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Visualizza Versione Completa : San Remo: spente le luci resta la grevità



Colombo da Priverno
13-03-02, 15:33
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Quando il clamore lascia spazio alla riflessione, anche gli entusiasmi epidermici sfumano e si fanno tenui nei loro virtuali contorni. Lo spettacolo è finito e pure le luci del Festival di San Remo si sono spente.
Tra "performance", attesa di contestazioni caserecce a tuorlo d'uovo e il rituale delle canzoni declassate a semplici asterischi di piè pagina, il gesto da guitto strapaesano l'ha fatta da padrone, accettando una regola un tempo scritta solo per l'avanspettacolo ed ora esposta in prima serata anche per i bambini accanto ai genitori, con tanto di ritualità scandita di rete in rete, ormai pronta per essere ritmicamente ripetuta come un normale tocco di classe.
Una sorta di riconoscimento ufficiale al tempo che scorre apparentemente impassibile, ormai estenuato nel sostenere la grevità degli accenti e il linguaggio da sottinteso malizioso.
Spettacolo è stato, senza dubbio, con consensi generalizzati.
Chi oserà fare il moralista di turno?
Chi, a voce ancora flebile, sosterrà che le canzoni erano dozzinali, che la sperimentazione musicale non ha avuto spazio e che a vincere è stato il fatidico gesto un tempo definito d'osteria?
Nell'era del consumo di cultura, vera o presunta, si afferma che lo spettacolo popolare ha un ruolo. Chi intende negarlo?
Basterebbe, però, senza nostalgici appelli ad una memoria senza futuro, seguire alcuni spettacoli del passato televisivo sul canale satellitare "Rai Album", per rendersi conto della differenza dei toni e della leggerezza ironica che lo stesso presentatore facilitava senza cadute a strapiombo.
Moralismo? Forse non hanno valenza etica lo scadimento del linguaggio, l'esibizione epidermica da copertina patinata o da calendario per tutte le stagioni?
Se lo spettacolo e il tener desta comunque attenzione ed "audience" diventano l'unica regola per la prima serata (e a San Remo trovare la luce gloriosa che corona l'anno), non ci si può accontentare della bravura nel ritmo della conduzione o nelle presenze, sempre più numerose, di "performance" straniere.
Con imbarazzo i telegiornali, soggiogati e omologati da tempo, hanno accennato ad un "e ora parliamo di canzoni", visto che tre quarti del tempo era occupato a moltiplicare le inquadrature del fatidico gesto e all'attesa delle uova da contestazione dopolavoristica.
Se si accetta la triste legge di uno scorrere mediatico irreversibile, ben altri gesti ci attendono.
Spente le luci, si può, senza polemica, ragionare oltre l'"audience".

FRANCO PATRUNO

(©L'Osservatore Romano - 13 Marzo 2002)

13-03-02, 17:24
Concordo con l'Osservatore romano. Ma ho una perplessità: è un giornale di opposizione? Tutto quanto si legge in quest'articolo, infatti, è fortemente contrario alla filosofia berlusconiana della Tv e, oserei dire, della vita, che da molti anni, ormai, pervade anche la tv pubblica, oltre alle reti dell'inceronato di Arcore .

Colombo da Priverno
13-03-02, 20:40
L'Osservatore Romano non fa politica. I valori si difendono sempre, con la destra o con la sinistra al governo.