che chiama e richiama le cose al loro ordine del Principio.
Un amore che assume un valore più intenso quando indirizzato all'uomo, chiamato a ravvedersi ed a recuperare in Cristo il suo primato sopra le cose create.
Un amore generale e perfetto che senz'altro non confligge con quell'amore più particolare che Dio opera verso i suoi figliuoli, e più in particolare ancora tra figliuoli e figliuoli.
Il messaggio annunciato in Cristo, rammemorato per lo Spirito Santo, spiegato, evangelizzato nel tempo fino ai giorni nostri, ben spiega e dimostra in cosa consiste questo amore.
Non certo in una semplice affermazione etico morale del tipo "vogliamoci bene", "dobbiamo amare tutti" e cose simili.
Sperando questo thread possa interessare vari interventi, per meglio chiarire, riporto in avvio un passaggio tratto dal capitolo 12 del Vangelo di Matteo, capitolo che se se ne ha tempo di lettura si presenta molto denso di significato.
Matteo 12:46-49
ORA, mentre egli parlava ancora alle turbe, ecco, sua madre, ed i suoi fratelli, fermatisi di fuori, cercavano di parlargli. Ed alcuno gli disse: Ecco tua madre, ed i tuoi fratelli, sono là fuori cercando di parlarti. Ma egli, rispondendo, disse a colui che gli avea ciò detto: Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? E distesa la mano verso i suoi discepoli, disse: Ecco la madre mia, ed i miei fratelli. Perciocchè, chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio, che è ne' cieli, esso è mio fratello, sorella, e madre.
La risposta di Gesù senz'altro suscitò qualche sgomento tra gli astanti.
Una risposta infatti, che andava oltre la comune morale ed il comune senso religioso, fondato sulla stessa Legge mosaica dell'onora padre e madre.
prima della venutà di Cristo faceva preferenza con Israele no?
Perchè poi si apri anche agli altri popoli?
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11-04-13, 19:37
Il Signore Dio d'Israele è stato sempre un Dio santo.
Nella sua luce inaccessibile vi sono colori, distinzioni, forme, v'è magnificenza creativa.
Fin dalla sua caduta nella morte e nella corruzione del peccato, Egli ha sempre cercato l'uomo.
Non sempre però l'uomo ha risposto in via conciliante.
Non tutti gli uomini infatti recupereranno la loro condizione di pace con Dio ed il dono della vita eterna che è in Cristo.
E' naturale che il Signore abbia occhio particolare verso alcuni, coloro che si dispongono all'ascolto della sua voce, coloro che riconoscono il Figliuolo di Dio, che con cuore umile e grato ricercano salute all'anima.
Naturale che questi ultimi diventano parte di una famiglia distinta, di un popolo separato dagli altri popoli.
Un popolo che onora il nome del Padre, che lo santifica, che rende testimonianza della sua santità, della sua giustizia, del suo amore con verità.
Un popolo che il Signore Dio Padre onora, benedice, un popolo che il Signore accompagna con la sua unzione, un popolo mediante il quale il Signore promuove la sua opera di salvezza in Cristo.
Un Popolo che nel vecchio patto era rappresentato dalla razza dei figliuoli di Abramo e che oggi, compiuto il tempo della venuta del Messia, con la discesa dello Spirito Santo ed il mandato ricevuto dagli apostoli e servitori di ogni tempo si è chiaramente aperto alla partecipazione di ogni uomo.
Marco 16:15-16
Ed egli disse loro: Andate per tutto il mondo, e predicate l'evangelo ad ogni creatura. Chi avrà creduto, e sarà stato battezzato, sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato.
Il Signore Dio d'Israele è stato sempre un Dio santo.
Nella sua luce inaccessibile vi sono colori, distinzioni, forme, v'è magnificenza creativa.
Fin dalla sua caduta nella morte e nella corruzione del peccato, Egli ha sempre cercato l'uomo.
Non sempre però l'uomo ha risposto in via conciliante.
Non tutti gli uomini infatti recupereranno la loro condizione di pace con Dio ed il dono della vita eterna che è in Cristo.
E' naturale che il Signore abbia occhio particolare verso alcuni, coloro che si dispongono all'ascolto della sua voce, coloro che riconoscono il Figliuolo di Dio, che con cuore umile e grato ricercano salute all'anima.
Naturale che questi ultimi diventano parte di una famiglia distinta, di un popolo separato dagli altri popoli.
Un popolo che onora il nome del Padre, che lo santifica, che rende testimonianza della sua santità, della sua giustizia, del suo amore con verità.
