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Visualizza Versione Completa : W l'Italia Paese €uropeo...a parole(tante) e fatti(pochi) pero'!!!



Dragonball (POL)
06-03-02, 02:51
Dal Corriere di oggi:


Liste d’attesa, fino a 9 mesi per una mammografia

Confronto su quattro esami-tipo tra i principali ospedali italiani. Negativo il paragone con l’Europa


MILANO - Nove mesi di attesa per una mammografia al Policlinico «Careggi» di Firenze, cinque mesi all’ospedale «Le Molinette» di Torino, quattro mesi al «Garibaldi» di Catania. Trentasette giorni al Policlinico di Milano,15 giorni all’«Umberto I» di Roma. Dall’inchiesta del Corriere della Sera emerge una realtà desolante: nella maggior parte dei grandi ospedali d’Italia una mammografia, una tac ai polmoni, un’ecografia oppure una visita oculistica richiedono tempi biblici. Per tornare alla mammografia, esame indispensabile per prevenire il cancro al seno, la media d’attesa di 92 giorni va cerchiata con la matita rossa, esempio eclatante di una malasanità che il nostro Paese sembra non riuscire a scrollarsi di dosso. Qualche passo avanti è stato fatto: un’indagine di Altroconsumo due anni fa aveva fissato la media di attesa per questo accertamento in 210 giorni.Ma l’aver dimezzato i tempi non assolve il nostro sistema sanitario. Il confronto con il resto d’Europa ci mette all’angolo:7 giorni in Inghilterra, 3 in Francia, 3-4 in Germania. L’esperienza degli altri dimostra, dunque, che ottenere tempi accettabili è possibile. In Spagna la media per una mammografia è di 28 giorni (è il dato medio degli ospedali diffuso dal governo, le singole strutture tacciono): anche il Paese che, per tradizione, ci somiglia di più, in fatto di Sanità, ci è abbondantemente davanti.

NORD E SUD - Va un po’ meglio per la tac ai polmoni, che al Policlinico di Milano si fa in 10 giorni e al «San Carlo» di Potenza in 13, dimostrazione di come l’efficienza spesso non abbia confini geografici. Ma a Roma, Udine, Bari ne servono 60, a Bologna si aspettano addirittura tre mesi, nonostante il capoluogo dell’Emilia Romagna possa contare su un Cup, vale a dire un Centro di prenotazione unica, in grado di raccogliere tutte le richieste di esami e smistarle alla struttura pubblica cittadina che, in quel momento, ha la lista di attesa più breve (indica pure i tempi di attesa nelle strutture private). Per le visite oculistiche i tempi di attesa sono, di nuovo, alquanto disomogenei: 25 giorni a Milano, 60 a Roma, 5 a Reggio Calabria. E lo stesso vale per l’ecografia addominale: all’ospedale «Garibaldi» di Catania non c’è nessuna fila, a Mestre si aspettano 4 mesi. Uno sguardo all’Europa per scoprire che a Londra tac ed ecografie si fanno il giorno stesso della richiesta; che a Francoforte il peggio che può capitare è aspettare sei giorni; che a Parigi per una tac occorrono in media due settimane, ma per un’ecografia addominale bastano 2 giorni. Madrid, ancora una volta, ci viene in soccorso: 18 giorni di attesa per una tac e 25 per un’ecografia. Troppo poco per non arrossire.


IL PROGETTO - Quattro anni fa, ci aveva provato l’allora ministro Rosy Bindi, con il suo «Sanitometro», a mettere una pezza alle liste d’attesa infinite. «Di fatto, quella ricetta non ha funzionato: le Regioni hanno trovato mille espedienti per aggirare le misure con cui si cercavano di contenere le attese, stabilendo priorità e tempi certi per gli esami», conferma Stefano Inglese, responsabile per le politiche nazionali del Tribunale per i diritti del malato. Oggi il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, ci riprova e lancia un nuovo «patto» fra Sanità e cittadini fondato su due parole chiave: trasparenza ed efficienza. Sirchia ha dato tre mesi di tempo alle Regioni per stabilire il limite massimo di giorni di attesa per diagnosi e cura di patologie che «rischiano di compromettere la salute dei cittadini». Il governo un’indicazione l’ha data: 15 giorni, un passo avanti gigantesco rispetto alla realtà di oggi. Obiettivo realizzabile? Le perplessità sono molte: mancano le risorse finanziarie, «il governo vuole fare un’operazione a costo zero, ma senza soldi le strutture non migliorano», attacca Inglese. Servono soldi per tenere aperti di pomeriggio i laboratori con le apparecchiature diagnostiche (una delle proposte di Sirchia); e servono soldi per comprare «pacchetti» di prestazioni da medici esterni all’ospedale (un’altra proposta del ministro per ridurre le liste d’attesa). «Stiamo monitorando la situazione e dalle Regioni ci arrivano solo segnali di disagio - prosegue Inglese -: si stanno accorgendo che quell’accordo, senza finanziamenti, non è sostenibile».


