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Visualizza Versione Completa : Polemica tra Scalzone ed il Campo sul giustizialismo



pietro
07-03-02, 12:21
da www.voceoperaia.it

Osservazioni sull'appello Scalzone-Migliucci sulla questione "mani pulite"

Non siamo daccordo

n° 14

24 Febbraio 2002

Editoriale
In Italia
Nel Mondo
Noi e Loro

"Ciononostante il controllo della televisione pubblica insieme al possesso del suo potente network privato non gli ha impedito d'essere sconfitto nelle elezioni del 1996, il che dimostra che i confronti elettorali si vincono o si perdono anche per altre ragioni che riguardano, innanzitutto, le linee politiche e le scelte economiche e sociali. (...)
Il ritorno al potere di Berlusconi, piuttosto che il risultato della vittoria di una nuova forma di populismo, è in realtˆ la conseguenza delle dimissioni della politica e del ritorno in forza dell'ordine morale sotto forma di discorso anticorruzione. (...)
L'attribuzione ai giudici di un magistero morale, esercitato sempre secondo la regola "dei due pesi e delle due misure", l'appoggio incondizionato portato alla sedizione giudiziaria dei procuratori della repubblica, si è rivelato, in realtà, una esperienza disastrosa per la sinistra. (...)
Noi, nemici irriducibili della società capitalista e dunque anche del berlusconismo, non condividiamo le intenzioni di chi vuol artificiosamente presentare la società italiana come affetta da una sindrome d'immunodeficienza rispetto a forme sempre più crescenti d'autoritarismo e di telecrazia."
Dall'appello firmato tra gli altri da: Confederazione Cobas, Network per i diritti sociali, Vincenzo Miliucci, Oreste Scalzone e altri

Abbiamo scelto queste frasi centrali dall'Appello in questione perché ci hanno sconcertato. A noi paiono concetti molto simili a quelli usati dal ceto politico istituzionale di "sinistra". Sembra quasi di assistere al grido di chi, costruttivamente, si pone come difensore della "sinistra" medesima, cercando di persuaderla costruttivamente a cambiare rotta. Davvero un brutto documento.

Che la vicenda che va sotto il nome di "Mani Pulite" sia stata l'espressione di una virulenta battaglia interna al sistema capitalistico, tra frazioni della classe dominante, pare a noi che sia un fatto incontestabile. Che Tangentopoli e l'andazzo corruttivo non siano affatto patologie del sistema capitalistico, ma suoi elementi costitutivi e fisiologici, anche questo ci è chiaro. Che la tesi per cui legge sia uguale per tutti, in una società fondata sulle disparità sociali e le disuguaglianze di classe, sia una finzione e un inganno, non ci piove. Ed è pure assodato, per noi, che il potere giudiziario, in quanto organo preposto alla tutela della legalità borghese e all'applicazione di un codice penale classista, non giudica ma pre-giudica, e lungi dall'essere indipendente o arbitrale, è dipendente e arbitrario.

