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Visualizza Versione Completa : Il Piccolo Popolo



Tomás de Torquemada
18-03-02, 01:57
Gnomi, folletti ed elfi: alle origini di un mito senza tempo

Al Bois de Boulogne di Parigi una grande mostra raccoglie
le testimonianze del “Piccolo Popolo” nel mondo

di Massimo Centini

Al Bois de Boulogne di Parigi una grande mostra propone migliaia di gnomi e folletti provenienti da tutto il mondo e che testimoniano quanto sia diffusa e ricca di appassionati la “gnomomania”. Non indenne da un certo gusto kitsch da giardino, gnomi, troll, elfi & C., sono proposti in questa rassegna come segno di una cultura in cui il mito occupa una posizione importante, nel bene o nel male.
È evidente che il problema non è stabilire se esistono o non esistono gnomi, elfi, fate, ecc. almeno da un punto di vista eminentemente razionale; la questione sta nel comprendere quale sia il loro ruolo. In parole povere può essere importante comprendere “che cosa vogliano dire”. Quali risvolti psico-antropologici hanno assolto e assolvono. Di certo non quello di custodire tesori o scavare miniere; sicuramente custodiscono - per noi - il segreto di un’esistenza “altra” a cui dobbiamo affidare la soluzione delle nostre istanze e qualche angoscia. Parlare del Piccolo Popolo può essere un’impresa affascinante. Nello stesso tempo però, se ci sforziamo di individuare possibili legami tra il mito e la storia - come spesso è stato fatto - finiamo per chiuderci in un vicolo cieco, a giocare con simboli e archetipi, alla ricerca di un mondo che non c’è.
Così una leggenda islandese chiarisce l’origine del Piccolo Popolo: quelle minuscole creature sarebbero quindi vissute celate agli occhi degli uomini perché la loro progenitrice si sarebbe vergognata di presentarli a Dio.
Ma se la mitologia dell’Islanda cerca, facendo confluire tradizione popolare e cultura cristiana, di spiegare la genesi degli elfi, troviamo tracce del Piccolo Popolo in tante altre creature e con caratteristiche spesso ricorrenti.
Dal noto Bes egizio al divino Tagete etrusco, troviamo un’ampia schiera di piccole creature adagiate tra le pieghe del mito, ma spesso circondate da un’aura che invoca un legame con la storia.
Ad esempio, nell’Europa dell’Est, troviamo i Barstucci, ometti nascosti sotto le piante di sambuco, i Kaukie, sempre affamati, i Colky, che come i Penati romani, se ne stavano celati negli angoli oscuri delle case. I Korrigans bretoni si dimostravano particolarmente disponibili ad aiutare gli uomini mentre i Bansidhe irlandesi svolgevano un ruolo molto simile al Cupido classico. Più noti i Coboldi gallesi e i Picchiettanti cornovagliesi, che con il loro aspetto costituiscono lo stereotipo più caratteristico del Piccolo Popolo.
Secondo la tradizione medievale, i discendenti degli scozzesi erano i Pechs (o Pehts), esseri fatati, non più alti di “tre o quattro piedi”, che per comportamento non sembrano presentare notevoli differenze dagli gnomi.
Nel Piccolo Popolo, vi sono due categorie principali di esponenti: quelli della luce e quelli delle tenebre. I primi vivono sulla terra, i secondi sotto. In genere, conoscono e parlano il linguaggio degli animali, tra i quali hanno fraterni amici e terribili nemici.
La conoscenza della lingua degli uccelli, rimanda alla tradizione esoterica, secondo la quale possedere il segreto di un linguaggio negato ai più, è segno di un potere straordinario, a tratti divino. Spesso, nelle fonti, si fa riferimento al Buon Popolo: termine usato come sinonimo di Piccolo Popolo. Un’interessante indicazione in questo senso ci giunge dal trattato di Robert Kirk, “The Secret Commonwealth”, pubblicato nel 1692. Il testo descrive il regno segreto popolato da elfi, fate egnomi, soffermandosi sugli aspetti e sulle abitudini dei piccoli abitanti della natura. Le conoscenze di Kirk avevano certamente origine nel patrimonio folkloristico nazionale, di cui l’autore era una appassionato studioso.
Un’emblematica indicazione sul modo in cui l’uomo ha spesso interpretato il carattere del Piccolo Popolo, la reperiamo in una raccolta di tradizioni (W. Veyer Lubke, “Romanisches etymologisches”, Herdelberg 1953) in cui lo gnomo Haroldson, di 379 anni, rivolgendosi al suo interlocutore umano, fornisce una precisa indicazione sulla propria specie: «Noi siamo rimasti fedeli alla nostra origine mentre voi no. Il nostro rapporto con la terra si basa sull’armonia, mentre il vostro si basa sull’abuso: abuso nelle questioni di vita e di morte». Anche gli gnomi qualcosa da insegnare.

http://old.lapadania.com/2000/aprile/27/27042000p11a2.htm

Tomás de Torquemada
18-03-02, 02:39
Dal sito www.ilboscoincantato.com

La parola Fata

Il termine Fata deriva dall'antico " faunoe o fatuoe " che nella mitologia pagana, indicava le compagne dei fauni, creature dotate del potere di predire il futuro e di soprassedere agli eventi umani.

