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Visualizza Versione Completa : 30 maggio 1998:In Italia gli universitari studiano troppo



Metabo
30-12-13, 19:24
(http://www.questotrentino.it/qt/?aid=5447)Vecchio articolo ma sempre molto attuale sul pessimo sistema scolastico italiano.

In Italia gli universitari studiano troppo (http://www.questotrentino.it/qt/?aid=5447)

30 maggio 1998
In Italia gli universitari studiano troppo

Nel resto d'Europa si studia di meno e ci si laurea prima. Perché? Con quali vantaggi? L'esperienza degli studenti trentini all'estero, degli stranieri a Trento, il parere dei professori. Intanto a Roma, il Ministero ha scelto una linea drastica...

http://www.questotrentino.it/98/11/copertina_11.jpg
Gli studenti universitari italiani studiano troppo? A chi è esterno al mondo universitario sembra una domanda paradossale: eppure se la pongono gli studenti, che attraverso soprattutto il programma di scambio "Erasmus" vengono in contatto con le altre realtà europee; se la pongono i professori (magari nella variante "Diamo una preparazione più elevata "); se la pone anche - e forse soprattutto - il Ministero, che ha deciso di obbligare i vari atenei a ridurre gli anni di permanenza degli studenti all'università (vedi articolo successivo).
Ma allora, è proprio vero che gli studenti italiani studiano di più dei loro colleghi europei? E oltre alla quantità, qual è la qualità dello studio? Per discutere di questi temi abbiamo riunito alcuni studenti: trentini che hanno studiato all'estero e stranieri attualmente a Trento. Di seguito il dibattito, con la partecipazione di Maria Luisa (Economia politica, esperienza Erasmus ad Ànversa, Belgio) Silvia (Giursprudenza, studia ad Innsbruck), Andrea (ingegnere, studente Erasmus a Nottingham, Inghilterra), Chiara (Sociologia, esperienza Erasmus a Parigi) Gregory (di Marsiglia, studente Erasmus a Trento di Economia e Commercio), Iker (di San Sebastian, Spagna, studente Erasmus a Giurisprudenza), Gòtz (di Colonia, studia Giurisprudenza), Johannes (di Augsburg, studia Economia e Commercio).
Maria Luisa: Concordo con la domanda, in Belgio si studia di meno e la mia esperienza è stata molto chiara in proposito: quasi tutti gli studenti belgi si laureano a 21-22 anni, un'età a cui noi siamo a metà strada. E loro studiano di meno perché studiano in modo diverso: classi molto meno numerose, insegnanti che ti seguono da vicino, argomenti connessi cori l'attualità. Lo studente è indubbiamente facilitato (non esiste la tesi, per superare alcuni esami è sufficiente la frequenza ai corsi): il risultato finale è che le nozioni sono meno approfondite, ma il panorama di quello che impari è più chiaro.
Andrea: Tra università italiana e inglese, la differenza è abissale. La preparazione che danno i primi tre anni di università inglese (che si traducono nel 'first degree ' equiparato alla nostra laurea) è poco più di quella delle nostre scuole superiori. Per questo, per entrare nel mercato del lavoro, è giocoforza aumentare la preparazione frequentando, dopo il primo livello di studi ( 'first degree ') quello successivo (il 'master').
Gregory: il fatto è che nei sistemi anglosassoni, in Inghilterra ma anche negli Usa, il livello di preparazione è spostato in avanti. Perché, per avere professionalità, non serve solo lo studio, ma anche l'esperienza. Parcheggiare cinque, sei, sette anni all'Università, non ha senso. Ha senso invece avere una prima preparazione, iniziare a lavorare, e in seguito specializzarsi, approfondire, integrando così studio teorico ed esperienza pratica.
Silvia: Pur essendo di Trento, studio ad Innsbruck e ne sono pienamente soddisfatta. Soprattutto per il metodo di insegnamento, chiaramente finalizzato alla conoscenza pratica: nella mia facoltà, Legge, si studia la teoria giuridica, ma alla luce dei casi concreti.
Chiara: La mia esperienza è stata forse particolare: ho soggiornato in una città culturalmente straordinaria conte Parigi, ma frequentando una facoltà poverella. Nella mia università, Paris VII, le facoltà scientifiche erano molto prestigiose, ma la mia, Sociologia, era dequalificata, rispetto a Trento e rispetto alle altre facoltà francesi. Infatti nei pochi corsi, dai programmi ridotti, gli studenti erano quasi tutti Erasmus, mentre i francesi studiavano altrove.
