PDA

Visualizza Versione Completa : la Bicamerale, mani pulite ed il giustizialismo



hussita
13-03-02, 20:36
LA BICAMERALE, MANI PULITE E IL “GIUSTIZIALISMO”. UN ARTICOLO DI PAOLO SYLOS LABINI CHE FA GIUSTIZIA DI TUTTI GLI EQUIVOCI E LE CRITICHE SU UNA PAROLA AMBIGUA (E ASSAI DISTANTE DA “CRITICA”) COME “GIUSTIZIALISMO”.

Roma (NCL – 68), 20 marzo 2002 – Nei giorni scorsi è stato ripetuto che la Bicamerale è stata un errore, senza tuttavia spiegare bene perché. E’ stata inoltre ripetuta l’accusa, anche nei miei confronti, di “giustizialismo”, ma neppure in questo caso spiegando bene il significato dell’accusa. Penso che sia utile cercare di sgombrare il campo da equivoci al fine d’indirizzare il dibattito verso linee più costruttive. Avviare la Bicamerale è stato un tragico errore di strategia commesso dal centro-sinistra per motivi che possono essere definiti di logica elementare. Non si poteva, da un lato, chiedere la collaborazione di Berlusconi e dei suoi soci e alleati e, dall’altro, contrastarlo in modo intransigente: era giocoforza cercare di assecondarlo, anche se in modo non dichiarato e qualche volta con la tecnica del rinvio, nelle questioni più scottanti per lui: giustizia, conflitto d’interessi e, in seguito, le rogatorie (“legge Previti”). Ricordo che nel tempo immediatamente precedente la Bicamerale era ripreso il dibattito sulle riforme istituzionali intese in senso stretto, ossia le riforme relative alle regole delle elezioni, fra cui la questione degli sbarramenti e il maggioritario. I dirigenti del centro-sinistra si accordarono per creare la Bicamerale e non si opposero – questo è il punto gravissimo – quando Berlusconi pretese, officiosamente, che nell’agenda venisse inserita anche la riforma della giustizia come condizione della sua collaborazione: una tale pretesa, per i suoi conti tremendi aperti con la giustizia, avrebbe dovuto provocare subito il rifiuto di avviare la Bicamerale; ma i nostri astuti leader pensarono che, per via di quei conti, il personaggio sarebbe stato malleabile, trascurando il fatto che, se un machiavellico incontra un altro leader più astuto e machiavellico di lui, può essere battuto e non può neppure protestare, avendo accettato quelle regole del gioco. Questa mia critica non è fondata sul senno di poi: la Repubblica dell’11 febbraio 1997 pubblicò un mio appello a Massimo D’Alema, il principale leader del centro-sinistra, in cui fra l’altro scrivevo che eravamo tutti convinti che la questione della giustizia ed altre questioni assai importanti dovevano essere escluse dalla Bicamerale e restare affidate alla normale attività del Parlamento, cosicché, apprendendo che la riforma della giustizia era stata inclusa nell’agenda, domandavo: “siamo stati dunque tratti in inganno? In ogni modo – aggiungevo – è assurdo ed ha carattere ricattatorio attribuire la priorità numero uno alla giustizia. Il progetto berlusconiano rappresenterebbe un colpo durissimo all’equilibrio dei tre poteri e quindi all’assetto democratico. Sarebbe anche un colpo durissimo per la sinistra e per i liberali degni di questo nome. E’ vero: oggi il silenzio dei sedicenti liberali è tremendo. Di questo credo che D’Alema si renda conto. Ma non si può escludere che consideri il vantaggio della Bicamerale maggiore del rischio. E’ giusto rivolgergli l’appello a considerare bene il da farsi, giacchè il rischio è mortale. La Bicamerale, invece di rappresentare il principio di un rinnovamento del nostro paese, diverrebbe una doppia camera mortuaria.” Errare è umano: riconoscere l’errore è la premessa per imboccare la strada corretta. Negli ultimi giorni sono in crescita i segnali decisamente incoraggianti.

