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Ichthys
17-03-02, 22:56
Garibaldi era di corporatura bassa, alto 1,65, ed aveva le gambe arcuate. Era pieno di reumatismi e per salire a cavallo occorreva che due persone lo sollevassero. Portava i capelli lunghi perché, avendo violentato una ragazza, questa gli aveva staccato un orecchio con un morso. Era un avventuriero che nel 1835 si era rifugiato in Brasile, dove all’epoca emigravano i piemontesi che in patria non avevano di che vivere. Fra i 28 e i 40 anni visse come un corsaro assaltando navi spagnole nel mare del Rio Grande do Sul al servizio degli inglesi che miravano ad accaparrarsi il commercio in quelle aree. In Sud America non è mai stato considerato un eroe, ma un delinquente della peggior specie. Per la spedizione dei mille fu finanziato dagli Inglesi con denaro rapinato ai turchi, equivalente oggi a molti milioni di dollari. In una lettera, Vittorio Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del nizzardo, proprio dopo "l’incontro di Teano": "... come avrete visto, ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo personaggio non è affatto docile né cosí onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa".

SBARCO DI MARSALA: fu di proposito "visto" in ritardo dalla marina duosiciliana, i cui capi erano già passati ai piemontesi, e fu protetto dalla flotta inglese, che con le sue evoluzioni impedí ogni eventuale offesa. Tra i famosi "mille", che lo stesso Garibaldi il giorno 5 dicembre 1861 a Torino li definí "Tutti generalmente di origine pessima e per lo piú ladra ; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto", sbarcarono in Sicilia, francesi, svizzeri, inglesi, indiani, polacchi, russi e soprattutto ungheresi, tanto che fu costituita una legione ungherese utilizzata per le repressioni piú feroci. Al seguito di questa vera e propria feccia umana, sbarcarono altri 22.000 soldati piemontesi appositamente dichiarati "congedati o disertori".

CALATAFIMI: contrariamente a quanto viene detto nei libri di storia, il Garibaldi fu messo in fuga il giorno 15 maggio dal maggiore Sforza, comandante dell’8° cacciatori, con sole quattro compagnie. Mentre inseguiva le orde del Garibaldi, lo Sforza ricevette dal generale Landi l’ordine incomprensibile di ritirarsi. Il comportamento del Landi risultò comprensibilissimo quando si scoprí che aveva ricevuto dagli emissari garibaldini una fede di credito di quattordicimila ducati come prezzo del suo tradimento. Landi qualche mese piú tardi morí di un colpo apoplettico quando si accorse che la fede di credito era falsa: aveva infatti un valore di soli 14 ducati.

PALERMO: il Garibaldi, il 27 maggio, si rifugiò in Palermo praticamente indisturbato dai 16.000 soldati duosiciliani che il generale Lanza aveva dato ordine di tenere chiusi nelle fortezze. Il filibustiere cosí poté saccheggiare al Banco delle Due Sicilie cinque milioni di ducati ed installarsi nel palazzo Pretorio, designandolo a suo quartier generale. In Palermo i garibaldini si abbandonarono a violenze e saccheggi di ogni genere. A tarda sera del 28 arrivarono, però, le fedeli truppe duosiciliane comandate dal generale svizzero Von Meckel. Queste truppe, che erano quelle trattenute dal generale Landi, dopo essersi organizzate, all’alba del 30 attaccarono i garibaldini, sfondando con i cannoni Porta di Termini ed eliminando via via tutte le barricate che incontravano. L’irruenza del comandante svizzero fu tale che arrivò rapidamente alla piazza della Fieravecchia. Nel mentre si accingeva ad assaltare anche il quartiere S. Anna, vicino al palazzo di Garibaldi, che praticamente non aveva piú vie di scampo, arrivarono i capitani di Stato Maggiore Michele Bellucci e Domenico Nicoletti con l’ordine del Lanza di sospendere i combattimenti perché ... era stato fatto un armistizio, che in realtà non era mai stato chiesto.

L’8 giugno tutte le truppe duosiciliane, composte da oltre 24.000 uomini, lasciarono Palermo per imbarcarsi, tra lo stupore e la paura della popolazione che non riusciva a capire come un esercito cosí numeroso si fosse potuto arrendere senza quasi neanche avere combattuto. La rabbia dei soldati la interpretò un caporale dell’8° di linea che, al passaggio del Lanza a cavallo, uscí dalle file e gli gridò "Eccellé, o’ vvi quante simme. E ce n’aimma’í accussí ?". Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriaco". Lanza, appena giunse a Napoli, fu confinato ad Ischia per essere processato.

I garibaldini nella loro avanzata in Sicilia compirono efferati delitti. Esemplare e notissimo è quello di Bronte, dove "l’eroe" Nino Bixio fece fucilare quasi un centinaio di contadini che, proprio in nome del Garibaldi, avevano osato occupare alcune terre di proprietà inglese.

MILAZZO: Il giorno 20 luglio vi fu una cruenta battaglia a Milazzo, dove 2000 dei nostri valorosissimi soldati, condotti dal colonnello Bosco, sgominarono circa 10.000 garibaldini. Lo stesso Garibaldi accerchiato dagli ussari duosiciliani rischiò di morire. La battaglia terminò per il mancato invio dei rinforzi da parte del generale Clary e i nostri furono costretti a ritirarsi nel forte per il numero preponderante degli assalitori. Nello scontro i soldati duosiciliani, ebbero solo 120 caduti, mentre i garibaldini ne ebbero 780. Eroici, e da ricordare, furono i valorosi comportamenti del Tenente di artiglieria Gabriele, del Tenente dei cacciatori a cavallo Faraone e del Capitano Giuliano, che morí durante un assalto.

Episodi di tradimento si ebbero anche in Calabria, dove nel paese di Filetto lo sdegno dei soldati arrivò tanto al colmo che fucilarono il generale Briganti, che il giorno prima, senza nemmeno combattere, aveva dato ordine alle sue truppe di ritirarsi.