Quest'esperienza pone in discussione l'organizzazione e le finalità di Erasmus (vedi pagina successiva). Comunque questo primo giro di opinioni apre un problema: l'autonomia concessa di recente alle varie università italiane porterà anche da noi ad una progressiva differenziazione tra facoltà impegnative e facoltà facili. E di conseguenza la stessa laurea avrà un peso diverso a seconda della sede dove sarà stata conseguita.
Gregory: In Francia esistono due sistemi universitari paralleli: uno tradizionale, le Universités, e uno d'eccellenza, leHautesÉcoles, che hanno costi molto alti (io all'École du Commerce pago sui 20 milioni all'anno), ma sono di livello decisamente superiore, articolate in un biennio generale, molto selettivo, e un triennio di specializzazione in cui lo studio è legato all'esperienza. Di qui anche i miei appunti all'Università di Trento: uno studio troppo teorico e la distanza tra studenti e docenti, con il prof che finita la lezione se ne va.
Professori supponenti quindi. E secondo te, sono preparati?
Gregory: A Trento ho deciso di seguire due corsi che mi interessavano; e ne sono rimasto soddisfatto.
Iker: Ritorniamo al professore italiano che fa la lezione e subito dopo se ne va: questa per me è la caratteristica più negativa; anche perché se poi per caso parla con te, ha sempre ragione lui: si crede un semidio. In questo c'è una responsabilità anche degli studenti, che mettono il docente su un piedistallo, tenendo con lui un atteggiamento remissivo, talora servile. In Spagna e 'è un rapporto più amichevole, ci si può dare del tu, gli orari di ricevimento sono sacri (qui sono una burletta), oltre le lezioni teoriche si fanno le esercitazioni, e quelle sono svolte su un livello più paritario. Oltre a questo, l'altra differenza che salta agli occhi, è il carico di lavoro: non e 'è dubbio, gli italiani studiano di più degli spagnoli.
Gòtz: ...anche dei tedeschi, per quello. O meglio, gli studenti italiani dedicano allo studio più tempo. Ma è uno studio più dottrinale. In Germania invece i primi tre anni di preparazione generale sono più facili, lo studio duro viene dopo, nei seguenti anni di specializzazione che portano agli esami di Stato. E ritengo giusto che sia così: perché nei primi anni il giovane, che va a vivere fuori casa, deve crescere, cominciare a lavorare, raggiungere l'autonomia; mentre se sei gravato da esami pesanti come in Italia, rimani in famiglia e non hai tempo e possibilità di formarti.
Iker: Non sono d'accordo su quest'ultimo punto: anche in Spagna gli studenti non lavorano, ma questo è un elemento di rafforzamento dei vincoli famigliarì, è un motivo di riconoscenza tra le generazioni. E quindi è grandemente positivo.
Su questo punto si accende un'animata discussione di cui riportiamo solo un flash conclusivo.
Johannes: Beh, mi sembra sia emersa la particolarità della visione mediterranea della società e della famiglia. Io preferisco diventare autonomo presto, a vent'anni piuttosto che a trenta; e credo sia giusto conoscere subito il lavoro e il valore del denaro. Vorrei aggiungere un elemento al discorso sull'Università in Germania: alcune facoltà, come Economia, hanno un 'impostazione diversa da quella, prevalente, di cui ha parlato Gòtz: da noi non c'è un triennio d'approccio, più facile, la selezione avviene subito.
Dagli studenti stranieri sono qui emerse solo i rilievi critici verso la nostra Università. E i lati positivi?
Gotz: Innanzitutto le facilitazioni per sostenere gli esami: il numero di appelli, la possibilità di ripeterli. E poi a Trento alcuni servizi, come la mensa...
Johannes: ...epoi come viene trattato lo studente Erasmus, sia in facoltà che fuori: siamo accolti, inseriti nella vita della città...
Andrea: ...il che è completamente diverso da quello che accade allo studente straniero in Inghilterra: lì, dopo un anno, era ancora difficile che ti salutassero. Ma nonostante questo, è stata un 'esperienza molto positiva; dovrebbe essere obbligatoria per tutti gli studenti europei.

