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Der Wehrwolf
09-03-02, 20:01
28 febbraio 2002

28 febbraio 2002

Liberalizziamo la droga". Una proposta di Luca Casarini? No, sono parole dello speculatore ungherese dell'alta finanza angloamericana George Soros. "Lo Stato istituzione morale invece che un pezzo di un congegno utilitaristico...", non è Toni Negri in Impero, bensì Friedrich Von Hayek, il più importante teorico del liberalismo del 1900. Global e no global dicono le stesse cose. E le teorie di Agnoletto & C. non sono molto diverse da quelle di Bush. Ecco alcuni esempi eclatanti



"Non si può sradicare l'uso della droga (…) costituirei una rete di distribuzione strettamente controllata, attraverso la quale renderei legalmente accessibile la maggior parte delle droghe". Luca Casarini? No, George Soros, il celebre speculatore ungherese, Francis Drake dell'alta finanza angloamericana (molto anglo e poco americana), che così scrive nel suo libro Soros on Soros. Com'è noto, per la promozione del libero consumo di stupefacenti, Soros ha un vero pallino, tanto che nel luglio del '96 il Wall Street Journal poteva scrivere: "Fino ai primi anni '90, i movimenti per la legalizzazione delle droghe non erano in sincronia. Questa situazione è cambiata quando Soros ha donato 6 milioni di dollari al Drug Policy Foundation, 4 al suo Lindesmith Center, 3 al Drug Strategies […] la sua sponsorizzazione ha unificato il movimento per la liberalizzazione delle droghe". Alfiere del liberismo globale, o «società aperta», Soros è difensore della libertà dei mercati andini, sì che tra i soggetti a cui maggior attenzione dedica lo Human Rights Watch - fondazione da lui creata a difesa dei diritti umani - si distinguono la peruviana CAPHC (Consiglio dei Produttori di Coca) o le colombiane FARC (Forze Armate Rivoluzionarie). FARC che non hanno solo Soros come amico fra gli olimpici della finanza: è del '99 il viaggio che Richard
George Soros

Grasso, allora presidente del New York Stock Exchange, fece nel cuore della guerriglia colombiana, immortalato dalla foto con il capo dei ribelli Raùl Reyes. E FARC che godono specularmente dell'appoggio di un'altra multinazionale impegnata per la liberalizzazione degli stupefacenti: quella no-global, che non a caso al World Social Forum di Porto Alegre, versione 2001, ospitava come invitato speciale, opportunamente protetto, Javier Cifuentes, alto rappresentante del gruppo narco-zapatista in questione.

''Il rifiuto dell'umanità di accettare l'esistenza di una mano conduttrice riduce la natura a un sistema che può essere manipolato a piacere e dove tutto quel che accade può essere deciso dalla tecnologia e dall'ingegno umano […] dobbiamo riscoprire il rispetto per la natura e non trattare il mondo come se fosse un grande laboratorio della vita". Vandana Shiva? No, il principe Carlo d'Inghilterra, in un'intervista mandata in onda dalla BBC nel maggio 2000. Paladino reale dell'ecologia (il WWF, lo ricordiamo, fu fondato dal principe Bernardo d'Olanda e dal 1981 presieduto internazionalmente da
Principe Carlo d'Inghilterra

Filippo duca di Edinburgo), Carlo è si è fatto speciale promotore negli ultimi anni della lotta agli organismi geneticamente modificati e dell'agricoltura biologica, quest'ultima praticata nelle sue tenute. Due battaglie che sono proprie anche della leader no global indiana prima citata, la quale, come nell'intervista rilasciata al mensile Carta nel giugno 2001, non smette di richiamare ad un "nuovo rapporto con la terra", un "diverso modello di agricoltura, che sia anche un diverso modello di rapporto della società con la terra e con l'ambiente", e ad "un'agricoltura familiare, che sia allo stesso tempo garanzia di qualità del cibo e di biodiversità, di protezione contro l'omologazione del cibo e del gusto, che è in corso a livello mondiale".

