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Visualizza Versione Completa : In Italia pochi laureati: perché?



Metabo
01-05-13, 21:19
Meglio un uovo oggi: In Italia pochi laureati: perché? (http://uovooggi.blogspot.it/2011/01/in-italia-pochi-laureati-perche.html)
giovedì 13 gennaio 2011 In Italia pochi laureati: perché? (http://uovooggi.blogspot.it/2011/01/in-italia-pochi-laureati-perche.html)

Lo sappiamo: in Italia il numero di laureati in rapporto alla popolazione, è più basso che negli altri paesi sviluppati. Questo è vero qualunque sia il livello di titolo di studio considerato (laurea triennale, specialistica, o dottorati e specializzazioni varie).

Per coloro che non se ne fossero ancora convinti, estrapolo due grafici dal rapporto OECD Education at a Glance 2008 (http://www.oecd.org/dataoecd/23/46/41284038.pdf). Per chi non avesse tempo o voglia di leggersi le oltre 500 pagine del ricchissimo documento preparato dall'OECD, ecco qui sotto la situazione nel 2006. Il grafico rappresenta il numero di laureati in corsi di durata almeno pari a 3 anni. I triangoli sono i valori per i giovani fino ai 34 anni, i quadrati rappresentano la coorte tra i 55 ed i 64 anni. L'Italia è laggù, tra gli ultimi cinque paesi (clicca l'immagine per ingrandire):

http://3.bp.blogspot.com/_xUBhft1wqW8/TS8v1yTmkOI/AAAAAAAAAaQ/HSJbBiRW2fc/s400/oecd_laureati.jpg (http://3.bp.blogspot.com/_xUBhft1wqW8/TS8v1yTmkOI/AAAAAAAAAaQ/HSJbBiRW2fc/s1600/oecd_laureati.jpg)
A questo punto le ipotesi speculative si sprecano. Perché facciamo così pietà? La prima risposta che viene alla mente è che forse in Italia studiare non paga. Ma il prossimo grafico, anch'esso prelevato dal rapporto OECD, ci smentisce immediatamente (clicca l'immagine per ingrandire. Dico davvero, come fai a leggere i numeri così piccoli!?):

http://2.bp.blogspot.com/_xUBhft1wqW8/TS8wfAZ8dLI/AAAAAAAAAaY/fVIRdIR2-QY/s400/oecd_redditi.jpg (http://2.bp.blogspot.com/_xUBhft1wqW8/TS8wfAZ8dLI/AAAAAAAAAaY/fVIRdIR2-QY/s1600/oecd_redditi.jpg)
La tabella ci regala tante informazioni utili. La prima è che, in media, un laureato italiano guadagna molto di più di un lavoratore che possiede solo il diploma di maturità. Questo è vero sia per i giovani tra i 25 ed i 34 anni, che per i più anziani tra i 55 ed i 64 anni (non si vede nella tabella qui sopra, ma nel rapporto OECD è ben spiegato da una enorme tabella che separa i dati per fasce d'età, a pagina 173). I giovani guadagnano in media +57% rispetto ai colleghi non laureati, mentre gli over 55 guadagnano ben +94%.

L'altra informazione è che le donne sono meno fortunate. Come prevedibile in un paese ancora molto maschilista, in Italia le donne over 55 guadagnano un +62% contro il +101% dei colleghi maschi. Considerando l'intero arco d'età tra i 25 ed i 64 anni, la penalizzazione delle donne laureate appare ancor più accentuata: +88% per i maschi contro appena un +38% per le femmine. La differenza è invece molto meno marcata per i laureati giovani: +69% e +55%, rispettivamente ragazzi e ragazze under 34.

Quindi, pare che in Italia la laurea paghi bene, soprattutto per i maschi. Il maggior reddito ottenibile è abbastanza in linea con Francia, Germania, Regno Unito. Allora perché così pochi laureati? Non si tratta di un fenomeno femminile, dato che i nuovi iscritti nelle università italiane sono per il 63% donne, e maggiore è anche il numero di nuove laureate nell'anno (circa il 47% del totale dei laureati) rispetto ai laureati maschi. Se dunque il maggior reddito ottenibile grazie agli studi universitari è interessante, almeno quanto gli altri paesi europei, cos'è che riduce il numero dei nostri laureati?