Alepk
02-01-14, 19:14
Dio mio non è cambiato nulla.

Duca Bianco
18-01-14, 18:52
Dio mio non è cambiato nulla.
non direi, il 3+2 ha risolto il problema dell'ingresso ritardato dei giovani nel mondo del lavoro. Per il resto, non riesco sinceramente a comprendere perchè mai un sistema che comporti oneri di studio meno gravosi sia preferibile.

Metabo
18-01-14, 20:02
Dio mio non è cambiato nulla.

Anzi è anche peggiorato

Metabo
18-01-14, 20:03
non direi, il 3+2 ha risolto il problema dell'ingresso ritardato dei giovani nel mondo del lavoro. Per il resto, non riesco sinceramente a comprendere perchè mai un sistema che comporti oneri di studio meno gravosi sia preferibile.

Non serve capire, basta che guardi come all'estero il sistema funziona meglio che in italia.
Non si tratta di studiare meno ma di studiare meglio, che può significare anche studiare meno.

Duca Bianco
18-01-14, 20:28
Non serve capire, basta che guardi come all'estero il sistema funziona meglio che in italia.
Non si tratta di studiare meno ma di studiare meglio, che può significare anche studiare meno.
A me risulta che gli studenti italiani siano ben accetti ovunque vadano, segno che evidentemente il sistema non andrebbe spianato con un bulldozer. Sei in grado di dimostare che all'estero funzioni meglio che in Italia, o si tratta dei soliti pregiudizi?

Metabo
18-01-14, 21:13
A me risulta che gli studenti italiani siano ben accetti ovunque vadano, segno che evidentemente il sistema non andrebbe spianato con un bulldozer. Sei in grado di dimostare che all'estero funzioni meglio che in Italia, o si tratta dei soliti pregiudizi?

Giovannini su dati Ocse: "Dimostrano che italiani poco occupabili" - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/scuola/2013/10/09/news/giovannini_su_dati_ocse_dimostrano_che_italiani_po co_occupabili-68246867/)

Duca Bianco
18-01-14, 21:33
Giovannini su dati Ocse: "Dimostrano che italiani poco occupabili" - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/scuola/2013/10/09/news/giovannini_su_dati_ocse_dimostrano_che_italiani_po co_occupabili-68246867/)
si parla di adulti di età compresa tra i 15 e i 65 anni, non mi pare di poterne ricavare alcunchè sull'efficienza del sistema universitario.

Metabo
19-01-14, 12:16
si parla di adulti di età compresa tra i 15 e i 65 anni, non mi pare di poterne ricavare alcunchè sull'efficienza del sistema universitario.

Vabene seguita a credere quello che vuoi...

Alepk
23-01-14, 23:50
non direi, il 3+2 ha risolto il problema dell'ingresso ritardato dei giovani nel mondo del lavoro. Per il resto, non riesco sinceramente a comprendere perchè mai un sistema che comporti oneri di studio meno gravosi sia preferibile.

Ma dove? Prima la laurea durava 4 anni, con il 3+2 sono diventati 5,i ritardi medi sono gli stessi quindi direi che si entra nel mondo del lavoro in media un anno dopo.

Duca Bianco
24-01-14, 22:39
Ma dove? Prima la laurea durava 4 anni, con il 3+2 sono diventati 5,i ritardi medi sono gli stessi quindi direi che si entra nel mondo del lavoro in media un anno dopo.
Solo alcuni corsi di laurea duravano 4 anni( giurisprudenza e pochi altri). Oggi ti puoi fermare al 3 senza necessariamente optare per il +2,entrando nel mercato del lavoro provvisto di titolo di laurea già all'età di 21-22 anni. Direi che il cambiamento c'è stato. E' ovvio poi che la scelta di non proseguire ha molto senso per facoltà eminentemente pratiche (economia, ingegneria), e meno senso per altre (facoltà umanistiche, scienze pure ecc.).

pedro
25-01-14, 12:32
A me risulta che gli studenti italiani siano ben accetti ovunque vadano, segno che evidentemente il sistema non andrebbe spianato con un bulldozer. Sei in grado di dimostare che all'estero funzioni meglio che in Italia, o si tratta dei soliti pregiudizi?

