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Davide (POL)
09-02-04, 14:48
Il comitato contro le scorie di Scanzano narra come si è arrivati al successo nella lotta contro le scorie. Senz'armi, senza violenza, ma nel puro spirito della nonviolenza
Alessio Di Florio
Fonte: Comitati “ ScanZiamo le scorie”, Campo Base-Terzo Cavone, Forum
Ambientalista-Basilicata,
LIPU-Basilicata, Comitato di difesa della Costa Jonica.
7 febbraio 2004

Abbiamo voluto narrare quelle due straordinarie settimane che abbiamo
vissuto nel Metapontino per chiamarvi ad un confronto sulle
piu’significative esperienze di lotta che stiamo vivendo nel Meridione
d’Italia per l’affermazione di uno sviluppo eco-compatibile, contro la
devastazione sociale e culturale imposta da logiche neoliberiste e per
un’altra idea della democrazia, della partecipazione, della dignità e
protagonismo popolare. Appuntamento il 15 febbraio a Scanzano


Nella mattinata di giovedi 13 novembre l’intera comunità lucana piombava
in un incubo spaventoso, il governo Berlusconi emananava un decreto
legge, con il quale individuava il sito unico nazionale per le scorie
nucleari a Scanzano Jonico, nel cuore del Metapontino.
Follia delle follie, con questo provvedimento sciagurato, si prevedeva la
possibilità di realizzare, anche, immediatamente, il deposito “temporaneo”
delle scorie nazionali, che da un momento all’altro potevano essere raccolte
tutte, provvisoriamente ed a cielo aperto, a Scanzano.
Appena informate della questione, le popolazioni locali pressochè
stordite, accusavano un generale senso di frustazione e disorientamento, che
veniva colmato in maniera straordinaria dalle forze sociali organizzate,
sindacati dei lavoratori ed organizzazioni agricole in primis, e dalle
istituzioni locali, Provincia (che sarà il primo ente a convocare il proprio
consiglio a Scanzano J.co ) e Regione Basilicata in testa.
Dal 13 novembre in poi tutto il resto ci sembrò, così come avvenne sempre
più nelle ore successive, secondario.
Cominciarono subito a delinearsi i contorni di una vicenda a tutt’oggi
inquietante, torbida e tutt’altro che trasparente.
Due passaggi fondamentali caratterizzerano le giornate successive:
1) l’intervento del Parroco di Scanzano, don Filippo Lombardi, che userà
letteralmente questa espressione: “la rassegnazione è un demone,
rassegnarsi è un peccato”, che diventerà il vero filo rosso di tutta la
vicenda;
2) il delinearsi di una intellighenzia, pressochè composta da militanti
della sinistra, comitati ambientalisti e cattolici impegnati nel sociale,
che rappresenterà il punto più avanzato e più consapevole di tutta la lotta,
e che, nel momento in cui scriviamo, ancora sta continuando un lavoro che
naturalmente va oltre la vicenda contingente.
Tra il Sabato 15 e la Domenica 16, inizia a delinearsi un quadro più
chiaro dal punto di visto politico e degli obiettivi, condito ad un
generale moto di insurrezione popolare, che sin dai primi minuti si
caraterizzerà per la assoluta non violenza, unità e radicalità.
Sabato 15 il Consiglio Provinciale riunito a Scanzano delibererà
l’istituzione di un comitato di coordinamento istituzionale, che avrà il
compito di sostenere la lotta spontanea ed auto-organizzata dei cittadini. A
questa seduta consiliare parteciperanno tutti i sindaci della Provincia di
Matera, diversi consiglieri ed assessori regionali, ed alcuni parlamentari
eletti in Basilicata.
Tra il Sabato 15 e Domenica 16, iniziano i blocchi stradali sulla strada
statale 106, all’altezza di Terzo Cavone in agro di Scanzano, a Nova
Siri al confine con la Calabria e nei pressi delle Tavole Palatine al
confine con la Puglia. A proposito dei blocchi stradali, che da martedi 17
in poi diventeranno ben 10, nove dei quali in provincia di Matera e
uno sull’autostrada Salerno - Reggio Calabria all’altezza di Lagonegro,
vorremmo fare qualche riflessione: naturalmente i blocchi stradali
rappresentano la prima reazione di ribellione, se vogliamo la piu’semplice,
ma crediamo che consciamente e inconsciamente rispondente a piu’esigenze,
una delle quali, la meno indagata, è però la piu’angosciante, quella di
avere delle sentinelle sul territorio, e, se notate, sostanzialmente sui
bordi del confine provinciale, contro il rischio di un transito ed un arrivo
anticipato delle scorie con mezzi militari per alimentare il sito
temporaneo in superficie previsto dal famigerato decreto legge.
Il solo pensiero di questo capitolo ci fa venire la pelle d’oca per le
implicazioni che tutti voi potete facilmente immaginare, una per
tutte è quella che le centinaia, migliaia di cittadini che presidiavano
questi blocchi sarebbero potuti arrivare, e vi diciamo che c’era questa
consapevolezza, ad un confronto con l’esercito .
Il lunedi 17 un manipolo di 20 – 30 persone, nel primo pomeriggio,
occuperanno i binari presso la stazione di Metaponto, che da lì a pochi minuti diventerà uno dei punti più simbolici di questa straordinaria e civile protesta. Chi in quelle due lunghe settimane, quasi come in pellegrinaggio, non è passato a fare visita ai binari di Mataponto o al Campo Base di Scanzano Jonico ? Il Campo Base di Scanzano è sicuramente il punto più alto ed
esaltante di questa esperienza. Il cuore pulsante, il cervello pensante
della lotta di un popolo dignitoso che ha voluto dare, con tanta umiltà, la
voce al Sud, ai Sud del Mondo. Decine di tende, cucine da campo , bagni,
tendoni per riunioni, assemblee, messe e lezioni didattiche, internet-
point, una radio libera, un falò immenso che riscalderà e illuminerà i
volti in penombra di tanti giovani, mamme con i loro bambini dormienti tra
le braccia, e anziani fieri ed orgogliosi di appartenere a questo popolo
in lotta.
Se provavi a chiudere gli occhi, ti ritrovavi per un attimo nella
Selva Lacandona, accanto ad un popolo che difende e rivendica il proprio
diritto all’autodeterminazione contro una operazione neocolonialista e
militare, che disprezza chiaramente il meridione e le sue genti.
Dal lunedi 17 in poi in tutta la provincia di Matera e nella vicina
Puglia sarà un crescendo di mobilitazioni ed iniziative di cittadini,
studenti, agricoltori e lavoratori, al punto che noi stessi non riusciremo
più a censire le azioni organizzate.
L’unità del popolo lucano, con l’abbraccio fraterno delle
popolazioni pugliesi e calabresi, avrà culmine nella manifestazione delle
oltre centocinquantamila presenze del 23 Novembre, che rappresenterà uno dei momenti più alti della recente storia italiana di difesa degli interessi di
una comunità e della stessa collettività nazionale. Sicuramente la più
grande manifestazione ambientalista e antinucleare mai fatta in Italia
Fra le immagini distorte che la grande stampa antimeridionale
offrirà di questa civile battaglia di popolo contro il decreto governativo,
ci ha particolarmente colpito il tono irrisorio riservato alla Madonna di
Loreto, portata in processione da oltre ventimila persone. Un errore
madornale. Al fianco del popolo lucano vi è stata sempre l’intera Chiesa
lucana, dai vescovi alle più umili suore, senza se e senza ma.
La stessa unità è stata rappresentata dall’encomiabile azione dei
sindacati dei lavoratori e dalla presenza di bandiere e simboli dal valore
antico ed universale, come l’arcobaleno della pace di Aldo Capitini e il
volto del “Che”, cullati e dondolati in un abbraccio tanto emblematico
quanto significativo con canti della tradizione popolare e della resistenza
partigiana.
Il resto è tutta storia che conoscete: una sconfitta del governo
Berlusconi per mano di un popolo che si riappropria del proprio futuro,
costringendo il governo a far scomparire dal famigerato decreto il nome di
Scanzano Jonico, il sito unico nazionale, il cimitero geologico e i poteri
speciali al commissario di governo; come l’ha definita l’ On. Nichi
Vendola, una vera “Caporetto” per il governo.
A Scanzano è nato un grande Movimento moderno e del futuro,
pacifico e non violento, radicale ed unitario che ha visto la
partecipazione, in ragione della sua scelta non violenta, di tutti i
cittadini compresi i bambini e i disabili.
Il popolo del Mezzogiorno e del Sud ha ripreso la parola in un
abbraccio straordinario tra una nuova cultura ambientalista e una storia
antica e dalle radici ancora vive, quelle della civiltà contadina .
Ha vinto la domanda di partecipazione e di protagonismo popolare
contro un provvedimento autoritario e militarista. Ha vinto la comunità e
l’idea che la terra è qualcosa che va oltre la proprietà per diventare un
bene comune, pubblico e indivisibile di chi la lavora e la vive.


Come già narrato, il lunedi 17 nel primo pomeriggio un manipolo di
cittadini, 20- 30 persone con il parroco di Scanzano in testa, occuperanno i
binari presso la stazione di Metaponto . Dopo circa un’ora di trattative
con la polizia, che chiedeva agli occupanti di liberare i binari (su uno
snodo importante da sud verso nord per i treni provenienti dalla Calabria,
dal Salento verso il corridoio tirrenico e adriatico), il Questore, sembra
su ordini provenienti da Roma, avrebbe minacciato che se non si fossero
liberati i binari sarebbe stato costretto a dare ordini ai suoi agenti di
farlo con la coercizione.
In poche decine di minuti, con un passa parola impressionante, sui binari di
Metaponto, si raccoglieranno qualche centinaia di amministratori locali,
sindaci, interi consigli comunali, consiglieri ed assessori provinciali,
consiglieri ed assessori regionali, quasi tutti i parlamentari lucani del
centrosinistra. Una tempestività straordinaria, in un abbraccio fraterno dei
rappresentanti del popolo a “difesa” dei loro cittadini, nel frattempo
anch’essi giunti a centinaia. Una straordinaria e coraggiosa prova di forza
che cambierà la protesta delle giornate successive. Da quel momento la
stazione di Metaponto insieme al Campo Base, diventerà qualcosa di più di un
semplice presidio. Diventeranno l’agorà delle comunità lucane e della antica
magna grecia. Un vero è proprio pellegrinaggio, quasi un luogo di culto,
dove si ritroveranno bambini, anziani, madri incazzate, disabili, studenti
ed operai, preti e suore, artisti e gruppi musicali. Si allestiranno due
punti musicali dai quali si alterneranno in quelle due settimane diversi
artisti e politici nazionali, tra i quali il segretario nazionale del
P.R.C., Fausto Bertinotti e gli onorevoli Nichi Vendola, Rosy
Bindi,Pierluigi Castagnetti Pecoraro Scanio ed altri.
Commovente la visita di Haidi Giuliani, che all’invito di razionalizzare le
risorse umane impiegate nel presidio notturno (mediamente 200 persone ) si
sentiva rispondere nel suo stupore ammirato che quella era la consistenza
volontaria del turno.
Altro aspetto, qualificante e straordinario della maturità del movimento che
ha dato vita a quelle epiche giornate, è rappresentato dal fatto che presso
la stazione di Metaponto, nonostante la presenza stabile di un groppuscolo
di una dozzina di militanti fascisti di Forza Nuova, nessuno ha raccolto le
loro provocazioni, poiché assolutamente ignorati ed isolati. I cittadini, e
gli stessi militanti di sinistra hanno isolato ed ignorato questi
personaggi, poiché avevano ben presente che qualsiasi loro provocazione
avrebbe potuto scatenare la reazione indiscriminata delle forze
dell’ordine, procurando così un nocumento mortale al presidio e quindi alla
lotta generale contro le scorie nucleari.
I nostri militanti ed attivisti, attraverso la non violenza attiva e la
disobbedienza, accanto e con i cittadini, hanno isolato la pericolosità
sociale ed idiologica dei fascisti ed hanno vinto ed affermato, cosa non
scontata in altre epoche, con la non violenza la battaglia per l’egemonia
cultura e sociale.
I nostri compagni hanno saputo interpretare il sentimento popolare che
richiedeva a tutti unità e radicalità mettendo dunque ai margini fino ad
espellerli tutti coloro che non si rivedevano in questo contesto.
A tale proposito vorrei ricordare che idendico sviluppo hanno avuto le
stesse forme di lotta e la discussione intorno ad esse. Ad esempio: sono
state marginalizzate tutte quelle spinte demagogighe ed irresponsabilmente
estremistiche, per lo più avanzate e sostenute da esponenti della destra che
vedendosi franare il terreno sotto i piedi, tenteranno di recuperare, con
fughe qualunquistiche ed irresponsabili, il terreno politico così
irremidiabilmente perduto. Infatti, nonostante i blocchi durassero da
quindici giorni (giorno e notte, al freddo e sotto la pioggia) e consapevoli
anche del rischio di una recrudescenza degli eventi, i cittadini hanno
respinto proposte demagogiche, tipo quella della chiusura della erogazione
dell’acqua alle Regioni confinanti, poiché il grosso del movimento, che non
aveva altri obiettivi se non quello di respingere il decreto, aveva compreso
da subito due cose, ovvero: che la battaglia non si vinceva solo a Scanzano
Jonico, bensì estendendo la mobilitazione a tutto il Sud, e che la protesta
doveva rimanere assolutamente unitaria, radicale e non violenta, in virtù
di una presumibile durata a lungo, addirittura 2 mesi i blocchi stradali.
I cittadini impegnati nei blocchi (migliaia al giorno ) e presso la stazione
di Metaponto, saranno alimentati tutti i giorni da una straordinaria corsa
di solidarietà operata dal consorzio degli albergatori, dei villaggi
turistici, forni e panifici, ristoranti e semplici famiglie.
Ognuno vorrà fare la sua parte, ognuno vorrà dare qualcosa di sè e come già
detto le manifestazioni estremistriche o più semplicemente autoreferenziali
verranno percepite come corpi estranei e quindi isolati e respinti .
In ragione anche di queste considerazioni, il coordinamento dei movimenti e
dei blocchi dopo la prima settimana di blocchi e nella consapevolezza di
estendere la mobilitazione, arriva a partorire un vero e proprio decalogo
per la gestione dei blocchi stradali. L’obiettivo rimane quello di mantenere
alto il livello di mobilitazione, ma senza danneggiare le popolazioni
locali, le attività socio-economiche e produttive. A tale proposito è
significativo l’accordo tra le organizzazioni degli industriali e i
lavoratori, che prevederà un impegno degli imprenditori a garantire la
partecipazione dei lavoratori alla mobilitazione a turni e scaglionati per
paesi (blocchi stradali e scioperi), a condizione che gli stessi non
avrebbero impedito il transito delle maestranze da e per le aziende e delle
merci deperibili, oltre naturalmente ad un sostegno economico e logistico ai
presidi (tende, container, alimenti). La gestione dei blocchi rappresenterà
un fatto straordinario, di grande coraggio e maturità , che in alcuni
frangenti ha rischiato per chi li proponeva (la sinistra comunista e il
coordinamento dei movimenti e dei blocchi) di rivelarsi impopolare, ovvero
contro la lotta e per la smobilitazione. Invece noi avevamo capito, ed
abbiamo lavorato affinchè anche gli altri comprendessero, che la destra
qualunquista, irresponsabile e criminale, aveva puntato proprio alla entrata
in crisi di questo sistema articolato, alzando paradossalmente il livello
dello scontro, per giungere infine ad una situazione di conflittualità
endogena, ovvero l’uno contro l’altro.
Abbiamo il fondato sospetto che la destra, da un iniziale momento di
sbandamento, e se vogliamo di sincera adesione allo sdegno contro il decreto
legge e quindi alla lotta, ha capito che l’unica via per recuperare il
terreno che si vedeva franare per responsabilità del loro Governo Nazionale,
era quella di esasperare il tono dello scontro anche con azioni estremamente
pericolose e che avrebbero, per effetto delle stesse, messo a rischio le
sorti generali della lotta.
Quando si è capito questo, si è reagito nel migliore dei modi che si potesse
immaginare senza cadere nel loro tranello, infatti non abbiano perso tempo a
rincorrerli sul terreno da loro proposto, bensi abbiamo lavorato ad
estendere, generalizzare e qualificare la protesta da prima nel resto del
territorio provinciale ed in particolare a Matera, con il coinvolgimento
dell’area murgiana delle Puglie, e poi alle Province di Cosenza e Taranto.
Quest’ultima darà un contributo straordinario con le iniziative di lotta
della città capoluogo e dei comuni dell’arco Jonico, con i sui comitati
ambientalisti, di studenti, agricoltori, amministratori e semplici
cittadini, quasi a riscoprire le comuni radici di appartenenza a quella che
fù la antica Terra d’Otranto.
Invece sul posto, da Scanzano, si iniziava a lavorare su due nuovi fronti:
la grande manifestazione del 23 Novembre che porterà a Scanzano circa 150
mila persone e il coinvolgimento, sensibilizzazione e mobilitazione dei
nostri fratelli conterranei sparsi in Italia e nel Mondo.
Straordinaria è stata la mobilitazione degli studenti fuorisede lucani a
Roma ed accorsi dagli altri atenei italiani che organizzeranno a Roma una
prima manifestazione con diverse migliaia di studenti per il lunedi 24. Da
quel giorno a Roma gli studenti lucani metteranno su un vero e proprio
laboratorio di sensibilizzazione e controinformazione, con assemblee
universitarie, presso centri sociali e presidi davanti agli studi della Rai
e alla Camera dei Deputati in piazza Montecitorio.
Intanto continua il lavoro del Campo Base, vero cuore pulsante e mente
organizzativa della protesta articolata e coordinata (idee – incontri –
scuola – progetti – radio –informazione e controinformazione etc…).
In questi quindici giorni decine saranno i cortei organizzati, da quelli
degli agricoltori, a quelli degli studenti, sempre accompagnati dai
gonfaloni delle amministrazioni locali e dall’intera chiesa lucana. Due
saranno i cortei più emblematici: la processione della Madonna di Loreto e
la manifestazione delle 150 mila persone del 23 Novembre.
La processione, con oltre ventimila persone, della Madonna di Loreto sarà
accompagnata da Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza e Presidente della Conferenza Episcopale Lucana, che già nei mesi precedenti si era fatto sentire tuonando in maniera forte, inequivoca e con assoluta precisione sui temi spinosi quali quello dello spopolamento delle aree interne con il loro fardello di precarietà, marginalità e povertà, contro la guerra in Iraq, e quello di un uso piu’ equo e compatibile della risorsa petrolio ed acqua . La manifestazione del 23 rappresenterà il momento piu’alto, anche se
paradossalmente, sia gli osservatori esterni che gli stessi manifestanti
non avranno la percezione giusta di quello che stava succedendo e di quello
che c’era in campo, poiché come si sa le manifestazioni sono sempre
giustamente festose, assolutamente corali e colorate e non drammatiche e
intense come la vita quotidiana nei blocchi e nei presidi.
Una strana coincidenza ha voluto che quel giorno, il 23 Novembre, ricorresse
per la Lucania, in una giornata così gioiosa e colorata una triste
ricorrenza, ovvero il 23° anniversario del terremoto dell’Irpinia che
provocò migliaia di morti e feriti. La percezione che si aveva era quella
secondo cui il popolo lucano che aveva saputo accettare, in ragione della
sua profonda religiosità, il terremoto del 1980 come un evento naturale e/o
un segno di Dio, non avrebbe mai accettato un decreto cosi’ infame, e quindi
peggio del terremoto, figlio di una cultura del disprezzo
antimeridionalista, che immagina un Sud straccione e fatalista al punto da
accettare supinamente e magari in cambio di qualche spicciolo o di un
millantato sviluppo o posto di maledetto lavoro, di diventare la pattumiera
nucleare d’Italia.
Questa manifestazione come tutte le altre, riuscitissime e organizzate
mirabilmente, saranno messe su in pochi minuti, non avendo tanto tempo
disponibile da dedicarvi e in quanto, come già detto, le manifestazioni ed
eventi saranno tali e tanti da sfuggire anche alla cronaca dei più attenti.
I lucani in quei giorni sospenderanno le loro vite quotidiane e le loro
attività per dedicarsi interamente a questa lotta, che sarà la loro lotta
per la vita contro la morte. A vicenda conclusa si conteranno i danni per
l’economia lucana (naturalmente da addebitare a Berlusconi e company, che
vorrebbero passare anche come i salvatori della patria ) pari a circa 15
milioni di euri.
I nostri compagni, impegnati in passato in mille battaglie ambientali e
sociali, come d’incanto, si troveranno e/o si metteranno alla testa del
movimento, non per egemonizzare ma per un senso di responsabilità verso il
loro popolo e la loro terra. I nostri ragazzi, fino a poche ore prima, molte
volte ostaggi di divisione e lacerazioni politiciste, diventeranno uomini e
donne che dirigeranno, organizzeranno, parleranno in nome e per conto delle
popolazioni locali in quanto dalle stesse riconosciute per la loro serietà,
responsabilità, coerenza ed onestà.
In quei giorni il nostro sentimento sarà pervaso da un misto di orgoglio ma
anche di paura per il peso enorme che graverà sulle nostre spalle, fragili
ma abituate ed allenate da tantissime battaglie combattute in questi anni.
Sarà una battaglia dall’esito assolutamente non scontato, non facilmente
codificabile, che vedeva contrapposti un Governo (e non la Nazione)
autoritario e militarista e un popolo mite e pressochè anonimo. Si, il
popolo e non una sua avanguardia politicizzata ed orientata.
Saremo impegnati in quelle giornate in una ricerca collettiva e quotidiana,
di decodificazione ed analisi, tattica e strategia dove nonostante la
lucidità di alcune analisi ed intuizioni personali, ognuno di noi, sarà
sempre pronto a mattersi in discussione ed ascoltare. Un insegnamento per
noi e per gli altri, frutto anche di questa straordinaria vicenda che ha
cambiato un po’ anche noi altri.
Con i tanti compagni, tutti straordinariamente e generosamente impegnati in
quei giorni daremo vita a quell’intellettuale collettivo di gramsciano
insegnamento, tante volte scomodato caricaturalmente e altrettante volte
facilmente rimosso.
Uno straordinario processo di osmosi di assoltuta novità e sostanzialità .
Per questi, ed altri motivi, non condividiamo la tesi di chi diceva che la
gente non voleva i c.d. “no global”, primo e banale perché noi apparteniamo
al movimento c.d. ” no global” e i cittadini lo sapevano. La gente invece
voleva solo mantenere saldamente in capo a se stessa la regia della
vertenza, e quindi avrebbe accettato, come ha accettato, tutti coloro che si
adeguavano al loro linguaggio, alle loro dinamiche, alle loro pratiche, che
ripeto, non violente, unitarie e radicali poiché la battaglia di cui
parliamo non era una delle tante battaglie, più o meno classica, era la
battaglia per la vita e per la morte di un popolo, di una terra antica e
dignitosa.
La verità è che questo movimento, moderno e da indagare, ha dato una
lezione alla nazione intera, ovvero che l’esercizio della disobbedienza
quando ha un fine giusto, è pratica di massa, fa bene alla democrazia, alla
partecipazione, al protagonismo popolare. Diversamente se minoritario,
decontestualizzato ed estremistico fine a se stesso, produce una separazione
e un rifiuto dei cittadini in quanto percepito come autoreferenziale e
propagandistico.
Lo abbiamo detto più volte, la scelta del metodo non violento non era del
tutto scontata. Tale orientamento ha prevalso anche grazie alla presenza
massiccia delle donne, e delle madri in particolare, e non nelle mansioni
più classicamente secondarie e gregarie (pulizia, cucina, accudimento ), ma
con il loro portato di esperienza , maturità, saggezza e pacatezza,
lungimiranza, tenacia, fermezza e radicalità, molto spesso alla guida del
movimento.
Vorremmo raccontare un episodio emblematico che abbiamo saputo governare con saggezza, consci dei rischi e della delicatezza della situazione che vi esporrò. Come già ricordato, presso la stazione di Metaponto, al blocco sui binari, il più rilevante sotto tutti gli aspetti dei blocchi, insisteva un
groppuscolo di una dozzina di fascistelli di F.N. resosi protagonista di una
azione provocatoria, come la tentata aggressione nei confronti del compagno
Francesco Caruso. Tale azione non riuscirà per la freddezza dei compagni
napoletani, ed anche perché isolata dai cittadini lucani che in quel momento
erano a Metaponto e che non hanno seguito, come auspicato dai fascisti, la
sirena contro i c.d. “ No Global” . Bene avremmo potuto reagire (la
tentazione è stata forte ) nel piu’classico dei modi, e forse era quello
che volevano i fascisti per darsi un po’di visibilità, organizzando, cosa
peraltro facile e nelle nostre possibilità contando su centinaia di
attivisti e militanti antifascisti, ovvero organizzando una “Squadra “ per
scacciare i fascisti “carogne”. Non lo abbiamo fatto, senza farci lusingare
dal sentimento di respingere una codardia che non c’era, poiché avevamo
capito che i cittadini li avevano già marginalizzati e scacciati, e quindi
una nostra azione violenta non solo avrebbe potuto mettere a rischio tanta
gente inerme ma avrebbe prodotto l’effetto, ancor più deleterio, di farci
assimilare a loro in un unicum di minoritari e violenti. Anche questo è
stato un passaggio, ritengo importante, per affermare che l’egemonia non la
si impone, ma la si ottiene quando gli altri ti riconoscono egemone per
quello che dici e come lo pratichi.
La nostra condotta potrebbe apparire subalterna, buonista o peggio ancora
pressapochista. Tutto ciò è infondato poiché non solo la battaglia è stata
vinta, ma perché abbiamo inciso profondamente nella crescita ed
orientamento culturale e politico dell’area e di quel movimento. Abbiamo
portato gli altri sul nostro terreno in un processo di contaminazione
reciproca con rispetto e alterità, mettendo a frutto la coerenza di vecchie
battaglie che, se anche non vinte e a volte minoritarie, hanno sedimentato
la coscienza e quantomeno ci hanno consentito di presentarci come uomini e
donne coerenti e coraggiosi delle loro idee, della loro storia e delle loro
battaglie.
Altro elemento che ci dice che la battaglia per la contaminazione e la
egemonia è stata vinta, è dato dal fatto che l’esperienza del Campo Base
prosegue con un processo di elaborazione dal punto di vista dei contenuti
sul tema del nucleare, ma piu’in generale della democrazia (messa
pesantamente in discussione con il famigerato decreto legge n.314), della
partecipazione e del protagonismo popolare, avanzatissimo che pone questa
esperienza, noi pensiamo come una delle punte più avanzate nello scenario
antagonista e di lotta antiliberista nel meridione e forse nell’intero
Paese. Noi pensiamo che non sia un caso se a Roma alla manifestazione del 6
dicembre contro la legge finanziaria e la riforma delle pensioni, dalla
Basilicata sono arrivati oltre 10 mila persone, segnando un record per la
nostra Regione e dando vita, senza timore di essere smentito, allo spezzone
piu’significativo come qualità delle presenze (tantissimi giovani e donne )
e dei contenuti.
Concludiamo questa nostra riflessione-narrazione pensando che sta nascendo un nuovo popolo, che non pensa solo a se stesso, ma pensa a tutti e per tutti, dove la lotta non è solo uno strumento per sconfiggere gli altri, ma
è il mezzo per cambiare se stessi, gli altri e quindi il mondo intero.