Le fate sono esseri soprannaturali dotate di potere magico, grazie al quale possono cambiare aspetto e farlo cambiare agli altri.

Frequentano, caverne rocce colline, boschi e sorgenti; sono pronte a correre in aiuto degli innocenti e dei perseguitati; riparano torti, vendicano offese, ma possono essere anche maligne e vendicative.

Di fatto o ci accettano come parte del loro mondo o non ci accettano: sono loro a deciderlo.

Esse rappresentano il potere, il potere magico incomprensibile agli uomini e quindi nemico.

Bisogna sempre tenere presente che, anche se il mondo delle fate è condizionato dall'uomo, esse sono creature estranee, con valori morali ben lontani da quelli del genere umano; non pensano, e cosa ancora più importante, non sentono come gli umani.

Quello delle Fate è un mondo d'incanti cupi, di bellezza affascinante, d'incredibile bruttezza, di superficialità incallita, di spirito, malizia, gioia e ispirazione, di terrore, riso, amore e tragedia. E' molto più ricco di quanto le favole in genere lascino credere.

Ma allora, qual'è la sostanziale differenza fra il loro mondo e quello degli uomini?

Le leggende e i miti sulle Fate sono molti e diversi, spesso contraddittorii: solo una cosa è certa, che nulla è certo.

Tutto è possibile nella terra delle Fate.

Tomás de Torquemada
18-03-02, 02:41
Dal sito www.ilboscoincantato.com

Il Regno delle Fate

Dove si trova il regno delle Fate? A volte appena sopra l'orizzonte, a volte sotto i nostri piedi.

In ogni paese del mondo c'è un regno delle Fate; quindi ci sono Fate italiane, Fate americane, Fate francesi, Fate russe, Fate inglesi etc.etc.

Nel Galles pensano che il regno delle Fate si trovi in un'isola, nel canale di San Giorgio, al largo della costa del Pembrokeshire.

Gli Irlandesi chiamarono Hy Breasail l'isola fantasma che, secondo loro, si trovava ad ovest e che secondo loro accoglieva il regno delle Fate.

Mentre per i britannici l'isola fantastica è l'isola di Man.

Ma la più famosa delle isole magiche è senz'altro l'isola di Avalon.

Il leggendario Re Artù si dice vi sia stato incoronato e che in seguito, ferito a morte, vi sia stato portato per essere curato da quattro Regine delle Fate, e che il suo corpo immerso in un magico sonno sia nascosto nel cuore di una collina dell'isola.

Il Regno delle fate può svelarsi all'improvviso in qualsiasi luogo, luminoso e scintillante, e sparire con la stessa rapidità.

Terrapieni, forti e colli antichi sono le altre dimore tradizionali delle Fate, e a riprova di ciò, la parola gaelica che indica le Fate è Sidhe, che significa popolo delle colline.

Le pareti delle caverne scelte dalle Fate per dimora, trasudano gocce dorate.

Ogni collina ha il suo Re e la sua Regina; di solito, però, sono legati da un vincolo di fedeltà a un Gran Re, dei quali il più conosciuto, l' "Oberon " dei poemi cavallereschi medievali, deve la sua bassa statura ad una maledizione che gli fu lanciata durante il battesimo.

Le isole non sono tutte uguali, alcune galleggiano sull'acqua, altre sono appena sotto la superficie e spuntano solo di notte, oppure una sola volta ogni sette anni.

O ancora, parecchi metri sotto l'acqua, ma solo in apparenza, la zona dove sorge l'isola è completamente asciutta, ma circondata da un muro d'acqua a mò di scogliera.

Al largo della costa del Galles, si dice che a volte si possano scorgere i " Verdi Prati dell'Incanto ", una terra che si intravede appena sotto la superficie del mare, ricoperta di alberi e fiori ed erba, fra gli steli e i fili nuotano i pesci.

Molti laghi del Galles proteggono dal mondo esterno le dimore delle fate, nascondendole alla vista degli esseri umani.

Oppure, come nel caso della Dama del Lago, la superficie d'acqua è solo un'illusione creata per proteggere da occhi estranei l'ingresso della propria dimora.