Un popolo che il Signore Dio Padre onora, benedice, un popolo che il Signore accompagna con la sua unzione, un popolo mediante il quale il Signore promuove la sua opera di salvezza in Cristo.
Un Popolo che nel vecchio patto era rappresentato dalla razza dei figliuoli di Abramo e che oggi, compiuto il tempo della venuta del Messia, con la discesa dello Spirito Santo ed il mandato ricevuto dagli apostoli e servitori di ogni tempo si è chiaramente aperto alla partecipazione di ogni uomo.
Marco 16:15-16
Ed egli disse loro: Andate per tutto il mondo, e predicate l'evangelo ad ogni creatura. Chi avrà creduto, e sarà stato battezzato, sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato.
Credo che per illustrare il senso del vero “amare”, non restrittivo ma allargato e senza limiti nella pratica, sia la parabola evangelica del “buon samaritano”, che qui di seguito possiamo leggere:
25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, e gli disse: « Maestro, che devo fare per ereditar la vita eterna? »
26 Gesù gli disse: « Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi? »
27 Egli rispose: « Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso ».
28 Gesù gli disse: « Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai ».
29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: « E chi è il mio prossimo? »
30 Gesù rispose: « Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
33 Ma un samaritano che era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe pietà;
34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui.
35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".
36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni? »
37 Quegli rispose: « Colui che gli usò misericordia ». Gesù gli disse: « Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa » (Luca 10:25-37).
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16-04-13, 07:55
Credo che per illustrare il senso del vero “amare”, non restrittivo ma allargato e senza limiti nella pratica, sia la parabola evangelica del “buon samaritano”, che qui di seguito possiamo leggere:
25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, e gli disse: « Maestro, che devo fare per ereditar la vita eterna? »
26 Gesù gli disse: « Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi? »
27 Egli rispose: « Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso ».
28 Gesù gli disse: « Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai ».
29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: « E chi è il mio prossimo? »
30 Gesù rispose: « Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
33 Ma un samaritano che era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe pietà;
34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui.
35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".
36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni? »
37 Quegli rispose: « Colui che gli usò misericordia ». Gesù gli disse: « Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa » (Luca 10:25-37).
se hai altro da dire, fa pure Domenico
riguardo ad esempio al sacerdote ed al levita?
se hai altro da dire, fa pure Domenico
riguardo ad esempio al sacerdote ed al levita?
Senza dubbio tra i tre personaggi di maggiore rilievo della parabola: il sacerdote, il levita e il samaritano, c’è una notevole differenza sul piano della praticità.
Che il sacerdote conoscesse la legge dell’amore: “Ama il tuo prossimo come te stesso”, è innegabile; e, tutti gli impegni che egli aveva per quanto riguardava il suo ruolo di sacerdote a proposito dei “turni” di servizio nel tempio, non potrebbero mai giustificare il suo comportamento nei confronti dello sventurato che era stato derubato e lasciato per terra mezzo morto dai briganti.
Nel caso specifico, si dovrebbe considerare la posizione dei capi religiosi Giudei, meglio i dottori della legge in merito al “prossimo”, come si ponesse nelle loro discussioni la limitazione al solo ambito del popolo d’Israele? Probabilmente, c’era anche questo nella mente del sacerdote. Infatti, la persuasione che i dottori della legge avevano intorno al “prossimo”, era quella di limitarlo al solo popolo d’Israele. La domanda posta a Gesù: chi è il mio prossimo?, tende a mettere in evidenza questa loro posizione.
Logicamente Gesù, senza entrare nel merito del dibattito che c’era tra i dottori della legge (che era senza dubbio sbagliato), con la parabola che propose, fece capire chiaramente al dottore della legge che il “prossimo”, non è come lui e i suoi colleghi pensavano, si trova invece (senza distinzione e limitazione) nel nostro cammino, bisognoso di un aiuto particolare. Anche se Gesù, concluse: « Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa », non si sa se questa precisa esortazione venne compresa e se il dottore della legge avrà accettato la correzione (indirettamente fatta da Gesù) e avrà prodotto un cambiamento nella vita del religioso.
Il vero “amare”, non si conosce dalle nozioni approfondite incamerate nel nostro cervello, ma dal comportamento, cioè dalla praticità nei confronti di chi sta davanti a noi in uno stato di bisogno.
A che vale la religiosità di un Tizio che si vanta di conoscere le cose di Dio, di avere titoli e incarichi nella vita religiosa, quando il comportamento, per ciò che riguarda il mettere in pratica quello che si conosce, non ha una corrispondenza con la vita delle persone che si apprendono e si vive?