Note:
Per costruire un mondo "disarmato" c'è bisogno di ribadire tutti i giorni la forza della nonviolenza e della disobbedienza civile. Scanzano ci dimostra che la strada è quella giusta, che "un altro mondo è possibile"

Wyatt Earp
09-02-04, 22:37
Non è per essere polemico...ma solamente al sud permettono certe cose,certe manifestazioni.
Blocchi così al Nord...li avrebbero subito bloccati e soprattutto la classe politica(intera) e i sindacati avrebbero preso le distanze!
Saluti Padani

Davide (POL)
10-02-04, 13:15
760 chili di uranio impoverito, 13.500 metri cubi di amianto, Pcb e altre sostanze tossiche smaltiti illegalmente nell'Arsenale militare di La Spezia. Il materiale radioattivo è stato poi trasferito al Cisam di Pisa, ma le analisi confermano l'inquinamento del sottosuolo e delle acque. Inquisiti due ammiragli. E domani l'ispezione della commissione d'inchiesta sui rifiuti

C'era di tutto, in quella discarica abusiva in piena zona militare e a un passo dal parco naturale delle Cinque terre. Dalle macchinette del caffé alle «tubazioni contenenti coibentazioni d'amianto», dalle lavatrici alle «coibentazioni d'amianto sfuse», dai «beverini» alle «batterie al piombo e al nichel cadmio», ai «condensatori e trasformatori contenenti Pcb e/o Pct», come si legge nella perizia ordinata dal sostituto procuratore spezzino Rodolfo Attinà e firmata dall'ingegner Tito Boeri. Rifiuti legali mescolati a materiali illegalmente smaltito, tutto insieme a formare un micidiale cocktail che ha inquinato anche terreni e acque. In tutto 13.500 metri cubi di «rifiuti pericolosi» in un'area di 16.607 metri quadrati, che sono costati un avviso di garanzia con l'accusa di «deposito/abbandono incontrollato al suolo di ingentissimi quantitativi di rifiuti» per gli ultimi due direttori dell'Arsenale militare di La Spezia, Dino Nascetti ed Ermogene Zannini. Ora si apprende che in quella discarica a cielo aperto, separata dal centro abitato e dal porticciolo di Cadimare da un muro divisorio di un paio di metri, c'erano anche materiali radioattivi. 760 chilogrammi di uranio impoverito, per la precisione, in gran parte contenuti nelle pale di elicotteri, dove il metallo pesante viene usato come stabilizzatore per il suo alto peso specifico, il resto in piccoli dischi di due centimetri di diametro e mezzo centimetro di spessore che vengono inseriti nei segnalatori delle navi. Erano lì da chissà quanto tempo, probabilmente accumulate negli anni, un vero e proprio pugno nell'occhio per chi si affaccia dall'alto della strada che conduce verso Portovenere, in uno dei luoghi naturalisticamente più belli d'Italia. Ma com'è stato possibile che per anni nessuno se ne accorgesse? La risposta è semplice: i militari non hanno mai permesso ad autorità civili di verificare da cosa fosse composto quell'ammasso informe di rottami e cosa contenessero quei bidoni stoccati uno sull'altro in file di quattro. Tanto che è si è saputo solo mesi dopo l'inizio dell'inchiesta e il sequestro dell'area, vale a dire pochi giorni fa, che le pale di elicottero incriminate sono state trasferite alla chetichella al Cisam di San Piero a Grado, Pisa, un'altra struttura militare, per essere «lavate» lì. Per questo i parlamentari della commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti che domattina visiteranno la discarica non le vedranno, anche se lo spettacolo che si troveranno di fronte sarà appena meno inquietante.
Il sindaco di La Spezia Giorgio Pagano, diessino, specifica che lui non vuole che i militari italiani vadano via da La Spezia, perché gran parte dell'economia cittadina ruota attorno alla loro presenza, «però cosa vogliono? Non dovevo denunciare la presenza di una discarica abusiva?» D'altronde, se è vero che «su dieci chilometri di golfo la città ha a disposizione appena 400 metri», quella della discarica appunto, è altrettanto vero che «la città subirebbe un colpo grave se i militari dovessero andare via tutti d'un botto», spiega il segretario locale del Prc Aldo Lombardi, che dall'esperienza da segretario della Camera del lavoro di Caorso ai tempi della centrale nucleare ha tratto una grande esperienza nel campo e la tendenza a non disgiungere i problemi ambientali da quelli occupazionali. Però, visto che l'abolizione della leva e il ridimensionamento dell'arsenale hanno ridotto di molto la presenza dei militari, «forse è giunto il momento che alcune aree vengano restituite alla città». E soprattutto che ci sia più trasparenza, per evitare scandali come quello della discarica di Campo di ferro o come quello della «collina dei misteri» di Pitelli, la cui vicenda ispirò addirittura una copertina del settimanale inglese Business week.
I risultati della perizia ordinata dalla procura spezzina sono infatti inquietanti: oltre ai rifiuti visibili, in superficie, ve ne sarebbero altri sepolti, con la «contaminazione diffusa dei terreni del sottosuolo», dove sono finiti «materiali metallici di varia natura, latte e barattoli di vernici e diluenti, fusti metallici vuoti o pieni; batterie e pile, pneumatici, materiali contenenti amianto». E delle acque sotterranee, dove sono state rilevate grandi quantità di ferro, alluminio e manganese. Analisi effettuate tre anni fa dall'Arpal di La Spezia, invece, dimostravano un'anomala presenza di Pcb nelle acque e nelle colture.

Angelo Mastrandrea
Il Manifesto 10 02 04

Davide (POL)
10-02-04, 13:17
Il 9 febbraio del 2000, il manifesto, rivelando il piano militare d'emergenza in caso di incidente nucleare di La Spezia, lo desecretava di fatto. Il piano si riferiva al caso di incidente provocato dall'arrivo di navi o sommergibili a propulsione nucleare. Un'eventualità possibile in dodici porti italiani, dalla Maddalena a Brindisi, Taranto, Napoli, Gaeta, Augusta. La successiva inchiesta giudiziaria per la fuga di notizie e la rivelazione di documenti top secret si concludeva con un'archiviazione, ma nel frattempo in prefettura veniva istituita una commissione tecnica incaricata di aggiornare il piano per i civili, datato `93. Che ieri è stato reso pubblico. Il nuovo piano presenta un solo omissis, riguardo al luogo in cui attraccano i sommergibili nucleari. Per il resto, la prima sezione riguarda i livelli di emergenza: il livello A prevede che in caso di incidente vengano istituiti i divieti di traffico marittimo, pesca e balneazione, con posti di blocco per impedire l'accesso alla zona interessata e controllo della radioattività. In caso di rilevamento di radioattività al di fuori dell'area navale, sarà ordinato alla popolazione di rimanere al chiuso, interdette le attività lavorative, con posti di controllo e possibile blocco degli alimenti. Nel caso più grave è previsto l'allontanamento della popolazione e la relativa sistemazione in alloggi a chilometri di distanza, con la raccolta di materiali contaminati e la distribuzione di vestiario. Il limite massimo di navi o sommergibili a propulsione nucleare previsto è di tre. «Avere questo piano di emergenza e renderlo pubblico è un grande risultato. Ma adesso va posto un altro obiettivo: navi e sottomarini nucleari non devono più venire nel golfo della Spezia», ha commentato l'assessore alla protezione civile Olivieri, per il quale «unità militari di questo tipo sosterebbero a poca distanza da una costa densamente abitata, alle porte del parco delle Cinque terre, considerato patrimonio dell'umanità».

(a.mas.)
Il Manifesto 10 02 04
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Davide (POL)
10-02-04, 15:03
In Origine postato da Wyatt Earp
Non è per essere polemico...ma solamente al sud permettono certe cose,certe manifestazioni.
Blocchi così al Nord...li avrebbero subito bloccati e soprattutto la classe politica(intera) e i sindacati avrebbero preso le distanze!
Saluti Padani

Beh, non proprio. Basti pensare ai cobas latte che da anni imperversano appunto al Nord. Ricordo qualche anno fa il blocco, durato mesi, della strada che portava all'aeroporto di Linate .

Ciao

Davide (POL)
10-02-04, 19:12
La vera storia dei proiettili all'uranio impoverito e 5 centesimi che tutti noi paghiamo (senza saperlo) per pagare, al di fuori di ogni controllo, la politica e la strategia militare italiana subalterna agli interessi della Casa Bianca.

Dalla Somalia all'Afghanistan all'Iraq. Le coraggiose inchieste di Marco Mostallino, giornalista dell' "Unione Sarda" svelano retroscena clamorosi ed inquietanti intorno alle nostre forze armate ed all'uso disinvolto della tecnologia nucleare impiegata dai contingenti durrante le missioni di "pace". Fino alla scoperta che lascia senza fiato: una centrale atomica segreta a disposizione dei militari chiamata "Cisam". Alle porte della città di Pisa. L'eccellente lavoro di Marco Mostallino supportato da una documentazione ineccepibile e pubblicato negli ultimi giorni sul suo giornale avrebbe provocato un terremoto negli ambienti politici e militari di ogni paese del mondo dove fosse venuta a galla una realtà tanto esplosiva portata alla luce da un giornalista. Cosa sta accadendo in queste ore in Italia? Nulla. Almeno finora.

(Roberto Di Nunzio)

Lo smaltimento segreto dei rifiuti radioattivi militari


A Pisa, vicino alla base che nasconde i proiettili all'uranio, c'è una centrale nucleare sotto il controllo delle forze armate

È una centrale atomica fantasma e nessuno sa dove siano finite o finiranno le scorie che ha prodotto prima dello spegnimento. Il suo nome compare en passant in alcuni documenti del Governo e dell'Enea, ma non è compresa tra gli impianti per i cui rifiuti Silvio Berlusconi ha incaricato il generale Carlo Jean ditrovare una sistemazione. Si trova a Pisa, non lontana dunque da quel deposito toscano di munizioni nel quale - lo dimostra un documento militare in possesso dell'Unione Sarda - vengono stoccati e lavorati i proiettili radioattivi all'uranio sparati dalla Nato durante le guerre definite "umanitarie". Il suo nome è Cisam (Centro interforze sviluppo applicazioni militari) e contiene un reattore nucleare di ricerca (il "Galilei") di cui ben poco si sa. Il rapporto sullo "Stato della radioprotezione in Italia", compilato da tecnici dell'ente statale Enea prima che la gestione del nucleare passasse in mano alla Sogin (del ministero del Tesoro), considera l 'impianto del Cisam tra quelli da mettere in sicurezza, considerata la pericolosità del combustibile (plutonio) usato prima dello spegnimento e dei rifiuti radioattivi prodotti. Ma sul "Galilei" è da tempo stata distesa una cappa di segretezza.

I militari e il nucleare. Un documento del ministero dell'Industria datato 15 novembre 1999 (il dicastero era retto dal diessino Pierluigi Bersani) prevede, per la scelta del deposito nazionale delle scorie nucleari, un - testuale - «percorso partecipativo, trasparente e consensuale per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la realizzazione di un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi». E molto chiaro a questo punto che questo cammino non è così trasparente come affermato dai Governi: lo dimostra, tra le altre cose, la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale di una ordinanza del generale Jean con l'omissione di alcune parti relative alla sicurezza degli impianti atomici. Ne è conferma il fatto che ministri di ogni colore abbiano sempre negato la presenza di munizioni radioattive nelle basi italiane, mentre invece esistono documenti che ne provano la conservazione e il trattamento. Di scarsa trasparenza è prova anche il fatto che alla commissione di inchiesta sull'uranio impoverito (la Commissione Mandelli) negli anni passati siano stati chiamati a partecipare, sempre dal Governo, esperti militari che appartengono proprio al Cisam, centrale della quale si ignora la sorte delle scorie. Proprio il Cisam ha tra gli altri compiti quello delle analisi della radioattività sui campioni d'acqua del porto di La Spezia, una delle dodici basi - c'è anche Santo Stefano, in Sardegna - che secondo le fonti ufficiali offrono ricovero ai sottomarini nucleari degli Stati Uniti. Ma nella città ligure i risultati degli esami dei tecnici militari non sempre vengono resi noti.