Tomás de Torquemada
18-03-02, 02:45
Dal sito www.ilboscoincantato.com

Gli Gnomi

Tra le creature che appartengono al Piccolo Popolo, gli Gnomi sono sicuramente i più misteriosi. Sul loro conto infatti sappiamo pochissimo e molti li confonfono con i Folletti e con i Nani, che, pur avendo in comune con i cugini gnomi una certa aria di famiglia, sono piuttosto diversi. I Folletti per esempio, hanno un carattere assai più bisbetico e dispettoso e soprattutto amano curiosare nelle case degli uomini che gli Gnomi detestano. Quanto ai Nani abitatori del sottosuolo e lavoratori instancabili, la rassomiglianza con gli Gnomi è assai più vaga: oltre ad essere più alti sono malinconici e severi. Nessuno li ha mai sorpresi a ridere e a scherzare, mentre sappiamo che l'allegria è una delle doti più simpatiche ed evidenti della tribù gnomesca. Ma forse agli gnomi fa piacere essere scambiati per qualcun'altro, perchè la loro straordinaria timidezza e la diffidenza nei confrontidelle cose umane li hanno spinti a vivere in luoghi remoti e a circondarsi del più fitto mistero. Persino l'origine del loro nome è incerta; sembra che il primo a usare la parola Gnomo sia stato molto tempo fa un alchimista di nome Paracelso. Il termine deriva da "gnomizo" che in greco vuol dire "conosco" e gli Gnomi infatti sono creature sapienti che conoscono i misteri della natura e sanno tutto quel che c'è da sapere sulle piante e sugli animali, compresi alcuni segreti che l'uomo, nonostante la sua scienza, ancora non è capace di spiegare. E' probabile che i loro antenati siano gli spiriti dei boschi che secondo Greci e Latini difendevano gli alberi e abitavano nei tronchi o fra i rami. Sono gli Gnomi che piantano i semi di nuovi alberi, ne curano le radici e si occupano dei cuccioli e dei piccoli uccelli rimasti senza genitori e sono sempre loro che fanno sfuggire l'ascia di mano ai boscaioli o sbagliare la mira ai cacciatori. Al minimo segno di inquinamento però cambiano zona, nascondendosi nel profondo dei boschi: plastica, cartacce, scorie chimiche e sporcizia di ogni genere sono i loro grandi nemici e uno Gnomi costretto a viverci in mezzo può anche morire (anche se in genere si ritiene che queste piccole creature siano immortali).


Gli Gnomi nel mondo

GNOMI PELLEROSSA Secondo gli indiani Mohave nelle foreste abitano Gnomi dai capelli bianchi, alti circa 60 cm, che al posto dei piedi hanno grosse zampe di gallo. Sono espertissimi nelle arti magiche e qualche volta le insegnano agli uomini che sono gentili con loro. BARSTUKAI Sono una razza di gnomi che vivono nei paesi baltici e rendono fertile la terra; alti un palmo hanno una lunghissima barba. ERKIGDLIT Gnomi eschimesi terribilmente maligni e molto pericolosi; vivono sottoterra, hanno zampe di cane e ridono continuamente. KURUMBAS Si possono incontrare in India, ma solo se si è molto fortunati. Vivono nella giungla e si costruiscono case di foglie perfettamente mimetizzate; hanno grandi poteri magici e si mostrano ostili agli uomini se disturbati. MO-SIN-A Sono gnomi cinesi simili ad un bimbetto col viso coperto di peli bianchi; sono tra i pochi gnomi malvagi e cercano di far perdere la strada ai viaggiatori per poi spingerli nei burroni. SACI Uno gnomo amichevole che vive nelle foreste del Brasile; ha la pelle scura, una sola gamba e un berrettino rosso. E’ un gran fumatore di pipa e non può superare i corsi d’acqua. SESANDRIY Vivono nel Senegal e costruiscono villaggi nascosti nel profondo della foresta; camminano all’indietro per confondere le tracce e sanno contare solo fino a tre. SIONA Stranissimi vivono nelle foreste del Madagascar e hanno il corpo interamente ricoperto da una specie di lichene: a vederli quindi sembrano fatti di corteccia o di roccia.


Il tesoro di un Folletto

Se a qualcuno capitasse la fortuna di trovarsi davanti un Leprecauno o un Marrauchicchio (oppure un'altro folletto, sprovvisto di tesoro personale ma sicuramente in grado di "annusarne" uno) sappia che i metodi per convincere una di queste piccole creature a rivelare il nascondiglio dell'oro sono soprattutto tre: * bisogna essere abbastanza svelti da acchiappare il Folletto per il collo, e poi dirgli che riavrà la libertà solo in cambio del tesoro; * un'ottimo sistema è quello di afferrare il berretto della crea- turina, minacciando di buttarlo nel fuoco; tutta la magia del Folletto sta nel cappello e per riaverlo sarà certamente dispo- sto a parlare; * il terzo metodo è piuttosto curioso e complicato: si prende un fagiolo secco,si mette nell'acqua perchè si gonfi e si aspetta che il Folletto venga a supplicare di non tormentarlo più. La sua pancia, infatti, si gonfia allo stesso modo del fagiolo e si sgonfierà solo quando questo sarà distrutto. Ma bisogna proprio maltrattare i Folletti in questo modo per ottenere qualcosa? Non è detto: chi aiuta un Folletto in difficoltà oppure gli fa un grosso favore in genere viene ricompensato lautamente con oro, gioielli e buona fortuna. Perchè non provare ad essere gentili allora? Il difficile in fondo stà tutto nel trovare un Folletto in difficoltà e offrirgli il proprio aiuto..... tra l'altro, non bisogna dimenticare che l'oro dei Folletti, se preso con la violenza o l'inganno, si trasforma quasi sempre in un mucchio di sassi, di foglie secche o di gusci di lumaca.

