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Visualizza Versione Completa : Euro E Geopolitica: Un Anno Dopo



Der Wehrwolf
17-03-02, 11:21
L’articolo sulle Conseguenze geopoliche dell’euro è stato scritto nel marzo 2001.
Da allora lo scenario geopolitico, economico e finanziario internazionale ha indubbiamente subito una brusca evoluzione.
Tuttavia non solo la sostanza della nostra analisi ha retto, ma ci sembra anzi si sia arricchita di ulteriori conferme.

Il double-bind della globalizzazione è emerso in tutta la sua chiarezza nella mattina dell’11 settembre: possiamo interpretare gli attacchi contro le Twin Towers e il Pentagono come la materializzazione di quella impossibile alternativa fra rinuncia alla globalizzazione e accelerazione della globalizzazione? E’ possibile ritenere che una delle due parti dell’alternativa – e parliamo di uomini, strutture, organismi molto concreti – abbia fatto la sua mossa, disperata ma efficace?
In attesa di una “verità fattuale” che probabilmente non verrà mai (pensiamo all’assassinio di Kennedy come esempio...), accettiamo provvisoriamente questa ipotesi.

In questo contesto, quali sono state le vicende dell’euro?

Il 1° gennaio 2002 è stato introdotto l’uso dell’euro in quanto moneta circolante (biglietti e monta metallica). I media europei ha salutato questo come l’evento dell’anno. In realtà, much ado about nothing.
E’ evidente che il fatto che l’euro circoli anche fisicamente di per sé non aggiunge né toglie nulla alle precedenti acquisizioni dell’euro in quanto potenziale avversario del dollaro. E’ possibile affermare seriamente che oggi l’UE possiede una identità politica maggiore rispetto a un anno fa? Esiste una leadership unitaria e responsabile? Esiste una identità di posizioni rispetto agli equilibri geopolitici mondiali, un progetto, una volontà e i mezzi per perseguirlo? Non vediamo come sia possibile rispondere affermativamente a tutte queste domande.

La leadership europea ha ovviamente (e giustamente) cercato di sfruttare l’evento soprattutto sul piano mediatico e dell’immagine.
Il messaggio, chiarissimo, è stato: «Facciamo sul serio. Chi pensava al varo dell’euro come ad un gesto simbolico sbagliava, e la sostituzione delle monete europee circolanti con l’euro cartaceo e metallico lo dimostra. The European Union is here to stay».
Va detto che il messaggio appare indirizzarsi più all’interno dell’UE che all’esterno. La debole propaganda nei confronti delle banche centrali dei paesi dell’Asia-Pacifico per il momento ha raccolto poco più che una solidarietà di principio. Tutta l’area asiatica (Cina in primo luogo) è senz’altro interessata a ridurre le proprie riserve valutarie in dollari USA e aumentare proporzionalmente quelle in euro. Ma non lo farà fino a quando l’UE non si dimostrerà un soggetto geopolitico credibile.

La reazione dei mercati è stata coerente e prevedibile.
Passato il primo iniziale “entusiasmo” per l’evento, il mercato è tornato a valutare sobriamente lo stato delle cose, e l’euro ha perduto il terreno in precedenza guadagnato rispetto al dollaro USA.
Questo è perfettamente in linea con la psicologia del mercato: se l’UE fa sul serio, allora anche il giudizio deve essere più serio, più severo. E non ci stupiremmo affatto di vedere indebolirsi ulteriormente il corso della moneta comune europea nel corso del 2002...

Nell’articolo indicavamo tre correnti principali, tre progetti alternativi di Unione Europea. Il progetto ufficiale che sta realizzandosi, gestito principalmente da personale politico di indirizzo socialdemocratico, non ha affatto cancellato l’esistenza dei progetti concorrenti. Al contrario, i “nemici dell’Europa” – come la stampa ama chiamarli – sembrano avere rialzato la testa (Berlusconi e il governo di destra italiano sono stati in prima fila). Ad una ipotesi atlantica che vede l’UE come elemento stabilmente inserito nel quadro delle alleanze internazionali americane continua ad affiancarsi una ipotesi mitteleuropea, che di certo non è stata definitivamente messa in ginocchio con l’estromissione di Kohl dalla scena politica.