non diciamo sciocchezze, lavoro all'estero e le universita' italiane non godono di particolare ammirazione. qui si da' molto peso ai ranking e a parte bocconi, bologna, politecnici (to e mi) e luiss, le universita' italiane non entrano tra le prime 100 neanche nelle classifiche delle facolta'. sara' perche' i tre quarti degli ingegneri informatici della sapienza non sanno programmare ne' gestire un tostapane? (in compenso conoscono tutte le dimostrazioni sulla costante di nepero, senza averne capito il significato fisico.) o perche' i laureati in lingue non conoscono le lingue straniere? e' cosi' importante fare 3 esami di fisica, se poi ci si laurea in ingegneria informatica senza aver studiato 3 pagine di programmazione funzionale o parallela? produrre ingegneri che non sanno programmare o laureati in economia che non sanno leggere un'equazione differenziale e' impensabile in uk, anche alle serali.

di tutto quell'imparare a memoria tanto caro ai professori e agli studenti (affetti da una gravissima sindrome di stoccolma) italiani, non resta niente 2 mesi dopo la discussione della tesi. infatti, nonostante lavori da quasi 10 anni e abbia studiato all'universita', ancora non ho capito l'utilita' di imparare vagonate di libri a memoria e ripeterle a una cariatide di 87 anni, che non ha scritto una riga degna di nota in 60 anni di carriera (da che papi l'ha infilato nella facolta') e che non ha mai lavorato fuori dall'universita' (se non per rubacchiarsi qualche fondo universitario e produrre meno che danno sociale). non capisco come si faccia a laurearsi in economia, per dire, senza sapere l'inglese e senza aver letto uno straccio di paper (come tutti i miei amici che studiano a roma). non capisco come si faccia a laurearsi in legge senza aver fatto il tirocinio o in ingegneria senza avere un laboratorio decente (vedasi via scarpa a roma). e non lo capiscono neanche in uk.

e' certo che io faccio molta meno fatica di uno studente italiano, perche' non devo imparare migliaia di pagine a memoria e perche' se ho bisogno di accedere a del materiale, mi collego al sito, metto la chiave di ricerca e il motore di ricerca trova quello che mi serve. un amico e' impazzito mentre cercava A MANO una pubblicazione di linguistica negli indici di tutte le riviste dell'universita'.
aneddoto: questo mio amico si e' laureato in lingue. inizia a discutere la tesi in tedesco e un professore gli fa un paio di domande in una lingua di fantasia lontanamente imparentata col tedesco e col romanesco di centocelle, un'altra lo interrompe perche' non l'aveva capito neanche lei e si inizia a discutere la tesi in italiano, che' senno' il professore (DI TEDESCO) non capisce.

mi viene in mente quel professore che non voleva far studiare i dispositivi cisco agli studenti di telecomunicazioni, "perche' senno' il corso diventava troppo vendor-oriented". in uk le universita' fanno prendere anche certificazioni industriali, perche' della conoscenza di dijkstra (che lo si spiega in 30 minuti a un bambino ritardato) non frega una ceppa a nessuno se non si sa configurare ospf su un router vero.

non pensare che queste cose non si sappiano o che non le si comprenda nei primi 30 minuti di un colloquio. infatti anche nel regno unito lo sbocco abituale degli italiani laureati in materie non tecniche e' il bar o il basso segretariato, per quei pochi che hanno avuto la decenza di imparare l'inglese. per gli altri c'e' tanta gavetta e solitamente a 26 anni fanno colloqui per posizioni junior con inglesi di 21.

Duca Bianco
25-01-14, 17:59
http://forum.termometropolitico.it/631673-i-ricercatori-di-nazionalita-italiana-al-top-europa.html
che spiegazione gli diamo?
p.s. che i dottori in scienze delle comunicazioni e simili finiscono a fare i cassieri del mcdonald non è una novità, e non credo succeda solo ai laureati italiani :D

Metabo
25-01-14, 18:41
non diciamo sciocchezze, lavoro all'estero e le universita' italiane non godono di particolare ammirazione. qui si da' molto peso ai ranking e a parte bocconi, bologna, politecnici (to e mi) e luiss, le universita' italiane non entrano tra le prime 100 neanche nelle classifiche delle facolta'. sara' perche' i tre quarti degli ingegneri informatici della sapienza non sanno programmare ne' gestire un tostapane? (in compenso conoscono tutte le dimostrazioni sulla costante di nepero, senza averne capito il significato fisico.) o perche' i laureati in lingue non conoscono le lingue straniere? e' cosi' importante fare 3 esami di fisica, se poi ci si laurea in ingegneria informatica senza aver studiato 3 pagine di programmazione funzionale o parallela? produrre ingegneri che non sanno programmare o laureati in economia che non sanno leggere un'equazione differenziale e' impensabile in uk, anche alle serali.