Silvia
18-03-02, 10:45
Avevo già postato questo articolo nel forum Destra esoterica e tradizionalista, ma trovo che sia molto interessante e credo che Tomàs mi perdonerà se mi ripeto… :)



Gli Gnomi esistono davvero?

Numerose tribù indiane, negli stati Uniti e nel Canada occidentali, narrano storie di piccoli uomini che si recherebbero in particolari laghi e fiumi per procurarsi l'acqua. Gli irlandesi ci hanno sempre parlato di nanetti con abiti aderenti, verdi o marroni, che frequentano laghi e fiumi in prossimità di determinati luoghi. Al di là delle credenze su gnomi, folletti e fate, esiste un numero impressionante di libri e raccolte di documenti che riferiscono sulle molteplici apparizioni di questi minuscoli ed inafferrabili esseri che, secondo le leggende, vivrebbero sottoterra. Potrebbe trattarsi di una "Seconda Razza" di umani che in tempi remoti, mentre noi ci sviluppavamo e progredivamo in superficie, si ritirarono nell'isolamento delle cavità terrestri naturali, per poi divenire, con le loro apparizioni, oggetto di miti e leggende? La storia ci ricorda che alcuni individui preistorici di piccole dimensioni hanno abitato l'Europa prima dell'arrivo dal nord dei Celti. Si trattava di una razza mongoloide dedita alla lavorazione della selce che conobbe un periodo fiorente durante l'età della pietra levigata. Questi popoli, Turanidi, Picti e Mediterranei, furono distrutti o ridotti in schiavitù dai Celti all'inizio dell'età del Bronzo. Stessa sorte toccò poi ai Celti per mano delle tribù teutoniche. E fin da allora iniziano a circolare racconti secondo cui non tutte le piccole creature erano state sterminate. Alcune si sarebbero nascoste nelle caverne dalle quali sarebbero uscite soltanto di notte per rubare viveri e compiere rappresaglie contro i loro aguzzini, impadronendosi dei loro piccoli animali e persino dei loro bambini immersi nel sonno. Sono solo racconti oppure possiamo accettare l'idea che lo sterminio di questi "nanetti" ad opera dei Celti non fu totale? Una delle scoperte più affascinanti sui piccoli esseri avvenne nel 1932, nello stato del Wyoming (USA.


http://www.silviadue.net/vari/mummia-nano.jpg

Mentre due cercatori d'oro stavano lavorando in un burrone, alla base delle montagne Pedro, credendo di aver individuato una vena d'oro su di una parete, la fecero saltare con la dinamite. Ben presto si accorsero di aver messo allo scoperto una caverna alta e larga 1,2 mt e profonda 4,5 mt. Scrutando all'interno i due cercatori rimasero stupefatti nello scorgere su una sporgenza, una minuscola figura mummificata di un uomo seduto, con le braccia e le gambe incrociate. La mummia era di colore bronzo scuro, molto raggrinzita e non più alta (stima da viva) di 35 cm. Gli scienziati che la esaminarono rimasero increduli, sottoponendola ai raggi X stabilirono che la creatura in vita pesava circa 5,5 Kg, che era di sesso maschile, che aveva una dentatura completa e che al momento della morte la sua età doveva essere di circa 65 anni. Il peso della mummia era di soli 350 gr, la sua fronte bassissima, il naso schiacciato con narici ampie e dilatate, la bocca larghissima e munita di labbra sottili. La scienza ufficiale aggiunse che "il piccolo cadavere era appartenuto ad un'epoca estremamente remota e la sua statura, tipo e origine, ci erano del tutto sconosciute". La mummia, infatti, era molto più piccola di ogni tipo umano finora conosciuto. Alcuni abitanti del posto suggerirono agli studiosi che l'uomo era soltanto un membro di una razza di piccoli esseri che un tempo aveva popolato la regione. Superate le prime perplessità iniziarono altre ricerche e furono consultati antichi documenti. Gli indiani Arapaho e Shoshoni nelle loro leggende asseriscono che quando giunsero in quei luoghi vi trovarono dei piccoli esseri che vivevano in canyon nascosti e che guerreggiarono contro di loro. Sulle pareti del Dinwoody Canyon sono stati rinvenuti dei petroglifi (disegni incisi) che non risultano appartenere alla tradizione indiana e apparentemente non trovano giustificazione. Allora migliaia e migliaia di anni fa, e forse anche in epoche più recenti, non esistevano solo dei giganti sulla Terra, ma anche dei pigmei, non appartenenti al genere che già conosciamo. Abitarono, come sembra, l'intero pianeta? Esistono tutt'oggi? Sono domande che non hanno ancora risposta. Oltre alla mummia, anche la caverna del ritrovamento fu oggetto di accurate indagini, ma gli scienziati non vi trovarono nè prove di residenza umana, nè strumenti lavorati, graffiti o altra traccia di scrittura, null'altro all'infuori della piccola sporgenza rocciosa su cui la piccola creatura era rimasta seduta per millenni. Un solo altro gnomo mummificato giunse a nostra conoscenza dagli Stati Uniti, all'incirca nel 1925. Si tratta di un'altra piccola creatura, dai capelli rossi, trovata anch'essa su di una sporgenza rocciosa all'interno della Mammouth Cave, nello stato del Kentucky.

