Österreicher
05-03-02, 16:37
Ammettiamo che il governo Berlusconi proponga e faccia approvare al Parlamento una legge che dica: “Tutte le assicurazioni dovranno pagare le tasse, salvo la Mediolanum”. Una simile legge creerebbe un conflitto fra gli interessi delle altre assicurazioni, appesantite dal carico fiscale, e la Mediolanum, di proprietà di Berlusconi, che ne sarebbe esentata. Inoltre la legge creerebbe un conflitto fra la generalità dei cittadini, che ha interesse a che ognuno contribuisca alle finanze pubbliche secondo la sua capacità, e la Mediolanum, che continuerebbe a fruire dei servizi dello Stato senza pagarli. Questo sarebbe un chiaro caso di conflitto d’interessi.
Diverso è il caso in cui il Parlamento vari una legge che favorisca gli interessi di tutte le assicurazioni. Dunque la nuova disposizione favorirebbe la Società Assicuratrice Industriale, la Riunione Adriatica di Sicurtà, la Mediolanum, l’Ina, la Toro, ecc. Un momento: abbiamo inserito anche la Mediolanum. Si tratta di un conflitto d’interessi?
Molta gente sarebbe pronta a rispondere sì: e sbaglierebbe. Perché se questa fosse la teoria giusta, se ne dedurrebbe a contrario che il governo non dovrebbe mai proporre una legge che favorisca le assicurazioni, solo perché anche Berlusconi è interessato alle assicurazioni. Quasi il principio fosse: “bisogna non favorire Berlusconi a costo di non favorire tutti i cittadini che si trovano nelle sue stesse condizioni”. E questo è palesemente assurdo. Soprattutto se si pensa che quel signore è anche a capo d’un impero industriale, sicché, per non favorirlo, bisognerebbe non favorire in nessun modo l’edilizia, l’editoria, le televisioni, le assicurazioni, ecc. E neanche il Servizio Sanitario Nazionale, visto che Berlusconi ne beneficia in quanto cittadino. E neanche le strade, visto che anche lui le percorre. Insomma, si arriva al ridicolo.
Per questa parte si può dunque concludere che il Parlamento può benissimo votare una legge che favorisca un ramo d’attività o una categoria di cittadini, purché favorisca chiunque si trovi nelle condizioni di beneficiare della detta legge.
Ecco perché è stato poco conducente, da parte della sinistra, parlare di conflitto d’interessi a proposito dell’abolizione della tassa di successione per tutti coloro il cui patrimonio superi i 350 milioni di lire. È vero, Berlusconi possiede più di 350 milioni, ed è vero che quando morirà i suoi eredi non pagheranno tasse, se nel frattempo la legge non sarà stata modificata. Ma attualmente non c’è conflitto d’interessi, perché la legge non favorisce Berlusconi più di chiunque altro possegga più di quella somma (e sono centinaia di migliaia di persone); inoltre Berlusconi non è neppure morto e mentre tanta gente già ne beneficia, lui – o piuttosto i suoi eredi – non ne beneficiano.
Dunque la legge sull’abolizione dell’imposta di successione non è una legge a favore di Berlusconi, è una legge anche a favore di Berlusconi. E perché non dovrebbe esserlo? Non è certo il caso dell’esenzione fiscale per la Mediolanum soltanto. È qui che si inseriscono tutta la discussione e i vari progetti di legge. “Dato che ogni azione del governo e del Parlamento può dar luogo ad un conflitto d’interessi, quando si realizza questa possibilità? E come evitarla?”
Una volta Sartori, come sempre alla disperata ricerca di una soluzione drastica, quale che ne possa essere il costo per l’interessato, ha scritto che, se Berlusconi si affidasse ad un blind trust totale, la corruzione non sarebbe ipso facto eliminata. Perché qualcuno potrebbe favorire le imprese di Berlusconi perché sa che un giorno gli saranno restituite e di ciò il proprietario non potrebbe non tener conto.
Oggi lo stesso professore suggerisce la vendita e gli sembra che questa sia la soluzione drastica di cui si diceva. Ma in passato lui stesso ha chiesto, sul Corriere della Sera: e se Berlusconi vendesse a un amico col patto di ricomprare tutto a fine mandato, non si sarebbe al punto di partenza?
Persone più ignoranti di lui hanno suggerito qualcosa come togliere i diritti politici a chi supera un certo reddito. È una soluzione, oltre che anticostituzionale, ingenua. Come facciamo ad evitare che il singolo non superi quel reddito intestando i suoi beni ad un uomo di paglia o ad un parente affidabile?