Per il “levita”, vale quasi lo stesso discorso fatto per il “sacerdote”, per il semplice motivo che si comportò nella stessa maniera del sacerdote. Anche se c’era differenza di posizione e di ruolo, tra sacerdote e levita, in quanto il primo ufficiava nel rito religioso, mentre il secondo si limitava a prestare il suo aiuto, fungendo come “sagrestano”, usando il linguaggio dei nostri tempi. Però, le due categorie, erano impegnate in pratiche e funzioni religiose, che, dal punto di vista umano, erano considerate persone vicine a Dio e conoscitori della Sua legge.
Sia il “sacerdote” che il “levita”, si comportarono nella stessa maniera nei confronti dell’uomo malmenato dai ladroni. Infatti, la descrizione della parabola, precisa che tutte e due “videro” e “passarono dal lato opposto”.
31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
Quindi, non si trattava di aver sentito parlare di un Tizio che si trovava in un particolare bisogno, ma di averlo visto con i propri occhi, senza manifestare un minimo di compassione verso lo sventurato.
Questa scena, senza dubbio, non fa onore al religioso, chiunque esso sia, ma è motivo di produrre discredito verso le persone che vivono lontane dal Signore e dalla Sua legge.
Concludo questa mia riflessione: non sono le belle parole che hanno valore nella vita pratica, ma quello che si compie in essa. Le nostre azioni parlano più delle nostre parole.
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17-04-13, 15:14
Senza dubbio tra i tre personaggi di maggiore rilievo della parabola: il sacerdote, il levita e il samaritano, c’è una notevole differenza sul piano della praticità.
Che il sacerdote conoscesse la legge dell’amore: “Ama il tuo prossimo come te stesso”, è innegabile; e, tutti gli impegni che egli aveva per quanto riguardava il suo ruolo di sacerdote a proposito dei “turni” di servizio nel tempio, non potrebbero mai giustificare il suo comportamento nei confronti dello sventurato che era stato derubato e lasciato per terra mezzo morto dai briganti.
Nel caso specifico, si dovrebbe considerare la posizione dei capi religiosi Giudei, meglio i dottori della legge in merito al “prossimo”, come si ponesse nelle loro discussioni la limitazione al solo ambito del popolo d’Israele? Probabilmente, c’era anche questo nella mente del sacerdote. Infatti, la persuasione che i dottori della legge avevano intorno al “prossimo”, era quella di limitarlo al solo popolo d’Israele. La domanda posta a Gesù: chi è il mio prossimo?, tende a mettere in evidenza questa loro posizione.
Logicamente Gesù, senza entrare nel merito del dibattito che c’era tra i dottori della legge (che era senza dubbio sbagliato), con la parabola che propose, fece capire chiaramente al dottore della legge che il “prossimo”, non è come lui e i suoi colleghi pensavano, si trova invece (senza distinzione e limitazione) nel nostro cammino, bisognoso di un aiuto particolare. Anche se Gesù, concluse: « Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa », non si sa se questa precisa esortazione venne compresa e se il dottore della legge avrà accettato la correzione (indirettamente fatta da Gesù) e avrà prodotto un cambiamento nella vita del religioso.
Il vero “amare”, non si conosce dalle nozioni approfondite incamerate nel nostro cervello, ma dal comportamento, cioè dalla praticità nei confronti di chi sta davanti a noi in uno stato di bisogno.
A che vale la religiosità di un Tizio che si vanta di conoscere le cose di Dio, di avere titoli e incarichi nella vita religiosa, quando il comportamento, per ciò che riguarda il mettere in pratica quello che si conosce, non ha una corrispondenza con la vita delle persone che si apprendono e si vive?
Per il “levita”, vale quasi lo stesso discorso fatto per il “sacerdote”, per il semplice motivo che si comportò nella stessa maniera del sacerdote. Anche se c’era differenza di posizione e di ruolo, tra sacerdote e levita, in quanto il primo ufficiava nel rito religioso, mentre il secondo si limitava a prestare il suo aiuto, fungendo come “sagrestano”, usando il linguaggio dei nostri tempi. Però, le due categorie, erano impegnate in pratiche e funzioni religiose, che, dal punto di vista umano, erano considerate persone vicine a Dio e conoscitori della Sua legge.
Sia il “sacerdote” che il “levita”, si comportarono nella stessa maniera nei confronti dell’uomo malmenato dai ladroni. Infatti, la descrizione della parabola, precisa che tutte e due “videro” e “passarono dal lato opposto”.
31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.