In questo caso l'omino era alto da vivo 99 cm e, alle indagini condotte dagli scienziati, risultò essere morto non più di sei o sette secoli prima. Come fecero i due "nanetti" ad entrare nelle loro tombe rimane un mistero. Come un mistero rimane la mummia rinvenuta nel 1921 dall'inglese Mike Mitchell-Edges, nell'isola di San Blas a largo di Panama.

La mummietta era gelosamente custodita dagli indigeni Chucumaque come feticcio a cui attribuivano poteri sovrannaturali. La scienza disse che il piccolo cadavere macrocefalo era di un feto rimosso dall'utero materno a 5 o 6 mesi di gravidanza. Il suo stato di conservazione è ottimo, con la pelle ancora intatta. Questo feto presenta una forma cranica del tutto sconosciuta e non è stato sottoposto ad alcun trattamento di fumigazione, con alcool o di essiccamento al sole. La conservazione di quest'embrione dimostra una conoscenza scientifica di alto livello in netto contrasto con le condizioni di vita dei primitivi Chucumaque. Alcuni ricercatori hanno avanzato l'ipotesi che in tutti e tre i casi citati si possa far riferimento a creature provenienti da altri mondi. Al momento l'unica certezza è che non appartengono nè alla specie Homo Sapiens, nè ad altre forme umane conosciute.

Dal sito http://www.pometia.it/misteria/

Tomás de Torquemada
18-03-02, 14:26
Originally posted by Silvia
Avevo già postato questo articolo nel forum Destra esoterica e tradizionalista, ma trovo sia molto interessante e credo che Tomàs mi perdonerà se mi ripeto… :)

Diciamo che ti ringrazio infinitamente, meravigliosa Silvia... :)

Del resto, in questa prima fase, "ripetersi" sarà almeno in parte inevitabile... Io stesso, oltre ad aprire nuovi thread, sto cercando anche di ritrovare in rete il materiale già postato nel vecchio forum e che ha fatto una brutta fine...

Salutoni.

Tomás de Torquemada
01-05-02, 23:13
Dal sito http://www.asslimes.com/terra%20di%20mezzo1.htm

Gli elfi della metropoli
(tratto da "Politicamente scorretto" di G. De Turris)