Ecco perché attualmente non si pensa tanto ad una legge, quanto a varie authority, comitati, commissioni, organi collegiali che possano giudicare le singole attività governative. E può sembrare una buona soluzione. Ma non lo è.
Tutti gli organi collegiali, come per esempio il Consiglio d’Amministrazione della Rai, sono composte d’un numero dispari di membri. Quando si vuol garantire l’opposizione si dà un uguale numero di membri al governo e all’opposizione ma il Presidente, nominato dal governo, è per ciò stesso persona gradita al governo. A questo punto chi impedirebbe a questa authority di dichiarare che un reale conflitto d’interesse non esiste, se così conviene al governo di cui il Presidente è amico? Forse che la Rai di Zaccaria (Presidente) è stata un modello d’imparzialità, pur essendoci nel Cda due personalità di centro-destra sui quattro membri?
Bisogna rigettare la tendenza corrente a mitizzare le leggi o le authority. La gente crede che si possa imprigionare la realtà e le sue mille risorse in un testo di poche righe e invece la legge penale ha già grandi difficoltà a definire chiaramente il quadro dei reati più comuni: basti vedere l’enorme insalata costituita dal reato di falso. E il caso del conflitto d’interessi è ben più sfuggente.
Per meglio mostrare il problema giuridico, si pensi al principio generale per cui le leggi debbano essere generali ed astratte, cioè tali da applicarsi a tutti coloro che si trovino nelle condizioni previste. Questo dovrebbe evitare il conflitto d’interessi o la disuguaglianza cui conduce il privilegio (lex in privum lata), cioè la legge fatta a favore di un singolo. Questo basterebbe per dichiarare incostituzionale la legge che esentasse la Mediolanum dal pagamento delle imposte: ma se la legge esentasse dalle imposte “tutte le assicurazioni il cui nome comincia per M”, quid iuris? Sarebbe generale, questa legge? In teoria sì, visto che ci possono essere infinite società assicurative il cui nome comincia per M, ma chi la crederebbe giusta, una simile legge, chi crederebbe che non si tratta di un conflitto fra gli interessi di Berlusconi e quelli della generalità dei cittadini?
Ovviamente s’è fatto un esempio grossolano. Ma è chiaro che si possono da un lato ipotizzare disposizioni di legge sempre più precise, acute ed efficaci, e dall’altro sostanziali violazioni di legge sempre più acute, efficaci e non punibili.
Come è chiaro, non ci si può fidare delle authority o di qualunque altro organo. Non ci si può fidare del blind trust; non ci si può fidare della vendita; non ci si può fidare di nessuno che sia influenzabile: non rimane che fidarci di noi stessi, l’elettorato.
L’azione della maggioranza è quotidianamente sotto gli occhi di tutti ed è esaminata senza alcuna benevolenza dall’opposizione. Questo fa sì che se un’azione di governo andasse contro gli interessi della collettività, la pubblica opinione se ne accorgerebbe e la sanzione sarebbe politica. Né si può dire che l’elettorato non ha la capacità di giudicare. Infatti, a proposito della legge sulle successioni e sulla riformulazione del falso in bilancio, l’opposizione ha gridato sui tetti che Berlusconi faceva la leggi a proprio vantaggio (cioè realizzava un conflitto d’interessi) e tuttavia il consenso a Berlusconi non solo non è diminuito ma è addirittura aumentato. Traduzione: la gente non ha creduto all’opposizione. Se invece si facesse una legge a favore della Mediolanum, siamo sicuri che ben diversa sarebbe la reazione della gente. Ed è questa la soluzione del problema.
Quello del possibile conflitto d’interessi non è un problema giuridico, è un problema politico, la cui soluzione è politica. La sanzione è anch’essa politica e l’infligge la pubblica opinione. Ed è l’unica veramente efficace, l’unica che nessuno può schivare. Se l’opposizione potesse denunciare, anche a torto ma efficacemente, una legge come lex in privum lata, forse che Berlusconi non ne sarebbe danneggiato? Se tutti pensassero che il Parlamento ha votato una legge affinché Berlusconi abbia un miliardo di euro in più, Berlusconi sarebbe perdonato, se potesse dimostrare che i giudici e le authority gli dànno ragione, dicono che non è vero, non c’è conflitto d’interessi? Certo che no. Si penserebbe che ha corrotto giudici ed authority. La sanzione della pubblica opinione non ha neppure bisogno di motivazione. Varata una legge che non realizza un conflitto d’interessi ma sembra realizzarlo, il governo rischierebbe d’esserne travolto.
