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Visualizza Versione Completa : Europeisti solo quando fa comodo



Pier Paolo
16-03-02, 14:46
Inizio complimentandomi per le bellissime immagini di questo forum e per l'argomento trattato. Un altro ha scritto una discussione su un altro forum riportando questo articolo molto interessante che riporto:

di GAETANO QUAGLIARIELLO

"IL VERTICE Ue inauguratosi ieri ha già messo a nudo le contraddizioni nelle quali inevitabilmente s’incorre allorquando dell’Europa si vuol fare, non già un argomento sul quale ragionare con pacatezza e responsabilità, bensì un tema di divisione a fini di politica interna.
A Barcellona è stata tra l’altro effettuata la verifica dello stato d’integrazione tra le economie dei differenti stati membri.
Inevitabilmente, quindi, si è discusso anche di rispetto dei parametri, di flessibilità e di mercato del lavoro. Temi questi resi in Italia particolarmente attuali dall’azione del governo in merito all’articolo 18 e dalle polemiche che ne sono seguite. Non è un mistero che l’Unione richieda al nostro Paese un più alto tasso d’integrazione economica.
L’invito è stato rinnovato anche nella riunione di ieri. L’Ue, in altri termini, ci domanda di accelerare le riforme e, tra queste, quelle riguardanti il mercato del lavoro e le pensioni. Lecito, a questo punto, domandarsi: quanti si dicono europeisti a tutto tondo, pronti a denunziare la lesa maestà se qualcuno si permette anche solo di aggrottare il sopracciglio, non trovano contraddittorio contestare duramente ogni tentativo di riforma della nostra economia che vada nella direzione chiestaci dall’Unione? Si può essere europeisti ad oltranza fino a quando c’è da censurare un avversario interno; giungere ad invocare le sanzioni contro il proprio paese; e poi dimenticarsi di tutto quando in discussione sono quelle riforme che Bruxelles invoca a gran voce?
Chi si comporta in tal modo smarrisce la propria credibilità. E gli sarà più difficile in futuro smentire Bossi quando questo afferma che la polemica sull’Europa, lungi dal rispondere a valori effettivi, rappresenta uno schermo dietro il quale perseguire obiettivi di politica interna. Chi crede realmente all’integrazione europea, dovrebbe avere un comportamento addirittura speculare rispetto a quello della maggior parte degli europeisti nostrani. Dovrebbe evidenziare, ad esempio, come le remore sull’effettivo abbandono di una quota di sovranità stanno rischiando di fare implodere la costruzione comunitaria. Il problema è emerso anche a Barcellona, quando è stato esaminato il dossier relativo al problema energetico. Si è reso evidente come la ricerca di garanzie reciproche da parte dei diversi governi nazionali abbia fin qui spinto l’Unione a produrre discipline sempre più rigide e burocratiche, regolamenti sui metodi di produzione sempre più stringenti. L’illusione è di giungere così ad un mercato perfettamente regolamentato. La realtà è quella di far percepire l’Europa come un fardello sempre più pesante da sopportare - innanzi tutto per i produttori - e come una costruzione sempre più ripiegata su se stessa. Le esigenze di garanzie interne soffocano così la competitività esterna, divenendo un fattore di declino del Vecchio Continente.
Da tale impasse non si esce richiedendo un illusorio ritorno indietro, come alcuni euroscettici sono tentati a fare. Bensì puntando ad un’Europa che in alcuni ambiti, al fine di un maggiore sviluppo economico e di una più ampia sicurezza, faccia il salto decisivo, e costringa gli Stati ad abbandonare le remore e le prudenze proprie di chi non si fida a mettere realmente in discussione una quota della propria sovranità. A tal fine è anche necessario che l’Europa pensi a rafforzare la propria anima: si preoccupi di colmare il deficit di legittimazione democratica che ancora l’affligge.
E’ questa la sfida alla quale il presidente Ciampi richiama ad ogni occasione. Ed è sfida reale, che mette in discussione interessi consolidati e mentalità difficili da sradicare. Essa, per essere vinta, ha però bisogno di uomini che possano contrapporre la propria coerenza a quanti, sul progetto europeo, nutrono dubbi legittimi ed in parte anche fondati. Non è possibile più essere europeisti a giorni alterni, secondo le convenienze dettate da Roma. Oggi chi sta dalla parte dell’Europa, non può fare finta d’ignorare che sulla flessibilità del mercato del lavoro e sul sistema previdenziale pubblico l’Italia accusa un gravissimo ritardo rispetto agli altri paesi dell’Unione. E colmare questo ritardo è un interesse sia suo che dell’Unione."