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MaIn
01-09-13, 11:32
Circolo Rosselli Milano Attualità politica: Una proposta socialista (http://circolorossellimilano.blogspot.it/2013/09/una-proposta-socialista.html)

che mi sembra attuale (e per questo fa impressione leggere la data) La disoccupazione non è facile da misurare, e ancor più difficile è paragonare il tempo “perduto” rispetto a quello disponibile per le forze lavorative di un paese (…) Il mio scopo era un altro. Di segnalare come, frammezzo a tante eleganti discussioni sulle grandi linee di politica economica, non si senta il bisogno di conoscere meglio l’ampiezza reale del fenomeno e le sue caratteristiche qualitative e quantitative. Noi italiani sappiamo troppo poco sul fenomeno più importante che caratterizza ormai in Europa, con la Germania, il nostro Paese. Ne parliamo moltissimo, ogni giorno, ma ne sappiamo in termini così vaghi e incerti da arrossire ogni volta che uno studioso di altri Paesi ci chiede notizie precise (…) Come vive il disoccupato? Quali sono le condizioni di esistenza della sua famiglia? Viene aiutato da famigliari, da amici, dall’assistenza pubblica? In che misura? Non ci siamo mai curati di saperlo con esattezza. Questa ignoranza sulle condizioni di un decimo della popolazione attiva è uno degli aspetti più gravi delle nostre deficienze, è una delle colpe di omissione più rimproverabili a uno Stato che si dice animato dal desiderio di giustizia sociale. Un’inchiesta sulle condizioni di vita dei disoccupati mi pare necessaria e urgente. Perché noi non siamo soltanto incerti sul fenomeno dal punto di vista quantitativo: siamo del tutto privi di conoscenze sull’aspetto qualitativo. Non sappiamo quanti siano gli operai o gli impiegati di un determinato grado di qualificazione i quali mancano di possibilità di lavoro; non sappiamo esattamente che genere di lavoro facessero e qual tipo di lavoro sono capaci di compiere, quali attitudini e quali deficienze abbiano, se e come queste attitudini possano essere perfezionate, se e come dobbiamo istradarli verso altre qualificazioni. Non è più una frase da romanzi demagogici quella che il disoccupato si sente solo, tremendamente solo, col suo libretto cosiddetto “di lavoro” nelle mani, quando consuma le sue quotidiane energie per sentirsi chiudere venti porte sul viso, accolto sempre come un petulante sgradito. Non chiedo qui se abbiamo diritto di lasciarlo solo, cioè di farne un nemico della società, che è l’unica qualificazione spesso cui è libero di avviarsi. Chiedo per ora se lo Stato ha veramente fatto tutto quel che doveva per seguire da vicino quest’uomo, come il medico segue amorosamente il malato, nelle fasi del suo periodo febbrile. Noi socialisti avevamo chiesto al Governo – or sono tre anni – di presentare un bilancio economico nazionale: ci è dunque riuscita gradita la relazione che, ai primi di quest’anno, il ministro del bilancio ha offerto al Parlamento (…) Ma ora chiediamo al governo di presentarci periodicamente il bilancio umano del Paese, senza del quale il bilancio economico ha un significato parziale. Chiediamo di sapere non soltanto come sono state utilizzate alcune risorse naturali del nostro suolo, ma come è stato utilizzato il patrimonio di energie lavorative del Paese (…) Al governo chiediamo che sia subito condotta l’inchiesta sulle condizioni di vita dei disoccupati; e che si riferisca periodicamente al Paramentol e al Paese, con compiutezza e con tempestività, sul bilancio delle disponibilità lavorative e sulle ragionevoli previsioni per il domani. I problemi di un Paese non si risolvono nella semioscurità. Oggi il cono di luce del proiettore deve illuminare a chiara luce anzitutto questo decimo di popolazione attiva che è in ozio suo malgrado Roberto Tremelloni, Chiediamo il “bilancio umano”, Critica sociale, 16 maggio