L'ordinanza Berlusconi Nell'ordinanza di nomina del generale Jean a commissario con poteri speciali per il nucleare ((7 marzo 2003 numero 3267) il premier Silvio Berlusconi elenca gli impianti atomici che devono essere smantellati, con il successivo stoccaggio delle scorie in un deposito unico: ma nell'atto non si parla del reattore Galilei, né del Cisam e nemmeno viene elencata la Toscana tra le regioni in emergenza a causa della presenza di plutonio e altre sostanze radioattive. Il significato è chiaro: le scorie del Centro delle forze armate sono sottoposte a segreto militare oppure sono già state condotte altrove. Senza informare le popolazioni dei territori interessati dal passaggio dei convoglio radioattivi e dei luoghi nei quali i rifiuti dell'era atomica sono conservati.

Articolo di Marco Mostallino

Fonte: L'Unione Sarda - 16 giugno 2003

Wyatt Earp
10-02-04, 22:38
In Origine postato da Davide
Beh, non proprio. Basti pensare ai cobas latte che da anni imperversano appunto al Nord. Ricordo qualche anno fa il blocco, durato mesi, della strada che portava all'aeroporto di Linate .

Ciao

Se ben ricordi al Nord la polizia ha usato diverse volte il manganello...non ricordi l'irruzione della polizia nel "campo base" dei Cobas,dove nell'eccitazione la polizia ha anche manganellato un giornalista della Padania...oltre che a qualche donna?
Non ricordi i danni che la polizia ha fatto ai trattori?Quando striscia la notizia e i tg mostravano i poliziotti che con i manganelli spaccavano i vetri e i fari dei trattori?
E i molti cobas finiti sotto processo per danneggiamento al mando stradale e interruzione di servizio pubblico per aver bloccato i binari oppure per aver dato fuoco a della legna e copertoni su un'autostrada?

Eppure ricordo che al sud è successa la stessa cosa durante una protesta degli agricoltori(forse x le olive)...anche lì,falò accesi sulle strade...blocchi dei treni...e si vedevano chiaramente nelle immagini tv gli agricoltori con al loro fianco rappresnetanti sindacali con tanto di gonfaloni!!!!

Al sud tutto è permesso...non solo nelle frodi,ma anche nelle proteste!
Saluti Padani

Davide (POL)
13-02-04, 22:59
"Un anno di vittorie": con questo titolo la città di Acerra si prepara ad affrontare l'ennesima iniziativa contro l'inceneritore. Un anno di vittorie, perché è ormai un intero anno che ci si è opposti alla realizzazione di uno dei più grandi inceneritori d'Europa; un anno di presidio sul terreno dove il Commissariato di governo all'emergenza rifiuti in Campania aveva deciso di far realizzare l'impianto dalla multinazionale Fibe. Un anno: 27 gennaio 2003 - 27 Gennaio 2004. Un anno in cui Acerra ha ritrovato una propria dignità e unità ed è diventata "caso nazionale", paese simbolo della lotta contro gli impianti industriali inquinanti, contro la logica del profitto a discapito della salute dei cittadini e a favore di una migliore qualità della vita, di uno sviluppo ecosostenibile.
Raccolta differenziata, riciclaggio, riuso, riduzione a monte dei rifiuti, diverso modo di produrre e consumare, ridistribuzione delle ricchezze e risparmio energetico e di materie prime: queste, le alternative ad un Piano rifiuti che, invece, prevede gli inceneritori come sola soluzione, permettendo profitti a società oggetto di indagini su illeciti che, già da ora, compie con gli impianti di quello che, da sola, si ostina a chiamare Cdr quando invece altro non è che "tal quale". Un lungo anno, quindi, fatto di occupazione giorno e notte, di manifestazioni dalle ventimila persone e di scioperi generali cittadini, di convegni scientifici e dibattiti.


Una lotta per la sopravvivenza
Quando si parla di movimento reale non si può non parlare di Acerra: tutti insieme, comitato, partiti, associazioni, istituzioni, comuni cittadini, commercianti, movimenti, chiesa con il Vescovo in prima linea, tutti, come un unico grande corpo sociale che lotta per la propria sopravvivenza e per i propri diritti. Quando si parla di laboratorio politico non si può non parlare di Acerra, anche in contrapposizione con quello cosiddetto Campano che, però, più di una volta, ha mostrato il suo volto repressivo: i compagni, gli ambientalisti, insieme, con le proprie differenze ad arricchire e a tenere materialmente un difficile presidio fatto di presenza, elaborazione, proposte, lotta. Non si può non parlare di Acerra e di questo lungo anno.

Tutto incominciò una mattina con un centinaio di cittadini a sfidare prima il freddo intenso e poi le forze dell'ordine che si contrapponevano fra noi e le maestranze della Fibe, giunte ad incominciare i lavori. E poi, dopo aver rotto il cordone di polizia e divelto la recinzione, il presidio solo di giorno. Ma, dopo esser stati cacciati dopo pochi giorni, ancora una volta l'occupazione e il presidio 24 ore su 24. Tutto è partito da lì, da un gennaio che la gente ricordava come uno dei più freddi degli ultimi anni. Come riparo un piccolo casolare agricolo reso col tempo sempre più vivibile con il contributo di tutti, i commercianti, i bar che dispensavano cornetti caldi e caffè ogni mattina, con chi ne capiva di impianti elettrici e chi ne capiva di copertura di tetti gocciolanti e chi semplicemente non ne capiva di niente ma voleva lo stesso dare una mano.


Riprendere la terra
È incominciato tutto così, leggendo ogni giorno collettivamente i giornali e commentandoli, facendo previsioni, elaborando strategie. Ogni giorno, per settimane, poi per mesi e ora per un intero lungo anno che solo a pensarci viene la pelle d'oca. «La città si è riappropriata della sua terra», si urlava, e via a costruire su quel luogo, la tettoia, il vialetto per sporcarsi un po' meno di fango, la cittadella dei bambini con giostrine e campetto pieno ogni domenica, l'orto con i prodotti delle nostre zone, lo stagno per le papere e la cuccia per "Pantanella" e "Maria bignè", il campo di calcio intitolato a Carlo Giuliani, e con l'arrivo della bella stagione, quella che poi è diventata sala da ballo dove, non uno, in questo lungo anno, vi ha festeggiato il proprio compleanno. E tutto si svolgeva così, un pezzo alla volta ma sempre in crescendo. E la musica sempre a sottolineare ogni passaggio importante. "Briganti se more" assunto ad inno ufficiale. "A' terra è a nostra e non s'a ddà tuccà"; "Anche se il nostro maggio"; "E sembra dire ai contadini curvi". De Andrè e Guccini fra i nostri preferiti ma c'è anche chi rompe i timpani con l'hause, ma silenzio quando il vescovo celebra la messa, tutti attenti, cattolici ed atei.

Ma poi incominciano i problemi, le contrapposizioni, i contrasti e qualcuno esagera il paragone dicendo «non facciamo la fine della guerra civile spagnola». Ma si va avanti lo stesso, con il presidio che cambia volto e senso e l'attività che soprattutto riprende in città.


L'inceneritore non ci sarà
Così si arriva ad un anno di lotte e di vittorie. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai», incominciamo a crederlo sul serio. «E se così non fosse?» «Allora lotteremo ancora, allora sì che ci sarà una guerra, quella dei cittadini contro tutti, contro le forze dell'ordine, anche contro i politici, benché si chiamino Bassolino, contro le multinazionali»; «con una latta di benzina rioccupammo, con un'altra ci difenderemo» e i più pacifisti mantengono la calma! Un intero e lungo anno, più lungo di un giorno, più intenso di un attimo, ancora breve rispetto al futuro nostro e dei nostri figli. La speranza è rinata in queste terre spesso dimenticate, troppe volte condannate, troppo belle per abbandonarle. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai!».____

Liberazione 7 02 04

Wyatt Earp
16-02-04, 22:24
In Origine postato da Davide
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L'inceneritore non ci sarà
Così si arriva ad un anno di lotte e di vittorie. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai», incominciamo a crederlo sul serio. «E se così non fosse?» «Allora lotteremo ancora, allora sì che ci sarà una guerra, quella dei cittadini contro tutti, contro le forze dell'ordine, anche contro i politici, benché si chiamino Bassolino, contro le multinazionali»; «con una latta di benzina rioccupammo, con un'altra ci difenderemo» e i più pacifisti mantengono la calma! Un intero e lungo anno, più lungo di un giorno, più intenso di un attimo, ancora breve rispetto al futuro nostro e dei nostri figli. La speranza è rinata in queste terre spesso dimenticate, troppe volte condannate, troppo belle per abbandonarle. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai!».____

Liberazione 7 02 04 [/B]


Speriamo che si diino fuoco tra di loro con quella latta di benzina...belle cose che "propongono" quei pacifisti!
Ma mi chiedo,se sono così contragli agli inceneritori,perchè non fanno la raccolta differenziata,visto che la loro regione è una di quelle con la più bassa % di riciclaggio?
Saluti Padani

Davide (POL)
01-03-04, 13:38
Il decreto legge sullo stoccagio dei rifiuti nucleari appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale rischierà di provocare una nuova Scanzano

Avete già dimenticato Scanzano ? Fatevi coraggio il decreto legge che contiene le “Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi”, argomento quanto mai controverso. Invito i lettori a consultare il testo della Gazzetta Ufficiale, intanto riassumo brevemente commenti da me raccolti a caldo da colleghi esperti. Il decreto comincia male con l’Art.1 in cui è evidente una contraddizione tra la decisione di realizzare un deposito nazionale per i soli rifiuti ad alta attività e l’interno dichiarato di sistemare anche a quelli a bassa e media attività. Il deposito nazonale dovrebbe entrare in funzione entro la fine del 2008, ma risulta poi che il Commisario ha un anno di tempo per disegnare il sito, un altro anno è necessario per la validazione per cui i lavori di costruzione debbono attendere il 2006, mancano i tempi nevessari per portare a termine i lavori. In un paese come l’Italia il ritardo è dovere morale ed inalienabile di un burocrate che non si consideri un fallito, l’idea che venga rispettata la scala dei tempi à umoristica anzi tragica. La legge stabilisce che il sito deve essere validato entro un anno dalla designazione ma secondo le linee guida IAEA i rifiuti ad alta attività vanno sistemati in un deposito geologico la cui validazione tecnica richiede decine di anni, se poi interviene il principio di precauzione i decenni diventano secoli.
L’Art 3 ribadisce che il deposito nazionale dovrebbe contenere solo rifiuti ad alata attività. I rifiuiti radioattivi di tutti i tipi possono essere trattati in altre strutture non precisate e trasformati in manufatti destinati al deposito nazionale, ma il decreto nulla dice sul trattamento dei rifiuti a bassa e media attività.
L’ART 3, comma 1 ter stabilisce tassattivamente che “ A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è vietata l’esportazione definitiva dei materiali nucleari ad alta attività al di fuori dei Paesi dell’Unione europea, fatto salvo quanto previsto dalla normativa comunitaria. La sola esportazione temporanea di materiali nucleari ad alta attività è autorizzata ai fini del loro trattamento e riprocessamento”, una condizione che pone fine alle ipotesi di alienazione definitiva degli 8 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività esistenti in Italia e quindi a qualsiasi accordo UE o comunque internazionale che preveda un deposito ad alta sicurezza in zone del globo particolarmente adatte, rispettando ovviamente i diritti delle popolazioni locali.
Il decreto, confuso e lacunoso, difficilmente potrà evitare un'altra Scanzano e polemiche infocate il cui unico risultato tangibile è stato finora la permanenza di materiali nucleari in condizioni non ottimali, una situazione di stasi in cui non vedo via d’uscita.
Un esercito di demagoghi ciarlieri chiede a gran voce la sicurezza nucleare e sparge il terrore nelle Scanzano di tutta Italia.
Nei fatti costoro osteggiano qualunque iniziativa costruttiva diretta a migliorare le condizioni di sicurezza ma che farebbe poi perdere loro voti. Proposte concrete non ne hanno:quel poco che dicono lo dicono male, frettolosamente e senza un minimo di connessione con le conoscenze scentifiche e tecnologiche.

Tullio Regge
Fonte: La Stampa 28.02.04
http://www.protezionecivile.it/cms/attach/copy_202_19.pdf
1 marzo 2004

Note:
Chi fosse interessato consulti:http//www.anvu.it/leggi_recenti/aggiornamento_professionale/ambiente

Davide (POL)
31-03-04, 11:32
Sotto accusa la legge del 19 giugno 2001 che tramuta l'isola in discarica di rifiuti tossici
Consegnate le firme per il referendum


Alle 11.30 in punto un fitto gruppo di persone ha bussato alla porta della cancelleria di Corte d'Appello al palazzo di Giustizia cagliaritano: «Dobbiamo consegnare 16 mila firme. Si può?». Sardigna Natzione, Rete Lilliput, Gettiamo le basi, Gallura no scorie, e ancora, Verdi e Wwf, hanno depositato ieri mattina un pacco zeppo di moduli sottoscritti per richiedere l'istituzione di un referendum abrogativo.
Si chiede di cancellare una legge regionale che permette il trasporto di scorie in Sardegna per usi industriali, la numero 8 del 19 giugno 2001. Il testo del quesito: «Volete che sia abrogata la norma che consente libero accesso a rifiuti di origine extraregionale da utilizzarsi quali materie prime nei processi produttivi negli impianti industriali sardi?». Una norma che di fatto ha vanificato in aperta contraddizione un'altra legge approvata qualche mese prima, esattamente il 24 aprile, che impediva di stoccare, trattare e smaltire rifiuti esterni in Sardegna.

«Non possiamo consentire che l'isola diventi una pattumiera con la scusa della produzione industriale», dice il leader di Sardigna Natzione Bustianu Cumpostu. «Negli impianti di Portovesme, per esempio, si trattano i pericolosissimi fumi di acciaieria per produrre irrisorie quantità di zinco». I dati non giustificherebbero l'immissione delle scorie tossiche: «Si sforna solo il 7 per cento di metallo a fronte di un 93 per cento di scorie delle scorie, 180 mila metri cubi che restano inesorabilmente in Sardegna», continua Cumpostu. La soluzione che propongono gli indipendentisti è quella applicata a Malta dove i residui della lavorazione sono restituiti al mittente, le acciaierie, che si dovrebbero occupare dello smaltimento. «Gli scarti del trattamento dei metalli pesanti non sono meno nocivi dell'uranio», ammonisce il verde Attilio Mura, consigliere dell'unico comune isolano che ha appoggiato ufficialmente il referendum, Nuoro: «Alle esigenze di salute dei sardi si antepongono le esigenze di poche aziende che importano migliaia di tonnellate di rifiuti altamente inquinanti e pericolosi per recuperare modestissime percentuali di zinco», recita la mozione approvata dal Consiglio.

L'iniziativa referendaria è scattata contemporaneamente alla battaglia contro il progetto Jean-Berlusconi di individuare in Sardegna un sito di stoccaggio delle scorie nucleari italiane. Una dura presa di posizione popolare che ha portato il governo a rivedere i suoi progetti. In tre mesi sono state raccolte migliaia di firme e altre ancora sono in partenza per chiedere ai sardi se accettano o meno la presenza di basi militari straniere con armamento atomico. Scontato il riferimento all'installazione per sommergibili americani della Maddalena. A giorni sarà presentato anche questo referendum.

Se i testi saranno accolti i cittadini si pronunceranno ancora una volta, dopo il 1987, sulla presenza nucleare. Allora l'80 percento dei votanti italiani disse no alle centrali atomiche. L'anno prima un reattore dell'impianto di Chernobyl saltava in aria seminando morte e contaminazione.

Walter Falgio_
Fonte: www.liberazione.it
http://www.liberazione.it/giornale/040331/LB12D6B9.asp
31 marzo 2004

Davide (POL)
14-11-04, 17:58
Un anno fa la Basilicata si mobilitava per salvarsi dall'incubo delle scorie, ricordare per rilanciare

http://italy.peacelink.org/ecologia/images/4108_8100.jpg

Un anno fa la gente di Basilicata decise la via della mobilitazione non violenta e determinata di fronte ai soprusi annunciati da un decreto del governo Berlusconi. Il sito unico per lo stoccaggio delle scorie nucleari diventò, d'improvviso, l'incubo dei lucani. Ma non si trattava di una mostruosità onirica, come di quelle che svaniscono dopo un sudato e tumultuoso risveglio, bensì di un atto concreto, di una forzatura politico-tecnicista che calava dall'alto e che avrebbe dovuto essere eseguita, manu militari, dal generale Carlo Jean, il Commissario straordinario di Governo per le questioni nucleari, investito di pieni poteri, nonché Presidente della Sogin Spa, la Società di Gestione impianti nucleari.

A quell'incubo i lucani hanno risposto con un progetto straordinario e semplice: il desiderio di vita per il proprio territorio e per se stessi.

Con estrema rapidità il tam tam generale trasformò il territorio in un groviglio umano sceso in strada a costruire blocchi stradali, blocchi ferroviari, presìdi imponenti sul luogo prescelto per lo stoccaggio del materiale radioattivo (i pozzi di salgemma presso la località "Terzo Cavone"), lezioni all'aperto per sopperire alla chiusura delle scuole, cucine da campo, cuochi improvvisati, coperte e tende e falò per fronteggiare i rigori della notte. Dalle case, bianche e calde del tiepido autunno lucano, la gente si riversò in strada convinta, come mai prima era successo, del sacrosanto diritto di non abdicare alla possibilità di costruire il proprio futuro, di partecipare alla costruzione di un progetto diverso per i propri figli e la propria terra, di agire il diritto di "fare quadrato" attorno a un bene comune insostituibile e necessario.

Scanzano jonico è uno di quei luoghi, che dopo le lotte contadine degli anni '50 contro il latifondo, da borgo rurale si trasformò in struttura urbana dove i contadini, da schiavi-mezzadri, si trasformarono in piccoli proprietari dando vita ad un'agricoltura ricca e che ha rappresentato l'elemento principale e trainante del progresso e dello sviluppo economico della fertile pianura del metapontino dove, un tempo, Pitagora insegnò tra le Tavole Palatine di Metaponto. Ai tempi della Magna Grecia, quindi, un luogo di scambio di saperi e che, senza preavviso, questo primo governo del terzo millennio avrebbe voluto condannarlo a cimitero radioattivo.

Dopo giorni e giorni di resistenza a oltranza, le centomila persone della imponente manifestazione del 23 novembre segnarono l'inizio della fine di questo bizzarro e maldestro tentativo di indebita (ri) appropriazione di un territorio liberato dalle antiche lotte contadine.

A un anno da quello straordinario movimento che ha segnato anche le modalità di tante mobilitazioni che a quella sono seguite in Basilicata e nel resto del Paese, è necessario ricordare per riflettere.

Le numerose celebrazioni di questi giorni saranno poco utili se non si utilizzeranno per rilanciare la lotta. Già, perché occorre rilanciare piuttosto che celebrare. I pericoli non sono finiti, non solo per la questione dei rifiuti nucleari, questione ancora aperta e in attesa di nuovi e pericolosi sviluppi, ma anche sulle vicende energetiche più in generale. La privatizzazione del mercato dell'energia ha aperto un varco enorme alla speculazione, cosicché in Basilicata, come altrove, si tentano di costruire numerose mega-centrali (grazie al famoso Decreto "sbloccacentrali" divenuto norma di questo Governo), come quella che da 800 Mw che si vorrebbe ora costruire a Pisticci (in Basilicata il fabbisogno energetico e di circa 400 Mw), il paese dell'amaro lucano, in barba alle reali esigenze energetiche del Paese. Ecco quindi che in Basilicata, dopo Scanzano, e prima di Pisticci, si mobilitano i cittadini di Rapolla, contro la realizzazione di un elettrodotto fin troppo vicino alle case degli abitanti, poi gli operai di Melfi, che forse anche grazie a Scanzano trovano il coraggio e la forza di porre davanti ai soprusi padronali l'impeto della dignità attraverso la quale si è lottato, vincendo, contro le gabbie salariali e la doppia battuta.