Quindi, non si trattava di aver sentito parlare di un Tizio che si trovava in un particolare bisogno, ma di averlo visto con i propri occhi, senza manifestare un minimo di compassione verso lo sventurato.
Questa scena, senza dubbio, non fa onore al religioso, chiunque esso sia, ma è motivo di produrre discredito verso le persone che vivono lontane dal Signore e dalla Sua legge.
Concludo questa mia riflessione: non sono le belle parole che hanno valore nella vita pratica, ma quello che si compie in essa. Le nostre azioni parlano più delle nostre parole.
In via generale si può senz'altro affermare che sacerdote e levita appartengono entrambi alla classe religiosa, quella pubblicamente titolata a compiere e vantarsi delle cosiddette "opere di bene", in vario modo differenziata secondo ordine e pratica di esercizio.
Netta la differenza tra l'accoppiata di sacerdote e levita, ed il samaritano.
Quest'ultimo, seppure in via di morale comune appartenesse alla categoria degli sprezzati, era invece ben dotato di cavalcatura, fasce, olio, vino e conoscenza della via.....
Luca 10:33-35
Ma un Samaritano, facendo viaggio, venne presso di lui; e, vedutolo, n'ebbe pietà. Ed accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra dell'olio, e del vino; poi lo mise sopra la sua propria cavalcatura, e lo menò nell'albergo, e si prese cura di lui. E il giorno appresso, partendo, trasse fuori due denari, e li diede all'oste, e gli disse: Prenditi cura di costui; e tutto ciò che spenderai di più, io tel renderò quando io ritornerò.
Nel samaritano si può ben vedere il Signore stesso, il solo che con frutto ed opere d'amore può recuperare la condizione dell'uomo caduto, e portare a compimento cose molto buone.
Cosa ne dici?
In via generale si può senz'altro affermare che sacerdote e levita appartengono entrambi alla classe religiosa, quella pubblicamente titolata a compiere e vantarsi delle cosiddette "opere di bene", in vario modo differenziata secondo ordine e pratica di esercizio.
Netta la differenza tra l'accoppiata di sacerdote e levita, ed il samaritano.
Quest'ultimo, seppure in via di morale comune appartenesse alla categoria degli sprezzati, era invece ben dotato di cavalcatura, fasce, olio, vino e conoscenza della via.....
Luca 10:33-35
Ma un Samaritano, facendo viaggio, venne presso di lui; e, vedutolo, n'ebbe pietà. Ed accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra dell'olio, e del vino; poi lo mise sopra la sua propria cavalcatura, e lo menò nell'albergo, e si prese cura di lui. E il giorno appresso, partendo, trasse fuori due denari, e li diede all'oste, e gli disse: Prenditi cura di costui; e tutto ciò che spenderai di più, io tel renderò quando io ritornerò.
Nel samaritano si può ben vedere il Signore stesso, il solo che con frutto ed opere d'amore può recuperare la condizione dell'uomo caduto, e portare a compimento cose molto buone.
Cosa ne dici?
Il samaritano
Ora, tutta l’attenzione si concentra sul prossimo personaggio che passerà. Chi sarà costui? È un samaritano (mentre l’uomo a terra, probabilmente, è un Giudeo), che, invece di proseguire nel suo viaggio, davanti alla scena che si presenta ai suoi occhi si ferma e si avvicina all’uomo che è mezzo morto per rendersi conto della situazione. Il fatto stesso che si fermi è un evidente segno della sua volontà di prestare aiuto allo sventurato.
L’altro elemento che dà forza e significato all’azione che il samaritano sta per compiere è la sua pietà nei confronti dell’uomo che era stato ferito e derubato dai ladroni. Questo significa che se egli non avesse avuto pietà di quell’essere umano che giaceva a terra, non si sarebbe sicuramente fermato, anzi avrebbe proseguito nel suo viaggio. Il samaritano, con ogni probabilità, non è una persona che non abbia degli impegni di lavoro; cioè non bisogna pensare ad un semplice viandante, ma può darsi che sia un uomo di commercio che stia viaggiando per affari. La nostra supposizione nasce dal fatto che egli porta con sé fasce, olio, vino e denaro.