Che balordaggine, credere che la politica possa essere decisa tecnicamente. E che ingenuità, pensare che già oggi il governo Berlusconi non sia sotto controllo.
Diverso è il caso in cui il Parlamento vari una legge che favorisca gli interessi di tutte le assicurazioni. Dunque la nuova disposizione favorirebbe la Società Assicuratrice Industriale, la Riunione Adriatica di Sicurtà, la Mediolanum, l’Ina, la Toro, ecc. Un momento: abbiamo inserito anche la Mediolanum. Si tratta di un conflitto d’interessi?
Molta gente sarebbe pronta a rispondere sì: e sbaglierebbe. Perché se questa fosse la teoria giusta, se ne dedurrebbe a contrario che il governo non dovrebbe mai proporre una legge che favorisca le assicurazioni, solo perché anche Berlusconi è interessato alle assicurazioni. Quasi il principio fosse: “bisogna non favorire Berlusconi a costo di non favorire tutti i cittadini che si trovano nelle sue stesse condizioni”. E questo è palesemente assurdo. Soprattutto se si pensa che quel signore è anche a capo d’un impero industriale, sicché, per non favorirlo, bisognerebbe non favorire in nessun modo l’edilizia, l’editoria, le televisioni, le assicurazioni, ecc. E neanche il Servizio Sanitario Nazionale, visto che Berlusconi ne beneficia in quanto cittadino. E neanche le strade, visto che anche lui le percorre. Insomma, si arriva al ridicolo.
Per questa parte si può dunque concludere che il Parlamento può benissimo votare una legge che favorisca un ramo d’attività o una categoria di cittadini, purché favorisca chiunque si trovi nelle condizioni di beneficiare della detta legge.
Ecco perché è stato poco conducente, da parte della sinistra, parlare di conflitto d’interessi a proposito dell’abolizione della tassa di successione per tutti coloro il cui patrimonio superi i 350 milioni di lire. È vero, Berlusconi possiede più di 350 milioni, ed è vero che quando morirà i suoi eredi non pagheranno tasse, se nel frattempo la legge non sarà stata modificata. Ma attualmente non c’è conflitto d’interessi, perché la legge non favorisce Berlusconi più di chiunque altro possegga più di quella somma (e sono centinaia di migliaia di persone); inoltre Berlusconi non è neppure morto e mentre tanta gente già ne beneficia, lui – o piuttosto i suoi eredi – non ne beneficiano.
Dunque la legge sull’abolizione dell’imposta di successione non è una legge a favore di Berlusconi, è una legge anche a favore di Berlusconi. E perché non dovrebbe esserlo? Non è certo il caso dell’esenzione fiscale per la Mediolanum soltanto. È qui che si inseriscono tutta la discussione e i vari progetti di legge. “Dato che ogni azione del governo e del Parlamento può dar luogo ad un conflitto d’interessi, quando si realizza questa possibilità? E come evitarla?”
Una volta Sartori, come sempre alla disperata ricerca di una soluzione drastica, quale che ne possa essere il costo per l’interessato, ha scritto che, se Berlusconi si affidasse ad un blind trust totale, la corruzione non sarebbe ipso facto eliminata. Perché qualcuno potrebbe favorire le imprese di Berlusconi perché sa che un giorno gli saranno restituite e di ciò il proprietario non potrebbe non tener conto.
Oggi lo stesso professore suggerisce la vendita e gli sembra che questa sia la soluzione drastica di cui si diceva. Ma in passato lui stesso ha chiesto, sul Corriere della Sera: e se Berlusconi vendesse a un amico col patto di ricomprare tutto a fine mandato, non si sarebbe al punto di partenza?
Persone più ignoranti di lui hanno suggerito qualcosa come togliere i diritti politici a chi supera un certo reddito. È una soluzione, oltre che anticostituzionale, ingenua. Come facciamo ad evitare che il singolo non superi quel reddito intestando i suoi beni ad un uomo di paglia o ad un parente affidabile?
Ecco perché attualmente non si pensa tanto ad una legge, quanto a varie authority, comitati, commissioni, organi collegiali che possano giudicare le singole attività governative. E può sembrare una buona soluzione. Ma non lo è.
