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Unghern Kahn
16-08-09, 18:02
IL BOMBARDAMENTO ETICO DIECI ANNI DOPO
:::: 16 Agosto 2009 :::: 9:52 T.U. :::: Recensione :::: Giovanni Di Martino
IL BOMBARDAMENTO ETICO DIECI ANNI DOPO
di Giovanni Di Martino


Siamo in una società in cui l'Economia gira nuda, e non si copre con

nient'altro (la società, la religione, la politica, eccetera), e tutti fingono che sia vestita,

e non è ancora arrivato un bambino per dirlo.


Costanzo Preve


Dieci anni fa c'è stata la svolta. Non per il resto del mondo, che si trascinava stancamente verso i festeggiamenti di fine millennio (che poi a rigore sarebbe finito l'anno dopo), ed era preoccupata solo che il “millenium bug” gli potesse mandare in tilt il telefonino. Ma per il filosofo torinese Costanzo Preve sì, quello è stato l'anno della svolta. Lui, filosofo di sinistra, stimato ed alle soglie della pensione dall'insegnamento (lui e la scuola italiana sono andati più o meno in pensione assieme), l'ultimo decennio lo poteva trascorrere serenamente, diventando un “grande vecchio” di riferimento per la malconcia sinistra italiana (che di ascoltarlo avrebbe avuto bisogno eccome). Un riferimento culturale, una specie di Ingrao, solo meno famoso e molto più colto. Ma c'è stata la svolta, e le cose sono andate diversamente.

La svolta è stata che Preve, nel 1999, ha denunciato molto coraggiosamente la partecipazione entusiastica del governo italiano di sinistra, guidato dal comunista pentito e riciclato Massimo D'Alema, ad una guerra di aggressione della NATO, circostanza che ai più è sembrata normale, e che a molti intellettuali è sembrata addirittura doverosa.

Si è trattato di una scelta coraggiosa, mai troppo ricordata, che ha portato Preve ad assumere una posizione scomoda fino ad essere considerato come un nemico proprio da buona parte di coloro che provenivano dalla sua stessa area politica. Chi ha voluto capire, bene inteso, ha avuto il modo e il tempo di farlo, e non sono stati pochi. Tuttavia, la svolta coraggiosa del 1999 ha procurato a Preve dieci anni di minacce, calunnie, isolamento totale sia politico che culturale da parte del mondo dal quale proviene, nonché la vergognosa accusa reiterata di essere diventato fascista, per avere scritto qualche articolo su riviste non allineate – e certo non fasciste – o per avere rilasciato alle stesse riviste qualche intervista, oltre che per avere intrapreso rapporti di collaborazione e talvolta di amicizia con gente tipo chi scrive, che (neo)fascista non lo è più, ma lo è stato per molti anni e non vede proprio la ragione per doverlo negare, visto che lo sanno tutti, e che comunque ritiene la propria sieropositività al neofascismo infinitamente meno grave dei bombardamenti etici della NATO avallati da chi fascista non lo è mai stato. E fuori dall'area politico culturale dalla quale proveniva non sono stati rose e fiori; perchè c'è stato anche lì chi ha capito, ma c'è stato anche chi, ritenendo di avere l'esclusiva a trattare certi argomenti, ha avuto paura che Preve stesse tentando di impadronirsi dei mini orticelli altrui. Ho sentito con le mie orecchie professori di storia e filosofia accusare Preve di volergli togliere la palma dei più perseguitati, e conservo ancora la mail del direttore di un giornale che mi impediva stizzito di pubblicare la recensione ad un suo libro, per paura che questo fosse l'inizio di una infiltrazione nel suo territorio. Roba da matti, ma fino ad un certo punto. Perchè credo che la serenità di Preve si sia rafforzata, nel senso che sapeva più o meno a cosa andasse incontro con la svolta.