Visto che ha a sua disposizione tutto il necessario per aiutare quello sventurato, costui dimentica gli impegni di lavoro (e forse qualche appuntamento che ha fissato in precedenza con qualcuno) e si dà da fare per aiutare l’uomo ferito. Tenuto conto che la persona che ha davanti a sé non è morta, lasciarla sulla strada in quelle condizioni in cui si trova potrebbe causarle la morte. Così il samaritano tira subito fuori l’olio e il vino che porta con sé e comincia a versarli sulle ferite del malcapitato, per evitare che si propaghi una possibile infezione; poi prende le fasce e avvolge le ferite. Terminato il primo intervento, mette l’uomo sulla propria cavalcatura e lo porta ad una vicina locanda. Siccome ha degli impegni di lavoro e non può rimanere a lungo vicino a quell’uomo, mette mano al suo portafoglio, tira fuori due denari e li dà al locandiere dicendogli:
Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno (v. 35).
Supponiamo che il dottore della legge abbia ascoltato quel drammatico racconto senza batter ciglio. Forse, però, non si sarebbe aspettato che Gesù gli chiedesse:
Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?
Da uomo intelligente che era e da esperto conoscitore della legge, egli non poteva ignorare che il prossimo dell’uomo che si era imbattuto con ladroni fosse stato proprio il samaritano. Siccome, però, in quel tempo tra Giudei e Samaritani non c’era armonia e i rapporti non erano buoni, egli si limitò solamente a rispondergli: Colui che usò misericordia. Al che Gesù gli disse, senza rimproverarlo per non aver nominato il samaritano: Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa.
Considerazioni di carattere pratico
Lasciando da parte la spiegazione che ha dato Agostino, e con lui tanti attraverso i secoli, domandiamoci: qual è la verità che Gesù ha voluto insegnare con quel Suo racconto-parabola? La verità è senza dubbio quella relativa al prossimo. Chi è, dunque, il prossimo? La risposta più semplice a questa domanda è: chi sta vicino a noi e si trova in uno stato di bisogno, senza guardare al colore della sua pelle o alla religione che professa. Questo significa, in pratica, oltrepassare gli steccati che tante volte si erigono; uscire dal recinto e dall’ambiente in cui si vive, senz’alcuna delimitazione.
1. Amare il prossimo come se stessi è il secondo gran comandamento di Dio; ignorarlo o cercare delle giustificazioni per evitarlo significa non tener conto di ciò che il Signore ha ordinato di osservare. Questo comandamento, naturalmente, non è per i soli Ebrei, ma anche per ogni credente e seguace di Gesù Cristo, di ogni epoca. In senso più largo, è per tutti gli esseri umani, di qualsiasi razza e a qualunque strato sociale essi appartengano, senz’alcuna discriminazione. Inoltre, non si potrà mai amare il prossimo se non ci s’immedesima con chi si trova nel bisogno.
2. Gli impegni o le responsabilità che ognuno può avere nella vita sociale, economica e religiosa non sono mai tali da giustificare l’indifferenza verso chi dovrebbe essere aiutato. Se non c’è la compassione o la pietà verso chi soffre, sarà difficile amarlo. Amare il prossimo, infatti, è più che dire «ti voglio bene»; in pratica, significa mettere da parte il proprio egoismo e donarsi in favore degli altri. Infine, amare il prossimo non è un semplice sentimento che si colloca nel cervello: significa entrare in azione in modo visibile e tangibile.
Chi veramente ama il suo prossimo come se stesso mette il suo a disposizione di chi ha bisogno. In altre parole, il vero amore non si limita alle sole parole, ma è dimostrato con azioni che hanno a che fare con la tasca, cioè con i propri averi. Anche per quest’aspetto della verità è utile ricordare le parole dell’apostolo Giovanni: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità (1Giovanni 3:18).
Infine, anche se abbiamo affermato che la verità che illustra la parabola, riguarda l’amore verso il prossimo, da un punto di vista spirituale, come hanno fatto antichi e moderni commentatori, non è illogico vedere nel samaritano la figura dello stesso Gesù che, ricco in misericordia e compassione, si prende cura di chi si trova in uno stato di bisogno, soprattutto spiritualmente parlando. E per finire, lo stesso Gesù, esortava e suoi discepoli, in modo particolare, senza escludere che la Sua parola fosse valida anche per tutti Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro (Luca 6:36).
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18-04-13, 08:42
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Infine, anche se abbiamo affermato che la verità che illustra la parabola, riguarda l’amore verso il prossimo, da un punto di vista spirituale, come hanno fatto antichi e moderni commentatori, non è illogico vedere nel samaritano la figura dello stesso Gesù che, ricco in misericordia e compassione, si prende cura di chi si trova in uno stato di bisogno, soprattutto spiritualmente parlando. E per finire, lo stesso Gesù, esortava e suoi discepoli, in modo particolare, senza escludere che la Sua parola fosse valida anche per tutti Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro (Luca 6:36).