Scanzano per alcuni un modello da seguire, per altri un forte esempio di rebeldia dal basso. Sicuramente anche una vicenda dai forti connotati identitari intorno alla quale si è ritrovata l'intera comunità regionale e un po' tutto il Sud, sempre più vittima di quelle atroci politiche neoliberiste esasperate e torbide. A Scanzano anche il ceto politico regionale, a ogni livello, ha dovuto unirsi al decisivo moto popolare dal basso di un movimento che è appartenuto, e appartiene, probabilmente senza saperlo, a quel grande movimento mondiale che da Seattle in poi ha considerato il "riprendersi la parola" l'imperativo della propria stessa esistenza.

"Dopo Scanzano nulla sarà come prima" si è detto e ripetuto in Basilicata e in tante piazze e strade d'Italia. E così che, a un anno dai fuochi di quella rivolta, chiediamo e desideriamo che possa esserci una prospettiva di avanzamento nella costruzione di una alternativa a questo indecente governo. Una alternativa che tenga realmente conto delle esigenze comuni espresse, in forme talvolta diverse, a Genova, a Firenze, a Scanzano, a Melfi dalla gente comune che costruisce, pur nelle difficoltà, percorsi per una esistenza migliore e un mondo diverso possibile._

Ciro Pisacane e Gianni Palumbo
Fonte: www.liberazione.it
http://www.liberazione.it/giornale/041113/default.asp
13.11.04

Kronos
26-04-07, 20:23
di Primo Di Nicola
4.300 milioni è il costo per ripulire il Paese dai 25 mila metri cubi di scorie e mettere a sicurezza i 24 impianti nucleari. Ma dal 1999 a oggi non si è fatto nulla. Tra sprechi e incidenti. Per provarlo L'espresso è entrato nel Centro ricerche nucleare Enea della Casaccia e ha visitato i siti più pericolosi della centrale del Garigliano. Il videoservizio del nostro inviato

http://espresso.repubblica.it/dettaglio//1585227

Il centro di Roma è a soli 20 chilometri. E intorno all'area dell'Enea sono ormai sorte borgate con 30 mila persone. Eppure è lì che parte dell'eredità nucleare italiana dorme sonni lunghi e tormentati: oltre 4.500 metri cubi di scorie, frutto degli esperimenti dell'atomica tricolore e delle terapie del sistema sanitario, chiusi in depositi che registrano più di una crepa. L'ultimo allarme è scattato a ottobre: un banale malfunzionamento del sistema di sicurezza ha fatto sfiorare la minaccia radioattiva. Altri pericoli si corrono ogni giorno nelle vecchie centrali del Garigliano o di Latina, nei depositi di Saluggia o Rotondella: lì dove l'Italia ha cercato di nascondere i suoi 25 mila metri cubi di rifiuti ricevuti in testamento dalla politica nucleare degli anni Sessanta e Settanta. Finora sono stati spesi oltre 15 mila miliardi di vecchie lire per fermare le centrali, poi dal 1999 a oggi è stato messo sul tavolo un miliardo di euro per bonificare i residui. Ma la sicurezza è lontana. E per fare pulizia si stima che ci vorranno altri 4.300 milioni di euro. Quando sarà possibile dichiararci 'No nuke' una volta per tutte? Non prima del 2024. Fino ad allora il pericolo resterà alle porte di casa.

Come al Centro ricerche Casaccia dell'Enea, XX municipio di Roma. Qui, nel punto più delicato del complesso, nei locali dove sono custodite apparecchiature contaminate, rifiuti nucleari e importanti quantitativi di uranio e plutonio, da mesi è fuori uso l'impianto antincendio. Il 30 ottobre proprio a causa del malfunzionamento dell'apparato, una quarantina di bombole hanno scaricato anidride carbonica dentro l'impianto Plutonio: un getto simultaneo che ha provocato un enorme aumento di pressione. Sono saltate un paio di porte di sicurezza, ma poteva andare molto peggio se uno delle decine di contenitori di materiali radioattivi avesse registrato una perdita. Si tratta di plutonio: un'emissione all'esterno avrebbe fatto scattare l'emergenza anche per la popolazione circostante. Per evitare che un incidente simile si ripeta, l'impianto antincendio è stato bloccato. Era sovradimensionato: per spegnere le fiamme rischiava di fare esplodere il palazzo.


Grandi timori anche in Campania per un impianto obsoleto con strutture fuori norma che rischiano di cedere, provocando danni irreparabili. Capita a Sessa Aurunca, nella centrale nucleare del Garigliano, ferma da 27 anni. Sopra il reattore continua a stagliarsi minaccioso il camino alto 90 metri. Costruito in calcestruzzo, mostra tutti i segni dell'abbandono: l'intonaco si sgretola, l'armatura metallica spunta dal cemento come uno scheletro sempre più corroso. È in una zona sismica ad alto rischio: per questo l'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Apat), che insieme a vari ministeri gestisce il 'decommissioning' nucleare, da anni ha chiesto il suo smantellamento. L'incubo è che il camino ceda, schiantandosi sulla sfera bianca che custodisce il reattore. Una scena da film catastrofico anni Settanta? No, si tratta di pericoli concreti, anche se nessuno può prevedere le conseguenze della fuga radioattiva.

Scandalo atomico
Vent'anni dopo il referendum con cui gli italiani dissero no al nucleare, terrorizzati dalla nuvola di Chernobyl, l'eredità atomica resta pesante. Con una serie di casi inquietanti che 'L'espresso' ha potuto documentare per la prima volta entrando nel centro della Casaccia e nell'impianto del Garigliano.

Nella base della Casaccia ormai inglobata dalle borgate romane si vive un'atmosfera particolare. Pare di inoltrarsi dentro una matrioska di cemento armato, dove la protezione aumenta mentre si avanza verso l'interno. Nel cuore c'è il magazzino con le cassette di plutonio. Una selva di telecamere seguono ogni passo del visitatore, tutto è custodito da una doppia blindatura, che non lascia filtrare nemmeno i rumori. Ma colpisce ancora di più la sala delle 'scatole a guanti', con i macchinari che servivano per confezionare il combustibile nucleare. Si cammina tra file di cubi trasparenti, illuminati all'interno: l'atmosfera ha qualcosa di spettrale a metà strada tra una fiction di fantascienza e un racconto horror. Qui il pericolo è ancora di casa: sette operai sono rimasti contaminati dalle perdite. I tecnici negano persino che ci sia stata una crepa: parlano di sostanze 'trasudate'. Ma si capisce che la presenza dei giornalisti è un evento eccezionale, da tenere sotto controllo quasi più dei rifiuti tossici. Invece sul Garigliano c'è un clima da fortezza Bastiani: è l'ultimo presidio di un passato tecnologico. Il personale sa di rischiare, ma lo smantellamento significherebbe la disoccupazione: ogni anno lo Stato spende dieci milioni di euro per la manutenzione di questo gigante abbandonato. Dentro la vecchia centrale il tempo si è fermato al 23 novembre 1980, quando il terremoto in Irpinia fece scoprire che quella era una zona sismica. Tutto congelato, prima di Chernobyl e prima ancora del referendum. È quasi un museo di archeologia industriale, dove i fantasmi sono in grado di provocare contaminazioni concrete. La centrale del Garigliano aveva un gemello dall'altro lato dell'Atlantico, costruito negli stessi anni a Big Rock Point negli Usa. Gli americani l'hanno sfruttata fino al '97 e poi hanno spento il reattore. Con 350 milioni di dollari è stato smontato e ripulito tutto: l'area trasformata in 'prato verde' è stata consegnata nel 2005 allo stato del Michigan per farne un parco. Sul Garigliano invece ogni cosa è illuminata dalla paura.

[continua]

Kronos
26-04-07, 20:25
L'onda letale
In tutta Italia centrali e apparati sono ancora lì con tutto il loro armamentario radioattivo e la coda sterminata dei rifiuti nucleari per i quali non si riesce a trovare una collocazione definitiva. Basta andare a Saluggia, in provincia di Vercelli, per imbattersi in una piscina con combustibile irradiato che perde liquidi: colano nel terreno in profondità, minacciando le falde acquifere. Accade nel sito Eurex (Enriched uranium extraction) dove in una vasca di 625 metri cubi sono sepolti 52 elementi di combustibile nucleare provenienti dalla centrale di Trino e da quella del Garigliano. C'è persino una dose di scorie importate dal reattore di ricerca di Petten (Paesi Bassi). I cittadini di Saluggia da tempo chiedono di portare via tutto: l'impianto Eurex si trova a pochi metri dagli argini della Dora Baltea, dove le alluvioni sono frequenti e toccano anche la bara dei rifiuti più tossici. L'ultima volta è accaduto nel 2000: da allora è stato tirato su un muro in cemento, estrema barriera contro la piena. Ma il rischio idrogeologico incombe lo stesso, così come il timore dei residenti. Gli esperti dei ministeri (Sviluppo economico, Ambiente) studiano da tempo una soluzione del problema con i responsabili dell'Apat. Due decenni di progetti, piani e controrelazioni, ma poco si è mosso. "Abbiamo speso tantissimi soldi senza eliminare i pericoli", dichiara Aleandro Longhi, il deputato che invoca una commissione parlamentare d'inchiesta sui ritardi nella bonifica: "L'Italia è diventata una pattumiera nucleare, uno dei paesi più a rischio di incidenti e inquinamenti radioattivi".

Bolletta salata
Eppure per l'uscita dal nucleare gli italiani stanno pagando un conto salatissimo. Tra quello che è andato all'Enel (12 mila 315 miliardi di lire) e gli oneri riconosciuti alle imprese appaltatrici vittime dello stop referendario (altri 3 mila miliardi di lire) sono stati bruciati 15 mila miliardi di lire. Poi ci sono i costi veri e propri del 'decommissioning' nucleare. È dagli inizi degli anni Sessanta, quando le centrali erano ancora in costruzione, che i contribuenti versano denaro per il loro smantellamento. Compresa nella bolletta dell'Enel, c'è sempre stata una 'quota atomica': serviva per creare due fondi per la dismissione. Questi due ricchi conti, che nel frattempo avevano raccolto oltre 331 milioni di euro, nel novembre del 1999, sotto la supervisione dell'Autorità per l'energia, sono stati riversati nelle casse della Società per la gestione degli impianti nucleari (Sogin), che si occupa del decommissioning. E non basta. A partire dal 2000, sempre nella bolletta, con la cosiddetta 'tariffa A2' gli utenti hanno continuato a finanziare il 'decommissioning' pagando (con vari ritocchi successivi) 0,6 lire a chilowattora. In questo modo, fino al 2006, sono stati raccolti altri 622 milioni di euro, anch'essi finiti alla Sogin. In totale, quasi un miliardo di euro. Ma è solo un antipasto. La pulizia definitiva richiederà altri 4,3 miliardi, da sborsare entro il 2024.

Eredità nucleare
Bloccate dal referendum, nella Penisola ci sono una lunga serie di installazioni, realizzate tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, tutte da svuotare, demolire e riportare a 'prato verde'. Per cominciare, le quattro centrali elettronucleari del Garigliano, Latina, Trino e Caorso; l'impianto per il combustibile della Fabbricazioni nucleari di Boscomarengo (Alessandria); i centri pilota Eurex e Itrec per il riprocessamento del combustibile nucleare esaurito, quest'ultimo situato alla Trisaia (Matera); il deposito Avogadro (Fiat), anch'esso a Saluggia: infine, le strutture di ricerca come i laboratori Plutonio e Opec del Centro dell'Enea della Casaccia e del Centro comunitario Ispra (Varese) per il trattamento e il deposito di rifiuti radioattivi. C'è poi una mole sterminata di scorie, lasciate lì dove erano state prodotte: strutture spesso prive di quei requisiti internazionali di sicurezza. Insomma, uno stoccaggio all'italiana. Si tratta di 25 mila metri cubi di materiali radioattivi di prima, seconda e terza categoria (questi ultimi continuano a emettere radiazioni per centinaia di migliaia di anni), a cui vanno aggiunti i 60 mila metri cubi degli impianti da smantellare, gli altri 6 mila di rifiuti condizionati frutto delle operazioni di riprocessamento del nostro combustibile effettuate in Inghilterra, più la parte di competenza italiana del combustibile utilizzato dal reattore Superphenix in Francia. Per 12 anni tutti hanno fatto finta di niente, limitando al minimo gli interventi di bonifica. Solo nel 1999, per iniziativa di Pierluigi Bersani, allora ministro delle Attività produttive, fu varata la Sogin, cui venne affidata la disattivazione accelerata degli impianti e il trattamento dei rifiuti stoccati nei siti di produzione. Anche l'attività di questa società è andata avanti con lentezza, tanto che nel febbraio 2003, quasi due anni dopo le Torri gemelle, a fronte dei rischi di attentati il governo Berlusconi decretò lo stato di emergenza nelle regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Basilicata) che ospitano i centri nucleari: l'allora presidente della Sogin, il generale Carlo Jean, fu nominato commissario per la sicurezza dei materiali e delle installazioni nucleari. La sua missione era chiara: costruire un deposito nazionale, dove concentrare tutte le scorie disseminate lungo la Penisola. Compito assolto? "Macché", sottolinea Tommaso Sodano, presidente della commissione Ambiente del Senato: "Il deposito non è stato realizzato e i rifiuti solo ancora sparsi per l'Italia. Per il decommissioning è stato fatto poco o niente". Quanto esattamente? "Forse solo il 10 per cento del lavoro complessivo", ammette Massimo Romano, da pochi mesi amministratore delegato di Sogin.

[continua...]

Kronos
26-04-07, 20:25
Avanti piano
Per quanto riguarda le centrali si sono qua e là smantellate sale turbine (a Trino), rimosso amianto (a Caorso), decontaminati i circuiti e smontate le condotte (Latina). Il grosso è rimasto invece in piedi. Ogni anno 50 milioni vengono divorati dalla Sogin per la manutenzione di questi mostri addormentati. Soldi che si potevano risparmiare intervenendo prima. Perché tanti ritardi? Tra ministeri, Apat e Sogin è tutto un palleggio di responsabilità: colpa degli uffici incapaci di autorizzare i progetti. No, replicano gli altri: quei disegni sono inadeguati. Sembra incredibile, ma nonostante siano stati presentati quasi dieci anni fa i piani globali per la disattivazione di tutte le centrali, le pratiche continuano a rimbalzare da una scrivania all'altra senza arrivare a una decisione. Analoga sorte per i Via, gli studi di valutazione per l'impatto ambientale. Dipenderà magari dal fatto che le pratiche sono troppo complicate? No: i permessi tardano anche per le richieste più elementari, come la realizzazione del deposito provvisorio per i rifiuti ora stoccati in locali inadatti (Latina) o il nuovo settore serbatoi dove collocare i rifiuti liquidi a più alta attività e ancora esposti al rischio attentati (Saluggia). E il deposito nazionale? Buio pesto anche su questo fronte. Dopo l'affaire Scanzano e la rivolta della Basilicata, nel 2003 Berlusconi aveva varato una commissione di 19 esperti per individuare un nuovo sito definitivo: non si sono mai riuniti una sola volta.

Poi c'è il delicato capitolo degli enti locali: a sentire la Sogin in questi anni hanno fatto a gara per complicare gli iter burocratici, mettendo ogni ostacolo alla bonifica. Sfiora il ridicolo la vicenda delle licenze negate dal comune di Sessa Aurunca per la centrale del Garigliano. Ci sono i rifiuti nucleari chiusi in modo precario dentro una struttura dichiarata 'pericolosa per rischio sismico'. E c'è una trincea a pochi metri dal fiume dove sono sepolte buste di plastica zeppe di scorie, inumate negli anni Settanta. Una situazione di doppio pericolo, che l'Apat ha tentato di risolvere: ordine di disseppellire i rifiuti contaminati e spostarli in un magazzino da costruire secondo i criteri di sicurezza. Facile? No, perchè per il magazzino ci vogliono le licenze edilizie. E gli amministratori comunali non si fidano: la popolazione teme che una volta assemblato il bunker, vi siano trasferiti detriti tossici da altre regioni. Quindi il municipio ferma i lavori con un pretesto: "Quella per noi è rimasta una zona agricola e l'edificio per il deposito non si può fare", spiega l'architetto Gabriella Landi, responsabile dell'Ufficio tecnico municipale. E le licenze edilizie rilasciate negli ultimi venti anni? E la stessa costruzione della centrale autorizzata tanti anni fa? L'architetto non sente ragione. Anzi, rincara: "La centrale non risulta nemmeno sulle mappe del nostro piano di fabbricazione, per noi è come se non esistesse". Un fantasma, dunque. "Ma anche un paradosso causato dalle regole del decommissioning", precisa Massimo Romano: "I nostri vincoli, che vogliamo comunque rispettare, vanno ben oltre i migliori standard internazionali". Intanto in attesa di fare meglio del meglio, non si fa nulla.

Capitale esplosiva
È con questo andazzo che l'eredità nucleare continua a costituire una minaccia. Alla Trisaia le radiazioni avanzano a causa di una fossa che non si riesce a bonificare: lì l'Enea ha scaricato in passato rifiuti solidi 'ad alta attività'. Al deposito Avogadro di Saluggia si sfiora la farsa: il ministero dello Sviluppo economico e l'Apat prima non hanno rinnovato la licenza di esercizio, poi hanno concesso una proroga di tre anni. Forse confidano nella clemenza delle piene della Dora. Nel frattempo lì continua a perdere liquido un'altra piscina contenente elementi di combustibile radioattivi. Ma invece di chiudere, raddoppia: Avogadro è ora candidato a ricevere il combustibile che si vuole togliere dal vicino sito Eurex.

Ma è nel XX municipio di Roma, a cento metri dall'abitato di Osteria Nuova, che si è creata la situazione più esplosiva. Qui la società Nucleco (controllata da Sogin) ha realizzato nel silenzio generale un nuovo magazzino: il deposito nazionale di rifiuti nucleari prodotti dal sistema sanitario. Si tratta di oltre 4 mila metri cubi, frutto di radiografie e chemioterapie, ammassati in capannoni ormai al limite. Loredana De Petris, senatrice Verde, ha da tempo lanciato l'allarme: "Continuare a raccogliere rifiuti nucleari in un'area così densamente urbanizzata è in contrasto con i più elementari principi di precauzione". Tutto inutile. Nuovi carichi pericolosi arrivano nel sito. Che è vulnerabile a un attacco esterno: non servirebbero incursori agguerriti, potrebbe bastare una molotov. E le fiamme sarebbero in grado di innescare un disastro. Arrivare al muro di cinta è facile, come ha constatato 'L'espresso'. D'altronde, come si fa a isolare totalmente una base che ormai è circondata dalle case?(26 aprile 2007)

Scipione
26-04-07, 22:02
Questo ci consiglia a rimanere ancor più lontani dal nucleare. Evviva l'energia eolica.....

http://ilprofessorechos.blogosfere.it/images/eolo_col.jpg

testadiprazzo
26-04-07, 22:52
Questo ci consiglia a rimanere ancor più lontani dal nucleare. Evviva l'energia eolica.....

http://ilprofessorechos.blogosfere.it/images/eolo_col.jpg

Giusto..!! W Zapatero e il matrimonio dei gay..:D
Vedi..? I favori si ricambiano...è così che va la politica...:eek:

famedoro
27-04-07, 01:21
Dal nucleare non scampi... le scorie aumentano ogni giorno perchè servono materiali radioattivi anche solo per la medicina... (leggasi ad esempio raggi X)
Quindi il problema delle scorie nucleari non lo toglie nessuno...

Era ipocrisia criticare l'idea di trovare un posto per lo stoccaggio dei materiali nel 2003 e lo è ora... che si critica una cosa di cui tutti sfruttano i benefici (mi ricordo le scuse patetiche all'idea di luogo di stoccaggio unico... questo posto non è sicuro a causa dei terremoti... cui l'ultimo è avvenuto circa 50000 anni fa... e intanto si lascia il 90% delle scorie in capannoni aperti nel vercellese che è più sicuro)

Grifo
27-04-07, 01:25
oltre 4.500 metri cubi di scorie, frutto degli esperimenti dell'atomica tricolore e delle terapie del sistema sanitario

La solita marea di fregnacce per mettere paura alla gente: l'impianto antincendio che fa esplodere il palazzo!
Buffoni! Saltimbanchi!