NAPOLI: Il giorno 9 settembre arrivarono a Napoli i garibaldini. Mai si vide uno spettacolo piú disgustoso. Quell’accozzaglia era formata da gente bieca, sudicia, famelica, disordinata, di razze diverse, ignorante e senza religione. Occuparono all’inizio Pizzofalcone, poi nei giorni seguenti si sparsero per la città, tutto depredando, saccheggiando ogni casa. Furono violentate le donne e assassinato chi si opponeva. Furono lordati i monumenti, violati i monasteri, profanate le chiese. Il giorno 11 il Garibaldi con un decreto abolí l’ordine dei Gesuiti e ne fece confiscare tutti i beni. Furono incarcerati tutti quei nobili, sacerdoti, civili e militari che non volevano aderire al Piemonte, mentre furono liberati tutti i delinquenti comuni. Il Palazzo Reale fu spogliato di tutto quanto conteneva. Gli arredi e gli oggetti piú preziosi furono inviati a Torino nella Reggia dei Savoia. Il filibustiere con un decreto confiscò il capitale personale e tutti beni privati del Re dal Banco delle Due Sicilie, che fu rapinato di tutti i suoi depositi. Napoli in tutta la sua storia non ebbe mai a subire un cosí grande oltraggio, eppure nessun libro di storia "patria" ne ha mai minimamente accennato.

CAPUA, VOLTURNO, GARIGLIANO, GAETA: eliminati i generali traditori i soldati duosiciliani dimostrarono il loro valore in numerosi episodi. La vittoriosa battaglia sul Volturno non fu sfruttata solo per l’inesperienza dei nostri comandanti militari. In seguito, la vile aggressione piemontese alle spalle costrinse il nostro esercito alla ritirata nella fortezza di Gaeta, dove il giovane Re Francesco II e la Regina Maria Sofia, di soli 19 anni, diventata poi famosa con l’appellativo di "eroina di Gaeta", si coprirono di gloria in una resistenza durata circa 6 mesi. Gaeta non poté mai essere espugnata dai piemontesi, ma solo bombardata. Con la resa di Gaeta (13.2.61), di Messina (14 marzo) e di Civitella del Tronto (20 marzo), il Regno delle Due Sicilie cessò di esistere. I Piemontesi non rispettarono i patti di capitolazione e i soldati duosiciliani in parte furono fucilati, altri vennero deportati in campi di concentramento in Piemonte. Di questi soldati, morti per la loro Patria, oggi non c’è nemmeno una segno che li ricordi e non meritavano l’oblio cui li ha condannati la leggenda risorgimentale.

PLEBISCITO. Il giorno 21 ottobre 1860 vi fu a Napoli e in tutte le provincie del Regno la farsa del Plebiscito. A Napoli, davanti al porticato della Chiesa di S. Francesco di Paola, proprio di fronte al Palazzo Reale, erano state poste, su di un palco alla vista di tutti, due urne: una per il Sí ed una per il NO. Si votava davanti ad una schiera minacciosa di garibaldini, guardie nazionali e soldati piemontesi. Il giorno prima erano stati affissi sui muri dei cartelli sui quali era dichiarato "Nemico della Patria" chi si astenesse o votasse per il NO. Votarono per primi i camorristi, poi i garibaldini, che erano per la maggior parte stranieri, e i soldati piemontesi. Qualcuno dei civili che aveva tentato di votare per il NO fu bastonato, qualche altro, come a Montecalvario, fu assassinato. Poiché non venivano registrati quelli che votavano per il Sí, la maggior parte andò a votare in tutti e dodici comizi elettorali costituiti in Napoli. Allo stesso modo si procedette in tutto il Regno, dove si votò solo nei centri presidiati dai militari con ogni genere di violenze ed assassini.

Coriolano (POL)
20-04-06, 19:04
Viva l'Italia unita e democratica, fino da i tempi dei Garibaldini.

Legionario (POL)
22-04-06, 21:18
Viva l'Italia unita e democratica, fino da i tempi dei Garibaldini.


Coriolanus, ce ricordi qualcuno!!
http://www.william-shakespeare.info/images/coriolanus.jpg
:K

moon dragone
25-04-06, 01:47
Scrive Giuseppe Ressa in una delle sue monografie, L'invasione e la fine delle Due Sicilie - I plebisciti (http://www.ilportaledelsud.org/mr0_44.htm):
Gli oppositori dell’idea annessionistica, come i repubblicani Mazzini e Cattaneo, già accorsi a Napoli, i quali erano a favore dell’elezione popolare di Assemblee autonome, furono messi a tacere impedendo le loro riunioni, proscrivendo la loro propaganda, mobilitando a pagamento manifestazioni intimidatorie di piazza, lo stesso Garibaldi arrivò ad affermare di voler “far fucilare chiunque si dice repubblicano”; anche garibaldini come Francesco Crispi, contrari all’annessione, diedero le dimissioni dai loro incarichi ma Garibaldi affermò, in una riunione del 13 ottobre,”Non voglio assemblee, si faccia l’Italia” e con il decreto del 15 ottobre / 275 dichiarava che “Le Due Sicilie fanno parte integrante dell’Italia, una e indivisibile, con il suo re costituzionale Vittorio Emanuele e i suoi discendenti”.
La consultazione popolare si svolse nella più completa assenza di segretezza, il voto, infatti, era pubblico e si svolgeva nelle piazze, negli edifici pubblici, nelle chiese: tre urne erano in bell’evidenza, due erano aperte e contrassegnate con le scritte “Sì” e “NO” a caratteri cubitali e contenevano le schede prestampate, un'altra era chiusa con la feritoia al centro; il votante doveva per prima cosa consegnare il certificato elettorale al presidente del seggio, ritirare la scheda estraendola dall'urna del " Sì " o da quella del "NO" e deporla nell'urna centrale dipinta col tricolore; le schede prestampate, chiamate ufficialmente “bullettini”, erano di colore diverso: bianco per i “NO” e rosa per i “SÌ”