Tutto è iniziato al culmine degli "anni di piombo". Quando più l'atroce concretezza del terrorismo, il sangue, i morti, i sequestrati, i messaggi feroci e deliranti, in poche parole la Realtà, ci assediava da ogni lato, nel 1978 apparve un libro che era allo stesso tempo una porta su un Altrove mitico e quotidiano, e "un manuale per un improbabile salvezza", una "uscita di sicurezza" per gli orrori che ci circondano. Mi riferisco a Gnomi di Wil Huygen e Rrien Poortvliet, due olandesi ai quali non si finirà mai di rendere merito per il loro piccolo capolavoro di fantasia e ironia. Con ogni evidenza era un avvenimento da lungo tempo inconsciamente atteso. Non solo si tirò dietro altri libri molto belli, sempre editi da Rizzoli, dallo stupendo Fate di Froud e Lee, a Giganti, a Streghe; non solo diede vita ad una lunga serie di cartoni animati spagnoli molto amati dai bambini (David Gnomo, Benjamin), ma contribuì alla riscoperta del "Piccolo Popolo", cui vennero dedicati svariati volumi saggistici, il che unito alla contemporanea rivalutazione delle fiabe, ha fatto sì che questi argomenti, che hanno in comune molti aspetti, siano stati definitivamente riscoperti ed oggi, non più messi all'indice da una cultura a senso unico, siano un tema come tutti gli altri per la nostra editoria e la nostra critica. Ci si potrebbe chiedere, invero oziosamente, del perchè di tutto ciò, del perchè, in piena era moderna, meccanica, elettronica, computerizzata, si sia sentita la necessità di un ritorno a cose tanto poco razionali, tanto "infantili". Il bisogno di un varco che permettesse di uscire da una situazione generale per nulla gratificante, come si è detto, è già una prima risposta, ma non è sufficiente. Altre possibilità in quegli anni si erano presentate e di diversi generi: perchè la riscoperta del "Piccolo Popolo"? Il desiderio collettivo di ritornare bambini? All'epoca spensierata delle favole? Forse, ma non necessariamente. Ma cosa rappresenta, che cosa rappresentavano ancora gli gnomi, le fate, gli elfi? Si devono tener presenti due fatti: otto anni prima la traduzione de Il Signore degli Anelli di Tolkien aveva dimostrato che si poteva parlare di certe cose - che in modo automatico vengono collegate all'infanzia - senza cadere nel puerile.contemporaneamente l'affermarsi sempre più prepotente di una "coscienza ecologica" aveva messo in discussione - a causa di certi risultati sotto gli occhi di tutti - l'assoluta bontà delle scelte tecnologiche e industriali effettuate sino a quel momento in Occidente. Insomma riscoperta della Natura, riscoperta di una dimensione fantastica dell'infanzia, a me pare che siano - almeno ad un iniziale approccio - alla base del successo e della riaffermazione del "Piccolo Popolo" e dei suoi molti protagonisti, e non più solo a livello ludico e fanciullesco. Livello che peraltro aveva già i suoi personaggi di successo di questo tipo, gli Schtroumpfs, noti da noi come Puffi, creati nel 1958 dal disegnatore belga Peyo, gnometti blu ispirati al folklore celtico. Allora cerchiamo di andare più a fondo. Se affermazione c'è stata, presso il pubblico degli adulti, se essa non è soltanto una moda editoriale, per quale motivo si è prodotta? Che cosa sta a simboleggiare questa folla di personaggi che emergono dalle favole che abbiamo letto da piccoli, che ci venivano raccontate la sera per tranquillizzarci e/o spaventarci? I nani, gli gnomi, i folletti, i coboldi, i leprecauni, i troll, gli elfi, le fatine, ci diranno gli studiosi di antropologia culturale, di folklore, di tradizioni locali, erano la risposta irrazionale e antropomorfica per chiarire i fatti e avvenimenti che gente incolta e semplice non riusciva altrimenti a spiegarsi, personificando spesso fenomeni naturali: morti misteriose, perdita e ritrovamento di oggetti, atteggiamenti umani insoliti, eventi atmosferici imprevisti, autosuggestioni provate nelle foreste e nei campi, rumori notturni nelle case solitarie, epidemie di animali e così via. Un retaggio sostanzialmente pagano che l'avvento del cristianesimo in Europa non è stato in grado di debellare del tutto o che ha più semplicemente "trasformato" e adattato al nuovo clima religioso. Contadini e montanari, vivendo a contatto con la Natura, avevano la necessità di dare, in qualche modo, una spiegazione a fatti che non capivano. Semplice, chiaro, e soprattutto razionale. Ma che bisogno abbiamo noi, oggi, che contadini e montanari non siamo, che abitiamo in metropoli divenute "giungle d'asfalto" e non in campagna e sulle montagne, che bisogno abbiamo noi di rinfrancarci un po' lo spirito gustando i libri di Huygen e Poortvliet, di Froud e Lee e tutti gli altri? Non certo perchè abbiamo bisogno di spiegazioni per fatti che non comprendiamo. E allora? Non sarà forse perchè il "Piccolo Popolo" è un simbolo, il simbolo di qualcosa, ieri come oggi, e quindi sempre valido, al di là della contingenza, al di là del profondo mutamento della cultura divenuta da agricola a industriale e quindi postindustriale? Ormai si sa che, ciclicamente, ad un estrema "materializzazione" dell'esistenza fa seguito l'opposto: quando si pensa che si sia fatta tabula rasa del mondo dello spirito, si è giunti al picco del materialismo, rispunta la metafisica. E che, assai spesso, questo nuovo spiritualismo, questa nuova metafisica, sono cose spurie e degradate, comunque sintomo di una necessità intima e insopprimibile dell'essere umano. L'attuale proliferare di sette e conventicole, che tanto allarma sociologi e moralisti, nonchè la Chiesa, lo provano. Cosa c'è dietro all'interesse, alla curiosità, alla necessità che abbiamo di riscoprire il "Piccolo Popolo"? Proviamo ad andare ancora oltre alle risposte già date: la riscoperta della Natura, del folklore, dell'infanzia. Se gnomi, elfi e fate hanno un effetto su di noi che usiamo regolarmente automobile e computer, aeroplano e videoregistratore, televisore e telefono da tasca, non sarà forse perchè essi simboleggiano non eventi naturali, ma i poteri che stanno dietro ad essi? Noi sappiamo benissimo (ce lo insegnano dalla scuola elementare) cosa sono esternamente, sappiamo come si producono, ma non abbiamo più quella percezione del mitico e del meraviglioso che ci fa intuire la potenza che si nasconde dietro a tutto questo. Il "Piccolo Popolo" è una delle rappresentazioni, positiva o anche negativa, di questa potenza, in un forma per così dire "gentile", anche se in alcuni casi mostruosa. E proprio perchè è un simbolismo che va oltre l'aspetto esteriore e naturale, riesce ad essere ancora efficace (parzialmente efficace) in una cultura come l'attuale che è del tutto opposta a quella che lo creò. Se la Natura è "magica", questa sua magia, si perpetua nonostante tutto, anche se in modi e forme un po' diverse. La tendenza dell'essere umano a vedere dietro a fenomeni inspiegabili qualcosa di più del "caso", della "coincidenza", di un insieme di circostanze speciali, ce la danno due esempi. Il primo è costituito dalle cosiddette "leggende metropolitane" che, in un contesto cittadino, riecheggiano quelle della cultura contadina, cambiando soltanto sfondi e personaggi; e l'altra, inserita in esse, è la creazione dei gremlins, questi esseri brutti e dispettosi, al limite cattivi e crudeli, che non sono affatto una invenzione del film di Joe Dante, ma risalgono alla Seconda Guerra mondiale quando i militari americani, se non sbaglio dell' aeronautica, spiegavano con i gremlins incidenti e guasti altrimenti non comprensibili se non con l'intervento di misteriosi "esseri". La "realtà" di questa creazione del folklore moderno è ormai attestata da dizionari: l'Oxford Advanced Learner's Dictionary of Current English (1989) la definisce come una "immaginaria creatura dispettosa ritenuta causa di difetti meccanici o di altro tipo". E Massimo Izzi nel suo monumentale Dizionario illustrato dei mostri (Gremese, 1989) li considera "classici folletti adattati alla nostra epoca tecnologica", il cui nome deriva dall'antico inglese gremian, vessare. Sarà forse un caso, ma anche i gremlins, proprio come l'antico "Piccolo Popolo", hanno un atteggiamento anti-tecnologico. Ce lo conferma i Libro degli elfi (Ed. Settimo Sigillo 1991), in cui l'autore, Alfredo Brandi, esattamente come un moderno antropologo culturale, effettua una vera e propria classificazione a livello europeo, di una particolare stirpe, gli elfi. La maggior parte di essi non tollera il massacro della Natura che ha compiuto l'uomo moderno (il che è la causa anche della sua progressiva scomparsa, o meglio eclissi), ma non sopporta neanche il rumore di treni e auto, di attrezzi meccanici et similia. E non sopporta nemmeno il suono delle campane e altre manifestazioni esteriori del cristianesimo. "Noi siamo rimasti fedeli alla nostra origine, mentre voi no", dice lo gnomo Haroldson, 379 anni, a Huygen e Poortvliet, nella conversazione che chiude il loro libro. "Il nostro rapporto con la terra si basa sull'armonia, mentre il vostro si basa sull'abuso: abuso nelle questioni di vita e di morte". Gli gnomi, gli elfi, il "Piccolo Popolo" simboli delle potenze della Natura e dell'armonia nei rapporti con essa. Come mette in evidenza Brandi, possono compiere sì dispetti, sono a volte sì pericolosi, ma in genere aiutano l'uomo (il contadino, il montanaro) in modo invisibile. E' una concezione, come viene documentato nel suo libro, che è diffusa in tutta l' Europa, dal Portogallo alla Russia, dalla Grecia all'Islanda. "C'è un baratro fra quanto voi intendete come progresso e quello che intendiamo noi come progresso", dice sempre Haroldson. Opere come queste possono contribuire a ricordarcelo.