La svolta ha avuto anche un atto formale, una sorta di strappo pubblico del distintivo di intellettuale di sinistra, per non correre più il rischio di essere accomunato a chi commetteva ed avallava l'aggressione militare alla Iugoslavia. E l'atto formale è il saggio intitolato “Il Bombardamento Etico”, uscito nel 2000. Oltre all'ossimoro del titolo, l'autore ne inserisce altri tre nel sottotitolo, l'Interventismo Umanitario, l'Embargo Terapeutico e la Menzogna Evidente. Quattro ossimori per “spaesare” il lettore, ultraprovocatori, ma anche ultrareali. E' in particolar modo reale la Menzogna Evidente, che in quanto “evidente” non deve nascondere nulla. Infatti la verità sui crimini che gli Stati Uniti e la NATO hanno commesso in Iraq nel 1991 e in Iugoslavia nel 1999 erano e sono sotto gli occhi di tutti, pubblicati dai giornali, diffusi dalla rete internet.

Utilizzando una metafora di stampo medico, Preve affronta la società odierna in tre capitoli, nel primo dei quali descrive i sintomi della malattia politica e sociale (gli interventi militari e le ideologie che li legittimano), nel secondo le cause profonde ed invisibili (il trattamento differenziato, storico e storiografico, di Auschwitz e Hiroshima) e nell'ultimo la terapia (una Resistenza radicale che prima di tutto deve essere culturale).

Prima di affrontare i sintomi della malattia, Preve introduce l'essenziale concetto della “volontà di non sapere”, e lo fa descrivendo il capitalismo attuale. Preve definirà1 il capitalismo di oggi come assoluto e molto pericoloso perchè privo di classi sociali e dunque difficilmente inquadrabile. In realtà il capitalismo attuale si è trasformato entrando in questa nuova fase e dunque ci saranno nuove classi sociali e nuove basi sociali di riferimento, ma siccome non sono ancora state individuate, si continua comunemente a parlare di borghesia e proletariato, e ciò è funzionale al perpetuarsi dell'incomprensione dello stato attuale delle cose. Per questa ragione Preve opta per la soluzione temporanea del “capitalismo senza classi”, una figura più inquietante che faciliti il riorientamento gestaltico del lettore. Il capitalismo di oggi fa quindi paura anche a se stesso, visto che non ha solo l'armadio pieno di scheletri, ma ha proprio tutto il peggio dentro. Preve lo paragona a Dorian Grey, e a conti fatti dieci anni dopo ci aveva preso anche nella forma, visto che il Berlusconi del 1999 aveva un aspetto molto più anziano di quello del 2009.

Preve indica come filtri, per cogliere il passaggio dal capitalismo di secondo stadio a quello attuale, il parametro estensivo – geografico e quello culturale. Il capitalismo di secondo stadio, infatti, durato 150 anni e finito tra gli anni settanta e gli anni ottanta del Novecento, ha il colonialismo e il nazionalismo come costante estensivo – geografica, e la tradizione borghese come costante culturale. Queste due coordinate (colonialismo nazionalistico e tradizione borghese) oggi non sono più valide, ma vengono ancora utilizzate generalmente, con la conseguenza che si producono analisi socio – politiche del tutto sballate. Il parametro estensivo – geografico di oggi è l'interventismo globalizzato a formale sostegno dei diritti umani, mentre il parametro culturale è una innovazione espansiva che falcia tutto ciò che incontra, compresi i paletti che la tradizione borghese conservava. Con la conseguenza che il capitalismo attuale è anche e prima di tutto antiborghese. La colpa di questa confusione non può essere di tutti, anche se tutti sbagliano. Preve punta il dito contro il ceto intellettuale istituzionale, pigro e in mala fede, composto per lo più da ex estremisti di sinistra pentiti e convertiti, che non hanno accettato il fallimento della loro contestazione giovanile e vi hanno collocato la fine del mondo.