Fondato nel 1887 a New York dall'eugenista e teorico della razza Madison Grant (di cui Hitler si vantava di avere letto l'opera principale, The Passing of the Great Race) il Boone and Crockett Club è oggi ricordato come la prima associazione «conservazionista» degli Stati Uniti, impegnata cioè sul fronte del controllo demografico e della conservazione di flora e fauna selvatiche. A capo del club si ricorda un presidente USA, Theodore Roosevelt (creatore di parchi nazionali e simpatizzante del Klu Klux Klan) tra i suoi sostenitori alcune delle più potenti famiglie dell'oligarchia WASP - Vanderbildt, Morgan, Dodge, Harrimann e Rockefeller - le quali hanno poi continuato nel tempo a lavorare su questi argomenti. In particolare la famiglia Rockefeller, per tre generazioni attiva nella società americana di eugenetica, coinvolta in innumerevoli campagne per la riduzione delle nascite e la difesa dell'ambiente, ultima delle quali la carta dei diritti della terra, che ha visto tra i più attivi promotori Stephen Rockefeller.

"Lo Stato cessa di essere un pezzo di un congegno utilitario destinato ad aiutare gli individui a sviluppare pienamente la loro personalità e diventa un'istituzione «morale», dove la parola morale non è usata in contrapposto a immorale, ma indica un'istituzione che impone ai suoi membri le sue opinioni su tutte le questioni". Qualcuno riconoscerà le parole di Toni Negri nel capitolo Il Totalitarismo dello Stato Nazione, nel suo ultimo Impero, scritto in collaborazione con Michael Hardt. Quasi. Trattasi di un altro libro, The Road to Serfdom, verso la schiavitù, di Friedrich Von Hayek, il più importante teorico del liberalismo nel secolo scorso. Nato nel 1899 a Vienna e formatosi all'interno della cosiddetta Scuola Austriaca fondata da Karl Menger, Von Hayek è stato l'attore principale del reinserimento di Adam Smith - il teorico britannico della Compagnia delle Indie Orientali - nella temperie politico-economica del dopoguerra. Istituzione parallela all'Austrian Institute for Business Cycle Research da lui diretta, fu per esempio il National Bureau of Economic Research, fondato in USA dal collega Wesley Claire Mitchell, e luogo di formazione di Milton Friedman e dei Chicago Boys, la troupe di monetaristi radicali che ispira da un paio di decenni le politiche di organi come il FMI e la World Bank. Tra le sue dirette creazioni si può inoltre citare, nel 1939, la Society for the Renovation of Liberalism, più tardi Mont Pelerin Society, tra i più importanti think-tank della cosiddetta rivoluzione conservatrice, unione di ultraliberismo e visione feudale delle istituzioni, la cui influenza è stata crescente sui governi angloamericani, dall'elezione di Nixon fino ad oggi.




