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Visualizza Versione Completa : La sinistra mondialista odia l'Europa



Il Patriota
12-03-02, 21:36
L'immigrazionismo come ideologia dell'espiazione



C’è un problema in Europa: questo problema si chiama “pensiero unico”. Micidiale compressore di ogni alterità etico-ideale e politico-culturale, il pensiero unico dispiega i propri tentacoli all’interno della società civile invadendone pervasivamente i gangli vitali e impiantandosi a un livello di profondità tale da assumere una posizione di controllo e di orientamento della stessa. Definito anche come mondialismo o mondializzazione, questo tipo particolarissimo di reductio ad unum si manifesta nell’ideologia multietnica da cui trae nuova linfa vitale, rinnovato slancio culturale e quella condicio sine qua non così necessaria al suo perpetuarsi e imporsi. Della società multirazziale, dei suoi aspetti, della sua genesi, dei suoi esiti, della sua dinamica abbiamo già detto: interessa qui affrontare il problema individuando i soggetti creatori di tale fenomeno. Occorre quindi risalire alle radici intellettuali, antropologiche e soprattutto psicologiche che allignano nelle menti di coloro i quali propugnano, invocano ed esultano di fronte alla multirazzialità. La sinistra europea, in particolar modo quella di derivazione marxista, si trova in prima linea nella dichiarata volontà di trasformare il vecchio continente in una realtà nuova e diversa da quella attuale che si fondi sul melting pot quale luminoso, “ineluttabile” approdo di un’evoluzione storica “irreversibile”. Una simile concezione “ottimistica” e “progressiva” degli avvenimenti umani risente, a livello culturale, delle illusioni utopistiche di un mondo di “eguali”, unico, cosmopolita, internazionalista e universale, mentre la cosiddetta “ineluttabilità” procede dalla pretesa scientificità e infallibilità con le quali il marxismo ammantava le proprie elaborazioni teoriche, sulla cui base venivano poi giudicati e reinterpretati - in chiave ovviamente classista - tutti gli avvenimenti storici, passati, presenti e futuri. All’indomani della caduta del muro di Berlino e dell’implosione del comunismo, vittima di quelle stesse contraddizioni che esso pretendeva di riscontrare negli altri, il marxismo persiste ancora in modo massiccio nella società europea laddove a una clamorosa disfatta sul piano politico e su quello economico non è seguita una sconfessione su quello culturale. Grazie all’intuizione gramsciana che investe “l’intellettuale organico” del ruolo di predicatore - profano - in seno alla “società civile”, l’intero apparato culturale, informativo e massmediatico è ancora oggi perfettamente allineato alle posizioni di quel sistema livellatore delle differenze che sembra ormai essere stato assunto a modello “perfetto” e universalmente valido. Attraverso simili, formidabili strumenti di formazione, persuasione e repressione la sinistra gode quindi di una posizione privilegiata, “egemonica”, nel dettare i tempi per la preparazione, l’accettazione e l’instaurazione della società multietnica. L’altra e forse più importante valutazione in ordine alle motivazioni recondite che animano i postcomunisti nella realizzazione del loro progetto va ricercata e individuata a livello psicologico o, più precisamente, psicopatologico. La sinistra odia l’Europa: la odia profondamente perché vede in lei la scandalosa e oltraggiosa testimonianza di una resistenza culturale che ha rifiutato e rigettato l’opzione comunista combattendola e sconfiggendola. Il grande peccato della civiltà occidentale risiede proprio in questo: nell’aver compreso come lo schema ideologico comunista fosse irriducibilmente alieno alla storia, alla cultura, alla civiltà europea e nell’essersi mostrata immune di fronte alle promesse di “felicità” e di “paradiso terrestre” che il marxismo scandiva regolarmente. La “trasvalutazione” di tutti quei valori così peculiarmente europei che la filosofia marxista-leninista intendeva operare onde giungere a un “nuovo ordine” edificato sulle macerie di una civiltà sottoposta al procedimento della “tabula rasa”, si ripresenta oggi sotto le mentite spoglie di un “terzomondismo” nutrito dal senso di colpa - peraltro indotto - che l’uomo europeo prova di fonte alle presunte “ingiustizie” di cui le popolazioni extraeuropee sarebbero vittime. Il terzomondismo assolve allora la funzione di scardinare l’identità occidentale assicurando, da una parte, una copertura ideologica all’invasione allogena e colmando, dall’altra, il vuoto lasciato dalla dinamica classista nella misura in cui alla dittatura del proletariato succederà la società multietnica e alla società senza classi subentrerà la ri-formata e ri-nata civiltà europea scaturita dall’integrazione e dalla fusione con i nuovi venuti. Non è allora difficile comprendere come il nemico principale, il “Male Assoluto”, sia oggi incarnato dall’uomo europeo (certi esponenti della sinistra neocomunista utilizzano impunemente il termine “uomo bianco”, a testimonianza di un frasario velatamente razzista che sottende un giudizio dispregiativo e discriminante) quale degno erede nonché sostituto del “borghese” e del “capitalista”. L’Europa, in questo senso, assurge per la sinistra a simbolo delle proprie frustrazioni e delle proprie paranoie, a specchio impietoso dei propri fallimenti, a scomodo testimone dei propri crimini. Come ha acutamente osservato Guillaume Faye, «una psicoanalisi politica degli ideologi di sinistra rivelerebbe che nel loro animo “l’uomo bianco” è intrinsecamente colpevole, marchiato dal peccato incancellabile e imperdonabile di aver sfruttato l’uomo extraeuropeo (colonialismo, razzismo, etc.). L’immigrazionismo e le teorie della società multietnica sono quindi il risultato di un lavoro di espiazione». Qualsiasi opposizione all’ideologia multirazziale, infatti, seppur fondata sul ragionamento logico, sulle esperienze storiche, sui dati di fatto inoppugnabili, su fredde statistiche, è vana di fronte all’utilizzo di slogan che si caratterizzano, sempre più, come formule magiche irrazionali e prive di un riscontro reale atte a esorcizzare un presunto, incombente cataclisma sociale (“emergenza razzismo”, “allarme xenofobia”, “deriva populista”, “rigurgiti nazisti”, etc.). Su queste basi appare del tutto evidente l’intenzione di radicare nell’opinione pubblica il concetto di “antirazzismo militante” quale “sentinella democratica” delle istituzioni alla stregua di ciò che aveva rappresentato per il sistema l’“antifascismo militante” negli anni passati. Il mondialismo, tuttavia, si compone di due parti - che nell’immaginario collettivo costituiscono una contrapposizione - sulla cui analisi rimandiamo a un’altra, apposita, trattazione