Il capitalismo di oggi, dunque, che ha dentro sé tutto il peggio e non lo vuole tirare fuori, non utilizza i concetti di “sapere” e “mentire”, ma utilizza la “volontà di non sapere”, ossia la volontà di non sapere ciò che è vero.. Si tratta di un fenomeno psicologico di massa e non individuale, per cui, per esempio, gli italiani sono brava gente e si sentono tale, ignorando colpevolmente (come fanno gli insegnanti a scuola), che in tutto il Novecento l'Italia non ha solo avuto poveri sergenti nella neve senza scarpe o mandolini per allietare il vincitore di una guerra che non si voleva, ma ha avuto quasi sempre un ruolo di aggressore imperialista. E qui il fascismo c'entra fino a un certo punto, perchè la parte del lupo la si è fatta anche prima e dopo. L'Italia ha aggredito infatti molto poco onorevolmente e quasi sempre con scarsi risultati l'Impero Ottomano nel 1910 in Libia e nel 1919 in Anatolia, l'Impero d'Austria e Ungheria nel 1915 (tradendo un patto di alleanza), la Libia nel 1925, l'Etiopia nel 1935, l'Albania nel 1939, la Francia, la Grecia, la Iugoslavia e l'Unione Sovietica tra il 1940 e il 1941, fino alla prima guerra del Golfo del 1991 e alla guerra dei Balcani del 1999. Ma nessuno, a causa del cinismo di massa corollario della “volontà di non sapere”, ha mai avvertito un senso di colpa per tutto ciò. Preve spiega anche con un esempio personale come tra gli anni sessanta e il 1999 abbia compreso il concetto di “volontà di non sapere”.

Il rovesciamento dialettico della “volontà di non sapere” (ossia della volontà di non sapere ciò che è vero) è – ad avviso di chi scrive – la volontà di sapere ciò che non necessariamente è vero, ma che sembra tale. E questo ultimo fenomeno è abbastanza facile da riscontrare nella vita comune. Almeno per me. La gente con la quale ho a che fare tutti i giorni, per esempio, ha mediamente una buona opinione di me per quelle quattro nozioni di storia che mi sono rimaste appiccicate dal tempo della scuola. Tanto che quando tra loro sorge un dubbio vengono a consultarmi per scioglierlo. E tendenzialmente si fidano di quello che dico, anche se a volte ribalto una visione comune. Quindi mi credono, meravigliati ed ammirati, se racconto che Furio Camillo non ha proprio sconfitto Brenno, ma è sceso a compromessi, o se spiego che Umberto I era il “re buono” solo di nome, e così di suo padre e il suo presunto nonno.

Ma quando capita di parlare di quegli argomenti su cui l'oscurantismo intellettuale odierno si è posato, le stesse persone mi guardano come a dire: stavolta l'hai sparata proprio grossa, a questa non crediamo. E non c'è santo che tenga. Il mito millenario di Furio Camillo lo posso demolire quando voglio, ma l'immagine di Milosevic vampiro che ammazza gente dalla mattina alla sera no. E si tratta di persone che hanno un titolo di studio e leggono i giornali... forse il problema è proprio questo: sono i pericolosissimi e numerosi “semi – colti” cui Preve fa riferimento in un suo recente libro2. Quelli che storcono il naso se sentono che Ratzinger è andato al museo dell'Olocausto, perchè essendo tedesco credono che sia un po' responsabile anche lui, e a nulla serve provocarli, dicendo che è molto più grave che un pontefice abbia confessato Pinochet, oppure che i loro nonni, essendo italiani, sono responsabili di Auschwitz almeno quanto Ratzinger. Ratzinger è tedesco e per ragioni anagrafiche è stato chiamato alle armi, e sempre per ragioni anagrafiche è vissuto nella Germania di Hitler fino all'età di diciannove anni: quindi sembra proprio verosimile che sia responsabile di Auschwitz, poco importa se non è così. Roba da matti, quindi, ma fino ad un certo punto.