Tratto dal sito di Nicola Zitara - e dal movimento sudista

Princ.Citeriore (POL)
25-04-06, 12:04
sul "plebiscito", leggete ciò che scrisse il De Sivo, smp se nn siete analfabeti !

steen (POL)
26-04-06, 18:20
Garibaldi era di corporatura bassa, alto 1,65, ed aveva le gambe arcuate. Era pieno di reumatismi e per salire a cavallo occorreva che due persone lo sollevassero. Portava i capelli lunghi perché, avendo violentato una ragazza, questa gli aveva staccato un orecchio con un morso. Era un avventuriero che nel 1835 si era rifugiato in Brasile, dove all’epoca emigravano i piemontesi che in patria non avevano di che vivere. Fra i 28 e i 40 anni visse come un corsaro assaltando navi spagnole nel mare del Rio Grande do Sul al servizio degli inglesi che miravano ad accaparrarsi il commercio in quelle aree. In Sud America non è mai stato considerato un eroe, ma un delinquente della peggior specie. Per la spedizione dei mille fu finanziato dagli Inglesi con denaro rapinato ai turchi, equivalente oggi a molti milioni di dollari. In una lettera, Vittorio Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del nizzardo, proprio dopo "l’incontro di Teano": "... come avrete visto, ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo personaggio non è affatto docile né cosí onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa".

SBARCO DI MARSALA: fu di proposito "visto" in ritardo dalla marina duosiciliana, i cui capi erano già passati ai piemontesi, e fu protetto dalla flotta inglese, che con le sue evoluzioni impedí ogni eventuale offesa. Tra i famosi "mille", che lo stesso Garibaldi il giorno 5 dicembre 1861 a Torino li definí "Tutti generalmente di origine pessima e per lo piú ladra ; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto", sbarcarono in Sicilia, francesi, svizzeri, inglesi, indiani, polacchi, russi e soprattutto ungheresi, tanto che fu costituita una legione ungherese utilizzata per le repressioni piú feroci. Al seguito di questa vera e propria feccia umana, sbarcarono altri 22.000 soldati piemontesi appositamente dichiarati "congedati o disertori".

CALATAFIMI: contrariamente a quanto viene detto nei libri di storia, il Garibaldi fu messo in fuga il giorno 15 maggio dal maggiore Sforza, comandante dell’8° cacciatori, con sole quattro compagnie. Mentre inseguiva le orde del Garibaldi, lo Sforza ricevette dal generale Landi l’ordine incomprensibile di ritirarsi. Il comportamento del Landi risultò comprensibilissimo quando si scoprí che aveva ricevuto dagli emissari garibaldini una fede di credito di quattordicimila ducati come prezzo del suo tradimento. Landi qualche mese piú tardi morí di un colpo apoplettico quando si accorse che la fede di credito era falsa: aveva infatti un valore di soli 14 ducati.

PALERMO: il Garibaldi, il 27 maggio, si rifugiò in Palermo praticamente indisturbato dai 16.000 soldati duosiciliani che il generale Lanza aveva dato ordine di tenere chiusi nelle fortezze. Il filibustiere cosí poté saccheggiare al Banco delle Due Sicilie cinque milioni di ducati ed installarsi nel palazzo Pretorio, designandolo a suo quartier generale. In Palermo i garibaldini si abbandonarono a violenze e saccheggi di ogni genere. A tarda sera del 28 arrivarono, però, le fedeli truppe duosiciliane comandate dal generale svizzero Von Meckel. Queste truppe, che erano quelle trattenute dal generale Landi, dopo essersi organizzate, all’alba del 30 attaccarono i garibaldini, sfondando con i cannoni Porta di Termini ed eliminando via via tutte le barricate che incontravano. L’irruenza del comandante svizzero fu tale che arrivò rapidamente alla piazza della Fieravecchia. Nel mentre si accingeva ad assaltare anche il quartiere S. Anna, vicino al palazzo di Garibaldi, che praticamente non aveva piú vie di scampo, arrivarono i capitani di Stato Maggiore Michele Bellucci e Domenico Nicoletti con l’ordine del Lanza di sospendere i combattimenti perché ... era stato fatto un armistizio, che in realtà non era mai stato chiesto.

L’8 giugno tutte le truppe duosiciliane, composte da oltre 24.000 uomini, lasciarono Palermo per imbarcarsi, tra lo stupore e la paura della popolazione che non riusciva a capire come un esercito cosí numeroso si fosse potuto arrendere senza quasi neanche avere combattuto. La rabbia dei soldati la interpretò un caporale dell’8° di linea che, al passaggio del Lanza a cavallo, uscí dalle file e gli gridò "Eccellé, o’ vvi quante simme. E ce n’aimma’í accussí ?". Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriaco". Lanza, appena giunse a Napoli, fu confinato ad Ischia per essere processato.

I garibaldini nella loro avanzata in Sicilia compirono efferati delitti. Esemplare e notissimo è quello di Bronte, dove "l’eroe" Nino Bixio fece fucilare quasi un centinaio di contadini che, proprio in nome del Garibaldi, avevano osato occupare alcune terre di proprietà inglese.

MILAZZO: Il giorno 20 luglio vi fu una cruenta battaglia a Milazzo, dove 2000 dei nostri valorosissimi soldati, condotti dal colonnello Bosco, sgominarono circa 10.000 garibaldini. Lo stesso Garibaldi accerchiato dagli ussari duosiciliani rischiò di morire. La battaglia terminò per il mancato invio dei rinforzi da parte del generale Clary e i nostri furono costretti a ritirarsi nel forte per il numero preponderante degli assalitori. Nello scontro i soldati duosiciliani, ebbero solo 120 caduti, mentre i garibaldini ne ebbero 780. Eroici, e da ricordare, furono i valorosi comportamenti del Tenente di artiglieria Gabriele, del Tenente dei cacciatori a cavallo Faraone e del Capitano Giuliano, che morí durante un assalto.