Tutti gli organi collegiali, come per esempio il Consiglio d’Amministrazione della Rai, sono composte d’un numero dispari di membri. Quando si vuol garantire l’opposizione si dà un uguale numero di membri al governo e all’opposizione ma il Presidente, nominato dal governo, è per ciò stesso persona gradita al governo. A questo punto chi impedirebbe a questa authority di dichiarare che un reale conflitto d’interesse non esiste, se così conviene al governo di cui il Presidente è amico? Forse che la Rai di Zaccaria (Presidente) è stata un modello d’imparzialità, pur essendoci nel Cda due personalità di centro-destra sui quattro membri?
Bisogna rigettare la tendenza corrente a mitizzare le leggi o le authority. La gente crede che si possa imprigionare la realtà e le sue mille risorse in un testo di poche righe e invece la legge penale ha già grandi difficoltà a definire chiaramente il quadro dei reati più comuni: basti vedere l’enorme insalata costituita dal reato di falso. E il caso del conflitto d’interessi è ben più sfuggente.
Per meglio mostrare il problema giuridico, si pensi al principio generale per cui le leggi debbano essere generali ed astratte, cioè tali da applicarsi a tutti coloro che si trovino nelle condizioni previste. Questo dovrebbe evitare il conflitto d’interessi o la disuguaglianza cui conduce il privilegio (lex in privum lata), cioè la legge fatta a favore di un singolo. Questo basterebbe per dichiarare incostituzionale la legge che esentasse la Mediolanum dal pagamento delle imposte: ma se la legge esentasse dalle imposte “tutte le assicurazioni il cui nome comincia per M”, quid iuris? Sarebbe generale, questa legge? In teoria sì, visto che ci possono essere infinite società assicurative il cui nome comincia per M, ma chi la crederebbe giusta, una simile legge, chi crederebbe che non si tratta di un conflitto fra gli interessi di Berlusconi e quelli della generalità dei cittadini?
Ovviamente s’è fatto un esempio grossolano. Ma è chiaro che si possono da un lato ipotizzare disposizioni di legge sempre più precise, acute ed efficaci, e dall’altro sostanziali violazioni di legge sempre più acute, efficaci e non punibili.
Come è chiaro, non ci si può fidare delle authority o di qualunque altro organo. Non ci si può fidare del blind trust; non ci si può fidare della vendita; non ci si può fidare di nessuno che sia influenzabile: non rimane che fidarci di noi stessi, l’elettorato.
L’azione della maggioranza è quotidianamente sotto gli occhi di tutti ed è esaminata senza alcuna benevolenza dall’opposizione. Questo fa sì che se un’azione di governo andasse contro gli interessi della collettività, la pubblica opinione se ne accorgerebbe e la sanzione sarebbe politica. Né si può dire che l’elettorato non ha la capacità di giudicare. Infatti, a proposito della legge sulle successioni e sulla riformulazione del falso in bilancio, l’opposizione ha gridato sui tetti che Berlusconi faceva la leggi a proprio vantaggio (cioè realizzava un conflitto d’interessi) e tuttavia il consenso a Berlusconi non solo non è diminuito ma è addirittura aumentato. Traduzione: la gente non ha creduto all’opposizione. Se invece si facesse una legge a favore della Mediolanum, siamo sicuri che ben diversa sarebbe la reazione della gente. Ed è questa la soluzione del problema.
Quello del possibile conflitto d’interessi non è un problema giuridico, è un problema politico, la cui soluzione è politica. La sanzione è anch’essa politica e l’infligge la pubblica opinione. Ed è l’unica veramente efficace, l’unica che nessuno può schivare. Se l’opposizione potesse denunciare, anche a torto ma efficacemente, una legge come lex in privum lata, forse che Berlusconi non ne sarebbe danneggiato? Se tutti pensassero che il Parlamento ha votato una legge affinché Berlusconi abbia un miliardo di euro in più, Berlusconi sarebbe perdonato, se potesse dimostrare che i giudici e le authority gli dànno ragione, dicono che non è vero, non c’è conflitto d’interessi? Certo che no. Si penserebbe che ha corrotto giudici ed authority. La sanzione della pubblica opinione non ha neppure bisogno di motivazione. Varata una legge che non realizza un conflitto d’interessi ma sembra realizzarlo, il governo rischierebbe d’esserne travolto.
Che balordaggine, credere che la politica possa essere decisa tecnicamente. E che ingenuità, pensare che già oggi il governo Berlusconi non sia sotto controllo.