Non ho la risposta, ma un'opinione che individua due possibili cause. La prima è la follia nostrana che porta ad incrementi del salario non dovuti a maggiore produttività del lavoratore, ma piuttosto a scatti automatici di anzianità. In questo modo si privilegia sempre e comunque il collega anziano, anche se poco preparato e quindi meno produttivo. E quindi, meglio cercar subito un lavoro per maturare l'anzianità, piuttosto che studiare e laurearsi.
La seconda causa può trovarsi nel valore legale del titolo di studio. Se la laurea è solo un certificato che serve accedere ad albi professionali ed abilitazioni, è ragionevole per lo studente cercare quell'università dove laurearsi è più facile, veloce ed economico. Questo atteggiamento riduce l'offerta di qualità dell'insegnamento, e rende poco utile frequentare corsi universitari per coloro che non aspirano ad accedere a professioni protette. L'università italiana si trasforma così da luogo di apprendimento (che porta a maggiore produttività e specializzazione), ad esamificio la cui durata si somma per lo studente ai vari periodi di apprendistato, tirocinio, specializzazione, che le professioni di avvocato, commercialista, medico, notaio ecc. richiedono obbligatoriamente nel nostro paese.

Si noti bene, che poco c'entrano la riforma Gelmini ed i problemi legati agli sprechi ed ai baroni. La questione è strutturale, e riguarda il meccanismo di remunerazione del lavoro assieme ai molti vincoli posti all'ingresso delle professioni ad elevata specializzazione. Due mali che andrebbero presto eradicati se vogliamo davvero ottenere un'università "europea".

Feliks
01-05-13, 21:43
buon articolo

Metabo
02-05-13, 10:42
a follia nostrana che porta ad incrementi del salario non dovuti a maggiore produttività del lavoratore, ma piuttosto a scatti automatici di anzianità[/B]. In questo modo si privilegia sempre e comunque il collega anziano, anche se poco preparato e quindi meno produttivo. E quindi, meglio cercar subito un lavoro per maturare l'anzianità, piuttosto che studiare e laurearsi.
La seconda causa può trovarsi nel valore legale del titolo di studio. Se la laurea è solo un certificato che serve accedere ad albi professionali ed abilitazioni, è ragionevole per lo studente cercare quell'università dove laurearsi è più facile, veloce ed economico.

Queste due cose per me sono il vero motivo e parlo anche per esperienza personale, in italia si da troppo valore al pezzo di carta come tale e poco alle capacità, cioè si va all'università non per imparare ma solo per dire di averlo fatto.
Secondo i sindacati che difendono gli operai anziani e magari svogliati e impreparati.

Feliks
02-05-13, 18:36
Queste due cose per me sono il vero motivo e parlo anche per esperienza personale, in italia si da troppo valore al pezzo di carta come tale e poco alle capacità, cioè si va all'università non per imparare ma solo per dire di averlo fatto.
Secondo i sindacati che difendono gli operai anziani e magari svogliati e impreparati.

Questo è sbagliato in parte. C'è tutta una interessante letteratura in teoria economica che giustifica questo fatto, ammettendo che l'università possa svolgere la sua funzione anche semplicemente come "segnale".
Signalling (economics) - Wikipedia, the free encyclopedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Signalling_(economics))

L'idea di base è che se per finire l'università occorre un certo livello minimo di "abilità" (correlata con le capacità lavorative), che non è osservabile dall'impresa che assume. Dunque il "pezzo di carta" fa da screening.

Il problema è che secondo me in italia lo screening è sbagliato. Mi spiego meglio.
L'università negli altri paesi è molto più intensiva, anche se più "facile". Bisogna studiare passo passo, rispettare scadenze, fare presentazioni, consegnare papers. Tutte attività che sono fondamentali nel terziario.
Invece l'università italiana si focalizza sull'aspetto non solo teorico ma soprattutto mnemonico.