L'aspetto centrale della parabola credo sia proprio questo.
Senza nulla togliere alle considerazioni di ordine etico, morale ed umanistico che lo precedono.
La lettura delle Scritture, infatti, non può mai prescindere dalla centralità che è nel Cristo.
Continuo.
Nell'occasione si può considerare ad esempio qualche altro passo biblico, scritto negli stessi Vangeli.
In particolare quello in cui si parla del giudizio che cadrà sugli uomini, giudizio che nei fatti è già ora operante in via spirituale ed interessa la nostra posizione di uomini quando ci raffrontiamo a Lui.
Il passo è questo:
Matteo 25:37-38
Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: Signore, quando ti abbiam noi veduto aver fame, e ti abbiam dato a mangiare? ovvero, aver sete, e ti abbiam dato a bere? E quando ti abbiam veduto forestiere, e ti abbiamo accolto? o ignudo, e ti abbiam rivestito? E quando ti abbiam veduto infermo, o in prigione, e siamo venuti a te?
Ciò che maggiormente impatta dalla lettura di queste domande è il fatto che, coloro che operano nel Figliuolo di Dio, per lo Spirito Santo, sono talmente immedesimati nella naturalità del loro fare che a null'altro badano se non alla gloria di Dio, ad onorare Colui che li chiama giusti, a muovere verso Colui che pesa gli spiriti, misura ogni oziosa parola, vede ogni bicchiere d'acqua donato.
Uomini giustificati, chiamati e resi giusti, nascosti in Cristo, in Colui che è la fonte del loro amore, della loro misericordia, della loro pietà, in Colui che è la loro dimora mentre che loro sono la Sua dimora.
Ciò detto vorrei porti una domanda relativa a quanto è possibile leggere su, circa l'amore generale e particolare di Dio.
L'aspetto centrale della parabola credo sia proprio questo.
Senza nulla togliere alle considerazioni di ordine etico, morale ed umanistico che lo precedono.
La lettura delle Scritture, infatti, non può mai prescindere dalla centralità che è nel Cristo.
Continuo.
Nell'occasione si può considerare ad esempio qualche altro passo biblico, scritto negli stessi Vangeli.
In particolare quello in cui si parla del giudizio che cadrà sugli uomini, giudizio che nei fatti è già ora operante in via spirituale ed interessa la nostra posizione di uomini quando ci raffrontiamo a Lui.
Il passo è questo:
Matteo 25:37-38
Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: Signore, quando ti abbiam noi veduto aver fame, e ti abbiam dato a mangiare? ovvero, aver sete, e ti abbiam dato a bere? E quando ti abbiam veduto forestiere, e ti abbiamo accolto? o ignudo, e ti abbiam rivestito? E quando ti abbiam veduto infermo, o in prigione, e siamo venuti a te?
Ciò che maggiormente impatta dalla lettura di queste domande è il fatto che, coloro che operano nel Figliuolo di Dio, per lo Spirito Santo, sono talmente immedesimati nella naturalità del loro fare che a null'altro badano se non alla gloria di Dio, ad onorare Colui che li chiama giusti, a muovere verso Colui che pesa gli spiriti, misura ogni oziosa parola, vede ogni bicchiere d'acqua donato.
Uomini giustificati, chiamati e resi giusti, nascosti in Cristo, in Colui che è la fonte del loro amore, della loro misericordia, della loro pietà, in Colui che è la loro dimora mentre che loro sono la Sua dimora.
Ciò detto vorrei porti una domanda relativa a quanto è possibile leggere su, circa l'amore generale e particolare di Dio.
Il testo di Matteo 25:37-38 è importante perché ci permette di considerare il comportamento di quelli che l’hanno manifestato nei confronti dell’affamato, dell’assetato, del forestiero, dell’ignudo, dell’infermo e di chi si trova in prigione. Costoro che vengono definiti “giusti”, con la risposta che diedero al Re, hanno dimostrato che il loro comportamento verso le persone menzionate, non è stato messo in opera con la prospettiva o la pretesa di ricevere un “riconoscimento” pubblico della società (anche se un simile agire, merita un plauso), ma spronati e guidati dalla volontà di obbedire alla legge di Dio, che non solo parla di “amare il prossimo come se stessi”, (e, amare, non di lingua e con le parole, ma di fatti e in verità) (1 Giovanni 3:18) ma di estenderlo anche in favore dei nemici, come diranno chiaramente sia Gesù che Paolo.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano (Matteo 5:44;
Anzi, « se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo » (Romani 12:20).