Il giustizialismo dovrebbe significare l’uso politico della giustizia. Non molto tempo fa due esponenti del centro-sinistra, Morando e Violante, hanno spiegato che cosa intendono con questo termine. Il primo ha scritto – nell’Unità del 25 novembre 2001 – che rimase allibito di fronte ad un lungo prolungato applauso che in una vastissima assemblea di partito accolse la notizia dell’avviso di garanzia ad un ministro: “in quell’applauso, non stigmatizzato o interrotto da nessun dirigente di primo piano, era contenuto un vero e proprio atto di ‘dimissioni’ della politica.” Dal suo canto Violante, nel Corriere della sera del 19 dicembre 2001 scrive che nei processi per corruzione per Mani pulite gli italiani videro la conferma del loro giudizio negativo della vecchia classe politica e sposarono acriticamente i processi come scorciatoia per liquidare molti degli uomini politici che ne facevano parte. Concordo con entrambi i giudizi, del resto simili. Ma questo che c’entra col giustizialismo? Io dico: nulla. Una cosa è l’umore popolare, esasperato per la corruzione di un gran numero di politici; cosa diversa è una strategia portata avanti da dirigenti di partito per utilizzare la giustizia a fini politici, con la connivenza di determinati magistrati. Di una tale strategia non c’è traccia né viene data dimostrazione né da Morando né da Violante né da altri, di centro-sinistra o di centro-destra che siano. Resta vero però che intellettuali e politici del centro-destra inveiscono ossessivamente contro il “giustizialismo” inteso nel senso intenzionale cui facevo riferimento, ciò che non è in alcun modo provato. Riguardo a Berlusconi, invece, che è il personaggio per il quale è stata proposta e riproposta la storia della persecuzione politico-giudiziaria, ci sono prove contrarie, la più semplice delle quali, da me citata più volte, è costituita dal libro di Guarino e Ruggeri “Berlusconi – Il signore TV”: i due autori, querelati da Berlusconi, furono assolti pienamente ed alla fine “senza rinvio” in tutti e tre i gradi di giudizio; il punto è che il libro riguarda gli anni settanta e ottanta, periodo in cui il Cavaliere non aveva da fare con la politica, cosicché i giudici, assolvendo i due autori, non potevano in alcun modo colpire Berlusconi politico. Per quanto semplice, questo argomento taglia la testa al toro della congiura politico-giudiziaria o del diabolico piano delle “toghe rosse”.

L’opera di Mani pulite è stata riconosciuta valida da tanti politici onesti, compresi esponenti della ex-DC, il partito più colpito; paradossalmente, quando credeva che potesse essergli politicamente utile, un tale riconoscimento fu espresso perfino da Berlusconi. Qualcuno ha detto: ben venga il corrotto se sa amministrare. Attenzione: dal punto di vista economico nel breve periodo ciò può esser vero, nel periodo medio o lungo, assolutamente no. Nella crisi dell’Argentina, paese un tempo più prospero dell’Italia, la corruzione ha giocato un ruolo molto importante. D’altra parte, anche nel periodo breve è vitale non vergognarci di noi stessi: senza autostima, non può esserci “amor di patria”. I giudici di Mani pulite e tutti i giudici onesti meritano dunque rispetto e gratitudine. Certo, non sono pochi i giudici che, pur senza dolo, hanno commesso sbagli, anche gravi, e che hanno compiuto abusi o atti di protagonismo che erano del tutto fuori luogo. E sappiamo bene che ci sono giudici corrotti – e ciò è ancora più terribile. Sappiamo anche che la giustizia ha bisogno di riforme rilevanti, ma queste, lo ripeto, potevano e possono benissimo essere introdotte con leggi ordinarie – giuristi di valore a suo tempo espressero giudizi positivi, almeno come punto di partenza, sul cosiddetto pacchetto Flick; di recente l’Ulivo ha fatto nuove proposte. Perché non insistere su una tale linea costruttiva, invece di perdere tempo con le vaghe e vacue accuse di “giustizialismo”? Paolo Sylos Labini (L’Unità)

mariarita
13-03-02, 23:18
Labini è sempre molto lucido e scrive la verità. Ma chi ha vissuto quel periodo ricorda che la sinistra DS, lungi dallo strumentalizzare i giudici per eliminare gli avversari politici,
viveva nel terrore di vedere riinviati a giudizio o sotto inchiesta anche la sua classe politica.
A sbraitare all'epoca e a invocare giustizia sommaria, erano Fini e i Leghisti. Vale la pena a questo proposito di leggersi l'articolo di Micromega che riporta tutte le dichiarazioni "giustizialiste" degli attuali componenti del centrodestra, Berlusconi compreso.
Le vicende reali sono state seppellite sotto tonnellate di menzogne. E ora ripristinare la verità diventa quasi un'operazione di scavo paragonabile agli scavi di Pompei sepolta da un'eruzione del Vesuvio.