Per concludere, l'università italiana dà alle imprese un segnale "rumoroso", e queste lo sanno benissimo.

Metabo
03-05-13, 13:25
Questo è sbagliato in parte. C'è tutta una interessante letteratura in teoria economica che giustifica questo fatto, ammettendo che l'università possa svolgere la sua funzione anche semplicemente come "segnale".
Signalling (economics) - Wikipedia, the free encyclopedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Signalling_(economics))

L'idea di base è che se per finire l'università occorre un certo livello minimo di "abilità" (correlata con le capacità lavorative), che non è osservabile dall'impresa che assume. Dunque il "pezzo di carta" fa da screening.

Il problema è che secondo me in italia lo screening è sbagliato. Mi spiego meglio.
L'università negli altri paesi è molto più intensiva, anche se più "facile". Bisogna studiare passo passo, rispettare scadenze, fare presentazioni, consegnare papers. Tutte attività che sono fondamentali nel terziario.
Invece l'università italiana si focalizza sull'aspetto non solo teorico ma soprattutto mnemonico.

Per concludere, l'università italiana dà alle imprese un segnale "rumoroso", e queste lo sanno benissimo.

Ma se le imprese sono le prime a lamentarsi dello scarso valore dei laureati italiani, certo se cerchi un chimico o un biologo è più facile, l'università da una preparazione in chimica o biologia, poi tu gli insegni il lavoro.
Ma per le altri lauree, il discorso è complesso comunque, in italia si dovrebbe facilitare lo studio e alleggerirlo e puntare anche su un percorso più pratico, per la serie la teoria su basa sulla pratica.

Frankie D.
11-05-13, 12:16
Questo è sbagliato in parte. C'è tutta una interessante letteratura in teoria economica che giustifica questo fatto, ammettendo che l'università possa svolgere la sua funzione anche semplicemente come "segnale".
Signalling (economics) - Wikipedia, the free encyclopedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Signalling_(economics))

L'idea di base è che se per finire l'università occorre un certo livello minimo di "abilità" (correlata con le capacità lavorative), che non è osservabile dall'impresa che assume. Dunque il "pezzo di carta" fa da screening.

Il problema è che secondo me in italia lo screening è sbagliato. Mi spiego meglio.
L'università negli altri paesi è molto più intensiva, anche se più "facile". Bisogna studiare passo passo, rispettare scadenze, fare presentazioni, consegnare papers. Tutte attività che sono fondamentali nel terziario.
Invece l'università italiana si focalizza sull'aspetto non solo teorico ma soprattutto mnemonico.

Per concludere, l'università italiana dà alle imprese un segnale "rumoroso", e queste lo sanno benissimo.

Io non la definirei più intensiva ma piuttosto più finalistica. Studi un dato argomento e lo applichi, in questo modo viene valutata la tua capacità di astrazione e di messa in opera di ciò che hai appreso (a questo servono i papers) e questa, come tu stesso affermi, è uno screening realmente utile per l'impresa che poi va a selezionarti. Ripudio il termine intensivo perché sottende che in Italia vi sia un minor carico di lavoro cosa che chiunque abbia avuto a che fare con università extra-italiane sa non essere per niente vera. E comunque tutto questo meccanismo è un estensione di un meccanismo valutativo più ampio: mentre da noi vanno a guardare il voto di laurea, negli altri paesi vanno a guardare i programmi (non il titolo dell'esame) svolti e il voto preso nella singola disciplina così da focalizzarsi sulle competenze particolari dell'individuo e non su una media generale che non serve un bel niente nella valutazione delle skills individuali.

Frankie D.
11-05-13, 12:21
Ma se le imprese sono le prime a lamentarsi dello scarso valore dei laureati italiani, certo se cerchi un chimico o un biologo è più facile, l'università da una preparazione in chimica o biologia, poi tu gli insegni il lavoro.
Ma per le altri lauree, il discorso è complesso comunque, in italia si dovrebbe facilitare lo studio e alleggerirlo e puntare anche su un percorso più pratico, per la serie la teoria su basa sulla pratica.