La risposta che i giusti riceveranno dal Re, non solo mette in evidenza la realtà del loro comportamento, ma afferma chiaramente che quello che si compie in favore di uno dei minimi fratelli del Re, viene fatto a Lui stesso. E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me" (Matteo 25:40).
In ultimo, l’amore vero, cioè compiuto di azioni tangibili che tutti possono vedere, non potrà avere un diverso riferimento che è quello di Dio stesso, il quale viene sintetizzato in una maniera splendida ed eloquente da Paolo: Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Romani 5:8), per non citare altri testi.
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22-04-13, 09:57
Il testo di Matteo 25:37-38 è importante perché ci permette di considerare il comportamento di quelli che l’hanno manifestato nei confronti dell’affamato, dell’assetato, del forestiero, dell’ignudo, dell’infermo e di chi si trova in prigione. Costoro che vengono definiti “giusti”, con la risposta che diedero al Re, hanno dimostrato che il loro comportamento verso le persone menzionate, non è stato messo in opera con la prospettiva o la pretesa di ricevere un “riconoscimento” pubblico della società (anche se un simile agire, merita un plauso), ma spronati e guidati dalla volontà di obbedire alla legge di Dio, che non solo parla di “amare il prossimo come se stessi”, (e, amare, non di lingua e con le parole, ma di fatti e in verità) (1 Giovanni 3:18) ma di estenderlo anche in favore dei nemici, come diranno chiaramente sia Gesù che Paolo.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano (Matteo 5:44;
Anzi, « se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo » (Romani 12:20).
La risposta che i giusti riceveranno dal Re, non solo mette in evidenza la realtà del loro comportamento, ma afferma chiaramente che quello che si compie in favore di uno dei minimi fratelli del Re, viene fatto a Lui stesso. E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me" (Matteo 25:40).
In ultimo, l’amore vero, cioè compiuto di azioni tangibili che tutti possono vedere, non potrà avere un diverso riferimento che è quello di Dio stesso, il quale viene sintetizzato in una maniera splendida ed eloquente da Paolo: Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Romani 5:8), per non citare altri testi.
Non v'è alcun dubbio infatti, circa il fatto che il giusto nel suo operare non ha vanto alcuno.
E' il suo essere nascosto in Cristo che lo rende approvato e completo nel suo operare.
Spesso nelle Scritture si parla appunto della carità di Cristo, di Dio proprio per evidenziare che v'è altra carità, d'uomo.
L'una è frutto dello Spirito, l'altra è semplicemente umana, naturale, fondata su istinto di sopravvivenza, su sentimentalismo sociale.
Dopo aver condiviso con te quanto sopra proseguo perchè interessato a meglio condividere e confrontare la mia esperienza di fede e meglio intendere alcuni altri aspetti dell'amore di Dio.
Faccio qualche breve considerazione e poi ti pongo una domanda.
L'amore generale e perfetto del Padre non lascia dubbi.
Segue qualche richiamo scritturale, ben noto.
Giovanni 3:16
Perciocchè Iddio ha tanto amato il mondo (indistintamente), ch'egli ha dato il suo unigenito Figliuolo, acciocchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Tito 2:11
Perciocchè la grazia salutare di Dio è apparita a tutti gli uomini; (indistintamente)
Matteo 5:44-45
Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi fanno torto, e vi perseguitano; acciocchè siate figliuoli del Padre vostro, che è ne' cieli; poichè egli fa levare il suo sole sopra i buoni, e sopra i malvagi; e piovere sopra i giusti, e sopra gl'ingiusti. (indistintamente)
A questo punto però, quel che voglio evidenziare è un altro aspetto.
Vero ed indubbio infatti è il fatto che oltre a questo amore generale, universale, celeste nel quale tutti gli uomini in vita sono chiamati dalla pietà e compassione del Padre a ricevere la vera vita nel Suo Figliuolo, il vero amore che è in Cristo, v'è un altro moto che accompagna questo amore e che va più nel particolare.
L'amore generale di Dio è costantemente indirizzato all'uomo ed all'intero creato, incondizionatamente, con verità, giustizia ed ogni altra virtù ma da questi, ed in particolare dall'uomo attende una risposta.
E' questo l'aspetto chiave che apre un'altra porta.
Un porta che parla di un amore più particolare, più intimo, tra il Padre ed i suoi figliuoli, tra i figliuoli ed il Padre.
Amore paterno, fraterno.
Cosa ne dici?
Non v'è alcun dubbio infatti, circa il fatto che il giusto nel suo operare non ha vanto alcuno.
E' il suo essere nascosto in Cristo che lo rende approvato e completo nel suo operare.