Episodi di tradimento si ebbero anche in Calabria, dove nel paese di Filetto lo sdegno dei soldati arrivò tanto al colmo che fucilarono il generale Briganti, che il giorno prima, senza nemmeno combattere, aveva dato ordine alle sue truppe di ritirarsi.

NAPOLI: Il giorno 9 settembre arrivarono a Napoli i garibaldini. Mai si vide uno spettacolo piú disgustoso. Quell’accozzaglia era formata da gente bieca, sudicia, famelica, disordinata, di razze diverse, ignorante e senza religione. Occuparono all’inizio Pizzofalcone, poi nei giorni seguenti si sparsero per la città, tutto depredando, saccheggiando ogni casa. Furono violentate le donne e assassinato chi si opponeva. Furono lordati i monumenti, violati i monasteri, profanate le chiese. Il giorno 11 il Garibaldi con un decreto abolí l’ordine dei Gesuiti e ne fece confiscare tutti i beni. Furono incarcerati tutti quei nobili, sacerdoti, civili e militari che non volevano aderire al Piemonte, mentre furono liberati tutti i delinquenti comuni. Il Palazzo Reale fu spogliato di tutto quanto conteneva. Gli arredi e gli oggetti piú preziosi furono inviati a Torino nella Reggia dei Savoia. Il filibustiere con un decreto confiscò il capitale personale e tutti beni privati del Re dal Banco delle Due Sicilie, che fu rapinato di tutti i suoi depositi. Napoli in tutta la sua storia non ebbe mai a subire un cosí grande oltraggio, eppure nessun libro di storia "patria" ne ha mai minimamente accennato.

CAPUA, VOLTURNO, GARIGLIANO, GAETA: eliminati i generali traditori i soldati duosiciliani dimostrarono il loro valore in numerosi episodi. La vittoriosa battaglia sul Volturno non fu sfruttata solo per l’inesperienza dei nostri comandanti militari. In seguito, la vile aggressione piemontese alle spalle costrinse il nostro esercito alla ritirata nella fortezza di Gaeta, dove il giovane Re Francesco II e la Regina Maria Sofia, di soli 19 anni, diventata poi famosa con l’appellativo di "eroina di Gaeta", si coprirono di gloria in una resistenza durata circa 6 mesi. Gaeta non poté mai essere espugnata dai piemontesi, ma solo bombardata. Con la resa di Gaeta (13.2.61), di Messina (14 marzo) e di Civitella del Tronto (20 marzo), il Regno delle Due Sicilie cessò di esistere. I Piemontesi non rispettarono i patti di capitolazione e i soldati duosiciliani in parte furono fucilati, altri vennero deportati in campi di concentramento in Piemonte. Di questi soldati, morti per la loro Patria, oggi non c’è nemmeno una segno che li ricordi e non meritavano l’oblio cui li ha condannati la leggenda risorgimentale.

PLEBISCITO. Il giorno 21 ottobre 1860 vi fu a Napoli e in tutte le provincie del Regno la farsa del Plebiscito. A Napoli, davanti al porticato della Chiesa di S. Francesco di Paola, proprio di fronte al Palazzo Reale, erano state poste, su di un palco alla vista di tutti, due urne: una per il Sí ed una per il NO. Si votava davanti ad una schiera minacciosa di garibaldini, guardie nazionali e soldati piemontesi. Il giorno prima erano stati affissi sui muri dei cartelli sui quali era dichiarato "Nemico della Patria" chi si astenesse o votasse per il NO. Votarono per primi i camorristi, poi i garibaldini, che erano per la maggior parte stranieri, e i soldati piemontesi. Qualcuno dei civili che aveva tentato di votare per il NO fu bastonato, qualche altro, come a Montecalvario, fu assassinato. Poiché non venivano registrati quelli che votavano per il Sí, la maggior parte andò a votare in tutti e dodici comizi elettorali costituiti in Napoli. Allo stesso modo si procedette in tutto il Regno, dove si votò solo nei centri presidiati dai militari con ogni genere di violenze ed assassini.

Fonte??

steen (POL)
05-05-06, 13:43
Ichthys!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
huuuuuuhhhhuuuuhhuuuuuuuu
dove sei?
da dove le hai prese queste informazioni, per piacere.
:-:-01#19

Princ.Citeriore (POL)
05-05-06, 23:28
PLEBISCITO. Il giorno 21 ottobre 1860 vi fu a Napoli e in tutte le provincie del Regno la farsa del Plebiscito. A Napoli, davanti al porticato della Chiesa di S. Francesco di Paola, proprio di fronte al Palazzo Reale, erano state poste, su di un palco alla vista di tutti, due urne: una per il Sí ed una per il NO. Si votava davanti ad una schiera minacciosa di garibaldini, guardie nazionali e soldati piemontesi. Il giorno prima erano stati affissi sui muri dei cartelli sui quali era dichiarato "Nemico della Patria" chi si astenesse o votasse per il NO. Votarono per primi i camorristi, poi i garibaldini, che erano per la maggior parte stranieri, e i soldati piemontesi. Qualcuno dei civili che aveva tentato di votare per il NO fu bastonato, qualche altro, come a Montecalvario, fu assassinato. Poiché non venivano registrati quelli che votavano per il Sí, la maggior parte andò a votare in tutti e dodici comizi elettorali costituiti in Napoli. Allo stesso modo si procedette in tutto il Regno, dove si votò solo nei centri presidiati dai militari con ogni genere di violenze ed assassini.
su questo punto ti dico di consultare Giacinto de Sivo, Storia delle Due Sicilie, Berisio Editore 1964 ti rispondo così, di getto, con un pò di ricerche ti darei anke la pagina, anke se nn ho il lirbro, ke è raro... GUARDA CASO !