Tomás de Torquemada
25-06-02, 05:46
Dal sito http://digilander.iol.it/jmmro/home.htm

IL PICCOLO POPOLO DELLE JANAS

http://digilander.iol.it/jmmro/domus.htm

Saluti.

Silvia
17-09-02, 19:59
FOLLETTI

http://www.silviadue.net/fantasy/folletto1.gif

I folletti popolano le fiabe e il folklore di numerosissime tradizioni popolari e regionali con infinite variazioni. Gli elementi comuni che si possono rintracciare, al di là delle differenti manifestazioni locali, sono le piccole dimensioni, la capacità di assumere altre sembianze, la permalosità nel rapporto con gli uomini e l'ambivalenza dei loro atteggiamenti: talvolta sono benevoli e aiutano l'uomo con magie e lavori domestici, talvolta sono piuttosto dispettosi e persino pericolosi. Con un po' di cibo, solitamente si ingraziano. Queste creazioni delle fiabe e dell'immaginazione risentono di numerosissimi elementi. Nella tradizione contadina, si potrebbe ipotizzare che siano la personificazione dei topi o di piccoli animali domestici che possono procurare danni e dispetti, ma possono essere anche neutralizzati o addirittura di compagnia e utili se si offre loro del cibo. Non è un caso che talvolta si presentino proprio sotto forma di animali. Ma, nella maggior parte dei casi hanno un aspetto antropomorfo, anche se le loro dimensioni sono molto piccole, variabili da poco più di mezzo metro a pochi centimetri.
E in questo tipo di rappresentazione le analogie con altre leggende e tradizioni sono evidenti. Nella mitologia nordica, per esempio, vengono in mente gli elfi, esseri semidivini dalle ridottissime dimensioni, per lo più benigni, che sono un'impersonificazione delle forze della natura. Nelle saghe scandinave si ritrovano i nani - Andvari e Regin nell'Edna scandinava, Alberico nei Nibelunghi... - miniaturizzazioni che nascono da una visione antropomorfa della natura che viene così popolata in ogni suo aspetto: ogni elemento nasconde un mondo di folletti, fate, gnomi, pigmei.