A conclusione della sua introduzione, Preve traccia due coordinate storico – geografiche essenziali, conscio del fatto che in Italia c'è scarso interesse e scarsa conoscenza delle vicende storiche esterne all'Europa Occidentale. Lo fa ricordando che l'Impero Ottomano è stato lasciato in pace dagli europei per secoli, e a volte pure difeso dalle minacce russe (come nella guerra di Crimea), fino a quando la più grande marina del mondo (quella inglese) ha deciso il passaggio dall'alimentazione a carbone a quella a petrolio. Questa fondamentale decisione, trascurata da molti manuali di storia, ha acceso da un giorno all'altro l'interesse mondiale per il così detto Medio Oriente e per il suo petrolio. Tutto qui. Il resto, ossia l'accostamento di Nasser, Saddam Hussein e Amahdinejad ad Hitler, è solamente un tentativo più o meno riuscito di trovare una legittimazione politica formale all'interesse economico. E improvvisamente l'Impero Ottomano, che prima poteva e doveva esistere, è diventato preda da spartirsi per gli occidentali, compresa l'Italietta di cui sopra. Agli arabi, quindi, non è stato permesso di fare nel Novecento quello che gli europei hanno fatto nell'Ottocento, ossia creare gli stati nazionali per dare contro ai “feudi” che si opponevano. Cavour e Bismark lo hanno potuto fare, Nasser e Saddam Hussein no, perchè c'era il petrolio e si sono messi tutti in mezzo.

Le ragioni delle due guerre prese in considerazione da Preve nel suo saggio, sono dunque ancora quelle di fine ottocento. Senza petrolio Saddam avrebbe potuto veramente sterminare tutti i Curdi e senza ragioni economiche di fondo Milosevic avrebbe potuto veramente uccidere fino all'ultimo albanese, che al mondo occidentale non sarebbe importato.

Per legittimare i due interventi, dunque, è stato necessario mentire anche a noi stessi, e sapendo di mentire...la Menzogna Evidente quindi. Il modello di bestia apocalittica a tutto tondo già c'è occorre solo accostargli il nemico di turno e il gioco è fatto. Saddam è il presidente di un regime sanguinario sì, ma ha modernizzato l'Iraq e lo ha reso culturalmente superiore agli altri stati arabi. Ha cacciato gli occidentali, costruito l'università e ha combattuto l'analfabetismo, oltre che l'Iran. Niente più e niente meno di tanti altri, anzi, a conti fatti un po' di più. E sicuramente un po' di più di come è l'Iraq di oggi. Ma ciò non è servito a fargli evitare l'accostamento ad Hitler, e ad inventarsi una nuova Auschwitz.

Il concetto di fondo parte dal trattamento differenziato della stessa Auschwitz con Hiroshima: se ci inventiamo una nuova Auschwitz poi possiamo applicare il metodo Hiroshima (più efficace, perchè distrugge senza guardare negli occhi e fa venire meno rimorsi). Il risultato è stato il Bombardamento Etico e l'Embargo Terapeutico per il popolo iraqeno.

Lo stesso meccanismo, seppure con maggiore sfacciataggine formale, è stato applicato all'aggressione alla Iugoslavia del 1999: guerra già decisa da oltre un anno per altri scopi ed accostamento di Milosevic ad Hitler per legittimarla formalmente. A nulla serve (anche perchè nessuno lo sa) che i Serbi siano storicamente stati (assieme ai Bulgari) i meno feroci e più tolleranti tra i popoli balcanici, né che i Balcani siano da sempre un misto intricato di etnie (ragion per cui la formula dei vecchi imperi multinazionali funzionava meglio di quella degli stati nazionali monoetnici).

Il sintomo del male politico dei nostri tempi è dunque rappresentato dai bombardamenti etici imperiali del 1991 e del 1999 (e seguenti n.d.r.), che sono dei veri e propri crimini contro l'umanità senza nessun fondamento, perchè i bambini iraqeni, morti nei dieci anni di embargo (terapeutico) per conseguenza delle bombe e mancanza di medicinali, non hanno commesso nessun peccato, così come i Serbi, che non hanno fatto pulizia etnica degli Albanesi, mentre gli Albanesi la stanno tutt'ora facendo sotto l'ala protettrice della NATO. Sono crimini come Auschwitz o Hiroshima, ma nessuno si osa paragonarli..