di tutto quell'imparare a memoria tanto caro ai professori e agli studenti (affetti da una gravissima sindrome di stoccolma) italiani, non resta niente 2 mesi dopo la discussione della tesi. infatti, nonostante lavori da quasi 10 anni e abbia studiato all'universita', ancora non ho capito l'utilita' di imparare vagonate di libri a memoria e ripeterle a una cariatide di 87 anni, che non ha scritto una riga degna di nota in 60 anni di carriera (da che papi l'ha infilato nella facolta') e che non ha mai lavorato fuori dall'universita' (se non per rubacchiarsi qualche fondo universitario e produrre meno che danno sociale). non capisco come si faccia a laurearsi in economia, per dire, senza sapere l'inglese e senza aver letto uno straccio di paper (come tutti i miei amici che studiano a roma). non capisco come si faccia a laurearsi in legge senza aver fatto il tirocinio o in ingegneria senza avere un laboratorio decente (vedasi via scarpa a roma). e non lo capiscono neanche in uk.

e' certo che io faccio molta meno fatica di uno studente italiano, perche' non devo imparare migliaia di pagine a memoria e perche' se ho bisogno di accedere a del materiale, mi collego al sito, metto la chiave di ricerca e il motore di ricerca trova quello che mi serve. un amico e' impazzito mentre cercava A MANO una pubblicazione di linguistica negli indici di tutte le riviste dell'universita'.
aneddoto: questo mio amico si e' laureato in lingue. inizia a discutere la tesi in tedesco e un professore gli fa un paio di domande in una lingua di fantasia lontanamente imparentata col tedesco e col romanesco di centocelle, un'altra lo interrompe perche' non l'aveva capito neanche lei e si inizia a discutere la tesi in italiano, che' senno' il professore (DI TEDESCO) non capisce.

mi viene in mente quel professore che non voleva far studiare i dispositivi cisco agli studenti di telecomunicazioni, "perche' senno' il corso diventava troppo vendor-oriented". in uk le universita' fanno prendere anche certificazioni industriali, perche' della conoscenza di dijkstra (che lo si spiega in 30 minuti a un bambino ritardato) non frega una ceppa a nessuno se non si sa configurare ospf su un router vero.

non pensare che queste cose non si sappiano o che non le si comprenda nei primi 30 minuti di un colloquio. infatti anche nel regno unito lo sbocco abituale degli italiani laureati in materie non tecniche e' il bar o il basso segretariato, per quei pochi che hanno avuto la decenza di imparare l'inglese. per gli altri c'e' tanta gavetta e solitamente a 26 anni fanno colloqui per posizioni junior con inglesi di 21.

Questo problema lo risolvi solo togliendo il valore legale al titolo di studio.

pedro
25-01-14, 19:25
http://forum.termometropolitico.it/631673-i-ricercatori-di-nazionalita-italiana-al-top-europa.html
che spiegazione gli diamo?
p.s. che i dottori in scienze delle comunicazioni e simili finiscono a fare i cassieri del mcdonald non è una novità, e non credo succeda solo ai laureati italiani :D

capisco il fascino della razza, pero' da qui mi sembra chiaro che gli italiani non prendono i grant nelle universita' italiane ma in quelle straniere:

http://iononfaccioniente.files.wordpress.com/2014/01/erc-cog-host.png
io in quei dati ci vedo una cosa sola: le persone serie per lavorare e per studiare seriamente devono andare all'estero.
se mi danno un grant, finisce che qualcuno mi vendera' come gran campione della razza italica e dara' il merito all'imbecille che ha preparato il programma di ingegneria informatica della sapienza.

Alepk
25-01-14, 20:44
Solo alcuni corsi di laurea duravano 4 anni( giurisprudenza e pochi altri). Oggi ti puoi fermare al 3 senza necessariamente optare per il +2,entrando nel mercato del lavoro provvisto di titolo di laurea già all'età di 21-22 anni. Direi che il cambiamento c'è stato. E' ovvio poi che la scelta di non proseguire ha molto senso per facoltà eminentemente pratiche (economia, ingegneria), e meno senso per altre (facoltà umanistiche, scienze pure ecc.).

