Studentelibero
15-03-02, 23:36
L'AUTODETERMINAZIONE E' UN DIRITTO INALIENABILE - di Alfredo Biondi
Nella questione palestinese il diritto all'autodeterminazione ed il protrarsi dell'occupazione stanno in conflitto fondamentale e il protrarsi dell'occupazione è la radice della causa della situazione attuale.
E' il meccanismo dell'occupazione che produce la violazione sistematica della serie di altri diritti individuali e collettivi, incluso il diritto alla libertà di movimento, il diritto al controllo delle proprie risorse naturali, ed altro. E' il meccanismo dell'occupazione che produce insediamenti, chiusure, posti di blocco, demolizione delle case, confisca della terra, distruzione dei raccolti, e capricciose uccisione da parte dei coloni e delle forze d'occupazione, che il popolo palestinese ha continuato a sopportare anche durante gli ultimi sette anni, sotto la copertura del processo di pace. Questo non giustifica il terrorismo ma ne costituisce il grado di cultura.
Fra le questioni oggi aperte sul piano internazionale, sono così semplici dal punto di vista giuridico, storico, morale, come quella palestinese, e poche appaiono invece così difficili da risolvere sul piano pratico. Dal primo punto di vista non mi pare seriamente contestabile il buon diritto dei palestinesi che rivendicano il principio di autodeterminazione che non toglie titolo e legittimità alla posizione d’Israele, attinta ormai, da decine di risoluzioni delle Nazioni Unite e dell'Unesco: eppure ancor oggi la maggioranza della pubblica opinione occidentale - sia pure una maggioranza che tende lentamente a diminuire - è convinta del buon diritto d'Israele e ne accetta o non contrastala politica di forza del governo Sharon.
E’ necessario che si prosegua sulla via di una politica che porti ad una pacifica soluzione. Partendo da una tregua effettiva premessa di difficili trattative.
Ed io sono convinto che i "segnali di speranza" per la risoluzione del conflitto siano diversi e concreti, confortato anche dall’azione diplomatica promossa dal Presidente Berlusconi, in un quadro di riequilibrio della politica europea del Mediterraneo.
Più che mai urgente appare dopo gli ultimi gravissimi atti di guerra che sia l’Europa che gli Stati Uniti diano vita al cosiddetto "Piano Marshall" per aiutare la Palestina. Un piano che si porrebbe come importante incentivo per favorire la pace e la ripresa economica e civile nei territori.
Un occasione questa, che l’Europa non può lasciarsi sfuggire anche in vista del prossima vertice di Barcellona dove le diplomazie di tutto il mondo si confronteranno serenamente per favorire una soluzione e trovare la strada giusta che dirima il conflitto israelo-palestinese.
E’, pertanto, necessario che si fermi la spirale di violenza, che i negoziati riprendano e che si prosegua sulla via dell’iniziativa del Governo saudita. E’ questa una buona base di partenza che potrà con il tempo, svilupparsi e finalizzarsi avendo come obbiettivo la pace in tutto lo scacchiere mediorientale. Un ottimo deterrente ma quello che serve è un intervento globale di alta diplomazia che arresti l’escalation di violenza, senza l’uso delle mezze misure, che tanto male fanno alla ragione dell’uomo.
L’amalgama di questi tre elementi favorirà, senza dubbio, la fine dei massacri e l’epilogo della tragedia.
Gli arabi riconoscono pure Israele e in cambio Israele favorisca l’autodeterminazione del popolo palestinese.
Ecco dove inserire la nostra azione diplomatica. Non si tratta di entrare in concorrenza con gli Stati Uniti. L'intera Unione europea non lo potrebbe. Si tratta di concorrer ancora, ad avviare la liquidazione parallela di due costanti: una quella di Sharon e l’altra quella dei gruppi terroristici e integralisti, che Arafat sembra non sapere controllare.
Solo senza queste due costanti, irriducibili fattori negativi, Israele vedrà consacrato il diritto all'esistenza, i palestinesi il diritto a tornare padroni della loro terra, l'Europa la pace e l'America...