Preve sottolinea che la crisi del Golfo del 1991 poteva essere risolta senza bombardare i civili e senza embargo, ma se l'ONU si fosse presa la briga di risolvere il problema del diritto alla sovranità del Kuwait, avrebbero preteso la stessa cosa i Palestinesi...per cui è stato molto più comodo accostare Saddam ad Hitler ed attaccarlo (accostamento che nessuno aveva fatto quando Saddam ha attaccato l'Iran). E tale aggressione criminale è stata tranquillamente ammessa e spiegata dalla stampa (la Menzogna Evidente). Per questo il dito di Preve è puntato sugli intellettuali istituzionalmente riconosciuti, perchè la loro organicità al sistema gli ha imposto un contributo essenziale nella “derealizzazione del mondo”, un processo di decostruzione della realtà in cui agli abitanti delle potenze imperiali (più alleati e sudditi) viene fatto credere che la guerra sia una cosa virtuale, tipo un videogioco, da vedere in televisione, ma senza la percezione di ciò che succede.

Per spiegare l'Interventismo Umanitario di cui sopra, Preve apre una parentesi sulla doppia natura dell'americanismo. Visto da dentro gli Stati Uniti e visto da fuori. Internamente, la storia degli Stati Uniti è sempre stata una storia di frontiera. Una frontiera c'è sempre, anche quando la “frontiera”, quella con i nativi americani, non c'è più. Oggi la frontiera è il mondo intero, nel quale svolgere una sorta di missione per conto di Dio (“i buoni sono loro”, diceva Gaber). Un fondamentalismo laico che però ha nel protestantesimo puritano il nucleo della propria identità, ed è fondato su una trinità composta da elementi inscindibili quali la credenza in Dio, l'economia di mercato e le elezioni politiche maggioritarie uninominali (molto più spettacolari e pronte per essere teletrasmesse).

A questa natura così detta “interna” dell'americanismo, inteso come autoreferenzialità e tendenza espansiva illimitata, Preve ne accosta una “esterna”, quella dell'americanismo esportato, nel quale gli statunitensi non si pentono di Hiroshima, ma chiedono ai tedeschi di tutte le età di pentirsi costantemente per Auschwitz. Si tratta di un americanismo, come detto, esportato, ma non solo a suon di bombe, perchè quello sarebbe il meno, bensì in modo invisibile. E i diffusori principali sono proprio gli intellettuali semicolti degli stati vassalli. Il nocciolo della questione viene quindi correttamente individuato nel concetto divenuto fondante dei “diritti umani”, dei quali Preve spiega in due pagine come si è giunti, anche a livello filosofico, alla definitiva trasfigurazione, dal senso nobile che gli aveva dato l'Illuminismo fino alla attuale mutazione in centro di una religione laica e pericolosa.

La causa profonda ed invisibile del male politico dei nostri tempi è indicata dall'autore nel trattamento differenziato di Auschwitz ed Hiroshima, e nel conseguente pentimento amministrato. Tali due fenomeni hanno portato alla vergognosa indifferenza (e complicità) con l'embargo iraqeno (e la attuale invasione n..d.r.) e il bombardamento della Iugoslavia.

La bomba atomica di Hiroshima (e la successiva, sganciata 4 giorni dopo) viene spiegata sui libri di storia non solo americani come un bombardamento etico, fatto cioè per fare arrendere il nemico (peraltro già stremato) e non fare continuare la guerra, salvando così la vita a tanti soldati (buoni) americani. Quindi in definitiva un bombardamento giusto, atroce, ma giusto, per cui l'Europa e l'Occidente non ne hanno percepito l'atrocità e va bene così.

Neanche Auschwitz è stato riconosciuto per quello che in realtà era. Anziché, infatti, considerarlo come un crimine originato da una idea redentiva, quale era l'antisemitismo salvifico di Hitler (che comandava in Germania), Auschwitz viene uniformemente spiegato come una forma di manifestazione del demonio, identificato con il popolo tedesco di ieri, di oggi e di domani, sul quale fare cadere il peso, esattamente come fanno i miei colleghi molto semicolti con Ratzinger. Non ci sarebbero quindi i bianchi buoni, i neri cattivi e i grigi che lasciano correre: tutti i tedeschi degli anni quaranta sarebbero dunque tutti neri cattivi che avrebbero realizzato il sogno che da millenni il popolo tedesco accarezzava, ossia quello di liberare il mondo dagli ebrei. Tutto ciò non solo è sbagliato, ma è la chiave perfetta per non capire Auschwitz e renderla il dogma fondante di una religione che oggi può tornare molto utile.