CAPUA, VOLTURNO, GARIGLIANO, GAETA: eliminati i generali traditori i soldati duosiciliani dimostrarono il loro valore in numerosi episodi. La vittoriosa battaglia sul Volturno non fu sfruttata solo per l’inesperienza dei nostri comandanti militari. In seguito, la vile aggressione piemontese alle spalle costrinse il nostro esercito alla ritirata nella fortezza di Gaeta, dove il giovane Re Francesco II e la Regina Maria Sofia, di soli 19 anni, diventata poi famosa con l’appellativo di "eroina di Gaeta", si coprirono di gloria in una resistenza durata circa 6 mesi. Gaeta non poté mai essere espugnata dai piemontesi, ma solo bombardata. Con la resa di Gaeta (13.2.61), di Messina (14 marzo) e di Civitella del Tronto (20 marzo), il Regno delle Due Sicilie cessò di esistere. I Piemontesi non rispettarono i patti di capitolazione e i soldati duosiciliani in parte furono fucilati, altri vennero deportati in campi di concentramento in Piemonte. Di questi soldati, morti per la loro Patria, oggi non c’è nemmeno una segno che li ricordi e non meritavano l’oblio cui li ha condannati la leggenda risorgimentale.

Giacinto de Sivo, L'Italia e il suo Dramma Politico nel 1861, Il Giglio, p. 40



Il giorno 9 settembre arrivarono a Napoli i garibaldini. Mai si vide uno spettacolo piú disgustoso. Quell’accozzaglia era formata da gente bieca, sudicia, famelica, disordinata, di razze diverse, ignorante e senza religione. Occuparono all’inizio Pizzofalcone, poi nei giorni seguenti si sparsero per la città, tutto depredando, saccheggiando ogni casa. Furono violentate le donne e assassinato chi si opponeva. Furono lordati i monumenti, violati i monasteri, profanate le chiese. Il giorno 11 il Garibaldi con un decreto abolí l’ordine dei Gesuiti e ne fece confiscare tutti i beni. Furono incarcerati tutti quei nobili, sacerdoti, civili e militari che non volevano aderire al Piemonte, mentre furono liberati tutti i delinquenti comuni. Il Palazzo Reale fu spogliato di tutto quanto conteneva. Gli arredi e gli oggetti piú preziosi furono inviati a Torino nella Reggia dei Savoia. Il filibustiere con un decreto confiscò il capitale personale e tutti beni privati del Re dal Banco delle Due Sicilie, che fu rapinato di tutti i suoi depositi. Napoli in tutta la sua storia non ebbe mai a subire un cosí grande oltraggio, eppure nessun libro di storia "patria" ne ha mai minimamente accennato.

"cedo la parola" a Giacinto de Sivo, op. cit. p. 38

L'esercito Garibaldino, lurido, bieco, famelico, disordinato, male armato, peggio vestito, entra nella città. A siffatti nuovissimi vincitori s'aprono i castelli, le regge, gli arsenali, i porti e le casse. La flotta, quella flotta che tanto era costata, si dava da' suoi comandanti alla rivoluzione. Ogni cosa è di questi usciti da tutte le parti del mondo, ignoti l'uno all'altro, calpestatori d'ogni diritto, ignoranti di ogni legge. Si spandono per le case, pe' paesi e per le ville; sono padroni di tutto, derubatori di ogni arnese, calpestatori d'ogni monumento, insultatori d'ogni grandezza. Napoli che i Vandali mai non vide, vide i Garibaldini.

E' ovvio che potrei "seppellirti" di citazioni (nn solo del De Sivo, che è ad ogni modo il MIGLIORE), ma credo basti così, anche xkè il tuo invito nn era rivolto a me, e poi nn ho mlt tempo per sfoderare tutte le armi !!!

mosongo
08-05-06, 11:55
Per il Plebiscito sui manifesti cosa c'era scritto? NEMICO DELLA PATRIA chi avesse votato per il NO!?....ma se hanno detto e dicono che i terroni non sapevano e sanno leggere!!!]

mosongo
08-05-06, 11:58
11 maggio 1860: garibaldi sbarca in sicilia

'A nuttata scura re' l'abboriggeni penisulari
se squarciò lucente coi cervielli migliori giunti
di auti popoli migranti re lu munno sconosciuto
e Italia non dai romani il nome fu
ma bensì dagli Osco Sanniti che loro aggiogorno
come li etruschi e li greci e i siculi
che fu patria luminare centrale re lu mare
di tutti i popoli de la terra conosciuta d'allora
Archimiede, Pitatgora e altri ancora
illuminarono e fecero belle le genti
ca nuje c'avimme avute pure masaniello
ca' a' memoria sua appicciò pure 'lu ffuoche
ca 'no secolo ruoppe 'ncendiò lo munno 'ntero
senza parlà pure de tutti l'altri rivoluzzionari aimme fatta proprete 'na fine 'ngloriosa
simme comandate mò ancora peggio che comme a 'na vota
e la colpa è sulamente nostra
ca aimme dato retta
senza opporre o sanghe nuoste
prima a li strunze de casa nostra
come facemmo appriesso
- ma troppo tardi pe' i troppi tradimenti -
contro a l'invasore Cavour, Savoia e Garibaldi
che del trio era lo 'chiù pupazzo
senza scurdarce che i denari spuorchi re sango
li presero dalli stessi banchieri finanzieri stranieri
che pure a lu Re nuoste davano prestito a usura
e 'na vota conquistato lo regno
trasferirono il pecunio dove già l'avevano
e accussì c'hanno fottuti
e sparsi pe' lu munno
pure al soldo dell'inglisi e ammericani
ce simme scannati tra fratelli
a ffa la guerra tra nordisti e sudisti
pure nello nuovo munno
mentre nella perduta Patria
agonizzava nella stretta tirannica mortale
l'urtima espressione de libertà nosta
chiamati ancora mò dai liberticida rivoluzionari:
"i Briganti".