Spesso nelle Scritture si parla appunto della carità di Cristo, di Dio proprio per evidenziare che v'è altra carità, d'uomo.
L'una è frutto dello Spirito, l'altra è semplicemente umana, naturale, fondata su istinto di sopravvivenza, su sentimentalismo sociale.
Dopo aver condiviso con te quanto sopra proseguo perchè interessato a meglio condividere e confrontare la mia esperienza di fede e meglio intendere alcuni altri aspetti dell'amore di Dio.
Faccio qualche breve considerazione e poi ti pongo una domanda.
L'amore generale e perfetto del Padre non lascia dubbi.
Segue qualche richiamo scritturale, ben noto.
Giovanni 3:16
Perciocchè Iddio ha tanto amato il mondo (indistintamente), ch'egli ha dato il suo unigenito Figliuolo, acciocchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Tito 2:11
Perciocchè la grazia salutare di Dio è apparita a tutti gli uomini; (indistintamente)
Matteo 5:44-45
Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi fanno torto, e vi perseguitano; acciocchè siate figliuoli del Padre vostro, che è ne' cieli; poichè egli fa levare il suo sole sopra i buoni, e sopra i malvagi; e piovere sopra i giusti, e sopra gl'ingiusti. (indistintamente)
A questo punto però, quel che voglio evidenziare è un altro aspetto.
Vero ed indubbio infatti è il fatto che oltre a questo amore generale, universale, celeste nel quale tutti gli uomini in vita sono chiamati dalla pietà e compassione del Padre a ricevere la vera vita nel Suo Figliuolo, il vero amore che è in Cristo, v'è un altro moto che accompagna questo amore e che va più nel particolare.
L'amore generale di Dio è costantemente indirizzato all'uomo ed all'intero creato, incondizionatamente, con verità, giustizia ed ogni altra virtù ma da questi, ed in particolare dall'uomo attende una risposta.
E' questo l'aspetto chiave che apre un'altra porta.
Un porta che parla di un amore più particolare, più intimo, tra il Padre ed i suoi figliuoli, tra i figliuoli ed il Padre.
Amore paterno, fraterno.
Cosa ne dici?
Per quanto riguarda l’amore universale del Padre nei confronti di tutta l’umanità, senza nessuna distinzione di colore della pelle e di stato sociale, è pienemente affermato dai testi che hai riportato, cioè (Giovanni 3:16; Tito 2:11 e Matteo 5:44-45). Il fatto stesso che Giovanni 3:16, in modo particolare, affermi che Dio ha tanto amato il mondo… (= umanità), è una chiara prova che in quest'umanità, non ci sono solamente persone perbene, ma ci sono anche quelli perversi e malvagi, nel senso pieno di questi termini. Nonostante ciò, l’amore del Padre è per tutto, nel senso che Egli, vuole che tutti siano salvati (1 Timoteo 2:4).
Se poi aggiungiamo la donazione del Figlio, Gesù Cristo, nel donarsi a morire sulla croce quale sacrificio espiatorio per tutti, l’amore universale del Padre e del Figlio, sono incontestabili, per chi ragiona seriamente e valuta obbiettivamente la cosa. Che poi, non tutti hanno risposto e danno risposta ad una simile manifestazione divina, non è sicuramente colpa di Dio, ma unicamente dell’essere umano.
Per quanto riguarda invece l’amore particolare che il Padre riserva ai Suoi figli, (e per figliolanza non si intende nel senso come la concepiscono molti, cioè tutti essendo creature di Dio, siamo tutti i suoi figli), ma nel senso come specifica il testo evangelico:
É venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto;
ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome;
i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio (Giovanni 1:11-12).
Anche Gesù l’ha specificato, quando parlando ai suoi discepoli ha precisato.
Gesù gli rispose: « Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui (Giovanni 14:23.
]poiché il Padre stesso vi ama, perché mi avete amato e avete creduto che sono proceduto da Dio [/I](Giovanni 16:27).
L’amore fraterno, è invece una dimostrazione di obbedienza, accettazione e subbordinazione all’insegnamento della Parola di Dio, che ci invita, ci esorta in qual senso.
Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri (Giovanni 13:34).
Avendo purificato le anime vostre con l’ubbidienza alla verità per giungere a un sincero amor fraterno, amatevi intensamente a vicenda di vero cuore (1Pietro 1:22).
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio (1Giovanni 4:7).
E ora ti prego, signora, non come se ti scrivessi un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto fin da principio: amiamoci gli uni gli altri! (2Giovanni 1:5).
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