Pieffebi
05-03-02, 15:23
Pieffebi
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Messaggi: 3372
Da:Acqui Terme e Magnifico Senato
Registrato in: Jun 2000
posted 12-05-2001 20:41
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Sul numero di "Limes" attualmente in edicola Olga Mattera analizza gli stereotipi anti-israeliani che caratterizzano "la copertura giornalista dell'Intifada.
"Lo stato ebraico è quasi sempre descritto come l'aggressore (...) gli eventi sono estrapolati dal contesto, così da celare la minaccia alla sua sicurwezza che Israele si trova a dover affrontare. Colossi dell'informazione quali Cnn e Bbc hanno deciso di interpretare l'informazione proveniente dal Medio Oriente a favore dei Palestinesi. COsì come altre decine di testate giornalistiche sparse nel mondo".
La ricercatrice prosegue rilevando come questo atteggiamento pregiudizialmente (e ingiustificatamente) favorevole ai palestinesi abbia, di fatto, nuociuto al processo di pace, avendo "contribuito a radicare nella leadership palestinese un'aspettativa che si è poi rilevata fatalmente errata: e cioè che attraverso la pressione dell'opinione pubblica Israele potesse essere costretto a cedere di più."
Infatti è del tutto evidente che a Camp David Barak "aveva concesso come mai nessuno prima (e forse mai nessuno dopo) arrivando a discutere di Gerusalemme".
E' stato Arafat a credere "di poter conquistare qualche cosa in più. Il metodo per ottenere lo scopo era quello di sempre: scatenare una rivolta che avrebbe finito con il raffigurare da una parte ragazzi con le pietre in mano, dall'altra soldati armati. La rivolta è poi sfuggita di mano, gettando la regione in una spirale di atrocità e violenza e aprendo una voragine di dubbi sulla consistenza della leadership palestinese. Lungi dal riportare un senso di responsabilità e di bilanciamento la stampa si è gettata nella ricerca dello scoop che, quasi sempre, si è risolta nella lettura automatica a favore dei palestinesi".
L'articolo sulla rivista del gruppo editoriale de L'Espresso e Repubblica, ricorda poi il vergognoso episodio del giornalista Rai che si scusò con i palestinesi perchè un suo (nostro) connazionale aveva osato riprendere una barbara scena di linciaggio di soldati israeliani da parte dei palestinesi.
La ricercatrice continua mettendo in rilievo che"vi è certamente un livello di intimidazione sui giornalisti che operano nella regione: i palestinesi impongono una serie di restrizioni(...) La conclusione paradossale è che essendo Israele una democrazia chiunque può riprendere qualsiasi cosa ed interpretarla come vuole; per fare servizi nei territori palestinesi bisogna invece seguire un'interpretazione obbligata"
continua...
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Ma secondo Olga Mattera ciò non basta a spiegare il "pregiduzio filo-palestinese" di una parte così consistente della stampa internazionale.
Infatti la Mattera rileva l'esistenza di "ragioni più profonde(...) una di queste è l'attitudine, radicata nella stampa occidentale, di appoggiare indiscriminatamente la parte dipinta come più debole, perdente".
A questo punto la Mattera cita le parole, fuori dal coro, della giornalista de La Stampa di Torino Fiamma Nirenstein: "Le notizie che arrivano da Israele sono pesantemente influenzate dall'immaginazione politica dei reporter, dei colonnisti, dei cameramen che sono arrivati sulla scena dai quattro angoli del mondo(...) Essi tendono, o ci si aspetta che lo facciano ad incontrare questi scontri in una cornice preconfezionata, quella di Davide (i palestinesi) contro Golia (gli israeliani)". Riassumendo il succo dell'articolo della Nirenstein, la ricercatrice commenta :"Nirenstein afferma che la cultura dei media internazionali è di sinistra, di quella sinistra che arriva a disdegnare i valori democratici dei sistemi che rappresenta. E' per questo, continua la giornalista, che anche il più acceso difensore di Israele non dice quasi mai che Israele ha un assoluto diritto di proteggersi dalla violenza diretta contro i suoi cittadini e i suoi soldati" mentre i palestinesi non perdono l'occasione di riportare ogni questione "dall'inizio", rivendicando il diritto alla propria terra e facendosi passare per inermi vittime innanzi ad un invasore armato fino ai denti.
"Fiamma Nirenstein si spinge a spiegare l'atteggiamento della stampa internazionale con due accuse molto gravi: la prima è che Israele in quanto Stato Ebraico è oggetto di una una forma di ANTISEMITISMO contemporaneo che non è meno vero solo perchè mascherato o, persino, incosciente. Il secondo è che guardare dentro i regimi arabi, compreso quello paelstinese, è troppo scioccante perchè quello che ci si trova è una sproporzionata misura di fanatismo politico-religioso, corruzione, fanatismo e una cultura del vittimismo che razionalizza ogni crudeltà"
....continua ...