"Ciò cui dobbiamo mirare non è la crescita, ma una crescita negativa, cioè una contrazione economica e demografica", "l'investimento di capitale uguaglierebbe il deprezzamento, le nascite uguaglierebbero le morti, ma il livello effettivo di investimento di capitale e di nascite sarebbe notevolmente più basso di quello attuale - un livello che determinerebbe una «domanda ecologica» che potrebbe realmente essere soddisfatta". Averell Harrimann, John D. Rockefeller? No, Edward Goldsmith, il noto ambientalista anglofrancese definito l'anno scorso da Le Monde l'architetto dell'operazione World Social Forum. Fratello del miliardario ora defunto James (speculatore nel campo delle materie prime, a suo tempo nella lista dei 12 uomini più ricchi de mondo) Edward, o per gli amici Teddy, è conosciuto innanzitutto come il fondatore della rivista The Ecologist, oggi diretta dal figlio Zac (legato al gruppo luddista Reclaiming The Streets, presente agli scontri di Genova) e attorno alla quale ruota il gotha del movimento no-global: da Jeremy Rifkin e Vandana Shiva, a José Lutzenberg, ex ministro dell'ambiente brasiliano, ad associazioni come Greenpeace, Friends of the Earth, WWF. Il suo nome, assieme a quello del suo stretto collaboratore Jerry Manders, appare anche nel consiglio direttivo dell'International Forum on Globalization, una tra le più importanti holding no global, punto di riferimento nell'attacco alle istituzioni finanziarie sovranazionali. Creata nel 1994, l'IFG è infatti entrato in scena nel 1998 con la famosa Siena Declaration, pubblicata a tutta pagina dal New York Times: un attacco frontale al FMI, la World Bank e il WTO, accusati di politiche disastrose per i paesi in via di sviluppo, con l'imposizione forzata della globalizzazione dei commerci. Situazione a cui però l' IFG tenta di rimediare con una curiosa ricetta, che pare non dispiacere a Wolfensohn e colleghi: dissuadere le istituzioni di cui essi sono a capo dal finanziamento di ogni grande progetto infrastrutturale, specialmente nei paesi del terzo mondo, per rispetto verso Gaia, suscettibile madre natura.




"Lo Stato cessa di essere un pezzo di un congegno utilitario destinato ad aiutare gli individui a sviluppare pienamente la loro personalità e diventa un'istituzione «morale», dove la parola morale non è usata in contrapposto a immorale, ma indica un'istituzione che impone ai suoi membri le sue opinioni su tutte le questioni". Qualcuno riconoscerà le parole di Toni Negri nel capitolo Il Totalitarismo dello Stato Nazione, nel suo ultimo Impero, scritto in collaborazione con Michael Hardt. Quasi. Trattasi di un altro libro, The Road to Serfdom, verso la schiavitù, di Friedrich Von Hayek, il più importante teorico del liberalismo nel secolo scorso. Nato nel 1899 a Vienna e formatosi all'interno della cosiddetta Scuola Austriaca fondata da Karl Menger, Von Hayek è stato l'attore principale del reinserimento di Adam Smith - il teorico britannico della Compagnia delle Indie Orientali - nella temperie politico-economica del dopoguerra. Istituzione parallela all'Austrian Institute for Business Cycle Research da lui diretta, fu per esempio il National Bureau of Economic Research, fondato in USA dal collega Wesley Claire Mitchell, e luogo di formazione di Milton Friedman e dei Chicago Boys, la troupe di monetaristi radicali che ispira da un paio di decenni le politiche di organi come il FMI e la World Bank. Tra le sue dirette creazioni si può inoltre citare, nel 1939, la Society for the Renovation of Liberalism, più tardi Mont Pelerin Society, tra i più importanti think-tank della cosiddetta rivoluzione conservatrice, unione di ultraliberismo e visione feudale delle istituzioni, la cui influenza è stata crescente sui governi angloamericani, dall'elezione di Nixon fino ad oggi.Cosa unisce il massimo teorico novecentesco del libero commercio e Toni Negri? La volontà di smantellare la principale creazione dell'arte politica rinascimentale in funzione antioligarchica: lo stato nazionale, il cui interventismo o la cui pianificazione in campo economico sono visti sia da Negri che da Von Hayek come portatori di un totalitarismo in nuce, esplicitatosi nel modo più brutale con il collettivismo sovietico e quello del nazionalsocialista tedesco. Un rifiuto radicale, insomma, dell'idea classica di nazione, tale da far dire a Toni Negri, come si legge nel suo libro pubblicato dalla Oxford University Press e recensito in pompa magna dal New York Times, che "la costruzione di un Impero è un passo avanti per farla finita con ogni nostalgia per le strutture di potere che l'hanno preceduto, e per rifiutare ogni strategia politica che implichi il ritorno al vecchio ordinamento, come il tentativo di far risorgere lo stato-nazione contro il capitalismo". Parole che non avrebbero sfigurato tra le pagine di un altro libro culto dell'estremismo liberal americano, ad opera di Albert Jay Nock: Our Enemy, the State.