mariarita
12-03-02, 23:19
bisogna proporre un numero massimo di parole per ogni intervento come fanno su molti forum.
Non si può fare un comizio, bisognerebbe sintetizzare, in fondo non è che i concetti presenti in questa tirata siano numerosi.

Patrizio (POL)
13-03-02, 13:23
Ma qualcuno di voi due ha letto il post?
Se sì, cosa ne pensate? Pensate siano balle, o allarmismi? O altro?

Mjollnir
13-03-02, 18:24
Originally posted by mariarita
bisogna proporre un numero massimo di parole per ogni intervento come fanno su molti forum.
Non si può fare un comizio, bisognerebbe sintetizzare, in fondo non è che i concetti presenti in questa tirata siano numerosi.

Ti sfuggono i post di Wehrwolf, al cui confronto questo è una battuta...
Nel merito, la critica è valida ma parziale, mancano tutte le componenti culturali laico-illuministiche e politiche liberali, per non dire del cristianesimo. Ma manca la 2° parte, aspettiamo fiduciosi...:K

RAS (POL)
14-03-02, 05:39
molto interessante, ma dubito che il termine vago di "sinistra" definisca correttamente il mostro mondialista. Che ci sia una componente derivata dal vecchio marxismo è indubbio, ma il neoliberalismo di destra, con la sua potenza economica e culturale, è un nemico altrettanto se non più insidioso e maligno. Sono del parere di lasciar perdere i termini destra e sinistra perchè con questo Problema -che è in gran parte metapolitico- non sono granchè utili....

saluti