Eppure cercare di capire Auschwitz non dovrebbe essere così difficile. Preve ricorda come Primo Levi, nell'opera “I sommersi ed i salvati” avesse fornito una possibile chiave di lettura per capire e non per speculare, distinguendo proprio i bianchi, i neri e i grigi. Ma le esigenze politiche successive hanno evidentemente ridimensionato la necessità di affrontare e capire con serenità il tutto.

Hiroshima è stato un crimine gravissimo, al quale è seguita l'elaborazione di 18 piani di distruzione atomica dell'Unione Sovietica in caso di scongelamento della così detta guerra fredda, l'attuazione dei quali sarebbe stata altrettanto criminale. Preve sposa in proposito la tesi di Paolo Maranini secondo cui tre furono le cause di Hiroshima. Anzitutto le bombe c'erano e bisognava buttarle: era stato fatto un grosso investimento e la guerra la si stava vincendo comunque, quindi bisognava affrettarsi a dimostrare che i soldi della ricerca erano stati bene spesi. In secondo luogo c'erano le ragioni militari (fiaccare i giapponesi che avrebbero resistito fin davanti alla porta di casa proprio come i tedeschi, ma anche spaventare l'Unione Sovietica che stava invadendo l'impero fantoccio del Manchukuo). E infine c'è la costante statunitense, salvare le vite degli American boys: diversamente dagli imperialismi ottocenteschi gli Stati Uniti sono poco inclini a sacrificare vite americane per gli scopi militari. E infatti dalla prima guerra mondiale alla seconda guerra del Golfo il numero di American boys morti è sempre diminuito, essendo la tecnica venuta in soccorso. Fino alle guerre attuali, tipo quella del 1999 in Iugoslavia, in cui si fa tutto dal cielo.

Preve distingue quindi correttamente lo sterminio ideologico (Auschwitz) che è considerato ingiustificabile, e soprattutto è difficile da realizzare, perchè ci vogliono molto neri e l'appoggio dei grigi, dallo sterminio tecnologico (Hiroshima e seguenti) che è parzialmente giustificato e si attua molto più facilmente, visto che per metterlo in atto ci vogliono pochi neri e tanti grigi.

Va da sé che per tutti coloro che non si nascondono dietro un dito anche Hiroshima e tutte le sue successive forme di manifestazione perfezionate sono crimini ideologici, anzi sono pure ideologizzati ed ideocratici, ma sul trattamento differenziato come spiegazione degli ultimi settanta anni di imperialismo statunitense Preve fa centro. E definisce quanto appena descritto come “destoricizzazione della coscienza storica moderna”, fenomeno che ha nel trattamento differenziato la teoria e nel pentimento amministrato lo sviluppo pratico.

Il pentimento amministrato per Auschwitz è un pentimento collettivo. Come tutti i pentimenti collettivi è una forzatura burocratica priva di comprensione e rispetto, in quanto il pentimento vero per qualcosa dovrebbe riguardare l'individualità del singolo e solo quella. Analizzando il pentimento amministrato, Preve ne affronta le due cause profonde ed invisibili, di destra, il negazionismo, e di sinistra, il giudeocentrismo, prendendo entrambi gli argomenti di petto con estrema chiarezza. Affrontando quindi il negazionismo e spiegando le ragioni per le quali lo ritiene inaccettabile, ma al contempo ritenendo che esso vada affrontato per smontarlo e non oscurato con provvedimenti giudiziari che hanno come unico effetto quello di elevare l'Olocausto sopra ogni altro possibile crimine. Ed affrontando il giudeocentrismo, inteso come concetto filosofico – storiografico sviluppatosi in occidente, che vede l'Olocausto come il fatto centrale e determinante del Novecento (e questo è un atteggiamento più di sinistra, perchè i politici di sinistra sono alla ricerca di una religione laica da abbracciare subito e di una nuova maschera con la quale presentarsi dopo la caduta dei loro sogni).