PROPOSTE - E’ perplesso Mario Falconi, segretario della Federazione dei medici di base: la sua soluzione per accelerare i tempi è introdurre una «corsia preferenziale» a cui i medici di famiglia possano ricorrere nei casi di reale urgenza dell’esame. «Per esempio - spiega - un conto è prescrivere un’ecografia al fegato per un paziente che ha avuto un angioma o una ciste e ogni anno deve sottoporsi al controllo. In questo caso, anche un’attesa di due mesi ci può stare. Un altro è richiedere un’ecografia al fegato per un paziente che sospetto abbia una coliciste piena di calcoli. Due mesi si attesa, in questo caso, sono assurdi». Falconi sembra sfondare una porta aperta, perché la parola d’ordine del «patto» avanzato da Sirchia è: dare delle priorità. Ma a questo punto si apre un nuovo interrogativo: chi deve decidere le urgenze? Falconi mette le mani avanti: «I medici di famiglia. Se io richiedo una tac al ginocchio ad un paziente e poi questo deve andare a farsi visitare dall’ortopedico dell’ospedale perché deve essere lui a stabilire se è urgente oppure no, finiremo solo per perdere altro tempo». Un’altra voce: «Sono pessimista: c’è troppa disparità fra le Regioni e questa mancanza di una base minima in comune mi fa pensare che gli obiettivi del governo siano difficili da raggiungere». E’ uno sguardo critico quello di Giuseppe Del Barone, presidente della Federazione degli ordini dei medici. Del Barone vive e lavora a Napoli: e questo, quando si parla di Sanità, non aiuta all’ottimismo. «Abbiamo liste d’attesa di mesi - dice -. La situazione è a tal punto critica che non ha più senso parlare di prevenzione: se i tempi di attesa per una mammografia sono di sei mesi, quando chiedo un esame per una paziente, spinto da un semplice sospetto, rischio di avere l’esito quando ormai le metastasi si sono sviluppate». Ma l’accordo Stato-Regioni stabilisce ora che in base alle «indicazioni sull’appropriatezza e l’urgenza, i medici dovranno essere responsabilizzati al fine di ottimizzare il rapporto fra domanda e offerta». Del Barone non ci sta: «I medici sono già responsabilizzati. Quando si comincerà a parlare della responsabilità e della inadeguatezza delle strutture?». Il presidente dei medici chiede più coraggio: «Introdurre nelle scuole un’ora di educazione sanitaria. Metteremmo così le basi per una cultura che, in futuro, ci metterà al riparo dai eccessi e storture».

dmonti@corriere.it
Daniela Mont


Huhuhuhuhuhuh!!!Ma che bella l'Italietta che esce dal paragone con l'€uropa!!Eh gia'...ma quanto e' bello pero' riempirsi la bocca di €uropeismo a vanvera,eh??
E nessuno si azzardi a dire "se ci fosse stata la sinistra",visto che ha gia' fallito!
Sirchia...ma quale patto e patto!!Questi scansafatiche-fanca**sti statali,vanno a presi a calci in c*lo e basta!!
Che vergogna.

14-04-02, 10:31
Originally posted by Dragonball

.........Sirchia...ma quale patto e patto!!Questi scansafatiche-fanca**sti statali,vanno a presi a calci in c*lo e basta!!
Che vergogna.

Egregio signor Dragonball, la sanità pubblica è sempre più strozzata da blocchi delle assunzioni, blocchi dei turn-over e limiti di spesa insuperabili. I Direttori Generali non possono più assumere a contratto senza la preventiva autorizzazione delle regioni. Alcune di queste hanno addirittura provveduto ad aumentare l'irpef regionale e l'addizionale sulla tassa di circolazione per far fronte alle spese contingenti. Mi dica allora lei come si farà a diminuire le liste d'attesa se il personale è già gravemente insufficiente per l'ordinario. La verità è che si sta strozzando la sanità pubblica per favorire le compagnie di assicurazione private e le cliniche private che da queste dipenderanno e così via. Purtroppo, lei sembra l'unico a non accorgersene. Riguardo alle sue invettive contro gli statali, evidentemente Roma rimane ancora ladrona, nonostante la presenza del signor Bossi, del quale lei mi pare un esaltato sostenitore.

Cordialità