Se gli ecologisti fossero coerenti quando si ammalano dovrebbero rifiutare tutte le cure "radioattive", quali TAC, lastre, scintigrafie etc. etc.
E questo perchè il 99% dei cosiddetti rifiuti radioattivi sono di origine medica.
Che ne dite? E fate questo favore al pianeta!

Come va la faccenda dello Stronzio che aveva inquinato il pozzo, la senatrice Menapace e l'onorevole Franca Rame l'hanno avuta la presidenza e la vicepresidenza della commissione d'inchiesta sulle malefatte nucleari, o dovremo sorbirci altri articoli allarmistici per accelerare l'iter?

Grifo
27-04-07, 01:30
Dal nucleare non scampi... le scorie aumentano ogni giorno perchè servono materiali radioattivi anche solo per la medicina... (leggasi ad esempio raggi X)
Quindi il problema delle scorie nucleari non lo toglie nessuno...

Era ipocrisia criticare l'idea di trovare un posto per lo stoccaggio dei materiali nel 2003 e lo è ora... che si critica una cosa di cui tutti sfruttano i benefici (mi ricordo le scuse patetiche all'idea di luogo di stoccaggio unico... questo posto non è sicuro a causa dei terremoti... cui l'ultimo è avvenuto circa 50000 anni fa... e intanto si lascia il 90% delle scorie in capannoni aperti nel vercellese che è più sicuro)

I materiali radioattivi non sono pericolosi quando sono confinati, lo diventano se ci vieni a contatto, o peggio li inali.
Il rifiuti radioattivi ospedalieri non stanno "tutti" neanche nei famosi capannoni, ma per la maggior parte stanno nei depositi temporanei degli ospedali, esposti a tutto e a tutti.
Metterli in una struttura geologica impermeabile che è uguale a se stessa da due milioni e mezzo di anni è pericolosissimo e stermina le popolazioni, invece lasciarli in giro va bene, li Pecoraro e gli altri cialtroni allupati di comparsate televisive non hanno niente da dire.

Tahoeman
27-04-07, 01:37
I materiali radioattivi non sono pericolosi quando sono confinati, lo diventano se ci vieni a contatto, o peggio li inali.
Il rifiuti radioattivi ospedalieri non stanno "tutti" neanche nei famosi capannoni, ma per la maggior parte stanno nei depositi temporanei degli ospedali, esposti a tutto e a tutti.
Metterli in una struttura geologica impermeabile che è uguale a se stessa da due milioni e mezzo di anni è pericolosissimo e stermina le popolazioni, invece lasciarli in giro va bene, li Pecoraro e gli altri cialtroni allupati di comparsate televisive non hanno niente da dire.

Come non essere d'accordo.
Purtoppo siamo in mano a nani, cialtroni e ballerine.
:fru

testadiprazzo
27-04-07, 01:41
La solita marea di fregnacce per mettere paura alla gente: l'impianto antincendio che fa esplodere il palazzo!
Buffoni! Saltimbanchi!

Se gli ecologisti fossero coerenti quando si ammalano dovrebbero rifiutare tutte le cure "radioattive", quali TAC, lastre, scintigrafie etc. etc.
E questo perchè il 99% dei cosiddetti rifiuti radioattivi sono di origine medica.
Che ne dite? E fate questo favore al pianeta!

Come va la faccenda dello Stronzio che aveva inquinato il pozzo, la senatrice Menapace e l'onorevole Franca Rame l'hanno avuta la presidenza e la vicepresidenza della commissione d'inchiesta sulle malefatte nucleari, o dovremo sorbirci altri articoli allarmistici per accelerare l'iter?

Mi dispiace...io sono aperto e tollerante...ma quando si vuole impestare il mondo..senza nessun motivo che la solita pigrizia mentale..e dopo che si sono spiegate anche le ragione per cui non di dovrebbe fare...ecco..
bisogna che il passato ci parli..e mi ricordo che l'olio di ricino serviva a ravvedere..chi non accettava il sistema......adesso..non è sbagliato dire che il fascismo qualcosa l'aveva azzeccata....e cioè..l'usare sistemi più energici per cercare di far comprendere alla gente i propri errori..
Io non sono fascista...ma dal momento che come dice il filosofo bisogna superare conservando....ecco che l'olio di ricino è ciò che bisogna conservare per ridurre la ragione i nuclearisti....che qui non è un problema di convincimento..quanto dell'accettazione del più forte..e se si crede il nucleare più forte..sbagliando..l'accarezzare la cicollottola o il grugno degli amanti della forza...farà capire che il buonsenso del popolo..è da prendersi in considerazione più delle firme di quei lestofanti che ci vogliono far morire con le palle mosce e radioattive...
Insomma...gli scienziati lavorino..e non ci scassino i coglioni...con robe tossiche..e puzzolenti..che nè abbiamo piene le palle..detto in modo educato..insomma..

testadiprazzo
27-04-07, 01:43
Come non essere d'accordo.
Purtoppo siamo in mano a nani, cialtroni e ballerine.
:fru

Ringrazia il cielo che qualcuno ci pensa..altrimenti ti troveresti a pisciare verde in cinque minuti...
Ti meriteresti 60 reattori nucleari col richio di farti dormire in un campo profughi...a 500 km da casa...

Ronnie
27-04-07, 02:00
Alt alt alt... Son qui anche io... Non c'è solo Grifo. Testadiprazzo attento a quel che dici, che poi succede che ti rendi ridicolo...

Domani con più calma discuteremo...

E come al solito sul nucleare ci sarà da fare un po' di servizio demolizione minchiate...

Tahoeman
27-04-07, 02:02
Ringrazia il cielo che qualcuno ci pensa..altrimenti ti troveresti a pisciare verde in cinque minuti...
Ti meriteresti 60 reattori nucleari col richio di farti dormire in un campo profughi...a 500 km da casa...

Quali sono le tue competenze in materia? In che cosa sei laureato?
Legge? Lettere? Astrologia? Pranoterapia?

I reattori nucleari ce li abbiamo lì dietro il confine, cazzaro.
Non mi sembra che gli Svizzeri o i Francesi piscino verde.

Ma probabilmente tu sei più vicino al confine Libico che a quello Svizzero...
:-0008n

testadiprazzo
27-04-07, 03:16
Quali sono le tue competenze in materia? In che cosa sei laureato?
Legge? Lettere? Astrologia? Pranoterapia?

I reattori nucleari ce li abbiamo lì dietro il confine, cazzaro.
Non mi sembra che gli Svizzeri o i Francesi piscino verde.

Ma probabilmente tu sei più vicino al confine Libico che a quello Svizzero...
:-0008n

Ti meriteresti Chernobyl..così tanto per provare...
L'unica laurea che ho..è in calci nel culo...quelli che ti beccherai quando vorrai mettere una centrale merdeale..
Ma forse non esiste una laurea in questa materia..esitono solo i calci...che forse non hanno neanche il diploma...:D

testadiprazzo
27-04-07, 03:19
Alt alt alt... Son qui anche io... Non c'è solo Grifo. Testadiprazzo attento a quel che dici, che poi succede che ti rendi ridicolo...

Domani con più calma discuteremo...

E come al solito sul nucleare ci sarà da fare un po' di servizio demolizione minchiate...

Ronnie..non c'è niente da discutere...c'è solo da stabilire se la razza umana vuol vivere o morire ..
e se vuol morire..convengo che tu hai qualcosa da insegnare...insegnare quali sono le strade per essere fottuti....:D

Scipione
27-04-07, 09:49
Giusto..!! W Zapatero e il matrimonio dei gay..:D A te cosa importano? La tua sponda l'hai già scelta. Restaci.... :K

ilProgressista
29-04-07, 18:09
Alt alt alt... Son qui anche io... Non c'è solo Grifo. Testadiprazzo attento a quel che dici, che poi succede che ti rendi ridicolo...

Domani con più calma discuteremo...

E come al solito sul nucleare ci sarà da fare un po' di servizio demolizione minchiate...
grazie, ma non ce n'è bisogno.
non vogliamo essere convinti che il prodotto nucleare da vendere sia appetibile. siamo convinti che c'è di meglio come soluzione

ilProgressista
29-04-07, 18:10
Ti meriteresti Chernobyl..così tanto per provare...
L'unica laurea che ho..è in calci nel culo...quelli che ti beccherai quando vorrai mettere una centrale merdeale..
Ma forse non esiste una laurea in questa materia..esitono solo i calci...che forse non hanno neanche il diploma...:D
non pensi di esagerare con i termini? cerchiamo un dialogo e un confronto pacato, ne guadagna la discussione e la lettura degli utenti ;)

Regina di Coppe
23-02-13, 11:47
L'Italia ha detto no al nucleare con l'ultimo referendum, tuttavia l'esito di questo non ha del tutto risolto il problema dello smaltimento delle scorie.



Già perché i rifiuti da smaltire sono ancora quelli ad alta radioattività prodotti dalle quattro centrali attive in Italia dalla fine degli anni sessanta alla fine degli ottanta, a Borgo Sabatino, una frazione di Latina, a Sessa Aurunca (Caserta), Trino (Vercelli) e in provincia di Piacenza, a Caorso. Oltre ai rifiuti degli impianti Enea di Saluggia in provincia di Vercelli, a Casaccia, una frazione del comune di Roma, a Rotondella (Matera) e in provincia di Alessandria, l’impianto di fabbricazioni nucleari di Bosco Marengo. Ma non solo, gli scarti radioattivi (anche se a media e bassa attività) si producono continuamente; sono infatti generati dalle attività nucleari in ambito industriale, medico e di ricerca.

La Sogin è una società statale con il compito di bonificare i siti nucleari e di mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi
Nata nel 1999 da un ramo dell’Enel, la Sogin è una società statale con il compito di bonificare i siti nucleari e di mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi del nostro paese. Si finanzia tramite il cosiddetto “onere nucleare”, una tassa che grava sulla bolletta elettrica di tutti noi consumatori, introdotta nel 2000 con un decreto del Ministero dell’Industria.

Scorie radioattive e siti nucleari in Italia (http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/scorie_radioattive_siti_nucleari_novita_2012.html)

.

Regina di Coppe
23-02-13, 12:36
nonostante il "no" del referendum del 1987, nel 1998 l'"Onere Nucleare" era stato "abbassato" a 435 miliardi di lire

Autorità per l'energia elettrica e il gas - Ridotto di 435 miliardi l'onere nucleare (http://www.autorita.energia.it/it/com_stampa/98/cs_130698.htm)

e non è finita:

E in bolletta, intanto, continuiamo a pagare il nucleare | Linkiesta.it (http://www.linkiesta.it/e-bolletta-intanto-continuiamo-pagare-nucleare)


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Regina di Coppe
23-02-13, 12:37
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Ed ora?

Quante generazioni dovranno pagare lo smaltimento e rischi delle scorie radioattive?

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Regina di Coppe
23-02-13, 12:39
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Tutto questo onere in italia, in una nazione che dovrebbe essere denuclearizzata e dove finora non si sono verificati incidenti di rilievo.

Che dire delle altre nazioni dove, oltre a dover smaltire le vecchie scorie, ne producono continuamente di nuove?

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Regina di Coppe
03-08-13, 11:41
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Il passato è presente!


Il passato (nucleare) è presente (http://www.scienzaverde.it/index.php?option=com_content&view=article&id=783:il-passato-nucleare-e-presente&catid=79:edizione-n-27-luglio-2011)


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Regina di Coppe
03-08-13, 11:44
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Sul caso Itrec (Trisaia di Rotondella):

avrebbe dovuto essere bonificato entro giugno 2013...

http://www.governo.it/rapportiparlamento/salastampa/novita/dettaglio.asp?d=64359&pg=1%2C2185%2C4443%2C6949%2C9908%2C10359&pg_c=4 (http://www.governo.it/rapportiparlamento/salastampa/novita/dettaglio.asp?d=64359&pg=1%2C2185%2C4443%2C6949%2C9908%2C10359&pg_c=4)

invece... tutto rinviato al 2026!

le bonifiche costeranno alle casse dello Stato quattrocento milioni di euro, di cui quaranta soltanto per il sito di Trisaia!

Bonifica Itrec, partono i lavori. Finiranno nel 2026 | Basilicata24 | Il quotidiano online della Basilicata dedicato a politica, cronaca, economia, cultura, sport ed eventi (http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/bonifica-itrec-partono-lavori-4303.php)

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MaIn
03-08-13, 14:39
in italia intanto...
IL MANIFESTO - attualità - L'uranio lucano è segreto di stato (http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9709/)

Regina di Coppe
05-08-13, 09:17
C'è la Sogin che, martedì con un comunicato, parla del «concluso rimpatrio negli Usa» di non meglio specificati «materiali nucleari sensibili di origine americana»


Si tratterebbe di
biossido di uranio (UO2), 1.050 grammi, con uranio totale pari a 920 grammi, con arricchimento non superiore al 91%, per circa 828 grammi di uranio 235

il link l'avevo già messo nella discussione sul nucleare in Italia, ma lo rimetto qui:

Il governo spiega il blitz ala trisaia di Rotondella Le barre Usa restano qui | La Gazzetta del Mezzogiorno.it (http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/il-governo-spiega-il-blitz-ala-trisaia-di-rotondella-le-barre-usa-no641783)


Il problema semmai riguarda la gestione delle barre della Elk River, che a quanto pare sembra che siano rimaste in Italia... forse ancora depositate alla Itrec...

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Regina di Coppe
05-08-13, 09:21
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Una delle tecniche di occultamento di cadavere da parte della malavita è quello della colata di cemento.

Allo stesso modo le scorie nucleari vengono seppellite dentro al cemento...
In questo caso però delle aziende sono state incaricate dallo stato e per questo pagate profumatamente! Tutta questa operazione di insabbiamento viene definita "bonifica" ambientale...
E i siti dove viene nascosto il "corpo del reato" nucleare sono protetti dal "segreto di stato"!


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mirkevicius
12-09-13, 09:51
Apro questo 3d perché ci si occupa molto dei disastri nucleari stranieri e poco di quelli italiani. Se la discussione è doppia chiedo a Regina di cancellarlo.

http://www.valori.it/immagini_articoli/201207/energia-nucleare.jpg

http://www.greenme.it/images/stories/Ambiente/nuclear_simpsons.jpg

mirkevicius
12-09-13, 09:53
Fuga radioattiva dal deposito nucleare di Saluggia. (http://www.accademiadelmonferrato.com/news-accademia-monferrato/fuga-radioattiva-dal-deposito-nucleare-di-saluggia/)
News (http://www.accademiadelmonferrato.com/category/news-accademia-monferrato/)

Fonte: Greenreport http://www.greenreport.it (http://www.greenreport.it/)
LIVORNO. È stata scoperta dall’Arpa una nuova contaminazione radioattiva nei pressi del comprensorio nucleare di Saluggia. Dopo avere contaminato la falda superficiale, pare che questa volta la radioattività sia stata riscontrata nel sottosuolo, a oltre due metri di profondità, a causa della perdita di una condotta di scarico del deposito Avogadro, a soli 200 metri dalla Dora Baltea.
«Nel deposito di Saluggia sono stoccate decine di barre di combustibile nucleare, due terzi dei rifiuti radioattiovi di tutt’Italia – spiega Gian Piero Godio, responsabile energia Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Bisogna al più presto chiudere i depositi, il nucleare di Saluggia fa acqua da tutte le parti. Questi siti sono insicuri e i fatti lo dimostrano: dopo aver già contaminato la falda superficiale, ora la contaminazione è stata riscontrata nel sottosuolo e non va dimenticato che a valle, a meno di due chilometri, proprio nel senso in cui scorre la falda acquifera, si trovano i pozzi del più grande acquedotto del Piemonte, che serve oltre 100 comuni».
La relazione presentata dall’Arpa il 18 novembre scorso, riferita a quest’ultimo incidente, riporta che nella condotta di scarico degli effluenti radioattivi, all’esterno dei siti nucleari, negli ultimi 200 metri prima di arrivare alla Dora Baltea, si è avuta evidenza visiva della perdita della condotta, ed il terreno prelevato ha mostrato una contaminazione radioattiva di parecchie migliaia di Becquerel al chilogrammo. Valore non drammatico, ma tale da far considerare il terreno stesso come “rifiuto radioattivo”.
«Legambiente esprime apprezzamento per l’attività dell’ARPA e auspica che vengano accertate al più presto le responsabilità di quanto accaduto – dichiara Vanda Bonardo, presidente Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Il comprensorio nucleare di Saluggia deve essere chiuso e liberato dai
rifiuti radioattivi nel più breve tempo possibile! Ciò che è accaduto ancora una volta a Saluggia dimostra quanto ad oggi non esista un nucleare sicuro e che tutt’ora non siamo in grado di gestire le scorie nucleari prodotte dalle centrali. Anche le nuove centrali nucleari proposte dal governo riproporrebbero ancora oggi gli stessi probleimi delle vecchie centrali».
Domani alle ore 18.30 in comune a Saluggia, si terrà una riunione aperta della Commissione “Ambiente e Nucleare” per esaminare e discutere di quanto accaduto.
Per l’Arpa Piemonte valori nei limiti
GROSSETO. Le perdite radioattive dalla condotta di scarico di effluenti radioattivi liquidi del complesso Sorin-Avogadro a Saluggia, non sono pericolose per la salute pubblica.
Nella relazione dell’Arpa Piemonte relativa alle perdite di materiali radioattivo si legge infatti che «le valutazioni di radioprotezione effettuate consentono di affermare che, pur trattandosi di potenziale esposizione indebita, non vi sono pericoli per la popolazione».
Un risultato confortante per la salute della popolazione di Saluggia ma che pone ancora una volta l’accento sul problema dei rischi della presenza di materiali radioattivi, provenienti dall’applicazione nucleare.
Le analisi di Arpa rientrano nel quadro dell’attività del monitoraggio radiologico presso il sito nucleare di Saluggia, e in particolare in questo caso si tratta delle misure eseguite sui campioni di suolo prelevati duranti gli scavi per il ripristino del collettore di scarico del deposito Avogadro, le cui perdite avevano fatto rilevare la presenza di Cs-137.
In concomitanza alle operazioni di ripristino Arpa ha quindi predisposto prelievi di campioni di suolo in punti dello scavo – secondo uno schema circolare – immediatamente circostanti la condotta. Durante i campionamenti i tecnici avevano avuto anche una evidenza visiva della perdita della condotta in un punto ben definito, che è stato confermato dalle analisi per la presenza di radioattività.
Le analisi sono state condotte sia su campioni di suolo tal quale, per poter disporre di dati analitici immediati, sia su campioni di terreno essiccati per poter riferire il risultato al peso secco del campione.
I risultati delle misure hanno evidenziato la presenza di perdite lungo la condotta di scarico per la presenza di concentrazioni di Cs-137 (Cesio 137) e Co-60 (Cobalto 60).
«La tipologia di radionuclidi rilevati ed il rapporto tra le loro concentrazioni – si legge nella relazione di Arpa Piemonte- porta a ricondurre la contaminazione agli scarichi di effluenti liquidi del deposito Avogadro. A questo proposito è utile ricordare che l’ultimo scarico effettuato dal deposito Avogadro risale all’anno 2005», come a dire che la contaminazione non è recente ma che ancora persiste.
Riguardo ai radionuclidi messi in evidenza nel punto di perdita visibile, dove era verosimile trovare maggiori concentrazioni di radioattività, Arpa formula alcune considerazioni in merito alle possibili esposizioni e quindi ai relativi rischi.
Se si considera la contaminazione uniforme del suolo sia in superficie che in profondità – anche se l’Arpa sottolinea che «si tratta di una esposizione indebita» – ricorda anche che «i valori di concentrazione misurati, di poco inferiori al valore soglia relativo al limite per la non rilevanza radiologica, sono molto al di sotto del valore soglia corrispondente al limite di dose per gli individui della popolazione. Questo significa che se un individuo staziona in prossimità dello scavo o del cumulo di suolo contaminato riceve una dose da esposizione molto inferiore al limite di legge».
Analoga la situazione per la possibile esposizione da ingestione, mangiando cioè vegetali coltivati in quella zona o nel campo coltivato che insiste nelle immediate vicinanze.
Anche in questo caso i valori di concentrazione misurati nel punto di maggiore contaminazione, anche se superiori al valore soglia relativo al limite per la non rilevanza radiologica, sono comunque al di sotto del valore soglia corrispondente al limite di dose per gli individui della popolazione. Mentre in tutti gli altri punti è rispettato anche il limite per la non rilevanza radiologica, in particolare nel suolo del campo adiacente coltivato.
«Questo significa – si legge nella relazione dell’Arpa – che l’ingestione di vegetali coltivati su suoli contaminati con livelli paragonabili a quelli del punto di intervento 11 (a maggiore contaminazione ndr) comporterebbe il superamento del limite per la non rilevanza radiologica, mentre sarebbe rispettato il limite di dose per gli individui della popolazione. Tuttavia è opportuno sottolineare che il suolo del punto di intervento 11 non è coltivabile (perché posto a 2 m di profondità su una strada vicinale)».
Infine la relazione riporta le modalità con le quali si dovrebbe trattare il terreno rilevato contaminato, evidenziando che ai sensi del l D.Lgs. 230/95 la concentrazione oltre la quale un suolo contaminato è considerato un rifiuto radioattivo è fissata in 1.000 Bq/kg , valori superati sino a otto volte nel campione prelevato laddove era visibile la contaminazione.
Ma Arpa rileva inoltre che facendo riferimento agli scenari di esposizione possibili e ai casi trattati nel rapporto di radioprotezione della Commissione europea (Practical use of the concept of clearance and exemption) «sarebbe opportuno considerare, in via maggiormente cautelativa, il valore di 380 Bq/kg per Cs-137 come soglia per la rimozione del suolo contaminato».
E questo vorrebbe dire considerare quindi limiti più cautelativi nell’affrontare i prossimi passaggi, dato che come ci ha detto l’autrice del rapporto, Laura Porzio «adesso si dovranno fare sondaggi e carotaggi lungo tutto il percorso della condotta. Sarà comunque l’Ispra a fare una valutazione globale e complessiva».