Domanda: che su droga, ecologia, limiti allo sviluppo e superamento dello stato nazionale, lo scontro tra Davos e Porto Alegre sia in realtà un mega-carnevale?

di Alvise Orsini



"Non si può sradicare l'uso della droga (…) costituirei una rete di distribuzione strettamente controllata, attraverso la quale renderei legalmente accessibile la maggior parte delle droghe". Luca Casarini? No, George Soros, il celebre speculatore ungherese, Francis Drake dell'alta finanza angloamericana (molto anglo e poco americana), che così scrive nel suo libro Soros on Soros. Com'è noto, per la promozione del libero consumo di stupefacenti, Soros ha un vero pallino, tanto che nel luglio del '96 il Wall Street Journal poteva scrivere: "Fino ai primi anni '90, i movimenti per la legalizzazione delle droghe non erano in sincronia. Questa situazione è cambiata quando Soros ha donato 6 milioni di dollari al Drug Policy Foundation, 4 al suo Lindesmith Center, 3 al Drug Strategies […] la sua sponsorizzazione ha unificato il movimento per la liberalizzazione delle droghe". Alfiere del liberismo globale, o «società aperta», Soros è difensore della libertà dei mercati andini, sì che tra i soggetti a cui maggior attenzione dedica lo Human Rights Watch - fondazione da lui creata a difesa dei diritti umani - si distinguono la peruviana CAPHC (Consiglio dei Produttori di Coca) o le colombiane FARC (Forze Armate Rivoluzionarie). FARC che non hanno solo Soros come amico fra gli olimpici della finanza: è del '99 il viaggio che Richard
George Soros

Grasso, allora presidente del New York Stock Exchange, fece nel cuore della guerriglia colombiana, immortalato dalla foto con il capo dei ribelli Raùl Reyes. E FARC che godono specularmente dell'appoggio di un'altra multinazionale impegnata per la liberalizzazione degli stupefacenti: quella no-global, che non a caso al World Social Forum di Porto Alegre, versione 2001, ospitava come invitato speciale, opportunamente protetto, Javier Cifuentes, alto rappresentante del gruppo narco-zapatista in questione.

''Il rifiuto dell'umanità di accettare l'esistenza di una mano conduttrice riduce la natura a un sistema che può essere manipolato a piacere e dove tutto quel che accade può essere deciso dalla tecnologia e dall'ingegno umano […] dobbiamo riscoprire il rispetto per la natura e non trattare il mondo come se fosse un grande laboratorio della vita". Vandana Shiva? No, il principe Carlo d'Inghilterra, in un'intervista mandata in onda dalla BBC nel maggio 2000. Paladino reale dell'ecologia (il WWF, lo ricordiamo, fu fondato dal principe Bernardo d'Olanda e dal 1981 presieduto internazionalmente da
Principe Carlo d'Inghilterra

Filippo duca di Edinburgo), Carlo è si è fatto speciale promotore negli ultimi anni della lotta agli organismi geneticamente modificati e dell'agricoltura biologica, quest'ultima praticata nelle sue tenute. Due battaglie che sono proprie anche della leader no global indiana prima citata, la quale, come nell'intervista rilasciata al mensile Carta nel giugno 2001, non smette di richiamare ad un "nuovo rapporto con la terra", un "diverso modello di agricoltura, che sia anche un diverso modello di rapporto della società con la terra e con l'ambiente", e ad "un'agricoltura familiare, che sia allo stesso tempo garanzia di qualità del cibo e di biodiversità, di protezione contro l'omologazione del cibo e del gusto, che è in corso a livello mondiale".