Chi ha diritto alla "Terra promessa" non può pretendere che ad altri la "Terra" sia negata.
pres_biondi@camera.it
Nella questione palestinese il diritto all'autodeterminazione ed il protrarsi dell'occupazione stanno in conflitto fondamentale e il protrarsi dell'occupazione è la radice della causa della situazione attuale.
E' il meccanismo dell'occupazione che produce la violazione sistematica della serie di altri diritti individuali e collettivi, incluso il diritto alla libertà di movimento, il diritto al controllo delle proprie risorse naturali, ed altro. E' il meccanismo dell'occupazione che produce insediamenti, chiusure, posti di blocco, demolizione delle case, confisca della terra, distruzione dei raccolti, e capricciose uccisione da parte dei coloni e delle forze d'occupazione, che il popolo palestinese ha continuato a sopportare anche durante gli ultimi sette anni, sotto la copertura del processo di pace. Questo non giustifica il terrorismo ma ne costituisce il grado di cultura.
Fra le questioni oggi aperte sul piano internazionale, sono così semplici dal punto di vista giuridico, storico, morale, come quella palestinese, e poche appaiono invece così difficili da risolvere sul piano pratico. Dal primo punto di vista non mi pare seriamente contestabile il buon diritto dei palestinesi che rivendicano il principio di autodeterminazione che non toglie titolo e legittimità alla posizione d’Israele, attinta ormai, da decine di risoluzioni delle Nazioni Unite e dell'Unesco: eppure ancor oggi la maggioranza della pubblica opinione occidentale - sia pure una maggioranza che tende lentamente a diminuire - è convinta del buon diritto d'Israele e ne accetta o non contrastala politica di forza del governo Sharon.
E’ necessario che si prosegua sulla via di una politica che porti ad una pacifica soluzione. Partendo da una tregua effettiva premessa di difficili trattative.
Ed io sono convinto che i "segnali di speranza" per la risoluzione del conflitto siano diversi e concreti, confortato anche dall’azione diplomatica promossa dal Presidente Berlusconi, in un quadro di riequilibrio della politica europea del Mediterraneo.
Più che mai urgente appare dopo gli ultimi gravissimi atti di guerra che sia l’Europa che gli Stati Uniti diano vita al cosiddetto "Piano Marshall" per aiutare la Palestina. Un piano che si porrebbe come importante incentivo per favorire la pace e la ripresa economica e civile nei territori.
Un occasione questa, che l’Europa non può lasciarsi sfuggire anche in vista del prossima vertice di Barcellona dove le diplomazie di tutto il mondo si confronteranno serenamente per favorire una soluzione e trovare la strada giusta che dirima il conflitto israelo-palestinese.
E’, pertanto, necessario che si fermi la spirale di violenza, che i negoziati riprendano e che si prosegua sulla via dell’iniziativa del Governo saudita. E’ questa una buona base di partenza che potrà con il tempo, svilupparsi e finalizzarsi avendo come obbiettivo la pace in tutto lo scacchiere mediorientale. Un ottimo deterrente ma quello che serve è un intervento globale di alta diplomazia che arresti l’escalation di violenza, senza l’uso delle mezze misure, che tanto male fanno alla ragione dell’uomo.
L’amalgama di questi tre elementi favorirà, senza dubbio, la fine dei massacri e l’epilogo della tragedia.
Gli arabi riconoscono pure Israele e in cambio Israele favorisca l’autodeterminazione del popolo palestinese.
Ecco dove inserire la nostra azione diplomatica. Non si tratta di entrare in concorrenza con gli Stati Uniti. L'intera Unione europea non lo potrebbe. Si tratta di concorrer ancora, ad avviare la liquidazione parallela di due costanti: una quella di Sharon e l’altra quella dei gruppi terroristici e integralisti, che Arafat sembra non sapere controllare.
Solo senza queste due costanti, irriducibili fattori negativi, Israele vedrà consacrato il diritto all'esistenza, i palestinesi il diritto a tornare padroni della loro terra, l'Europa la pace e l'America...
Chi ha diritto alla "Terra promessa" non può pretendere che ad altri la "Terra" sia negata.
pres_biondi@camera.it