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Visualizza Versione Completa : Milosevic, gli scheletri negli armadi europei



Der Wehrwolf
12-03-02, 22:33
Politicamente è un processo pericoloso quello che vede alla sbarra all'Aja l'ex presidente della Jugoslavia Slobodan Milosevic, comunista convertitosi al nazionalismo panserbo e ora accusato di genocidio e crimini contro l'umanità. Pericoloso perchè l'intera tragedia dei Balcani negli anni '90, replica di tante altre nella storia della regione, lascia ancora inesplorate vaste zone d'ombra, verità oscure, giuochi politici, scontri d'interesse e conflitti fra opposte "ragion di Stato" in Occidente. Soprattutto, ma non soltanto, per quanto riguarda Paesi chiave europei quali la Francia, l'Inghilterra, la Germania e l'Italia. Non a caso l'imputato dell'Aja - politico lucido e spietato di scuola "sovietica" - ha avvertito che chiamerà in causa, come testimoni, niente di meno che il presidente francese Jacques Chirac, l'ex capo della Casa Bianca Bill Clinton, l'ex segretario di Stato americano Madeleine Albright, l'emissario speciale Usa Richard Holbrooke, l'ex ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini, l'ex cancelliere tedesco Kohl, il suo attuale successore Schroeder e il premier britannico Blair.

L'elenco (quasi certamente incompleto) è già impressionante e senza precedenti vicini o lontani. In punta di diritto il Tribunale penale internazionale insediato solo per questo procedimento - spiega Le Monde online (15.2.2002) - non può respingere citazioni chieste dall'imputato o dalla sua difesa. Non è detto però che si realizzi la clamorosa e teatrale comparsa pubblica all'Aja di testimoni più che eccellenti: l'alternativa può infatti prendere la forma di dichiarazioni scritte (affidavit, secondo la procedura anglosassone) oppure di testimonianze in video-conferenza oppure, ancora, di udienze a porte chiuse. Il quotidiano parigino, comunque sia, mette il dito nella piaga (politica) quando riporta che, secondo una "buona fonte" del Tribunale, "si potrebbe immaginare che lo Stato francese, all'occorrenza, opponga ragioni attinenti al segreto militare (secret défense) o all'interesse nazionale, non tanto per sottrarsi all'obbligo di comparire quanto per trovare un compromesso". E cioè una delle formule indicate.

Ma qui conta, per capire la posta in giuoco all'Aja, il candido riferimento ai segreti di Stato, evidentemente non soltanto francesi ma riguardanti tutti i Paesi coinvolti nel dramma balcanico. Non si sa quali carte "segrete" abbia in serbo Milosevic, certo deciso a trasformare - quanto meno agli occhi dei suoi concittadini - il processo ai singoli crimini, come dice l'accusa, in processo politico per volontà dei vincitori. Può darsi persino che l'ex "dittatore di fatto" non abbia documenti nascosti da produrre. E gli basti passare alla storia, scontata la condanna all'ergastolo, nella veste di vittima per eccellenza di un "linciaggio" promosso dai suoi nemici delal Nato. Ma anche il contrario è pure verosimile. La vicenda jugoslava è passata attraverso tante e tali svolte contradditorie (infatti contano moltissimo le date) da far sospettare che, dietro le simpatie poi diventate ostilità verso Belgrado, si siano celate antiche linee filoserbe e nuovi interessi economici o geopolitici europei.

Non bisogna dimenticare che Paesi come la Francia e l'Inghilterra sono stati tradizionalmente (e culturalmente) filoserbi in chiave antiaustriaca e antitedesca. E che il distacco dalla politica sempre più violenta e destabilizzante del nazionalista Milosevic, prima corteggiato e poi respinto, non è avvenuto tutto d'un colpo ma per stadi e fra mille ambiguità. Di questo c'è traccia nei singoli capitoli della vicenda e da qualche parte, forse, nei documenti. Chirac, tanto per fare un nome, ne sa certo qualcosa, così come i socialisti del suo predecessore Mitterrand. L'Occidente non è stato sempre lineare con l'uomo di Belgrado. Certo, la politica è anche "ragion di Stato". Ma qui i confini sono così incerti e sfuggenti che qualche grave compromissione europea sinora sconosciuta potrebbe saltar fuori all'Aja. Non è esente da dubbi e sospetti nemmeno il governo di Bill Clinton, che gestì con spregiudicatezza la carta "militare" dell'Uck albanese e kosovaro, organizzazione a metà fra il banditismo e l'irredentismo rivelatasi poi incontrollabile e legata anche all'estremismo islamista di bin Laden. Infine anche l'Italia dei governi di sinistra-centro non è sfuggita all'impressione che interessi economici settoriali, disinvoltura politica, e valutazioni opportunistiche abbiano condizionato la sua politica verso Belgrado. Un caso per tutti, ancora da sottoporre a seria indagine parlamentare e/o giudiziaria, resta quello relativo all'affaire Telecom Italia-Telekom Serbia nel giugno 1997. Milosevic vorrebbe far testimoniare Dini: su che cosa?