L’opposizione interna al progetto di UE social-democratica (oggettivamente anti-atlantica) ha a suo favore le condizioni oggettive: se l’Europa imboccherà quella via di recessione che molti segnali sembrano indicare, allora quello sarà il vero test della solidità della nuova formazione geopolitica europea (e non certo l’introduzione dell’euro cartaceo – che qualcuno ha pur definito come “la maggiore esercitazione logistica della storia”).
Concretamente – reggerà il “patto di stabilità”? ossia, i governo dei paesi membri sceglieranno di impegnarsi in una politica economica di rigore ed austerità, accettandone il caro prezzo (in termini di crescita economica, ma soprattutto di coesione sociale e di consenso politico)? oppure opteranno per evitare un’inevitabile aumento delle tensioni sociali ed una perdita dei consensi, rinunciando a rispettare i targets di Maastricht e, con essi, alla convergenza delle politiche economiche?

Per il momento, non abbiamo che segnali negativi in questa prospettiva: le reazioni del governo tedesco e portoghese all’invito della Commissione Europea a controllare i rispettivi deficit fiscali sono esattamente il contrario di un atteggiamento di cooperazione!
La stessa decisione di abbandonare la strategia dell’allargamento graduale a favore di un maxi-allargamento con dieci nuovi paesi fissato per il 2004 si presta a una duplice lettura. Da un lato, essa sembra una decisione puramente politica che esce dallo schema della consueta gestione economico-finanziaria dell’UE; ma in tal caso a maggior ragione nell’arco di due anni dovrà essere costituita una vera direzione politica europea in grado di far fronte agli enormi problemi che l’allargamento implicherà. Dall’altra, non è da scartare l’ipotesi che dietro la decisione ci siano pressioni degli USA per accelerare l’integrazione parallela delle Repubbliche Baltiche e di altri stati dell’Europa centrale nell’UE e nella NATO.

Lo spazio di intervento geopolitico della Russia in questa nuova situazione viene a restringersi pericolosamente.

Il governo russo ha proseguito ed intensificato una iniziativa diplomatica che mira a stringere con l’UE e in generale con i maggiori paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Francia) un legame privilegiato. Questa politica di incondizionata apertura non condurrà in alcun luogo. In primo luogo essa è contraddittoria: la Gran Bretagna non può essere considerata un partner europeo allineato all’UE (basterebbe ricordare che Londra partecipa attivamente al progetto di spionaggio anti-europeo Echelon!). In secondo luogo, l’attuale situazione è decisamente la meno propizia perché da parte europea venga assunto un atteggiamento di indipendenza (per non parlare di contrapposizione) rispetto agli USA.
L’11 settembre ed il nuovo scenario internazionale hanno significato anche una ripresa del controllo USA sui propri alleati. E’ assolutamente ingenuo attendersi che sia la debole Europa attuale ad incrinare il fronte Atlantico!

D’altra parte, la situazione economica della Russia appare oggi (febbraio 2002) decisamente peggiorata rispetto ad un anno fa. Questo non soltanto rende la Russia un partner economico-finanziario molto meno attraente ed affidabile (ricordiamo che nell’arco di due mesi la Russia ha prima accettato un’alleanza con i produttori petroliferi dell’OPEC per poi abbandonarla, aumentando le esportazioni a causa della caduta del prezzo del greggio...), ma – se le politiche liberali suicide di Kazjanov, Gref e soci non saranno abbandonate – condurrà ad una crisi finanziaria, quindi sociale, politica ed istituzionale.
E’ soltanto questione di tempo... se la politica interna ed estera della Federazione Russa non segnerà una nuova svolta in direzione del’eurasismo.


Martino Conserva

Milano, 3 febbraio 2002