Princ.Citeriore (POL)
08-05-06, 15:10
Per il Plebiscito sui manifesti cosa c'era scritto? NEMICO DELLA PATRIA chi avesse votato per il NO!?....ma se hanno detto e dicono che i terroni non sapevano e sanno leggere!!!]


possono dire tutte le menzogne che vogliono, ma in realtà nella Magna Grecia vennero a studiare filosofia Socrate e Platone !

mosongo
09-05-06, 12:07
possono dire tutte le menzogne che vogliono, ma in realtà nella Magna Grecia vennero a studiare filosofia Socrate e Platone !

ma l'italsiculo Ettore Majorana è poi stato ritrovato?....
Questo per ricordarci del grande matematico nato dopo la malfatta Unità d'Italia e scomparso misteriosamente

mosongo
06-08-06, 10:30
Copyright - 1999 - 2003 - © Fioravante BOSCO - Tutti i diritti riservati - Visualizzazione consigliata 800x600





Giuseppe Garibaldi

MILLE E NON PIU' MILLE


di Angela Pellicciari

da: © Il Timone - n. 20 Luglio/Agosto 2002

L'invasione di uno Stato in pace senza dichiarazione di guerra, agevolata da fenomeni di corruzione e dalla connivenza della Massoneria. Questo fu lo sbarco
L'epopea dei Mille è nota in tutto il mondo. Mille uomini, e per di più 'civili', che conquistano un regno vecchio di oltre settecento anni. Un regno ricco, che vanta la seconda marina del continente dopo quella inglese. Episodio tanto incredibile da essere definito miracoloso da Ippolito Nievo, garibaldino della prima ora. Miracolo? Nulla di più lontano dalla realtà. L'impresa dei Mille è frutto di una preparazione meticolosa. Per tre anni, tutti i giorni, Giuseppe La Farina (il siciliano massone divenuto segretario della Società Nazionale) ed il presidente del Consiglio del Regno di Sardegna Camillo di Cavour, si incontrano in camera da letto del conte per pianificare l'intervento armato in Italia meridionale. Lo fanno in gran segreto. Al punto che La Farina deve passare per una scala di servizio che comunica direttamente con l'appartamento di Cavour e deve farlo prima dell'alba. Che le cose stiano così è provato nel modo più inconfutabile dalle lettere e dagli articoli dello stesso La Farina. Della minuziosa organizzazione dell'impresa dei Mille nessuno sa e nessuno deve sapere niente. Ufficialmente il Regno di Sardegna e quello di Napoli sono in pace. Il re Francesco II per di più è cugino dì Vittorio Emanuele II. Ufficialmente si sa solo - come è stato sbandierato al Congresso di Parigi davanti a tutto il mondo, ricorrendo alle calunnie più spudorate e senza la presenza della controparte - che gli abitanti dell'Italia meridionale "gemono" oppressi dal malgoverno borbonico. La geniale trovata di Cavour consiste nel preparare un'invasione, e cioè una guerra, senza dichiarazione di guerra, facendo leva sulla potenza della corruzione e sulla connivenza dei massoni meridionali con quelli settentrionali ed europei. Ne sa qualcosa l'ammiraglio Persano che tallona Garibaldi - di cui Cavour si fida poco - per organizzare lo sbarco di armi e di uomini e per ultimare l'opera di corruzione capillare. A documentare con puntigliosa precisione la condotta davvero poco onorevole del regno sardo sono i diari di Persano. Dopo la sconfitta di Lissa (nel 1866 la flotta sarda è sbaragliata da quella austriaca significativamente più debole) e la successiva incriminazione, l'ammiraglio per difendersi ricorre all'inaudita pubblicazione di veri e propri segreti di Stato. Arrivati a Palermo e Napoli, i Mille cosa fanno? Per saperlo basta leggere, oltre alle lettere di La Farina, qualche pagina di quanto scrive il deputato Pier Cesare Boggio, autorevole massone torinese. Il conquistatore Garibaldi, una volta arrivato in Sicilia, sembra essersi scordato di chi lo ha mandato e sembra aver preso gusto alla conquista-passeggiata: dando retta a Mazzini si scorda dei patti con Cavour e medita di marciare su Roma. Così l'intervento di Napoleone III in difesa del Papa è sicuro, e per il Regno di Sardegna è la bancarotta. Indebitato fino al collo per organizzare la rivoluzione italiana, senza la possibilità di ricorrere alle finanze e alle ricchezze del Regno delle Due Sicilie, per il regno sardo è la fine. E così Boggio, nell'intento evidente di