La conseguenza di tutto ciò è, secondo Olga Mattera che "oltre al fatto che l'opinione pubblica non riesce ad ottenere un quadro esatto della situazione, è che questo tipo di stampa alimenta la rabbia, si nutre di odio, crea fratture insanabili, vive grazie all'astio che produce".
La ricercatrice si dedica poi a fornire tutta una serie di esempi della evidente faziostà della suddetta stampa occidentale, provvedendo a dare una definizione della questione.
Scrive la Mattera:"Vi sono almeno sette aree in cui i mass-media possono distorcere la realtà, sottilmente, talvolta agendo sul subcosciente:
1) definizioni e terminologie fuorvianti;
2) servizi sbilanciati;
3) opinioni camuffate da "notizie";
4) mancanza di contesto;
5) omissione selettiva;
6) uso di fatti veri per arrivare a conclusioni false;
7) distorsione di fatti.".
La ricercatrice fornisce, sulla vicenda Palestinese, esempi eloquenti sull'uso di ciascuna delle predette metodologie.
Alcuni degli esempi sono veramente significativi, per cui varrebbe davvero la pena di leggere l'intero articolo.
La studiosa, infine, conclude così il suo interessante saggio:
"La convivenza in Medio Oriente è un difficile puzzle di suscettibilità, di incongruenze, di ragioni e di torti.
Il popolo palestinese ha certamente tutto il diritto di rivalersi delle iniquità subite nella storia; gli strumenti che usa per farlo, soprattutto in questa fase della storia regionale, sono sbagliati e hanno condotto anni di negoziati in un vicolo cieco. Stiamo attenti, dunque, a non cadere nelle trappole dei media; ricordiamo che, nel fare opinione distorta, essi stessi alimentano questo conflitto; che hanno contribuito, con l'iconografia vittimistica, a creare l'esplosione di questa nuova Intifada; che sono , spesso, essi stessi vittime di un appiattimento culturale che incasella alcuni eventi nel mondo, primo fra tutti il conflitto arabo-israeliano, in una rete di luoghi comuni dai quali è poi difficile liberarsi"..
Non si possono non sottoscrivere queste riflessioni.
Cordiali saluti.
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Pieffebi - componente dell'I.R.A. Magnifico e Serenissimo Senato dei Forum di P.O.L. -
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Sul numero di "Limes" attualmente in edicola Olga Mattera analizza gli stereotipi anti-israeliani che caratterizzano "la copertura giornalista dell'Intifada.
"Lo stato ebraico è quasi sempre descritto come l'aggressore (...) gli eventi sono estrapolati dal contesto, così da celare la minaccia alla sua sicurwezza che Israele si trova a dover affrontare. Colossi dell'informazione quali Cnn e Bbc hanno deciso di interpretare l'informazione proveniente dal Medio Oriente a favore dei Palestinesi. COsì come altre decine di testate giornalistiche sparse nel mondo".
La ricercatrice prosegue rilevando come questo atteggiamento pregiudizialmente (e ingiustificatamente) favorevole ai palestinesi abbia, di fatto, nuociuto al processo di pace, avendo "contribuito a radicare nella leadership palestinese un'aspettativa che si è poi rilevata fatalmente errata: e cioè che attraverso la pressione dell'opinione pubblica Israele potesse essere costretto a cedere di più."
Infatti è del tutto evidente che a Camp David Barak "aveva concesso come mai nessuno prima (e forse mai nessuno dopo) arrivando a discutere di Gerusalemme".
E' stato Arafat a credere "di poter conquistare qualche cosa in più. Il metodo per ottenere lo scopo era quello di sempre: scatenare una rivolta che avrebbe finito con il raffigurare da una parte ragazzi con le pietre in mano, dall'altra soldati armati. La rivolta è poi sfuggita di mano, gettando la regione in una spirale di atrocità e violenza e aprendo una voragine di dubbi sulla consistenza della leadership palestinese. Lungi dal riportare un senso di responsabilità e di bilanciamento la stampa si è gettata nella ricerca dello scoop che, quasi sempre, si è risolta nella lettura automatica a favore dei palestinesi".
L'articolo sulla rivista del gruppo editoriale de L'Espresso e Repubblica, ricorda poi il vergognoso episodio del giornalista Rai che si scusò con i palestinesi perchè un suo (nostro) connazionale aveva osato riprendere una barbara scena di linciaggio di soldati israeliani da parte dei palestinesi.