L'assunzione di questi quattro generali criteri di giudizio non è tuttavia sufficiente a stabilire quale sarebbe dovuta essere la posizione dei rivoluzionari, ieri quando il Pool di Milano seminava il panico nel letamaio borghese, oggi davanti alla rivincita del ceto politico forzitaliota su quello giudiziario.
L'estrema sinistra italiana, quel che ne restava, davanti all'avanzata della inchiesta di "Mani Pulite" e sotto la soffocante pressione mediatica, malgrado non eccepisse su questi quattro criteri di giudizio, si divise nei classici quattro settori: gli interventisti di tipo A (dalla parte del fronte giudiziario o giustizial-moralista), gli interventisti di tipo B (contro i giudici visti come il nemico principale e più pericoloso), gli indifferentisti (coloro i quali ritengono che i rivoluzionari debbano disinteressarsi alle lotte intestine in seno al nemico) infine i disfattisti (da non confondere con caporettisti, quelli che affermano che occorre utilizzare in modo attivo le contraddizioni interne al sistema per preparare il suo rovesciamento).
In pratica la sinistra antagonista, lungi dal trovare un atteggiamento comune, finì per occupare tutte le posizioni esistenti (altre infatti non ce n'erano). Ciò non accadeva per caso, o per autolesionismo, ma a causa delle differenti radici teoriche, delle diverse tradizioni culturali, che nonostante tutto riemergono sempre e spiegano le differenze davanti a dati fenomeni sociali -i quali sono si nuovi nella forma in cui si presentano, eppure molto spesso nascondono vecchissime e consolidate dinamiche.
In verità gli interventisti di tipo A, quelli che considerarono i magistrati i novelli Templari della kantiana moralità, coloro che con Flores D'Arcais riterranno che "la vera fonte delle legittimità deriva dalla legalità e non dal suffragio" -e che infine voteranno per la Lista Di Pietro illusi che questo sarebbe stato il solo modo per fare un dispetto ai due poli- si contavamo sul palmo di una mano. Quattro gatti. La ferita degli "anni di Piombo", delle persecuzioni contro la sinistra anticapitalista (di cui la magistratura fu assoluto protagonista), erano ancora sanguinanti così che buona parte dell'estrema sinistra, quasi per riflesso condizionato, si trovà arruolata nel fronte degli interventisti di tipo B. Se poi mettiamo nel conto che molti saranno gli indifferentisti, possiamo affermare che il grosso dell'estrema sinistra italiana si trov˜ sul lato opposto della barricata del Pool di Milano, ritenendo l'operazione "giustizialista" sottesa a "Mani Pulite", il più pericoloso Cavallo di Troia di una svolta reazionaria e antidemocratica.
Il problema era, però, che il lato opposto era già pesantemente presidiato dalla conventicola berlusconiana, che farà dell'attacco al palazzo di Giustizia di Milano, alla "magistrura giacobina" il leit motiv della sua tenace scalata al potere. Il problema è che la cosca della Casa delle Libertà, tornata al governo dopo il 13 maggio 2001, non ha solo praticamente vinto la sua battaglia contro il Terzo Potere, ma essa sta utilizzando questa vittoria per consolidare sul piano istituzionale la svolta a destra, tentando di fondare un regime populista.
Il punto centrale dell'analisi di coloro i quali considerarono la Magistratura borrelliana e i giuistizialisti il nemico principale, si rivelerà sbagliato. Oggi appare chiaro che "Mani Pulite" è stata una parentesi, un singhiozzo politico, un tentativo velleitario di gruppi minoritari della borghesia. Essi, usando la clava giudiziaria, hanno pensato di poter diventare gli architetti di un'immacolata Seconda Repubblica la quale, in nome di intransigenti principi morali, avrebbe portato ad un riequilibrio dei poteri, colpendo l'arroganza delle cosche partitocratiche che erano diventate, a causa del pizzo che staccavano alle imprese capitalistiche, una vera palla al piede del capitalismo italiano.
Che non si dovesse diventare partigiani di questa frazione borghese è evidente, ma solo una mentalità di ultrasinistra poteva giustificare l'indifferenza di fronte ad una contesa che aveva come posta in palio, non solo una diversa ripartizione dei poteri in campo nemico, ma pure nuove gerarchie statuali di interesse generale. Tantomeno condividiamo chi si augurì lo sfracello di "Mani Pulite", ritenendo il ceto craxiano prima e quello berlusconiano poi, meno temibili, perché garantisti. Vi è stato infatti chi ha ritenuto Berlusconi un'espressione, per quanto distorta, di uno "spirito" non solo liberista ma pure liberale e che egli, una volta giunto al potere, avrebbe abolito la legislazione d'emergenza degli anni '70-'80, avallato l'amnistia per i prigionieri politici, accettato di togliere al sistema le sue catene di Stato di Polizia.
A parte la meschinità di questo pronostico -come se l'amnistia fosse la pietra angolare di ogni giudizio, e tutto il resto, la politica imperialistica, il liberismo economico e sociale, fossero degli orpelli-, oggi vediamo come esso fosse fallace e pericoloso. In pochi mesi di governo, Berlusconi, dopo la gravissima mattanza di Genova, ha usato l'11 settembre per incrudire la repressione e i reati associativi (270ter e quater), ha spinto il Parlamento ad approvare una nuova legge contro gli immigrati peggiorativa di quella già infame del centro-sinistra. Che avesse avuto dei dubbi da quale lato sarebbe venuta una nuova stretta reazionaria e repressiva in questo paese è stato servito. Per di più la rivincita contro i settori d'assalto della Magistratura e il loro uso "spregiudicato" delle manette avviene, non sotto l'egida dello Stato di diritto, ma in vista di una controriforma complessiva del codice penale per cui, all'impunità che deve essere assicurata ai potenti di ogni ordine, razza e grado, la frusta verso chiunque osi sovvertire questo stato di cose sarà più implacabile.
In questo contesto confessiamo che ci ha provocato un certo sconcertato la notizia che a Parigi, in occasione di una manifestazione di solidarietà con "Mani Pulite" promossa dagli italiani vicini ad Ulivo e a Rifondazione, alcuni esuli, capeggiati Oreste Scalzone, hanno inscenato il 12 febbraio, dopo aver diffuso un apposito appello (appello che ci ha lasciati di stucco per certe superficiali asserzioni), una manifestazione di protesta, allo scopo di attaccare l'idea che i giudici vadano difesi dall'attacco del governo di centro-destra. La solita storia: interventisti di tipo A contro quelli di tipo B.
Come agli inizi degli anni '90, anche oggi dissentiamo, sia da coloro che in queste settimane vanno organizzando manifestazioni a favore di Borrelli, sia da coloro che manifestano contro. Dissentiamo da quelli come Tabucchi che pensano (tardo-nichilismo-togliattiano) che il Pool rappresenti l'anima progressista e democratica del capitalismo, con la quale andrebbe fatta una santa allenza per battere Berlusconi (e riportare al governo un centro-sinistra migliorato). Dissentiamo da compagni come Scalzone e Miliucci, che sostengono, come se nulla fosse accaduto, come se Berlusconi non sia saldamente al governo, come se il centro-destra non sia portatore di un tentativo normalizzatore, populista e reazionario, che occorra comunque affossare "Mani Pulite". Saremo strabici, ma ciò ci sembra come una specie di appoggio a Berlusconi, come quando, a cavallo tra gli anni '70-'80, si pensò di salameleccheggiare con Craxi.
Noi pensiamo invece che l'opposizione al governo Berlusconi non vada fatta solo sul piano del sindacalismo sociale (vecchio vezzo di una certa sinistra spontaneista), ma pure su quello squisitamente politico. I comunisti non possono -senza alcuna concessione, per dirla così, al dipietrismo o al micromeghismo- restare inerti davanti alla vendetta berlusconiana, al tentativo di sottomettere la Magistratura alle cosche politiche populiste. Noi non crediamo che la Magistratura possa essere un organismo effettivamente indipendente e imparziale, che sia una sentinella della democrazia. Tuttavia, davanti a chi vuole spazzare via, anche sul piano formale, alcuni pilastri diritto borghese per edificare un regime reazionario di impunità per i ladri di stato, gli affaristi e i mazzettari , noi dobbiamo impedirglielo, senza per questo andare a nozze, né con l'Ulivo, né con Borrelli.Tanto più quando questa manovra sottende un blindamento repressivo dello Stato verso i movimenti di lotta e quando pezzi da novanta del centro-sinistra hanno ormai deciso di abbandonare le "toghe rosse" a se stesse, tentando nuovamente un inciucio con il Cavaliere di Arcore.