Fuga radioattiva dal deposito nucleare di Saluggia. (http://www.accademiadelmonferrato.com/news-accademia-monferrato/fuga-radioattiva-dal-deposito-nucleare-di-saluggia/)

mirkevicius
12-09-13, 09:56
Dodici kg di uranio arricchito dalla Trisaia a Gioia del Colle

La conferma della Sogin: le scorie restano in italia. I rifiuti radioattivi rimarranno nel centro Itrec della Trisaia fino a quando non si provvederà alla costruzione del sito unico italiano di scorie nucleari

Ciò che ha viaggiato segretamente da Rotondella all'aeroporto militare di Gioia del Colle sono 1050 grammi di ossido di uranio arricchito al 91%, meglio definito come uranio 235. Lo ha dichiarato, durante il tavolo della trasparenza presso la Regione Basilicata, l'ingegnere Serverino Alfieri, responsabile del decommissioning dei siti nucleari del centro sud della Sogin. La Sogin smentisce le dichiarazioni del viceministro agli interni, Filippo Bubbico, che il giorno prima aveva rilasciato un'intervista nella quale cercava di far cadere tutte le responsabilità sui giornalisti autori dello scoop, rei di aver svelato un segreto che avrebbe pregiudicato il rimpatrio delle barre di Elk River negli Usa. La verità, o almeno quella fornita dalla Sogin, è che i rifiuti radioattivi (le barre statunitensi) rimarranno nel centro Itrec della Trisaia fino a quando non si provvederà alla costruzione del sito unico italiano di scorie nucleari e che gli accordi di Seul fra il governo Monti e gli Usa, fino ad ora secretati, prevedono che dalla Trisaia venga trasferito solo il materiale fresco.
Si riprendono il combustibile, ci lasciano le scorie: dei 522 kg di materiale radioattivo presente a Rotondella solo 12 kg di uranio arricchito torneranno negli Usa. La Sogin ha assicurato la popolazione sui metodi di confezionamento del cargo nucleare trasportato, che si sono svolti sotto la supervisione di ispettori dell'Ispra, e ha confermato che l'operazione «è stata delineata» dall'intelligence statunitense, con la collaborazione della Prefettura e del ministero degli Interni. L'ing. Alfieri prima ha dichiarato che «il piano di emergenza non richiedeva alcuna informativa agli enti locali, se non in caso di incidente». Poi, di fronte alle domande delle associazioni ambientaliste e di alcuni sindaci del metapontino, ha dovuto precisare che le competenze della Sogin si fermano all'interno del centro Itrec. Una precisazione banale, dal momento che tutti sanno che la responsabilità del trasporto riguarda la prefettura e il ministero, come a nessuno può sfuggire l'inutilità di un piano di emergenza che prevede la comunicazione agli enti locali e alla popolazione solo in caso di incidente. Non pervenuti al tavolo della trasparenza erano proprio il prefetto e il viceministro lucano Filippo Bubbico, quelli che dovevano chiarire ai sindaci e ai cittadini i rischi per la salute, le misure di sicurezza adottate e quelle eluse.
Nei giorni scorsi l'Arpa lucana, come anche quella pugliese, ha misurato i livelli di radioattività lungo il tragitto, ottenendo risultati tranquillizzanti, ma mentre l'ente pugliese è stato sollecitato dalla Procura di Bari, che ha aperto un'inchiesta per verificare se ci sono state dispersioni radioattive durante il trasporto, in Basilicata la procura ha messo sotto inchiesta i giornalisti che hanno svelato il segreto.
Aveva iniziato Bubbico, dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, ad aizzare l'opinione pubblica contro i giornalisti, divulgando la falsa notizia che la «caciara» scatenata avrebbe indotto gli «americani» a non riprendersi le barre di Elk River. Contemporaneamente, dal Quotidiano di Basilicata anche il senatore lucano a 5 Stelle Vito Petrocelli, in contraddizione con il blog di Beppe Grillo, se l'era presa con gli autori dello scoop, colpevoli a suo dire di non aver allertato la popolazione prima del fatto e di aver agito cinicamente da freelance.




IL MANIFESTO - attualità - Dodici kg di uranio arricchito dalla Trisaia a Gioia del Colle (http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9724/)

mirkevicius
12-09-13, 09:58
I No Nuke: «Non sono le barre di Elk River»
Scorie radioattive Usa in viaggio dalla Basilicata alla Puglia: il nucleare si muove al buioSindaci, ambientalisti e Ingroia: “mancano informazione e trasparenza nella gestione delle scorie nucleari”
[31 luglio 2013]
http://www.greenreport.it/wp-content/uploads/2013/07/centro-ricerche-trisaia-rotondella-320x234.jpg (http://www.greenreport.it/wp-content/uploads/2013/07/centro-ricerche-trisaia-rotondella.jpg)

Dopo che per tutta la giornata si sono rincorse voci e denunce, solo ieri in tarda serata la Sogin ha ammesso con uno striminzito comunicato il trasporto notturno di scorie nucleari tra la Basilicata e la Puglia avvenuta con un’imponente scorta militare: «In ossequio agli impegni presi dall’Italia in occasione del Vertice sulla Sicurezza Nucleare svoltosi a Seoul nel marzo del 2012, si è concluso oggi il rimpatrio negli Stati Uniti di materiali nucleari sensibili di origine americana, che erano custoditi in appositi siti sul territorio nazionale per attività di ricerca e di sperimentazione. Il rimpatrio di tale materiale negli Usa si inquadra nell’ambito dell’Accordo internazionale tra Stati Uniti e Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom) concernente l’utilizzo dell’energia nucleare a scopi pacifici».
Secondo la Sogin si tratterebbe di 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio dal reattore sperimentale di Elk River, nel Minnesota, stoccate presso il centro di Trisaia di Rotondella, ma il Comitato Noscorie Trisaia non ne è convinto: «Non giochiamo sui nomi ma sui dati tecnici per evitare false informazioni, qualche giornale approfondisca la materia prima di dire che le barre di Elk River sono tornate in America. Il comunicato Sogin del 30 luglio 2013 non parla della restituzione delle 64 barre di Elk River ma di prodotti di natura nucleare sensibile di proprietà americana, di che tipo e quantità pero non lo dice. La Sogin chiarisca di che materiale si tratta, visto che nei tavoli della trasparenza e nei documenti prodotti, non si era mai fatto accenno a “materiali nucleari sensibili di origine americana” oltre alle famose barre di Elk River che Sogin custodisce nelle piscine dell’Itrec. Se dovessero essere eventualmente residui di lavorazione delle barre americane, non si capisce come mai non siano restituite le stesse barre, ma se cosi fosse il mistero s’infittirebbe ulteriormente, cosa c’era nelle barre lavorate/riprocessate?»
I No-Nuke comunque dicono che è vero che gli Usa hanno ritirato altro materiale da altri siti italiani: «In data 7/11/2012 nel porto di Trieste alle ore 5 è giunto un tir con dei container contenenti delle barre d’uranio provenienti dal deposito di Avogadro di Saluggia (Vercelli), il carico radioattivo è poi salpato alle 9.30 a bordo della «Sea Bird», nave cargo danese che fece rotta verso il porto di Charleston (Usa). Questo trasferimento di materiale nucleare in America fu il frutto dell’accordo di Seul Obama–Monti sulla restituzione del materiale strategico nucleare americano agli Usa».
Noscorie Trisaia ha scritto tramite l’ambasciata americana di Napoli al presidente Barack Obama, chiedendo che «Proprio in virtù di quell’accordo che le barre di Elk River tornassero ai legittimi proprietari americani. Barre giunte in Italia negli anni 70 con un contratto di lavorazione per il recupero del combustibile nucleare (definite nel contratto weapons-grade), allo stesso modo di come Sogin manda a riprocessare il combustibile Italiano all’estero. Nel piano di decommissioning Itrec le barre di Elk River dovevano essere incapsulate nei famosi “cask” che a oggi non sono ancora pronti. In attesa di maggiore trasparenza da parte di Sogin, la nostra mobilitazione per far riportare negli Stati Uniti le ormai note barre di Elk River e (custodite nella piscina dell’Itrec della Trisaia di Rotondella) e i residui di riprocessamento delle 20 barre riprocessate con procedimento chimico continua».
Legambiente era uscita con una nota altrettanto breve ma molto dura, a firma del suo vicepresidente Stefano Ciafani, che mette una dietro l’altra tutte le mancanze della Sogin in questa vicenda: «Se i sospetti sul presunto trasporto notturno di scorie radioattive, avvenuto tra domenica e lunedì dalla Basilicata (centro Itrec di Rotondella) all’aeroporto militare di Gioia del Colle, in provincia di Bari, fossero confermati, ciò sarebbe veramente grave. La questione riapre, infatti, il problema del trasporto delle scorie nucleari, che il più delle volte avviene senza informare i cittadini e gli abitanti proprio come è accaduto recentemente in Piemonte con le scorie di Saluggia. L’assenza totale di informazione, di trasparenza e la militarizzazione del territorio, senza dare spiegazioni ai cittadini, non sono di certo una buona premessa. La strada da seguire e praticare per la gestione di rifiuti nucleari si basa invece su una corretta trasparenza e informazione. Per questo chiediamo alle istituzioni politiche di fare chiarezza sull’intera vicenda».
Che ci siano molte cose che non funzionano in quello che Sogin ritiene normale lo pensano anche i sindaci dei Comuni di Rotondella, Nova Siri e Policoro che già il 29 luglio avevano inviato al Prefetto di Matera, un telegramma nel qyuale chiedevano di «Essere informati, con urgenza, in merito a quanto presuntivamente consumato questa notte: spostamento di materiale nucleare dall’impianto Itrec di Rotondella verso Gioia del Colle». I sindaci confermano che l’operazione «Si è svolta senza alcun tipo di coinvolgimento e di informazione, ha destato e desta preoccupazione nella popolazione tutta dei paesi contermini. Desta sconcerto e biasimo tutta la modalità applicata all’intera operazione, laddove confermata, e si è chiesto al Prefetto di intercedere presso i livelli superiori di governo e presso le società interessate, Sogin ed Enea al fine di avere garanzie di trasparenza nei confronti della materia nucleare che questa volta appaiono francamente elusi».
Il sindaco di Policoro, Rocco Leone, ha detto: «Subito il Tavolo della Trasparenza: l’appuntamento non può più essere rinviato. Già nelle scorse settimane avevamo valutato, di concerto con alcune associazioni ambientaliste l’ipotesi di riavviare la discussione sulla delicata tematica ambientale della Trisaia, con la richiesta di convocazione del Tavolo della Trasparenza, decisione che avevamo solo rinviato per non creare allarmismi in piena raccolta agricola ed in piena stagione turistica. D’intesa con i miei colleghi sindaci chiederemo subito spiegazioni al riguardo e pretenderemo che si ripristini quel clima di trasparenza nato all’indomani della battaglia di Scanzano e che, non si spiega il perché, la Regione Basilicata ha messo nel dimenticatoio».
Secondo Antonio Ingroia, di Azione Civile, resta il problema del centro di Rotondella, diventato nel 2003 di proprietà della Sogin che ha il compito di realizzare la bonifica del sito, «Negli ultimi anni, però, strani movimenti hanno caratterizzato la vita del centro Itrec e, nonostante le rassicurazioni della Sogin, quello che avviene all’interno dell’impianto è avvolto dal più assoluto riserbo, nella preoccupazione della popolazione e nel silenzio assordante delle istituzioni. Non solo: le analisi del suolo e dell’aria compiute da organismi indipendenti negli ultimi anni indicano una situazione allarmante per la salute dei cittadini».
La prova che ci sia qualcosa di strano per Ingroia arriva proprio dall’imponente spiegamento di forze militari che «Ha fatto da contorno a strani spostamenti dall’area Itrec all’aeroporto militare di Gioia del Colle, senza che ne sapessero nulla, almeno a sentire le dichiarazioni, Regione, Provincia e comuni interessati. Cosa ci faceva un numero così alto di componenti delle forze dell’ordine lì e perché? C’era qualcosa che veniva spostato dal centro o che veniva portato? Cosa succede da anni al centro Itrec e perché i governi che si sono succeduti non hanno mai dato risposte chiare e trasparenti? Sulla pelle delle persone non si gioca. Non sono pregiudizialmente contrario a siti di questo tipo che purtroppo da qualche parte vanno anche collocati perché, anche in Italia di scorie tossiche ve ne sono, ma tutto deve essere fatto alla luce del sole, in massima sicurezza e con il consenso dei cittadini i quali devono gestire il controllo dell’ambiente circostante e devono avere l’ultima parola ogni qual volta anche un solo dato delle analisi periodiche sia fuori norma».
Sulla questione è intervenuto anche il circolo di Legambiente di Policoro: «Parliamo tanto di trasparenza, e come mai delle azioni pericolose , dove il popolo ha il sacro santo diritto all’informazione perché ne va del proprio ambiente e della propria salute, si fanno al buio, di notte, quando la gente dorme, perché nessuno deve sapere! Eppure, due giorni fa, in un convegno pubblico su un monitoraggio della radioattività fatto sulle api, chiedemmo, al sindaco di Rotondella, se esistesse un piano di evacuazione in caso di incidente nucleare e se le popolazioni dell’area ionica conoscessero le norme minime di comportamento qualora si fosse verificata una situazione di pericolosità. Dopo questa anomala vicenda, chiediamo, a tutti coloro che hanno incarichi istituzionali di far luce su questo episodio che desta dubbi e soprattutto ansie nelle popolazioni e di rendere pubblica qualsiasi risposta ed eventuali azioni da perseguire in futuro per il bene di tutti. Noi, lucani, con la storica e pacifica manifestazione del 23 novembre 2003, abbiamo detto chiaramente no a qualsiasi imposizione dall’alto e usurpazione del proprio territorio, e chiesto un pieno e autentico coinvolgimento nelle attività di decommissioning dell’impianto nucleare della Trisaia. Non possiamo, essere lasciati all’oscuro, chiediamo, con urgenza, che si conoscano tutte le motivazioni di questo viaggio che ha attraversato i nostri luoghi e se le norme di sicurezza erano tali da non mettere in pericolo le popolazioni».
- See more at: Scorie radioattive Usa in viaggio dalla Basilicata alla Puglia: il nucleare si muove al buio - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile (http://www.greenreport.it/news/energia/scorie-radioattive-usa-in-viaggio-dalla-basilicata-alla-puglia-il-nucleare-si-muove-al-buio/#sthash.0xyzCosj.dpuf)

Scorie radioattive Usa in viaggio dalla Basilicata alla Puglia: il nucleare si muove al buio - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile (http://www.greenreport.it/news/energia/scorie-radioattive-usa-in-viaggio-dalla-basilicata-alla-puglia-il-nucleare-si-muove-al-buio/)

mirkevicius
12-09-13, 10:01
http://www.corriere.it/Media/Foto/2010/02/10/Mappa_Nucleare.jpg

Regina di Coppe
12-09-13, 10:03
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Ci si occupa molto dei disastri nucleari stranieri e poco di quelli italiani.

Purtroppo è vero; anche senza eventi sensazionali come quelli di Chernobil o Fukushima, anche se l'Italia ha rinunciato al nucleare purtroppo l'inquinamento resta un serio problema...
Perciò mi sembra una buona idea aver aperto questa discussione.





Se la discussione è doppia chiedo a Regina di cancellarlo.

Non mi pare sia un doppione; comunque se trovo qualche messaggio in giro sullo stesso argomento semmai li sposto, ma cancellare la discussione proprio no, è molto interessante. Grazie.

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mirkevicius
12-09-13, 10:05
http://tottusinpari.blog.tiscali.it/files/2011/03/LL.jpg

mirkevicius
12-09-13, 10:08
DOCUMENTI ARPA PIEMONTE SU STATO FALDA CONTAMINATA DA RADIO NUCLIDI


http://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/temi-ambientali/radioattivita/siti-nucleari/saluggia/monitoraggi-radiologici-straordinari/falda-acquifera-superficiale/faldasaluggia_campagna_ottobre_2012/at_download/file (http://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/temi-ambientali/radioattivita/siti-nucleari/saluggia/monitoraggi-radiologici-straordinari/falda-acquifera-superficiale/faldasaluggia_campagna_ottobre_2012/at_download/file)

http://www.arpa.piemonte.it/arpa-comunica/events/eventi-2009/presentazioni-convegno-agenti-fisici/3-porzio.pdf

mirkevicius
12-09-13, 10:09
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Purtroppo è vero; anche senza eventi sensazionali come quelli di Chernobil o Fukushima, anche se l'Italia ha rinunciato al nucleare purtroppo l'inquinamento resta un serio problema...
Perciò mi sembra una buona idea aver aperto questa discussione.




Non mi pare sia un doppione; comunque se trovo qualche messaggio in giro sullo stesso argomento semmai lo sposto qui, ma cancellarlo proprio no, è molto interessante. Grazie.