Non ti puoi davvero fermare perché la triennale di ingegneria è una mattonata teorica inutile, non è mica la "triennale" inglese, per come la vedo io ha più senso fermarsi per robe umanistiche (tanto inutile per inutile)

pedro
25-01-14, 22:49
Non ti puoi davvero fermare perché la triennale di ingegneria è una mattonata teorica inutile, non è mica la "triennale" inglese, per come la vedo io ha più senso fermarsi per robe umanistiche (tanto inutile per inutile)

no, macche'! in inghilterra studiano cose troppo pratiche. vuoi mettere l'utilita' di imparare a memoria la complessita' di tutti gli algoritmi di ordinamento che piacciono al professore e che ha messo nel libro che ti obbliga a comprare? ai piu' bravi gli facciamo anche risolvere la torre di hanoi, ma devono appartenere al gruppo degli Eletti, quelli che capiscono la ricorsione.

Juv
26-01-14, 15:12
Ma dove? Prima la laurea durava 4 anni, con il 3+2 sono diventati 5,i ritardi medi sono gli stessi quindi direi che si entra nel mondo del lavoro in media un anno dopo.

Fuck yeah!

Juv
26-01-14, 15:15
Giovannini su dati Ocse: "Dimostrano che italiani poco occupabili" - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/scuola/2013/10/09/news/giovannini_su_dati_ocse_dimostrano_che_italiani_po co_occupabili-68246867/)

Sono poco occupabili in italia dove una ditta media vuole che il laureato sappia già un fottio di cose che nel bene o nel male dovrebbe imparare in azienda e non in un corso di laurea.
All'estero invece, hanno un po' più di pazienza. Infatti il mio ex corso di laurea (ing. navale) è diventato una fabbrica di cervelli in fuga.

Metabo
26-01-14, 17:14
Sono poco occupabili in italia dove una ditta media vuole che il laureato sappia già un fottio di cose che nel bene o nel male dovrebbe imparare in azienda e non in un corso di laurea.
All'estero invece, hanno un po' più di pazienza. Infatti il mio ex corso di laurea (ing. navale) è diventato una fabbrica di cervelli in fuga.

Sono inoccupabili perché le scuole italiane sopratutto i diplomi, ti insegnano di tutto tranne quello che ti serve veramente per lavorare.
Poi questa storia dei cervelli all'estero è un falso mito, semplicemente l'italia sta crollando sotto il peso di una classe politica corrotta e incompentente, che poi è lo specchio del paese e quindi se uno vuole lavorare in italia deve andare all'estero, mentre all'estero il lavoro lo creano grazie a una buona classe politica.

Juv
26-01-14, 18:20
era per dire che le competenze che ti da un universita seria vanno pii che bene per lavorare. anche all estero. Se no non lo prenderebbero!

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pedro
27-01-14, 00:52
era per dire che le competenze che ti da un universita seria vanno pii che bene per lavorare. anche all estero. Se no non lo prenderebbero!

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anche lo zimbabwe esporta cervelli, io ho conosciuto 2 architetti e uno con la laurea in economia, quindi la domanda e': quante sono queste universita' serie e quante laureati seri producono? va da se che chi ha imparato qualcosa e va all'estero (o sta a casa) lavora.

Felipe K.
16-05-14, 14:08
L'università italiana produce automi inoccupabili, quelle straniere automi occupabili. Questa è l'unica differenza.

Poi ci sta il raro "genio", ovvero colui che per qualità proprie riesce incredibilmente ad assimilare qualche concetto utile nelle decine di migliaia di pagine con cui ti spammano in cinque anni di università. Poi va all'estero ed è riconosciuto come guru, Repubblica lo intervista e conclude che l'università italiana produce eccellenza.

Sì, l'università italiana produce eccellenza perché è proprio quello che si prefigge di fare con quella impostazione pedagogica, ovvero formare luminari in ogni campo delle Scienze e delle Arti Umane. Peccato che solo uno su diecimila può riuscire a fare il luminare, gli altri galleggiano in una melma di mediocrità, frustrazione e incapacità fattuale. E contratti a seicento euro, quando gli va bene.