Certamente, anche il percorso pratico è un enorme mancanza nel percorso universitario italiano. Il percorso pratico serve per due cose fondamentalmente:

1) Insegnare all'individuo a ragionare di ciò che ha studiato (e questo avviene durante lo scontro tra teoria e pratica)
2) Far acquisire all'individuo una professionalità sociale (come la definisco io), ossia fare in modo che sviluppi la consapevolezza di cosa significhi essere un professionista all'interno del mondo del lavoro.

Inoltre l'università dovrebbe seriamente insegnare anche a lavorare in gruppo e a saper utilizzare le competenze dei colleghi.

Feliks
11-05-13, 16:14
No, sia chiaro che per "intensivo" intendevo la ripartizione del carico di lavoro.

In Italia puoi anche non fare nulla per mesi e poi iniziare a leggere il programma da mille pagine. Tanto l'esame puoi darlo quando ti pare.

Juv
15-05-13, 23:05
Mah.. sarei curioso di conoscere la fonte di queste statistiche. Di laureati ce ne sono anche troppi. E pure tanti con redditi modesti.

In italia storicamente ci sono sempre stati meno laureati che da altre parti, perche' i costi ed il tempo impiegati per laurearsi non erano ritenuti un investimento vantaggioso, in un paese che fino a qualche anno fa dava tante opportunita anche a semplici diplomati. Questo era un paese di pmi dove si prendevano i giovani e li si formavano all interno. Solo negli ultimi anni con l'arrivo del terziario globalizzato e della crisi del manufatturiero, le cose sono cambiate.

certo l'ưniversita italica era molto selettiva. Almeno fino all introduzione del famigerato 3+2. questo non aiutava a finire i corsi quadriennali.

Robert
15-05-13, 23:54
Il mondo delle imprese italiane non ha bisogno di laureati.
Le imprese italiche sono piccole, sottocapitalizzate, sottoistruite, cercano manodopera poco qualificata e con poche pretese.
E le grandi imprese estere che li ricercano da mò han preso la via dell'estero perchè costa meno.

Frankie D.
16-05-13, 20:29
Il mondo delle imprese italiane non ha bisogno di laureati.
Le imprese italiche sono piccole, sottocapitalizzate, sottoistruite, cercano manodopera poco qualificata e con poche pretese.
E le grandi imprese estere che li ricercano da mò han preso la via dell'estero perchè costa meno.

E infatti l'Italia produce laureati per le compagnie estere. Cioè spende un capitale nella formazione dei suoi concittadini per poi regalarne le competenze ad industrie straniere.

Frankie D.
16-05-13, 20:30
Mah.. sarei curioso di conoscere la fonte di queste statistiche. Di laureati ce ne sono anche troppi. E pure tanti con redditi modesti.

In italia storicamente ci sono sempre stati meno laureati che da altre parti, perche' i costi ed il tempo impiegati per laurearsi non erano ritenuti un investimento vantaggioso, in un paese che fino a qualche anno fa dava tante opportunita anche a semplici diplomati. Questo era un paese di pmi dove si prendevano i giovani e li si formavano all interno. Solo negli ultimi anni con l'arrivo del terziario globalizzato e della crisi del manufatturiero, le cose sono cambiate.

certo l'ưniversita italica era molto selettiva. Almeno fino all introduzione del famigerato 3+2. questo non aiutava a finire i corsi quadriennali.

Infatti la domanda sarebbe: perché l'Italia necessità di così pochi laureati? E' da qua che è necessario partire.

Metabo
16-05-13, 21:36
Infatti la domanda sarebbe: perché l'Italia necessità di così pochi laureati? E' da qua che è necessario partire.
Ma anche di università più moderne, alla fine credo che le due cose siano correlate

pandasaggio
09-12-13, 15:58
Perché c'è l'impressione che la laurea serva a poco!

Venom
10-12-13, 17:18
Infatti la domanda sarebbe: perché l'Italia necessità di così pochi laureati? E' da qua che è necessario partire.
Perche' in Italia si ha ancora la presunzione di poter andare avanti vendendo scarpe e salsa di pomodoro.