Fondato nel 1887 a New York dall'eugenista e teorico della razza Madison Grant (di cui Hitler si vantava di avere letto l'opera principale, The Passing of the Great Race) il Boone and Crockett Club è oggi ricordato come la prima associazione «conservazionista» degli Stati Uniti, impegnata cioè sul fronte del controllo demografico e della conservazione di flora e fauna selvatiche. A capo del club si ricorda un presidente USA, Theodore Roosevelt (creatore di parchi nazionali e simpatizzante del Klu Klux Klan) tra i suoi sostenitori alcune delle più potenti famiglie dell'oligarchia WASP - Vanderbildt, Morgan, Dodge, Harrimann e Rockefeller - le quali hanno poi continuato nel tempo a lavorare su questi argomenti. In particolare la famiglia Rockefeller, per tre generazioni attiva nella società americana di eugenetica, coinvolta in innumerevoli campagne per la riduzione delle nascite e la difesa dell'ambiente, ultima delle quali la carta dei diritti della terra, che ha visto tra i più attivi promotori Stephen Rockefeller.

"Lo Stato cessa di essere un pezzo di un congegno utilitario destinato ad aiutare gli individui a sviluppare pienamente la loro personalità e diventa un'istituzione «morale», dove la parola morale non è usata in contrapposto a immorale, ma indica un'istituzione che impone ai suoi membri le sue opinioni su tutte le questioni". Qualcuno riconoscerà le parole di Toni Negri nel capitolo Il Totalitarismo dello Stato Nazione, nel suo ultimo Impero, scritto in collaborazione con Michael Hardt. Quasi. Trattasi di un altro libro, The Road to Serfdom, verso la schiavitù, di Friedrich Von Hayek, il più importante teorico del liberalismo nel secolo scorso. Nato nel 1899 a Vienna e formatosi all'interno della cosiddetta Scuola Austriaca fondata da Karl Menger, Von Hayek è stato l'attore principale del reinserimento di Adam Smith - il teorico britannico della Compagnia delle Indie Orientali - nella temperie politico-economica del dopoguerra. Istituzione parallela all'Austrian Institute for Business Cycle Research da lui diretta, fu per esempio il National Bureau of Economic Research, fondato in USA dal collega Wesley Claire Mitchell, e luogo di formazione di Milton Friedman e dei Chicago Boys, la troupe di monetaristi radicali che ispira da un paio di decenni le politiche di organi come il FMI e la World Bank. Tra le sue dirette creazioni si può inoltre citare, nel 1939, la Society for the Renovation of Liberalism, più tardi Mont Pelerin Society, tra i più importanti think-tank della cosiddetta rivoluzione conservatrice, unione di ultraliberismo e visione feudale delle istituzioni, la cui influenza è stata crescente sui governi angloamericani, dall'elezione di Nixon fino ad oggi.




"Ciò cui dobbiamo mirare non è la crescita, ma una crescita negativa, cioè una contrazione economica e demografica", "l'investimento di capitale uguaglierebbe il deprezzamento, le nascite uguaglierebbero le morti, ma il livello effettivo di investimento di capitale e di nascite sarebbe notevolmente più basso di quello attuale - un livello che determinerebbe una «domanda ecologica» che potrebbe realmente essere soddisfatta". Averell Harrimann, John D. Rockefeller? No, Edward Goldsmith, il noto ambientalista anglofrancese definito l'anno scorso da Le Monde l'architetto dell'operazione World Social Forum. Fratello del miliardario ora defunto James (speculatore nel campo delle materie prime, a suo tempo nella lista dei 12 uomini più ricchi de mondo) Edward, o per gli amici Teddy, è conosciuto innanzitutto come il fondatore della rivista The Ecologist, oggi diretta dal figlio Zac (legato al gruppo luddista Reclaiming The Streets, presente agli scontri di Genova) e attorno alla quale ruota il gotha del movimento no-global: da Jeremy Rifkin e Vandana Shiva, a José Lutzenberg, ex ministro dell'ambiente brasiliano, ad associazioni come Greenpeace, Friends of the Earth, WWF. Il suo nome, assieme a quello del suo stretto collaboratore Jerry Manders, appare anche nel consiglio direttivo dell'International Forum on Globalization, una tra le più importanti holding no global, punto di riferimento nell'attacco alle istituzioni finanziarie sovranazionali. Creata nel 1994, l'IFG è infatti entrato in scena nel 1998 con la famosa Siena Declaration, pubblicata a tutta pagina dal New York Times: un attacco frontale al FMI, la World Bank e il WTO, accusati di politiche disastrose per i paesi in via di sviluppo, con l'imposizione forzata della globalizzazione dei commerci. Situazione a cui però l' IFG tenta di rimediare con una curiosa ricetta, che pare non dispiacere a Wolfensohn e colleghi: dissuadere le istituzioni di cui essi sono a capo dal finanziamento di ogni grande progetto infrastrutturale, specialmente nei paesi del terzo mondo, per rispetto verso Gaia, suscettibile madre natura.