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Grazie a te Regina :)

mirkevicius
12-09-13, 10:15
Saluggia: fuoriuscita di liquidi radioattivi
Terreno inquinato da Cesio 137 e Americio 241. Sulla falda acquifera ancora non ci sono dati
Da Dalen (http://www.torinonline.eu/author/dalen) | 4 maggio 2013
http://www.torinonline.eu/sites/default/files/imagecache/400xY/2allarmecentralecrescedifukushimaillivellonucleare radioattivitaradioattivitareattore.jpg

Il 25 aprile mentre i politici si consultavano per formare il "governo ampio" e i cittadini per assicurarsi di aver capito bene, mentre molti scendevano in strada per ricordare la Liberazione, e altrettanti facevano ponte per dimenticare almeno un po’, l’Arpa Piemonte confermava attraverso il suo sito internet, che una perdita di liquidi radioattivi aveva inquinato a Saluggia il terreno presso il sito Sogin dell’impianto del reattore nucleare Eurex.
Così il comunicato Arpa “I risultati delle analisi confermano la contaminazione del terreno in prossimità del waste pond e indicano la non dispersione di radionuclidi nella prima falda sulla base dei punti di campionamento disponibili. Una valutazione definitiva su tale aspetto potrà essere data a seguito della realizzazione di pozzi scavati ad hoc”. Il che significa che il terreno nei pressi della vasca è certamente inquinato e che ora si tratta di capire se l’inquinamento ha già raggiunto o no l’acqua di falda.
Un articolo apparso su "Il Fatto quotidiano" nelle scorse settimane riportava una denominazione ed una data in relazione alla perdita: la vasca sarebbe WP 179 (dalle iniziali di waste pond cioè , barre di uranio usato nei reattori e poi liquefatto, dette "effluenti radioattivi") e la data di rilevazione della perdita l’ottobre 2012. Il comunicato Arpa parla invece di WP 719 mentre l’informativa sulla fuoriuscita sarebbe stata inviata da So.g.i.n. (l’azienda pubblica incaricata di gestire bonifiche e scorie radioattive) il 26-03-2013. Le incongruenze, forse frutto di refusi, (179 e 719 sono formati dalle medesime cifre) producono ulteriori inquietudini: se la vasca è sempre la stessa ci si domanda perché debbano passare sei mesi dalla segnalazione della perdita alla richiesta di analisi da parte di So.g.i.n. e poi ancora un mese per scavare campioni di terreno, analizzarli e pubblicare i dati. Se WP 179 e WP 719 sono vasche diverse vuol dire che a cinquant’anni dalla loro costruzione queste pentole di cemento si rompono al ritmo di una ogni sei mesi e che i 230 metri cubi di scorie radioattive di Saluggia, l’85% delle scorie italiane, oltre che una certa quantità di scorie provenienti da Canada e Olanda, stanno diventando una seria minaccia.
Non sappiamo se i pozzi necessari agli ulteriori accertamenti sulla falda acquifera siano stati scavati in questi giorni ma c’è ragione di credere che non sia così, dati i tempi di reazione mostrati fino d oggi. Il sito di Saluggia è vicinissimo alle acque della Dora Baltea e ad un chilometro e mezzo dall’acquedotto del Monferrato. Saluggia, assieme a Trino Vercellese e Bosco Marengo, accolgono, secondo Pro Natura, il 96% dei rifiuti radioattivi in Italia e fanno del Piemonte la Regione più esposta a incidenti contaminanti. Altri quattro o cinque siti di stoccaggio sono previsisti in futuro mentre è imminente la costruzione del complesso Cemex destinato a cementare e condizionare i rifiuti radioattivi liquidi presenti nell'impianto Eurex di Saluggia. Questi rifiuti saranno conservati all'interno del deposito temporaneo D3, in vista del loro successivo trasferimento al Deposito Nazionale, che non è ancora stato realizzato nè individuato in termini di ubicazione.
La relazione dei tecnici Arpa si conclude così “Nei campioni di terreno di scavo prelevati intorno al WP719 è stata rilevata contaminazione da Am-241 e da Cs-137 attribuibile ad una perdita di contenimento del Waste Pond stesso. La presenza di contaminazione al di sotto della lastra di cemento fa presupporre che vi sia fuoriuscita di liquido anche a quella quota”.
Gli allarmi legati alla rdioattività in PIemonte si susseguono con frequenza , grazie anche agli strumenti di controllo esistenti.
Dopo Chernobyl la rete di sorveglianza radiologica, coordinata dall’Ispra effettua ogni anno analisi su circa 1200 campioni di cui circa 400 alimentari e circa 800 ambientali, dalle acque di scioglimento dei ghiacciai, al pulviscolo atmosferico.
E’ il caso, tra altri, della selvaggina, del latte di capra, di alcuni tipi di funghi. Recentemente i media hanno dato notizia dell’altissima radioattività dei cinghiali in Val Varaita. I ricercatori sostengono che neppure questi casi sono pericolosi per la salute umana, dato che il consumo di questi alimenti è ridotto. E la conclusione sembra a dir poco ottimistica dato che ambienti di vita e alimentazione di un impiegato di Alessandria e un pastore della Valle Varaita, per esempio, non sono affatto simili.
Saluggia: fuoriuscita di liquidi radioattivi | Torinonline (http://www.torinonline.eu/article/saluggia-fuoriuscita-liquidi-radioattivi)

mirkevicius
12-09-13, 14:37
LAZIO, SISTEMA SANITARIO REGIONALE: CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO MONITORATA DAL DIPARTIMENTO DI EPIDEMIOLOGIA
Anche se in forma non elevata l’inquinamento da radioattività è presente e sarà necessario bonificare, attività già in via di disposizione dalle autorità competenti
Angela Carretta
Lazio - A novembre scorso il nucleo sommozzatori della Guardia di Finanza partenopea prelevò dei campioni dalle acque del fiume Garigliano limitrofi ai canali di deflusso dei reattori della centrale nucleare di Sessa Aurunca chiusa già dal 1982.
Dalle prime indiscrezioni, emergerebbe che i risultati delle analisi effettuate dai militari del Cisam – Centro Interforze Studi Applicazioni Militari – di San Piera Grado evidenzierebbero inquinamento radioattivo del fiume riscontrato soprattutto nell’area di prelievo attenzionata, sono stati da pochi giorni consegnati al Sostituto Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere Giuliana Giuliano, che, a fine novembre, aprì il procedimento penale 9664/12 per irregolarità in materia di sicurezza nucleare (DL 230/95).
Si evincerebbe comunque che gli studi predisposti sui campioni avrebbero riscontrato che la radioattività accertata non sarebbe eccessiva, anche se la ormai certezza della contaminazione radioattiva presente nel fiume obbliga ad interrogarsi su quali siano i rischi per la popolazione esposta alla contaminazione, per l’agricoltura, per gli allevamenti presenti sul territorio e sostentamento dell’economia locale.
Resta il fatto comunque che se anche in forma non elevata l’inquinamento da radioattività è presente, e sarà necessario avviare delle attività di bonifica on site che sembra siano già in via di disposizione dalle autorità competenti.
C’è da ricordare che già la cronaca riportava, nei mesi scorsi, a seguito di alcune verifiche pregresse effettuate in un’area interna al sito rinvenimento di rifiuti sotterrati quali anche materiali tecnici probabilmente adoperati dal personale dell’impianto, e che per tale motivo furono apposti i i sigilli dalle autorità nell’area denominata Trincee dal piano di bonifica. Ricordiamo che il termine per le operazioni di decommissioning dell’impianto è atteso per il 2022, e che il pericolo a cui la centrale espone la popolazione residente nell’area interessata è ancora oggetto di studi e monitoraggi, riscontrabili anche nella recente pubblicazione “Valutazione Epidemiologica dello stato salute della popolazione residente nelle centrali nucleari di Borgo Sabotino e del Garigliano” redatto dal Dipartimento Epidemiologia del SSR del Lazio, congiuntamente ad altri enti territoriali, ricordando che la provincia pontina da anni è oggetto di interesse per la presenza nel territorio di ben due centrali nucleari: Borgo Sabotino e Garigliano, attive dagli inizi degli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta.
Lo studio epidemiologico ha di fatto evidenziato un aumento della rilevanza del tumore tiroideonelle donne residenti entro 7 km dalle centrali nucleari, ma l’analisi dell’incidenza e della mortalità tumorale per distanza dagli impianti non ha dimostrato eccessi per patologie correlate all’esposizione a radiazioni, obbligandoci ad una accurata riflessione su quanto questi impianti anche se dismessi rappresentino un grosso peso sulle generazioni che ne hanno ereditato l’ingombrante presenza, e che devono convivere con l’esposizione continua ai fattori di rischio ancora non del tutto accertati.



LAZIO, SISTEMA SANITARIO REGIONALE: CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO MONITORATA DAL DIPARTIMENTO DI EPIDEMIOLOGIA (http://www.osservatorelaziale.it/index.asp?art=4464)

mirkevicius
12-09-13, 14:39
CATASTROFE NUCLEARE: ITALIA 1



http://4.bp.blogspot.com/-KnIFGNKzWAg/UGq7zw6F7wI/AAAAAAAAEBs/G-jE0CNv3Vw/s1600/Italia,+centrale+nucleare+del+Garigliano+(foto+Gia nni+Lannes).jpg (http://4.bp.blogspot.com/-KnIFGNKzWAg/UGq7zw6F7wI/AAAAAAAAEBs/G-jE0CNv3Vw/s1600/Italia,+centrale+nucleare+del+Garigliano+(foto+Gia nni+Lannes).jpg)


Italia, centrale nucleare del Garigliano.


di Gianni Lannes


Benvenuti nella centrale atomica diSessa Auruncain provincia di Caserta, a cavallo tra Lazio e Campania, in un ansa dell’omonimo fiume in riva al Mar Tirreno. Uno dei cinque impianti nello Stivale (compreso quello militare di San Piero a Grado in Toscana), collocato in un’area alluvionale particolarmente sismica - ai piedi del vulcano di Roccamonfina - tra Roma e Napoli, ad un alito dal Circeo e da Gaeta. Il 17 marzo dell’anno scorso il fiume Garigliano ancora una volta ha invaso l’impianto nucleare. Diciotto mesi fa l’indomito corso d’acqua ha rotto nuovamente gli argini, allagando la pianura - coltivata a vigneti e frutteti - che lo accompagna al mare. Come da prassi, a distanza di tempo per le conseguenze non sono state adottate contromisure dalle autorità sanitarie, statali e regionali. Dopo soli 14 anni di funzionamento - i primi 3 dei quali addirittura abusivi - rispetto ai 40 previsti, la centrale nucleare ha smesso di produrre energia nel 1978. Il I 9 luglio 1981, Enel ha chiuso l’impianto. L’11 marzo 1982 la centrale è stata disattivata. Da allora ha iniziato a manifestarsi un progressivo incremento di cancro e mutagenesi nella popolazione residente, compresi gli animali e le piante. Oggi, a 30 anni dalla chiusura non è stata ancora smantellata dalla Sogin. In compenso il golfo di Gaeta è gravemente inquinato dalle scorie nucleari. E spicca perfino il plutonio nei sedimenti marini. Ma questo è un segreto di Stato (anche se non apposto formalmente): la gente non deve sapere nulla dei segni indelebili che deteriorano la vita. Un esperimento per il governo Usa, un affare di mazzette per i governanti italioti. Attualmente ci si ammala e si muore nell'indifferenza generale delle istituzioni.




http://2.bp.blogspot.com/-WNQhDqeQfZc/UGq7yzYOuHI/AAAAAAAAEBk/Lrp5a-0Qzfc/s1600/Garigliano%252C+centrale+nucleare+%2528foto+Gianni +Lannes%2529+3.jpg (http://2.bp.blogspot.com/-WNQhDqeQfZc/UGq7yzYOuHI/AAAAAAAAEBk/Lrp5a-0Qzfc/s1600/Garigliano%252C+centrale+nucleare+%2528foto+Gianni +Lannes%2529+3.jpg)


Garigliano, centrale nucleare.



Malformazioni - Vi dice niente una lucertola a due teste? Esatto: una lucertola con due teste. L'hanno immortalata gli abitanti del piccolo borgo del casertano di Tora e Piccilli, nel cuore del Parco Regionale del vulcano di Roccamonfina, mentre attraversava la piazza principale. Il ritrovamento ha destato molta preoccupazione ed è tornato ad accendere i riflettori sui danni derivanti dall'inquinamento prodotto dalla centrale elettronucleare di Garigliano, a Sessa Aurunca. Nel corso degli anni, infatti, nella zona sono nati animali, soprattutto vitelli e agnelli, con due teste o con altre gravi malformazioni, dall'ermafroditismo all'anchilosi, come aveva incessantemente denunciato negli anni '80 l'avvocato Marcantonio Tibaldi. «Ciò cui abbiamo assistito in questi anni è spaventoso - spiegava l'avvocato in un articolo apparso sul numero 6 di Modus Vivendi - La mortalità per leucemia e per cancro è aumentata in modo esponenziale in tutte e tre le regioni esposte alle radiazioni della centrale del Garigliano: in provincia di Latina, nel basso Lazio e in Abruzzo». Nel 1981 fu condotta un’indagine di tipo statistico, dal professor Alfredo Petteruti, poi pubblicata nel libro La mostruosità nucleare: indagine sulla centrale del Garigliano (La Poligrafica, Gaeta, 1981). Si trattava di una campionatura statistica tra mucche frisone nel periodo 1979-1980. I risultati furono terrificanti. L’indagine rilevò che “il numero delle nascite con mostruosità nelle zone A e B, prossime alla centrale era 33 e 9 volte maggiore rispetto alla zona c. In termini percentuali significa raggiungere il 3200 per cento in più”. Un’indagine dell’Enea del 1980 rilevò una contaminazione radioattiva non solo nella zona in prossimità della centrale, ma anche in una vasta porzione di mare. Fu scoperto che il cobalto 60 e il cesio 137, rispetto agli anni ’70 avevano raddoppiato i valori. Naturalmente prima dell’incidente di Chernobyl del 26 aprile 1986. Le autorità, tuttavia, si girarono dall’altra parte. E chiusero gli occhi anche quando fu verificato, sempre dall’avvocato Tibaldi, che dal 1972 fino al 1978 l’incidenza di tumori e leucemie nell’area del Garigliano - che comprende il Basso Lazio come le province di Frosinone e Latina e 1700 chilometri quadrati di costa balneabile risalendo dal Volturno al Circeo - era del “44 per cento contro una media nazionale del 7 per cento”. Nei comuni di Formia, Minturno, Sessa Aurunca, San Cosma e Damiano, Roccamonfina e Castelforte ci furono novanta casi di neonati malformati tra il 1971 e il 1980. Solo nel 1984 l’Usl Latina 6 di Formia ne registrava il 19,57 per cento. Agli ospedali di Minturno e Gaeta furono numerosi quelli di encefalici, e si verificò anche un caso di ciclopismo. A tutt’oggi non è mai stata realizzata un’indagine epidemiologica. Chissà perché.


Dismissione al rallentatore - Dal 1999 questa scoria gigantesca è gestita dalla Sogin (azienda tricolore ) che ha il compito ben remunerato con denaro pubblico di bonificare. Il cosiddetto “decommissioning”, però procede a rilento. Almeno ufficialmente i materiali da mettere in sicurezza sono circa 2.600 metri cubi raccolti in quasi 3.500 fusti, oltre a 1200 metri cubi di rifiuti a bassa radioattività, chiusi in buste di plastica e sepolti attorno alla centrale (dati Sogin anno 2008). Nel 2006 si decide di costruire un deposito, chiamato D1, per accogliere le scorie. La decisione ha saltato ogni controllo da parte delle amministrazioni locali, grazie ai poteri straordinari concessi da Berlusconi al capo della Sogin. Il generale Carlo Jean (affiliato Aspen) durante il suo pontificato in questa società ne ha combinate di tutti i colori ed impunemente. Certo che mettere le scorie in un posto a rischio sismico e di inondazioni non denota un particolare acume. Nel D1 tuttavia andranno i rifiuti di media attività (1100 metri cubi); altri 600 in un edificio recuperato sempre nell’area della centrale. Restano 2100 metri cubi: dove verranno piazzati? Probabilmente nel deposito di Avogadro, presso il centro di Saluggia in Piemonte dove nel passato nucleare italiano venivano riprocessate le barre esauste fino al 1984. Ma tutte le scorie - assicurano a Sogin - andranno poi a finire nel deposito nazionale che ne accoglierà 80 mila metri cubi: ma dove e come questo deposito sarà realizzato non si sa, semplicemente perché nessuno sa come farlo. E così i tempi si allungano e la data di fine lavori prevista per il 2016 è già stata spostata da Sogin al 2022. Il mantenimento di questa società che ha fatto pochissimo per non dire nulla fino al 2008, grazie ad una gestione poco chiara, costa tanti soldoni. Solo per Sessa Aurunca sono stati spesi finora 450 milioni di euro. Li abbiamo pagati tutti noi, grazie a quella voce, A2, che trovate nella bolletta elettrica. Con essa finanziamo gli sperperi della Sogin, i petrolieri e gli inceneritori (A 3).


La Sogin dichiara: "Nel 2010 è stato pubblicato il decreto di compatibilità ambientale per il rilascio incondizionato del sito. La valutazione di impatto ambientale prevede che le attività di smantellamento non riguardino gli edifici reattore e turbina, progettati dall’architetto Riccardo Morandi, dichiarati patrimonio architettonico del nostro Paese come stabilito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali".


Incidenti e disinformazione - Il mostro è una palla bianca unica al mondo da 160 megawat di potenza elettrica. È un reattore che la General Electric ha venduto all’Italia nei primi anni ‘60, ma che poi non ha avuto il coraggio di replicare negli Usa.


Il progetto infatti viene finanziato dalla Banca Mondiale (allora BIRS: banca per la ricostruzione e lo sviluppo) con 40 milioni di dollari. Siamo nel 1959. Questi soldi sono un prestito erogato allaCassa del Mezzogiorno, una specie di antro senza fondo dentro il quale è stata inghiottita una quantità spaventosa di denaro pubblico, del quale solo una infinitesima parte è stato speso per le popolazioni del Sud mentre la maggior parte è finito nel calderone di una corruzione dilagante a favore dei governanti, mai volutamente arrestata.

I lavori partono nel 1959 con la previsione di terminare tre anni più tardi, ma le continue piene del Garigliano li rallentano e si arriva alla prima produzione di energia solo nel 1964. L’autorizzazione a funzionare, cioè la “licenza di esercizio” fu data nel 1967. Per tre anni abbiamo avuto nel paese una centrale nucleare clandestina. Da un punto di vista tecnico e produttivo questo impianto è stato un totale fallimento. In quindici anni ha prodotto appena lo 0,3 per cento del fabbisogno nazionale e, cosa assai più grave, ha subito una serie di incidenti ben documentati.


Nel 1970 si rischia il "botto". Accade quello che è avvenuto l’anno scorso a Fukushima. A causa delle piene e quindi delle inondazioni del fiume Garigliano i motori elettrici che regolano il sistema di raffreddamento si spengono: quello principale e anche quello secondario. Anche il terzo impianto, di riserva, non parte. Il rischio di una fusione delle barre viene scongiurato per puro caso perché si riesce all’ultimo momento a recuperare energia dalle linee esterne.


Nei successivi otto anni ci sono altri quattro incidenti importanti. In due di questi (1972 e 1976) dalla centrale fuoriescono sostanze radioattive che si mescolano all’aria, all’acqua e alla terra. Poi nel 1978 un altro guasto e la chiusura. Bene così? Neppure per sogno: un reattore non si spegne come un’automobile. Ci vogliono decenni perché smetta di pulsare, perché le barre possano essere trattate. Le scorie radioattive sono sempre là e un aumento di temperatura può provocare guasti inimmaginabili. Per questo il sistema di raffreddamento dell’impianto dev’essere sempre attivo e ben controllato. Così altri incidenti si verificano nel 1979 . Nel novembre 1980 il Garigliano esonda ancora e invade i locali della centrale. La drammaticità dell’incidente è nel telegramma che arriva al sindaco di Castelforte, comune confinante col sito. Lo spedisce l’ingegner Sennis del Cnen, la vecchia sigla dell’Enea. Lo avverte che l’acqua che è entrata nella centrale è anche uscita tornando nel fiume, solo che si è portata dietro una quantità imprecisata di materiali radioattivi. Soprattutto Cesio 137, radioattivo con una emivita di 30 anni. Ergo: ci vogliono 300 anni per tornare in condizioni “normali”.