ricattare Garibaldi, mette nero su bianco le gesta davvero poco eroiche del generale. Cavour o Garibaldi? si intitola il prezioso libretto di cui oggi - come ovvio - nessuno sa nulla. Garibaldi pensa di poter fare a meno di Cavour? Il deputato incalza il generale con una batteria di domande retoriche. Eccone qualcuna: che fine hanno fatto le "somme di pubblica ragione trovate in Palermo, e delle altre della stessa natura, ma anche più considerevoli trovate in Napoli?". "Volete un saggio di quel poco che moltissimo giunge insino a noi? La dittatura è fatta sinonimo di anarchia di qua e di là del Faro non sono più leggi, non è più amministrazione regolare, non tutela delle persone e delle proprietà, non tribunali, non ordine, nulla insomma di ciò che costituisce il vivere civile di uno Stato"; ai cittadini "è venuta meno la tutela delle leggi antiche, senzaché siasi introdotta la protezione delle leggi nuove; suppliscono alla lacuna il capriccio e l'arbitrio". I pro-dittatori si fanno e sì disfanno: "Pro-dittatore scelto con molta solennità fu il Depretis"; dopo una settimana si cambia e pro-dittatore diventa Mordini "senza che pur una parola, una sillaba accenni che egli surroga Depretis. Che pensare di tanta instabilità di persone e d'offici?". Boggio prosegue: l'ufficio di pro-dittatore "è nominale e illusorio; dietro e sopra il governo officiale, sta un governo segreto, che è il solo padrone vero di tutto e di tutti. Il Principe di Torrearsa legge nel foglio ufficiale la propria nomina a Presidente il Consiglio dei Ministri, della quale è affatto inconsapevole: attende l'annunzio diretto del Capo dello Stato: passa un giorno, passano due, nulla riceve; e intanto escono sulla Gazzetta decreti e provvisioni che appaiono da lui emanate. Si presenta per tre volte al Dittatore per chiedere una spiegazione: gli dicono che non ha tempo di riceverlo; a gran fatica riesce il terzo giorno a farsi sentire, per protestare contro lo indegno abuso del nome". "Voi dovete ricordarvi che non siete in un paese di conquista", conclude Boggio. Conquista: la parola è esatta. Conquista, e per di più negata. Conquista in nome della libertà. Conquista senza pietà e senza vergogna. Ecco cosa scrive la Civiltà Cattolica il 14 settembre del 1861: "Negli Stati sardi esiste la tratta dei Napoletani. Si arrestano da Cialdini soldati napoletani in gran quantità, si stipano ne' bastimenti peggio che non si farebbe degli animali, e poi si mandano in Genova". L'autore della corrispondenza dal capoluogo ligure racconta: "Ho dovuto assistere ad uno di que' spettacoli che lacerano l'anima. Ho visto giungere bastimenti carichi di quegli infelici, laceri, affamati, piangenti; e sbarcati vennero distesi sulla pubblica strada come cosa da mercato". Per quanto tempo ancora ripeteremo giulivi la favola di Giuseppe Garibaldi 'eroe dei due mondi' e di Vittorio Emanuele il 'liberatore'?
5 maggio 1860: Garibaldi e i suoi Mille partono da Quarto (Genova) imbarcati sui piroscafi Piemonte e Lombardo alla volta del Regno delle Due Sicilie. A Garibaldi era stata segretamente versata dal governo inglese l'immensa somma 'di tre milioni di franchi francesi in piastre d'oro (molti milioni di dollari odierni) che sarebbe servita a corrompere i dignitari borbonici e comperare il loro tradimento.
11 maggio: Dopo una sosta a Porto Talamona, i Mille sbarcano a Marsala, protetti dalle navi inglesi ivi ancorate.
13 maggio: Con il proclama di Salemi, Garibaldi si nomina dittatore della Sicilia.
15 maggio: Vittoria dei garibaldini a Calatafimi.
30 maggio: Garibaldi occupa Palermo. La resa della città, inspiegabile dal punto di vista militare, essendo difesa da 25.000 uomini tutti ben equipaggiati, si spiega non con le gesta delle camicie rosse, ma con il denaro versato per corrompere il generale napoletano Lanza.
20 luglio: Inizia la vittoriosa battaglia di Milazzo. Impadronitosi della Sicilia, Garibaldi varcherà in agosto lo stretto dì Messina.
Ricorda:
"Chi sono i Mille che salpano accompagnati dalle benedizioni dei liberali di tuffi i continenti? Garibaldi li descrive cosi: 'Tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto'".