"Lo Stato cessa di essere un pezzo di un congegno utilitario destinato ad aiutare gli individui a sviluppare pienamente la loro personalità e diventa un'istituzione «morale», dove la parola morale non è usata in contrapposto a immorale, ma indica un'istituzione che impone ai suoi membri le sue opinioni su tutte le questioni". Qualcuno riconoscerà le parole di Toni Negri nel capitolo Il Totalitarismo dello Stato Nazione, nel suo ultimo Impero, scritto in collaborazione con Michael Hardt. Quasi. Trattasi di un altro libro, The Road to Serfdom, verso la schiavitù, di Friedrich Von Hayek, il più importante teorico del liberalismo nel secolo scorso. Nato nel 1899 a Vienna e formatosi all'interno della cosiddetta Scuola Austriaca fondata da Karl Menger, Von Hayek è stato l'attore principale del reinserimento di Adam Smith - il teorico britannico della Compagnia delle Indie Orientali - nella temperie politico-economica del dopoguerra. Istituzione parallela all'Austrian Institute for Business Cycle Research da lui diretta, fu per esempio il National Bureau of Economic Research, fondato in USA dal collega Wesley Claire Mitchell, e luogo di formazione di Milton Friedman e dei Chicago Boys, la troupe di monetaristi radicali che ispira da un paio di decenni le politiche di organi come il FMI e la World Bank. Tra le sue dirette creazioni si può inoltre citare, nel 1939, la Society for the Renovation of Liberalism, più tardi Mont Pelerin Society, tra i più importanti think-tank della cosiddetta rivoluzione conservatrice, unione di ultraliberismo e visione feudale delle istituzioni, la cui influenza è stata crescente sui governi angloamericani, dall'elezione di Nixon fino ad oggi.Cosa unisce il massimo teorico novecentesco del libero commercio e Toni Negri? La volontà di smantellare la principale creazione dell'arte politica rinascimentale in funzione antioligarchica: lo stato nazionale, il cui interventismo o la cui pianificazione in campo economico sono visti sia da Negri che da Von Hayek come portatori di un totalitarismo in nuce, esplicitatosi nel modo più brutale con il collettivismo sovietico e quello del nazionalsocialista tedesco. Un rifiuto radicale, insomma, dell'idea classica di nazione, tale da far dire a Toni Negri, come si legge nel suo libro pubblicato dalla Oxford University Press e recensito in pompa magna dal New York Times, che "la costruzione di un Impero è un passo avanti per farla finita con ogni nostalgia per le strutture di potere che l'hanno preceduto, e per rifiutare ogni strategia politica che implichi il ritorno al vecchio ordinamento, come il tentativo di far risorgere lo stato-nazione contro il capitalismo". Parole che non avrebbero sfigurato tra le pagine di un altro libro culto dell'estremismo liberal americano, ad opera di Albert Jay Nock: Our Enemy, the State.

Domanda: che su droga, ecologia, limiti allo sviluppo e superamento dello stato nazionale, lo scontro tra Davos e Porto Alegre sia in realtà un mega-carnevale?

di Alvise Orsini