Catilina
09-03-02, 18:42
E' del tutto legittimo, per l' opposizione, organizzare manifestazioni e girotondi contro il governo e a difesa della magistratura.
Ciò che trovo incomprensibile, è farlo nel nome della democrazia ferita, della libertà negata, del pluralismo dell' informazione minacciato.
Dopo il Palavobis di Milano e la manifestazione romana ulivista del 2 marzo, bastava leggere le edizioni del "Corriere della Sera", della "Repubblica", della "Stampa", o aver seguito le riprese in diretta della Rai del "regime berlusconiano", perchè un dubbio spontaneo sorgesse: non è che la sinistra giustizialista sta vivendo un caso di schizofrenia collettiva? Non è un po' grottesco che tutti i mezzi di informazione che contano denuncino l' avvenuta instaurazione di un regime totalitario ad opera di un premier che tutti concordemente e quotidianamente attaccano? Non siamo proprio alla clandestinità, vi pare?
C'è però sicuramente una lotta tra le due nomenklature di destra e di sinistra. Gli intellettuali di sinistra giustizialista che si sgolano per chiedere democrazia, non pensano che un intellettuale di destra possa avere gli stessi diritti e lo stesso rispetto di uno di loro. L'eventualità- ad esempio- che qualche "progressista" possa essere sostituito, in televisione o in un carrozzone dello spettacolo, per scadenza di mandato è assolutamente impensabile da parte di coloro che firmano appelli e organizzano girotondi e raduni della cultura italiana contro il regime di destra e il governo eletto dalla maggioranza, che è notoriamente una maggioranza di ignoranti, ladri e fascisti...
Insomma, il timore dell' intellettuale di sinistra pronto alla mobilitazione è proprio quello di veder perdere i privilegi che gli furono accordati ai bei tempi dell' Ulivo. E lui, intellettuale di sinistra, si mobilita innanzitutto per se stesso.
E' soltanto da nove mesi che hanno perso, e i sinistri giustizialisti sono già in crisi. Perchè se gli intellettuali alla Nanni Moretti si dicono democratici, non considerano l' alternanza delle poltrone un principio democratico?
Saluti comunisti e nazionalitari

5° Reggimento
09-03-02, 20:55
Ecco appunto, delle epiche battaglie tra le due nomenklature degli intellettuali e dei liberi professionisti per la conquista o la difesa dei posti, ai comunisti nazionalitari credo che non gliene possa fregare di meno. O sbaglio?
:D

pietro
09-03-02, 21:08
Esatto: non ce ne po' frega' di meno....due sacchi di monnezza al prezzo di uno!:D