(Angela Pellicciari, L'altro Risorgimento Una guerra di religione dimenticatla, Piemme, Casale Mon.to (AL) 2000, p. 232).
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Personaggi/Garibaldi05.htm

Federico III
07-08-06, 02:04
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Giuseppe Garibaldi

MILLE E NON PIU' MILLE


di Angela Pellicciari

da: © Il Timone - n. 20 Luglio/Agosto 2002

L'invasione di uno Stato in pace senza dichiarazione di guerra, agevolata da fenomeni di corruzione e dalla connivenza della Massoneria. Questo fu lo sbarco
L'epopea dei Mille è nota in tutto il mondo. Mille uomini, e per di più 'civili', che conquistano un regno vecchio di oltre settecento anni. Un regno ricco, che vanta la seconda marina del continente dopo quella inglese. Episodio tanto incredibile da essere definito miracoloso da Ippolito Nievo, garibaldino della prima ora. Miracolo? Nulla di più lontano dalla realtà. L'impresa dei Mille è frutto di una preparazione meticolosa. Per tre anni, tutti i giorni, Giuseppe La Farina (il siciliano massone divenuto segretario della Società Nazionale) ed il presidente del Consiglio del Regno di Sardegna Camillo di Cavour, si incontrano in camera da letto del conte per pianificare l'intervento armato in Italia meridionale. Lo fanno in gran segreto. Al punto che La Farina deve passare per una scala di servizio che comunica direttamente con l'appartamento di Cavour e deve farlo prima dell'alba. Che le cose stiano così è provato nel modo più inconfutabile dalle lettere e dagli articoli dello stesso La Farina. Della minuziosa organizzazione dell'impresa dei Mille nessuno sa e nessuno deve sapere niente. Ufficialmente il Regno di Sardegna e quello di Napoli sono in pace. Il re Francesco II per di più è cugino dì Vittorio Emanuele II. Ufficialmente si sa solo - come è stato sbandierato al Congresso di Parigi davanti a tutto il mondo, ricorrendo alle calunnie più spudorate e senza la presenza della controparte - che gli abitanti dell'Italia meridionale "gemono" oppressi dal malgoverno borbonico. La geniale trovata di Cavour consiste nel preparare un'invasione, e cioè una guerra, senza dichiarazione di guerra, facendo leva sulla potenza della corruzione e sulla connivenza dei massoni meridionali con quelli settentrionali ed europei. Ne sa qualcosa l'ammiraglio Persano che tallona Garibaldi - di cui Cavour si fida poco - per organizzare lo sbarco di armi e di uomini e per ultimare l'opera di corruzione capillare. A documentare con puntigliosa precisione la condotta davvero poco onorevole del regno sardo sono i diari di Persano. Dopo la sconfitta di Lissa (nel 1866 la flotta sarda è sbaragliata da quella austriaca significativamente più debole) e la successiva incriminazione, l'ammiraglio per difendersi ricorre all'inaudita pubblicazione di veri e propri segreti di Stato. Arrivati a Palermo e Napoli, i Mille cosa fanno? Per saperlo basta leggere, oltre alle lettere di La Farina, qualche pagina di quanto scrive il deputato Pier Cesare Boggio, autorevole massone torinese. Il conquistatore Garibaldi, una volta arrivato in Sicilia, sembra essersi scordato di chi lo ha mandato e sembra aver preso gusto alla conquista-passeggiata: dando retta a Mazzini si scorda dei patti con Cavour e medita di marciare su Roma. Così l'intervento di Napoleone III in difesa del Papa è sicuro, e per il Regno di Sardegna è la bancarotta. Indebitato fino al collo per organizzare la rivoluzione italiana, senza la possibilità di ricorrere alle finanze e alle ricchezze del Regno delle Due Sicilie, per il regno sardo è la fine. E così Boggio, nell'intento evidente di ricattare Garibaldi, mette nero su bianco le gesta davvero poco eroiche del generale. Cavour o Garibaldi? si intitola il prezioso libretto di cui oggi - come ovvio - nessuno sa nulla. Garibaldi pensa di poter fare a meno di Cavour? Il deputato incalza il generale con una batteria di domande retoriche. Eccone qualcuna: che fine hanno fatto le "somme di pubblica ragione trovate in Palermo, e delle altre della stessa natura, ma anche più considerevoli trovate in Napoli?". "Volete un saggio di quel poco che moltissimo giunge insino a noi? La dittatura è fatta sinonimo di anarchia di qua e di là del Faro non sono più leggi, non è più amministrazione regolare, non tutela delle persone e delle proprietà, non tribunali, non ordine, nulla insomma di ciò che costituisce il vivere civile di uno Stato"; ai cittadini "è venuta meno la tutela delle leggi antiche, senzaché siasi introdotta la protezione delle leggi nuove; suppliscono alla lacuna il capriccio e l'arbitrio". I pro-dittatori si fanno e sì disfanno: "Pro-dittatore scelto con molta solennità fu il Depretis"; dopo una settimana si cambia e pro-dittatore diventa Mordini "senza che pur una parola, una sillaba accenni che egli surroga Depretis. Che pensare di tanta instabilità di persone e d'offici?". Boggio prosegue: l'ufficio di pro-dittatore "è nominale e illusorio; dietro e sopra il governo officiale, sta un governo segreto, che è il solo padrone vero di tutto e di tutti. Il Principe di Torrearsa legge nel foglio ufficiale la propria nomina a Presidente il Consiglio dei Ministri, della quale è affatto inconsapevole: attende l'annunzio diretto del Capo dello Stato: passa un giorno, passano due, nulla riceve; e intanto escono sulla Gazzetta decreti e provvisioni che appaiono da lui emanate. Si presenta per tre volte al Dittatore per chiedere una spiegazione: gli dicono che non ha tempo di riceverlo; a gran fatica riesce il terzo giorno a farsi sentire, per protestare contro lo indegno abuso del nome". "Voi dovete ricordarvi che non siete in un paese di conquista", conclude Boggio. Conquista: la parola è esatta. Conquista, e per di più negata. Conquista in nome della libertà. Conquista senza pietà e senza vergogna. Ecco cosa scrive la Civiltà Cattolica il 14 settembre del 1861: "Negli Stati sardi esiste la tratta dei Napoletani. Si arrestano da Cialdini soldati napoletani in gran quantità, si stipano ne' bastimenti peggio che non si farebbe degli animali, e poi si mandano in Genova". L'autore della corrispondenza dal capoluogo ligure racconta: "Ho dovuto assistere ad uno di que' spettacoli che lacerano l'anima. Ho visto giungere bastimenti carichi di quegli infelici, laceri, affamati, piangenti; e sbarcati vennero distesi sulla pubblica strada come cosa da mercato". Per quanto tempo ancora ripeteremo giulivi la favola di Giuseppe Garibaldi 'eroe dei due mondi' e di Vittorio Emanuele il 'liberatore'?
5 maggio 1860: Garibaldi e i suoi Mille partono da Quarto (Genova) imbarcati sui piroscafi Piemonte e Lombardo alla volta del Regno delle Due Sicilie. A Garibaldi era stata segretamente versata dal governo inglese l'immensa somma 'di tre milioni di franchi francesi in piastre d'oro (molti milioni di dollari odierni) che sarebbe servita a corrompere i dignitari borbonici e comperare il loro tradimento.
11 maggio: Dopo una sosta a Porto Talamona, i Mille sbarcano a Marsala, protetti dalle navi inglesi ivi ancorate.
13 maggio: Con il proclama di Salemi, Garibaldi si nomina dittatore della Sicilia.
15 maggio: Vittoria dei garibaldini a Calatafimi.
30 maggio: Garibaldi occupa Palermo. La resa della città, inspiegabile dal punto di vista militare, essendo difesa da 25.000 uomini tutti ben equipaggiati, si spiega non con le gesta delle camicie rosse, ma con il denaro versato per corrompere il generale napoletano Lanza.
20 luglio: Inizia la vittoriosa battaglia di Milazzo. Impadronitosi della Sicilia, Garibaldi varcherà in agosto lo stretto dì Messina.
Ricorda:
"Chi sono i Mille che salpano accompagnati dalle benedizioni dei liberali di tuffi i continenti? Garibaldi li descrive cosi: 'Tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto'".

(Angela Pellicciari, L'altro Risorgimento Una guerra di religione dimenticatla, Piemme, Casale Mon.to (AL) 2000, p. 232).
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Personaggi/Garibaldi05.htm


Ssssshhhhh... Non dire queste cose, che poi Gronk e Rick Unter si arrabbiano...

E ci chiediamo da dove sia nata la Mafia? Basta leggere questo post per comprenderlo.

CHE SCHIFO!