Sono fatti gravissimi perché influiscono sulla vita delle persone: le sostanze radioattive entrano nel ciclo alimentare. Le specie viventi che pascolano nei campi circostanti (la zona è quella della mozzarella di bufala) o che nuotano nel fiume e nel mare (alla foce del Garigliano) sono in pericolo. Scatta un’inchiesta giudiziaria locale e si individua il responsabile. E’ un ingegnere, direttore della centrale, Tommaso Vitiello, che ha usato i serbatoi senza alcun collaudo. Viene ritenuto colpevole, ma la pena è prescritta per amnistia.
Si tratta di fatti gravissimi eppure nessuno ne parla. Chi apre bocca narra storie allucinanti. Racconta di colleghi morti di cancro a causa delle radiazioni. Rivela di esperimenti fatti nella centrale. Come quello di rivestire di plutonio le barre di uranio per aumentare il rendimento dell’impianto.


E poi c’era la questione del reattore, costruito dalla General Electric. I tecnici dell’azienda, davanti al Congresso americano nel 1975, dichiarano che quella macchina è pericolosa e offre scarse garanzie di sicurezza. Per questo ne era stata abbandonata la produzione, per i troppi rischi e di conseguenza i troppi incidenti. Ma in Italia nessuno tiene conto di queste informazioni e anzi fa ben di peggio. Dal momento che fino ad allora la resa in termini di energia prodotta era stata bassa, fanno di tutto per aumentarla. Dal 1976 al 1978 il reattore funziona a pieno regime che è come guidare un’auto con l’acceleratore sempre premuto al massimo. E, senza avvertire nessuno, si decide di aggiungere il plutonio come materiale di fissione.


Non servono incidenti per avere elementi radioattivi che possono provocare gravi danni alla salute degli abitanti della zona. Le sostanze che fuoriescono nell’aria sono trizio, carbonio 14, cesio 137, cesio 134, cobalto 60 e iodio 131. E sono sostanze che bene non fanno: il trizio si sostituisce all’idrogeno dell’acqua; il cesio si concentra nei muscoli; lo stronzio si sostituisce al calcio nelle ossa e nel midollo; il cobalto tende ad accumularsi nell’intestino e lo iodio nella tiroide. E la loro attività danneggia le cellule, modifica il DNA procurando danni irreversibili e portando alla morte.


Carte roventi - C’è un documento del Comitato nazionale per l'energia nucleare (prot. n. 24771-p. 5 del 4.11.77) in cui si parla delle barre di plutonio e si scopre così che il vizietto è vecchio perché tentativi erano stati fatti già nel ‘68, nel ‘70 e nel ‘75. E il numero di queste barre non era così piccolo: 72 su 208, ossia il 35 per cento.


In tutto 1164 parole ufficiali per un disastro annunciato 32 anni fa. «Nei giorni precedenti presso la centrale elettronucleare del Garigliano a seguito abbondanti piogge il livello di falda acquifera della zona si era notevolmente alzato. In conseguenza si erano avute infiltrazioni di acqua in un sotterraneo di un edificio di centrale contenente le vasche che ospitano i contenitori di stoccaggio delle resine provenienti dal sistema di purificazione delle acque del reattore della centrale. Tali infiltrazioni di acqua avevano riportato in soluzione la contaminazione radioattiva esistente sulla superficie interna delle vasche. Al cessare del maltempo e con il conseguente abbassamento della falda acqua infiltratasi nella vasca è defluita verso falda e probabilmente in parte verso il fiume trascinando con sé parte della contaminazione». Questo telegramma giunse al Comune di Castelforte il 19 novembre 1980 e per la prima volta rendeva noto un incidente avvenuto all’impianto. «Essenzialmente Cesio 137» afferma il telex del Cnen, ma nei giorni successivi si è riscontrata la presenza di almeno altre due sostanze: il Cesio 134 ed il Cobalto 60. Seguono le solite rassicurazioni per mantenere buona la popolazione, Ma qualche giorno dopo si registrano degli episodi significativi: la morte di 25 bufale che avevano pascolato in aree sommerse dal fiume e la moria di grossi pesci lungo il tratto di mare dove sfocia il Garigliano. Ma solo dopo l’intervento del pretore locale si viene a sapere di altri incidenti. Nel dicembre 1976 l’acqua del Garigliano, in fase di piena, è penetrata nel locale sotterraneo della centrale, ove sono stoccate le scorie radioattive e, ritirandosi, si è trascinata dietro nel fiume, nella campagna e nel mare più di un milione di litri d’acqua contaminata da radionuclidi presenti nel locale e provenienti dal sistema di purificazione delle acque del rattore. Nel novembre 1979 si verifica un incidente analogo a quello del 1976. Il Garigliano per effetto delle piogge abbondanti straripa, invadendo l’area della centrale che sommerge. Ma la serie di incidenti è una litania funebre. Nel rapporto del Cnen (Disp 80 (3) Bozza) “Centrale del Garigliano situazione 30 novembre 1980” è riportato l’elenco dei principali inconvenienti ed incidenti verificatesi durante la vita dell’impianto. In alcuni casi, come nel 1972 e nel 1976 ci furono alcune esplosioni e la popolazione locale fuggì terrorizzata e disordinatamente nelle campagne. Nel Rapporto Cnen del 1980 si fa menzione di una catastrofe sfiorata nel 1970: «In occasione di una mancanza totale di tensione … Per effetto di tale sequenza di eventi si verificava sull’impianto transitorio con diminuzione di livello dell’acqua del circuito primario … Durante il transitorio di perdita di livello non risultavano, comunque, mai scoperti gli elementi di combustibile». Se ciò fosse accaduto si sarebbe verificato il più grave degli incidenti: la fusione del nocciolo.


Plutonio bellico - Nel 1963 Giuseppe Saragat, poco prima di divenire presidente della Repubblica, pubblica un libro intitolato Mettere ordine nella politica nucleare. Il leader socialdemocratico definisce il nucleare «dal punto di vista economico un disastro». Saragat scrive: «Le centrali nucleari italiane sono utili solo per produrre plutonio come prodotto principale ed energia elettrica come sottoprodotto, per cui costruire tali centrali per produrre solo energia elettrica, come si è fatto in Italia, significa credo, comportarsi come chi costruisse una segheria per produrre soltanto segatura».


Nonostante le discussioni dell’epoca tendessero a negare che il plutonio prodotto dalle centrali nucleari potesse essere riutilizzato per fini bellici, ormai la pratica anche a livelli industriali del ritrattamento del combustibile esaurito delle centrali nucleari ci ha dimostrato il contrario. Fondati erano i timori di Saragat che il plutonio da noi prodotto «acquistato - secondo lo stesso Saragat - dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna a prezzi vili, irrisori» sarebbe stato utilizzato per costruire ordigni nucleari. Già nel 1968 sotto la direzione di tecnici americani venivano effettuati esperimenti con elementi transuranici, fra cui il plutonio. Tra gli scopi vi sarebbe stato quello di misurare i livelli di radioattività nei pesci, nelle alghe, nelle acque marine. L’effetto è stato l’inquinamento permanente ed irreversibile di centinaia di chilometri dello splendido golfo di Gaeta e del Circeo, e la sua gravità è tale da essere paragonata a quella dell’incidente avvenuto nel 1966 a Palomares, a sud est della Spagna, dove la caduta di un aereo provocò il rilascio di materiale altamente radioattivo.


Inquinamento irreversibile - In due relazioni ufficiali dell’Enea (“Influenza dei fattori geomorfologici sulla distribuzione dei radionuclidi. Un esempio: dal M. Circeo al Volturno” nonchéin “Studio preliminare dei sedimenti sulla piattaforma costiera della zona della foce del Garigliano”)risulta che: «le attività del Cesio 137, nei primi due centimetri dei fondali antistanti il golfo di Gaeta, nelle aree di maggiore concentrazione, corrispondono a 7 millicurie/kmq (259 Mbq/kmq)». In particolare nella relazione di Brondi, Ferretti e Papucci rileviamo che «complessivamente la zona interessata dalla contaminazione da Cobalto 60 nei supera i 1700 kmq». Come se non bastasse, qualche anno dopo ecco apparire fra gli addetti ai lavori i dati sulla contaminazione da plutonio. In una ricerca effettuata per la Cee di Delfanti e Papucci (“Il comportamento dei transuranici nell’ambiente marino costiero”) viene tracciata una mappa della contaminazione da plutonio nel golfo di Gaeta da 2 a 4 volte la deposizione da fall-out. Il plutonio non esiste in natura: è una sostanza altamente tossica dal punto di vista chimico, è pericolosamente radiotossica e di elevata rilevanza strategico-militare. La radioattività del plutonio si dimezza dopo 24 mila anni ed esso rimane pericoloso per oltre 400 mila anni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità. “0,25 milionesimi di grammo sono il massimo carico ammissibile di plutonio in tutta la vita per un lavoratore professionalmente esposto”. Bastano infatti pochi microgrammi di plutonio immersi nel condizionamento di un grattacielo per condannare alla morte rapida tutti coloro che si trovano al suo interno».


Sull’aumento della radioattività nei sedimenti marini del golfo di Gaeta ha scritto il 4 agosto 1984 anche l’Istituto Superiore di Sanità: «Per una serie di ragioni descritte in notevole dettaglio nella letteratura tecnica, si sono prodotti fenomeni di accumulo del Cobalto e del cesio, scaricati nel fiume Garigliano, all’interno del golfo di Gaeta. Ciò è indubbiamente legato all’insediamento della centrale».


La grande biologa marina Rachel Carson nel saggio IL MARE INTORNO A NOI ha così argomentato: «La concentrazione e la distribuzione di radioisotopi ad opera degli organismi marini può forse avere un’importanza ancora maggiore dal punto di vista del rischio umano (…) gli elementi radioattivi depositati nel mare non sono più recuperabili. Gli errori che vengono compiuti ora sono compiuti per sempre».


Quale limite? - Attenzione, non è un limite biologico, bensì economico: 20 millisievert all’anno per i lavoratori ed 1 millisievert per la popolazione. Gianni Mattioli, docente di Fisica alla Sapienza non ha dubbi: «Il danno sanitario da radiazioni è un danno senza soglia. Dosi anche infinitesimali di radioattività innescano processi di mutagenesi e patologie tumorali tant’è che la definizione di dose massima ammissibile fornita dalla Commissione internazionale per la radioprotezione, invece di essere “quella particolare dose al di sotto della quale non esiste rischio”, è invece quella dose cui sono associati effetti somatici, tumori e leucemie, che si considerano accettabili a fronte dei benefici economici associati a tali attività o radiazioni». Dopo l’euforia del secondo referendum che ha sancito un rifiuto popolare, nel Belpaese in declino i cimiteri atomici - civili e militari - sono già stati sepolti, ma soltanto nell’immaginario collettivo. Eppure l’inquinamento radioattivo - mai preso in considerazione dallo Stato italiano - rappresenta un’emergenza da non sottovalutare, anzi prioritaria. La letteratura scientifica attesta che le centrali nucleari, in condizione di normale funzionamento rilasciano radioattività, la quale entra nella catena alimentare, quindi nell’organismo umano provocando cancro e leucemia. E ciò a prescindere dalla quantità di radionuclidi e dai limiti di soglia, che sono nient’altro che simboli dell’equazione costi-benefici. Insomma, poca elettricità ma a caro prezzo, in cambio di morti e mutanti.




http://1.bp.blogspot.com/-DcUD6wvRAOg/UGq7x9v00UI/AAAAAAAAEBc/A5sMTpJgIbM/s1600/Garigliano+2+%2528foto+Gianni+Lannes%2529.jpg (http://1.bp.blogspot.com/-DcUD6wvRAOg/UGq7x9v00UI/AAAAAAAAEBc/A5sMTpJgIbM/s1600/Garigliano+2+%2528foto+Gianni+Lannes%2529.jpg)


Garigliano.











Su La Testa!: CATASTROFE NUCLEARE: ITALIA 1 (http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/10/catastofre-nucleare-italia-1.html)

MaIn
24-04-14, 20:50
Scorie nucleari in Italia, parte il conto alla rovescia - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/ambiente/2014/03/21/news/scorie_nucleari_italia-81524320/)

Maestrale
24-04-14, 21:23
Scorie nucleari in Italia, parte il conto alla rovescia - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/ambiente/2014/03/21/news/scorie_nucleari_italia-81524320/)

Quando leggo ste cose rimango sgomento: ma come si fa ad utilizzare una tecnologia che produce scorie che rimangono radioattive per centinaia di migliaia di anni.
E' probabile che l'umanità si estingua prima che le scorie nucleari esauriscano la loro radioattività.

Regina di Coppe
08-04-15, 15:15
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La Sardegna non vuole i siti di stoccaggio delle scorie nucleari...

La decisione sarà rinviata, guarda caso, dopo le elezioni....

Scorie nucleari, la decisione nel 2016 - Regione - la Nuova Sardegna (http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/04/08/news/scorie-nucleari-la-decisione-nel-2016-1.11195945)


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Regina di Coppe
17-05-18, 11:29
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l’Italia finisce davanti alla Corte di Giustizia Ue sui rifiuti radioattivi. Lo ha deciso la Commissione Ue in quanto non è stata assicurata la piena conformità alla direttiva in materia, in particolare sul fronte della notifica dei programmi nazionali di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.

Gli stati membri erano tenuti a notificare i programmi nazionali entro il 23 agosto del 2015. La direttiva Ue istituisce un quadro per garantire la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, chiedendo ai 28 provvedimenti adeguati in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza. L’italia non c’è riuscita....

continua a leggere su:
https://www.quotidiano.net/blog/farruggia/nucleare-litalia-finisce-davati-alla-corte-di-giustizia-europea-11.1150

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Regina di Coppe
11-10-19, 16:39
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Il ministero dell’Ambiente ha deciso lo stanziamento di un milione di euro per la messa in sicurezza della discarica radioattiva ex Piccinelli di Buffalora, sbloccando così le risorse previste dal fondo rotativo previsto dalla Finanziaria 2017 (cinque milioni l’anno dal 2018 al 2020). (...)

... a ridosso dell’odierno parco delle cave nel 1998 sono state ritrovate 1.800 tonnellate di scorie contaminate da Cesio 137, per un potenziale radioattivo di 120 Giga Becquerel, stoccate in un’ex cava di sabbia e ghiaia. La ditta responsabile del disastro (la Cagimetal) non c’è più. (...)

https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/19_settembre_12/discarica-cesio-buffalora-arrivo-milione-roma-sigillarla-4ab8ec9e-d547-11e9-8969-5b23f308f7f4.shtml?refresh_ce-cp


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Regina di Coppe
18-12-19, 16:40
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A Rotondella (Matera) è stata completata oggi la rimozione del “monolite”, un prisma verticale di rifiuti nucleari di circa 130 tonnellate e 54 tonnellate che si trovava a 6,5 metri di profondità. (...)

A fine 2018 il volume dei rifiuti radioattivi (solidi e liquidi) presenti nel sito di Rotondella è stato di 3.214 metri cubi. (...)

All'ordine del giorno c'è anche il tema di un deposito ‘geologico’ che possa smaltire le scorie ad alta attività (tra cui anche le barre nucleari contenenti uranio), quelle che impiegano migliaia di anni per il loro decadimento. In questi casi non basta il calcestruzzo ma serve anche una geologia particolare del territorio. Temporaneamente potranno stare in un deposito unico nazionale ma per il loro smaltimento definitivo sarà necessario qualcosa in più: un luogo capace di garantire la sicurezza per i millenni a venire. (...)

In Italia ci saranno nel futuro deposito nazionale 95mila metri quadrati di scorie nucleari radioattive,

https://www.ilmessaggero.it/scienza/via_le_scorie_nucleari_terreno_basilicata_rimosso_ monolite_fossa_irreversibile-4934264.html



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Regina di Coppe
05-01-21, 22:52
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Dal 1987 si cercano siti di stoccaggio per trattare le scorie di ex centrali nucleari e rifiuti tossici radioattivi tuttora emessi da aziende che si occupano di non meglio precisata "ricerca scientifica".

Sono stati individuati 67 luoghi ritenuti "idonei":

https://notizie.tiscali.it/export/sites/notizie/.galleries/19/carta-luoghi-idonei-deposito-scorie.jpg_2082405531.jpg



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Nell' articolo riportato al link sotto si nota il big business per i pochi che gestiranno l'affare, l'opportunità di lavoro temporaneo per qualche migliaio di operai, ma della salute e della sicurezza di codesti siti, problema di tutti gli italiani, manco a parlarne... senza contare che i costi di gestione saranno a carico di... indovinate chi?

https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/carta-siti-scorie-nucleari/


L'Italia ha detto no al nucleare, ma sì alle scorie radioattive?


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Regina di Coppe
08-11-21, 21:53
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La decisione della Sogin, la società pubblica incaricata dello smaltimento dei rifiuti nucleari, di concentrare nel Lazio e principalmente nella Tuscia le principali centrali di stoccaggio, ha sollevato le proteste dei cittadini e dei comitati locali.

(...)
Un punto altrettanto critico dell’intera vicenda è legato all’assenza di documentazione che spieghi nel dettaglio come sono state selezionate le aree che dovrebbero trasformarsi nei grandi depositi italiani delle scorie (...)

Nel caso della Tuscia i comuni coinvolti sono 14, con 7.500 ettari di terreno distribuiti tra Maremma e Monti Cimini. Tutte le aree individuate sono interconnesse attraverso una vasta rete di aree naturali protette e siti Natura 2000, ovvero il principale strumento normativo dell’Unione europea per la conservazione della biodiversità (direttiva Habitat)”

https://etrurianews.it/2021/11/08/scorie-nucleari-nella-tuscia-le-incongruenze-della-sogin/



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E questi sarebbero "siti idonei"?

Meno male che grazie al referendum in Italia non ci sono centrali atomiche attive: non sappiamo nemmeno come e dove stoccare le scorie degli impianti chiusi decenni fa!

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Regina di Coppe
15-01-24, 19:42
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Dal Ministero dell’Ambiente [sic!] e della Sicurezza Energetica [sic!] è arrivata la Cnai, Carta nazionale delle aree idonee per il deposito nazionale delle scorie radioattive.

Si tratta come detto di un elenco formale, che attualmente non ha riscontrato l’accettazione da parte di nessuna delle località selezionate. Ecco quali sono le aree interessate e criteri in base ai quali sono state individuat

Criteri di scelta per i depositi di scorie nucleari
La mappa dei 51 depositi di scorie nucleari in Italia è stata redata dalla Sogin sulla base di alcuni criteri. Fra i vari punti chiave di cui tenere conto figurano:

La lontananza da aree vulcaniche, a rischio sismico, da faglie o soggette a pericolo per il dissesto idrogeologico;
Lontananza da insediamenti “civili, industriali e militari”;
Esclusione delle aree protette e di quelle poste a oltre 700 metri s.l.m. oppure situate a meno di 5 km dalla costa;
Ritenute non selezionabili anche quelle aree al cui interno fossero presenti pozzi (petrolio o gas), miniere o siti di interesse archeologico, storico o agricolo.

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elenco dettagliato siti individuati al link:

https://www.ecoincitta.it/depositi-scorie-nucleari-in-italia-lista-mappa-siti-selezionati/


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La Carta elaborata da Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) e Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) individua 51 potenziali siti dislocati nei territori di 7 regioni italiane.

:rolleyes:



L'elenco dei siti di stoccaggio delle scorie nucleari in Italia comprende 51 territori dislocati su 7 regioni. La realizzazione degli impianti è prevista entro il 2030 (....)

Ogni territorio in cui verranno costruiti gli impianti verrà ristorato con 1 milione di euro....

:rolleyes:


articolo completo:

https://quifinanza.it/economia/depositi-scorie-nucleari-sette-regioni-italiane-mappa-siti-stoccaggio/779525/


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mixkey3
15-01-24, 19:44
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elenco dettagliato siti individuati al link:

https://www.ecoincitta.it/depositi-scorie-nucleari-in-italia-lista-mappa-siti-selezionati/

.Tuscania non sismica?