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08-03-02, 11:54
Irlanda, bocciato il referendum per rendere più severa la legge
Aborto, per una volta vincono le donne
Agi/Reuters
Gli elettori irlandesi hanno bocciato il referendum proposto dal governo che voleva rendere più severa la legge sull'interruzione di gravidanza.
Il 50,42% dei 1,3 milioni di votanti ha scelto il no, respingendo con un margine ristretto di appena 10.000 voti la proposta di eliminare quella che - nel Paese più antiabortista dell'Unione europea - il governo considera una scappatoia legale per interrompere volontariamente la gravidanza. La legge irlandese continuerà così a vietare l'aborto. Ma nel caso in cui la vita della madre o del bambino siano in pericolo - e, contrariamente a quanto speravano i promotori del referendum, qualora la madre minacci di togliersi la vita - interrompere la gravidanza continuerà a essere lecito.
Il referendum proposto dal governo d'Irlanda puntava proprio ad eliminare quest'ultima possibilità, rendendo ancora più restrittiva la legislazione. I risultati del referendum costituiscono una sconfitta per il premier conservatore Bertie Ahern, promotore della consultazione elettorale e acceso sostenitore del sì, insieme ai leader cattolici. Ahern e i vescovi cattolici hanno sostenuto che considerare la minaccia di suicidio un rischio reale per la vita della madre fornisce alle donne una facile scappatoia per poter abortire.
L'opposizione, che si è espressa per il no, ha basato la propria campagna elettorale contro il referedum su slogan come "credete alle donne" e "non fate che la vita di una donna valga di meno".
La legge vigente in materia risale al 1861, e rende di fatto illegale la pratica dell'aborto stabilendo una pena di dodici anni di carcere per chi mette fine a una gravidanza. L'unico tentativo di legalizzare l'aborto è del 1983, ma la proposta venne bocciata dal 63 per cento degli elettori; venne però introdotta la legittimità dell'interruzione in presenza di reale rischio di vita per la madre. Il diritto alla vita del nascituro fu cioè equiparato a quello della madre.
Nel 1992 un altro referendum portò poi all'approvazione di due emendamenti alla legge che sancirono la possibilità per le donne sia di ricevere informazioni sui servizi inerenti l'aborto in altri Paesi sia eventualmente di recarvisi per farsi operare. La svolta liberale del 1992 fu scatenata da un fatto di cronaca che colpì molto l'opinione pubblica irlandese: una ragazzina di 14 anni, rimasta incinta dopo uno stupro, minacciò di togliersi la vita se non le fosse stato consentito di abortire. Il governo allora rifiutò alla giovane e ai suoi genitori di andare all'estero ad interrompere la gravidanza. Migliaia di persone manifestarono nelle strade in solidarietà con la ragazza. Fu la Corte suprema del Paese a riconoscere come legittima l'interruzione della gravidanza in questo caso, includendo fra i rischi reali per la madre anche la minaccia di suicidio. Alla giovane del caso, noto nel Paese come "X", fu quindi consentito di recarsi in Inghilterra per porre fine alla gravidanza.
Liberazione 8-3-2002
Aborto, per una volta vincono le donne
Agi/Reuters
Gli elettori irlandesi hanno bocciato il referendum proposto dal governo che voleva rendere più severa la legge sull'interruzione di gravidanza.
Il 50,42% dei 1,3 milioni di votanti ha scelto il no, respingendo con un margine ristretto di appena 10.000 voti la proposta di eliminare quella che - nel Paese più antiabortista dell'Unione europea - il governo considera una scappatoia legale per interrompere volontariamente la gravidanza. La legge irlandese continuerà così a vietare l'aborto. Ma nel caso in cui la vita della madre o del bambino siano in pericolo - e, contrariamente a quanto speravano i promotori del referendum, qualora la madre minacci di togliersi la vita - interrompere la gravidanza continuerà a essere lecito.
Il referendum proposto dal governo d'Irlanda puntava proprio ad eliminare quest'ultima possibilità, rendendo ancora più restrittiva la legislazione. I risultati del referendum costituiscono una sconfitta per il premier conservatore Bertie Ahern, promotore della consultazione elettorale e acceso sostenitore del sì, insieme ai leader cattolici. Ahern e i vescovi cattolici hanno sostenuto che considerare la minaccia di suicidio un rischio reale per la vita della madre fornisce alle donne una facile scappatoia per poter abortire.
L'opposizione, che si è espressa per il no, ha basato la propria campagna elettorale contro il referedum su slogan come "credete alle donne" e "non fate che la vita di una donna valga di meno".
La legge vigente in materia risale al 1861, e rende di fatto illegale la pratica dell'aborto stabilendo una pena di dodici anni di carcere per chi mette fine a una gravidanza. L'unico tentativo di legalizzare l'aborto è del 1983, ma la proposta venne bocciata dal 63 per cento degli elettori; venne però introdotta la legittimità dell'interruzione in presenza di reale rischio di vita per la madre. Il diritto alla vita del nascituro fu cioè equiparato a quello della madre.
Nel 1992 un altro referendum portò poi all'approvazione di due emendamenti alla legge che sancirono la possibilità per le donne sia di ricevere informazioni sui servizi inerenti l'aborto in altri Paesi sia eventualmente di recarvisi per farsi operare. La svolta liberale del 1992 fu scatenata da un fatto di cronaca che colpì molto l'opinione pubblica irlandese: una ragazzina di 14 anni, rimasta incinta dopo uno stupro, minacciò di togliersi la vita se non le fosse stato consentito di abortire. Il governo allora rifiutò alla giovane e ai suoi genitori di andare all'estero ad interrompere la gravidanza. Migliaia di persone manifestarono nelle strade in solidarietà con la ragazza. Fu la Corte suprema del Paese a riconoscere come legittima l'interruzione della gravidanza in questo caso, includendo fra i rischi reali per la madre anche la minaccia di suicidio. Alla giovane del caso, noto nel Paese come "X", fu quindi consentito di recarsi in Inghilterra per porre fine alla gravidanza.
Liberazione 8-3-2002