La terapia per combattere tutto ciò è la ricerca di un modo di impostazione della Resistenza radicale, che secondo Preve deve essere prima di tutto e soprattutto culturale, perchè diversamente non si hanno possibilità di successo. Oggi l'approvazione dei bombardamenti etici dipende da una cultura distorta e manipolata che fa travisare tutto (destra/sinistra, capitalismo di ieri/capitalismo finanziario di oggi, globalizzazione totale/mondialismo multiculturale: la gente fa confusione e la confusione è voluta). Dunque se ci si propone il superamento del capitalismo, il mezzo deve essere ricercato nella nozione filosofica di “prospettiva”, anzitutto elencando gli approcci da evitare. E gli approcci da evitare sono sia quello da eremita nicciano rinchiuso in cima ad una torre con i pochi che hanno capito tutto, sia quello fatalista e parareligioso della grande narrazione e del soggetto salvatore, inteso come ambito privilegiato dal quale partirà la rivolta, come furono gli operai per Lenin e i contadini per Mao. Occorre cioè per prima cosa non mentire a noi stessi. Lo stato attuale delle cose è drammatico e cambiarlo è cosa molto difficile, anche a causa del fatto che farsi capire diventa quasi impossibile dato che è totale l'offuscamento semantico operato dal lessico riformista peggiorativo, che trasforma la “precarizzazione” in “riforma del mercato del lavoro”, le “cure a pagamento” in “riforma della sanità”, e la “distruzione della scuola” in “riforma della scuola”.

La funzione oscurante degli intellettuali che non dicono la verità è l'ostacolo che non consente nemmeno di riconoscere le effettive manifestazioni dello spirito di Resistenza. E qui sta l'intuizione essenziale nonché l'approccio dal quale, eventualmente, partire. Preve comprende perfettamente di essere fuori tempo ed, in definitiva, tropo avanti, tanto da non venire ascoltato neppure da chi dovrebbe stare dalla sua parte. Ed indica con precisione l'inadeguatezza dei metodi e l'arretratezza dell'analisi (ai quali andrebbe anche aggiunta la più totale assenza di preparazione) dei gruppi che si dedicano alla militanza politica contraria allo stato attuale delle cose. Ciò proprio perchè spesso lo spirito di Resistenza si esprime attraverso forme ideologiche vecchie.

È dunque inutile chiedersi cosa si possa fare e proporre delle soluzioni che ad oggi non sono realizzabili. È dunque inutile l'attuale gara a chi la spara più grossa tra gli “antagonisti” di destra e di sinistra. “Resistere” significa “stare fermi” in latino, e “stare contro” in greco: occorre individuare subito ciò contro cui si sta contro e poi organizzarsi per stare contro. Si deve – secondo l'autore – resistere contro la dittatura del politicamente corretto e contro la dittatura dell'economia. Ma sempre dalla capacità di riconoscere chi effettivamente resiste bisogna partire: perchè ciò che il circo mediatico nomina ufficialmente come opposizione legittima può essere uno spettacolo consentito ed approvato dalla stessa globalizzazione (e Preve fa l'esempio dei No global anticipandone dieci anni prima l'implosione, implosione avvenuta formalmente un mese fa, con il tentato approccio al dialogo con il presidente Obama alla vigilia del G8, approccio giustamente ignorato e che denota la navigazione a vista del movimento). Al contrario ciò che il circo mediatico bolla come terroristi o carnefici possono in realtà essere i veri nuclei operanti di Resistenza. I resistenti sono i partigiani di popolo di Hizbollah, non i girotondi per la pace. La Resistenza è prevedibile, ma non sempre riconoscibile.



Costanzo Preve, “IL BOMBARDAMENTO ETICO. Saggio sull'Interventismo Umanitario, sull'Embargo Terapeutico e sulla Menzogna Evidente”, C.R.T., Pistoia, 2000.

1Cfr. C. PREVE, Alcuni problemi per l'orientamento politico e metapolitico nell'attuale momento storico, in Comunitarismo, n.3/2005, in cui definisce il “consumismo performativo”..

2C. PREVE, La quarta guerra mondiale, 2008, Edizioni All'Insegna del Veltro, Parma.




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