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pietro
16-03-02, 19:07
"Sia un sacrificio per la pace"


In una gremitissima San Marco, nell'omelia funebre per Raffaele Ciriello, monsignor De Scalzi invoca la pace in Palestina. Per protesta i fotografi non scattano. In prima fila la moglie, Albertini, De Bortoli.
di Filippo Poletti

MILANO - “Il sacrificio di questo nostro fratello non sia vano, ma monito per una ricerca fattiva di pace. Sia pace nelle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi, Gerusalemme”. Erminio De Scalzi, vicario episcopale invoca la pace tra i fratelli e palestinesi, affinché il sacrificio del fotoreporter Raffaele Ciriello giovi alla causa della riappacificazione. Sono parole semplici le sue, ma dette con tono fermo, in una gremitissima chiesa di san Marco.

Sono moltissime le persone che rendono l'estremo saluto al fotografo ucciso dagli israeliani a Ramallah. Tantissimi sono i colleghi di Raffaele. Hanno portato le macchine fotografiche. Ma come hanno fatto anche nella camera ardente non le usano. Non faranno foto a questo funerale. Per solidarietà. Ma soprattutto per protesta. "E' l' unico modo -spiegano - che abbiamo per far capire a direttori e editori quali sono le condizioni di lavoro in cui troppo spesso ci chiedono di operare. Senza rinoscerci nulla".

In prima fila, davanti all’altare, siedono la moglie Paola, senza la piccola figlia Carolina, i parenti, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, il vicedirettore Carlo Verdelli, il ministro per gli Italiani all’Estero Mirko Tremaglia, il sindaco Gabriele Alberini. Ci sono i gonfaloni della Regione, della Provincia, del Comune.

“Raffaele ha raccontato la verità drammatica attraverso i volti delle vittime, dei poveri - dice De Scalzi nell'omelia - Egli ci lascia queste immagini come scottanti verità. Ricordiamoci di loro perché questi volti che ha ritratto ritornino a sorridere”.

“Raffaele è morto – continua De Scalzi – nella terra che ha visto Gesù, dove egli è morto e risorto. Non è la morte l’ultima parola sull’uomo, ma è Dio”.

Ad aggiungere dramma al dramma sono le parole commosse degli amici e dei parenti, del tutto spontanee. “Raffaele – ricorda dopo l’omelia un amico – è stato una vittima innocente di una guerra ingiusta. Un doveroso regalo che ti potrebbe fare chi ti ha ucciso è consegnarsi alla giustizia”. Gli fa eco una cugina di Raffaele: “Ti ringrazio, sono convinta che continuerai in paradiso a fare il tuo lavoro di fotoreporter”.

Fuori dalla chiesa pochi hanno voglia di parlare. Albertini chiede il rispetto “del silenzio del dolore familiare e di tutta la città”. Il direttore De Bortoli non rilascia alcuna dichiarazione. Lo fa, a nome del Corriere il vicedirettore Verdello: “Non abbiamo pensato nulla per il momento per la famiglia Ciriello. Quello che era doveroso fare in questi giorni lo abbiamo fatto”. E’ Tremaglia che rompe il silenzio del cordoglio: “Questo sacrificio ci deve far pensare ad entrare in azione per far cessare questo massacro. Sono troppi anni che restiamo a vedere. Questo sacrificio non è giusto, bisognerà fare in modo che cessino questi massacri”. Il finale è tutto un mea culpa: “Dobbiamo avere anche nella politica sentimenti e cuore. Non si può fare politica senza sentimenti forti”.

(16 MARZO 2002, ORE 16:15, aggiornato alle 17:20)