La ricercatrice continua mettendo in rilievo che"vi è certamente un livello di intimidazione sui giornalisti che operano nella regione: i palestinesi impongono una serie di restrizioni(...) La conclusione paradossale è che essendo Israele una democrazia chiunque può riprendere qualsiasi cosa ed interpretarla come vuole; per fare servizi nei territori palestinesi bisogna invece seguire un'interpretazione obbligata"
continua...
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Ma secondo Olga Mattera ciò non basta a spiegare il "pregiduzio filo-palestinese" di una parte così consistente della stampa internazionale.
Infatti la Mattera rileva l'esistenza di "ragioni più profonde(...) una di queste è l'attitudine, radicata nella stampa occidentale, di appoggiare indiscriminatamente la parte dipinta come più debole, perdente".
A questo punto la Mattera cita le parole, fuori dal coro, della giornalista de La Stampa di Torino Fiamma Nirenstein: "Le notizie che arrivano da Israele sono pesantemente influenzate dall'immaginazione politica dei reporter, dei colonnisti, dei cameramen che sono arrivati sulla scena dai quattro angoli del mondo(...) Essi tendono, o ci si aspetta che lo facciano ad incontrare questi scontri in una cornice preconfezionata, quella di Davide (i palestinesi) contro Golia (gli israeliani)". Riassumendo il succo dell'articolo della Nirenstein, la ricercatrice commenta :"Nirenstein afferma che la cultura dei media internazionali è di sinistra, di quella sinistra che arriva a disdegnare i valori democratici dei sistemi che rappresenta. E' per questo, continua la giornalista, che anche il più acceso difensore di Israele non dice quasi mai che Israele ha un assoluto diritto di proteggersi dalla violenza diretta contro i suoi cittadini e i suoi soldati" mentre i palestinesi non perdono l'occasione di riportare ogni questione "dall'inizio", rivendicando il diritto alla propria terra e facendosi passare per inermi vittime innanzi ad un invasore armato fino ai denti.
"Fiamma Nirenstein si spinge a spiegare l'atteggiamento della stampa internazionale con due accuse molto gravi: la prima è che Israele in quanto Stato Ebraico è oggetto di una una forma di ANTISEMITISMO contemporaneo che non è meno vero solo perchè mascherato o, persino, incosciente. Il secondo è che guardare dentro i regimi arabi, compreso quello paelstinese, è troppo scioccante perchè quello che ci si trova è una sproporzionata misura di fanatismo politico-religioso, corruzione, fanatismo e una cultura del vittimismo che razionalizza ogni crudeltà"
....continua ...
La conseguenza di tutto ciò è, secondo Olga Mattera che "oltre al fatto che l'opinione pubblica non riesce ad ottenere un quadro esatto della situazione, è che questo tipo di stampa alimenta la rabbia, si nutre di odio, crea fratture insanabili, vive grazie all'astio che produce".
La ricercatrice si dedica poi a fornire tutta una serie di esempi della evidente faziostà della suddetta stampa occidentale, provvedendo a dare una definizione della questione.
Scrive la Mattera:"Vi sono almeno sette aree in cui i mass-media possono distorcere la realtà, sottilmente, talvolta agendo sul subcosciente:
1) definizioni e terminologie fuorvianti;
2) servizi sbilanciati;
3) opinioni camuffate da "notizie";
4) mancanza di contesto;
5) omissione selettiva;
6) uso di fatti veri per arrivare a conclusioni false;
7) distorsione di fatti.".
La ricercatrice fornisce, sulla vicenda Palestinese, esempi eloquenti sull'uso di ciascuna delle predette metodologie.
Alcuni degli esempi sono veramente significativi, per cui varrebbe davvero la pena di leggere l'intero articolo.
La studiosa, infine, conclude così il suo interessante saggio:
"La convivenza in Medio Oriente è un difficile puzzle di suscettibilità, di incongruenze, di ragioni e di torti.
Il popolo palestinese ha certamente tutto il diritto di rivalersi delle iniquità subite nella storia; gli strumenti che usa per farlo, soprattutto in questa fase della storia regionale, sono sbagliati e hanno condotto anni di negoziati in un vicolo cieco. Stiamo attenti, dunque, a non cadere nelle trappole dei media; ricordiamo che, nel fare opinione distorta, essi stessi alimentano questo conflitto; che hanno contribuito, con l'iconografia vittimistica, a creare l'esplosione di questa nuova Intifada; che sono , spesso, essi stessi vittime di un appiattimento culturale che incasella alcuni eventi nel mondo, primo fra tutti il conflitto arabo-israeliano, in una rete di luoghi comuni dai quali è poi difficile liberarsi"..
Non si possono non sottoscrivere queste riflessioni.
Cordiali saluti.
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Pieffebi - componente dell'I.R.A. Magnifico e Serenissimo Senato dei Forum di P.O.L. -