Felipe K.
11-12-13, 03:12
Infatti la domanda sarebbe: perché l'Italia necessità di così pochi laureati? E' da qua che è necessario partire.
non è che ha bisogno di pochi laureati, è che non ha bisogno di QUESTI laureati.

dimmi tu perché una impresa dovrebbe essere disposta a pagare un premio salariale a un ingegnere che non ha mai usato un software, a un laureato in economia e commercio che non ha mai visto un bilancio o una tabella su excel. o anche un laureato in scienze politiche che non ha mai scritto due righe in vita sua se non il copia-incolla della ridicola tesi.

il problema dell'italia è che la pedagogia FA SCHIFO e le imprese lo sanno.

Frankie D.
11-12-13, 10:59
non è che ha bisogno di pochi laureati, è che non ha bisogno di QUESTI laureati.

dimmi tu perché una impresa dovrebbe essere disposta a pagare un premio salariale a un ingegnere che non ha mai usato un software, a un laureato in economia e commercio che non ha mai visto un bilancio o una tabella su excel. o anche un laureato in scienze politiche che non ha mai scritto due righe in vita sua se non il copia-incolla della ridicola tesi.

il problema dell'italia è che la pedagogia FA SCHIFO e le imprese lo sanno.

Avete ragione sia tu che Venom.

Ma torniamo sempre là alla fine. Da un lato ci sono le imprese che sono tendenzialmente vecchie a livello di struttura organizzativa (e questo a livello economico si fa sentire) e che continuano a cercare la concorrenza con la Cina. Dall'altro ci sono le università che non ti insegnano nulla di applicabile e quel poco che sia fare lo hai imparato da te.

Robert
11-12-13, 11:59
Perché c'è l'impressione che la laurea serva a poco!
infatti da sola una laurea non serve ad un cazzo
vedere ad esempio i bocconiani come stanno distruggendo l'Europa con le loro ideologie liberistiche

Darwin
11-12-13, 13:52
Avete ragione sia tu che Venom.

Ma torniamo sempre là alla fine. Da un lato ci sono le imprese che sono tendenzialmente vecchie a livello di struttura organizzativa (e questo a livello economico si fa sentire) e che continuano a cercare la concorrenza con la Cina. Dall'altro ci sono le università che non ti insegnano nulla di applicabile e quel poco che sia fare lo hai imparato da te.

Mi aggancio al tuo post che mi sembra quello che riassume al meglio la situazione.
In Italia per varie ragioni(di fatto legato al mondo produttivo legato più al raffinamento del processo che dell'innovazione del prodotto almeno dagli anni 70 in avanti) non c'è mai stata una forte richiesta di buoni laureati ma bensì di buoni periti.
La percentuale di investimento in R&S sia del pubblico ma soprattutto del privato la dice tutta al riguardo.
L'università per converso non è mai stata stimolata a fornire tali laureati e quindi è rimasta sostanzialmente autoreferenziale.
La crisi pedagogica delle scuole a livello inferiore (si veda lo scadimento verticale degli istituti tecnici) ha portato ad un sempre più alto scadimento degli studenti che si affacciano all'università e quindi alla diminuzione della qualità degli stessi.
A mio avviso , fermo restando il problema dell'istruzione in Italia , il problema può essere risolto solo con l'incremento della domanda di buoni laureati (ma anche di buoni diplomati) e legando il giudizio sui risultati della scuole (università comprese) alla istruzione di tali laureati.

Fenix85
13-12-13, 20:06
è tutta colpa di scienze delle merendine.:drinky:

Felipe K.
13-12-13, 21:45
è tutta colpa di scienze delle merendine.:drinky:
le scienze delle merendine ce l'hanno ovunque, e ovunque non trovano lavoro.

Troll
13-12-13, 22:02
le scienze delle merendine ce l'hanno ovunque, e ovunque non trovano lavoro.
i saperi critici

Pieralvise
22-12-13, 12:42
le scienze delle merendine ce l'hanno ovunque, e ovunque non trovano lavoro.

Ovvio. Lo hanno capito persino in America che le merendine confezionate fanno male.