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Visualizza Versione Completa : Da Cantolibero: A Posillipo, per portare un fiore autunnale alla vita.



Franci (POL)
06-03-02, 02:41
So di fare gradita a tutti (e soprattutto all' ultra-narciso :) autore) citando questo splendido thread.

Splendido mattino d’autunno a Napoli. Decido di non far nulla, alle tredici mi toccherà un’intervista, appena conclusa, che Pupetta ha commentato stamattina con una risata. Vado al mio bar. A via Orazio alle undici il mattino è ancora fresco e disabitato di gente, dominato dalla luce mediterranea del golfo che mi si specchia davanti. Un libro di Flaiano, una penna, un taccuino, un succo di arance, carote e limoni. E’ bello star soli a Posillipo a spiare il trionfo della natura nell’azzurra maestà del cielo. Ma a un certo punto arriva con passo emaciato una piccola signora. E’una vecchia signora, sugli ottant’anni, curvata dalla vita, capelli rifatti da una residua vanità che ancora resiste all’assedio del tempo, una borsetta antica che penzola dal braccio, due gambette magre che spuntano da una gonna vuotata di corpo. Piccola e ancora più rimpicciolita dagli anni. Giunge lentamente alla ringhiera che domina il golfo. Si affaccia in direzione del porto di Mergellina. Si poggia con entrambe le mani alla ringhiera che le arriva all’altezza delle spalle. Sono mani che portano i segni di una vita stagionata. E sta lì, ferma. Non per un attimo, per riprendere fiato. No, si ferma a lungo, come impietrita. Ogni tanto cerca di puntare i piedi come una bambina che vuole raggiungere la credenza delle delizie e guarda di sotto, nel precipizio. In silenzio guarda, mentre la brezza leggera appena scuote la sua permanente. Il suo sguardo non filtra dalle lenti spesse, non saprei dire se la smorfia appena accennata sul volto alluda a dolore o piacere. Chiudo il libro e la guardo, con tenera passione. Immagino di che cosa sia riempito il suo sguardo. (Che pazzo, Cantolibero, va al bar non per rimorchiare le ragazze, ma per spiare le vecchie. Appena vede che va di moda la pedofilia lui si scopre gerontofilo) Mi intrufolo nel suo passato presunto e remoto. E trovo una ragazza, piccola e graziosa, di vent’anni. Spumeggiante di vita, dal passo veloce. La vedo là, poggiata alla ringhiera, in una mattina degli anni Trenta. Non da sola, ma in compagnia di un uomo più alto, abbronzato, vestito di bianco, i larghi pantaloni di lino, i capelli ondulati e i sandali, che la stringe e poi la bacia. Un uomo perduto negli imbuti del tempo. Immagino il passato della vecchia, le sue onde, i suoi vent’anni leggeri come la brezza di oggi. La sua prima fuga a Posillipo con quel giovane che non c’è più, che forse diventa suo marito. E divide con lui il grigiore degli anni maturi, e poi il suo nero congedo. O forse no. Quell’uomo sparisce insieme ai suoi vent’anni. Ma quella mattina a Posillipo sorridono e si sentono stregati dalla magia di quell’aura, legati in eterno dalla luminosa bellezza del luogo e dalla solare passione che li unisce. Ora la piccola donna è lì, a visitare il suo paradiso perduto, a portare un fiore alla vita. Pensa alla vita che finisce lungo la bianca scia di un’elica (ma no…che c’entra Dalla, che c’entra Caruso…). La piccola donna estrae dalla borsetta un fazzoletto. Lo tiene in mano come per salutare una barca che non c’è. Poi lo accosta al naso senza soffiare. E riprende il suo lungo, immobile congedo dai tesori della sua vita, sporgendo ogni tanto la testa in basso, verso il mare, come se lì fosse caduto il suo passato, come se uno degli orecchini che porta si fosse staccato dal lobo e fosse finito nel goloso blu del mare, come perla che ritorna nell’ostrica. Lei è rimasta, quel giovane degli anni Trenta è andato, da tanto tempo. Oppure no, il contrario, lei era andata, lui era rimasto come allora. Sono questi i raggiri del tempo, che ti colgono all’improvviso, i cerchi oziosi della memoria, la danza degli anni che vanno e rinvengono, senza tornare. (Com’è triste Cantolibero in questo pomeriggio smaltato. Lui giura di non farlo più: attribuisce la colpa ad ottobre, sperando che passi in fretta).