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In Inghilterra il più celebre dei folletti domestici è il brownie, alto 60 cm. e ricoperto di peli scuri, nudo o rozzamente vestito. Le sue mani possiedono il pollice mentre le altre dita sono saldate. E' servizievole nei lavori di casa e aiuta l'uomo in cambio di dolci e latte. Come tutti i folletti è un po' permaloso. Un altro folletto domestico inglese è il bwca, alto circa mezzo metro, caratterizzato da un lungo naso, esperto nella preparazione del latte, dei formaggi e in generale dei lavori domestici. Talvolta può divenire pericoloso e dispettoso. Il buggane, folletto dispettoso della Gran Bretagna, ha la capacità di cambiare forma, spesso si trasforma in vitello nero o in cavallo e, nel suo aspetto umano, conserva gli zoccoli o le orecchie di cavallo.
In Irlanda, invece, si ritrova il leprecahun, un folletto solitario alto tra i 20 e i 70 cm. che aggiusta le scarpe spaiate dove ripone le sue ricchezze. Ama il tabacco e l'alcol che rubacchia di notte nelle case.
In Francia ci sono i korred, tipici della Bretagna, folletti alti meno di un metro con gli occhi arrossati, che amano danzare. Anche in questo caso si ritrova una forte ambivalenza: talvolta aiutano l'uomo con profezie e magie, ma può essere molto pericoloso per gli uomini assistere alle loro cerimonie.
Nelle stesse regioni vivono poi i korrigan, abitatori fatati dei monumenti megalitici, spesso confusi e contaminati con i korred.


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Sempre in Francia si ritrovano anche i drac sono folletti decisamente dispettosi e malevoli, e gli jetins che abitano le grotte marine. Questi ultimi, benché siano alti appena 50 cm., sono dotati di un'incredibile forza. Spesso cambiano i loro bambini con quelli umani, tematica questa molto ricorrente nelle leggende sui folletti. In Italia c'è poi il lauro, folletto talvolta benevolo talvolta dispettoso in grado di mutare il proprio aspetto a forma di cane, gallo o altri animali, ma sempre riconoscibile dal suo inseparabile berretto rosso. E ancora, in Olanda si trovano i kaboutermanneken, folletti benevoli che aiutano l'uomo in cambio di un po' di cibo e gli alven, esseri piccolissimi che si spostano trasportati dal vento e vivono negli stagni senza pesci. Hanno abitudini notturne e sono in grado di modificare il loro aspetto.
In Belgio vivono i kludde, folletti malefici che si manifestano nelle notti più gelide nei campi deserti e nei luoghi sconsacrati. Anche loro hanno il dono della metamorfosi e spesso si manifestano sotto forma di cane nero mostruoso che cammina sulle zampe posteriori. Sulle montagne della Svizzera ci sono i folletti bergmelen, piccolissimi conoscitori delle erbe mediche, che si possono scorgere soltanto nelle notti illuminate dalla luna, quando escono allo scoperto per danzare.


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Il nis, tipico della Scandinavia è un folletto piccolo come un infante ma con la faccia da vecchietto. Ama danzare, aiuta nelle faccende domestiche e accudisce gli animali in cambio di un po' di cibo. I paar, che vivono in Finlandia sono invece folletti domestici specializzati nella produzione del burro che talvolta si manifestano sotto forma di gatti, serpentelli o rospi.
Presso le popolazioni slave sono da segnalare gli ovinnik, folletti del focolare, con occhi come braci, malevoli, che appaiono come gatti che abbaiano o che ridono, mentre i polevik, vivono nei campi e sono molto dispettosi: si divertono a far smarrire i viaggiatori. Per ingraziarseli, tuttavia è sufficiente offrire loro un po' di cibo.
Tipici del Canada sono invece i mannegishi, piccoli, senza naso, con gambe lunghe e magre e mani con sei dita. Frequentano i corsi d'acqua e si divertono a fare scherzi.
In Australia solo i bambini possono vedere i mimi o wulbarwar, piccolissimi, trasportati dal vento, inoffensivi e benevoli, per lo più, ma molto permalosi.
Mikoshi Niudo, infine è un folletto del Giappone molto dispettoso, con la testa pelata e la lingua a penzoloni che si diverte ad apparire improvvisamente spaventando la gente.



Da www.linguaggioglobale.com

Silvia
25-10-02, 20:47
STORIA O LEGGENDA DEL PICCOLO POPOLO
Di Raffaello Fiorini

Una caratteristica dei racconti Fantasy è la costante presenza del Piccolo Popolo, ora buoni, ora cattivi... ora Gnomi, ora Elfi. In genere è perchè in Irlanda, terra dove certe tradizioni popolari sono più vive che altrove, traggono spunto ed origine molti di questi racconti. Ma nessuna leggenda, per quanto strana, può nascere dal nulla...

La leggenda comincia, incredibile ma vero, proprio alle porte di Roma. Nell'antica Etruria si narrava, oltre 3500 anni fa, di come un contadino, un bel giorno, ripulendo dagli arbusti il suo terreno, si vide saltar fuori da sottoterra quello che gli parve essere un bimbo con la barba e i baffi!
I due divennero ben presto amici e si scambiarono per anni favori e consigli pratici sul metodo di lavorare la terra... La storia si ripetè analoga in molte epoche e molte parti del mondo. Chi si dimentica dei Monaceddi o Munacielli del nostro Sud? Ma dove sono le prove dell'esistenza di questi piccoli esseri che amavano giocare, e... rapire i bambini? Detto - Fatto: facciamo un salto nella foresta di Fontainebleu (Seinet - Marne, Francia). Questa foresta oggi tanto frequentata, rimase isolata per migliaia di anni. Solo briganti e fuggiaschi si rifugiavano tra le irraggiungibili grotte, in mezzo a boschi e montagne. Ci sono più di 2000 mq. di rocce decorate di incisioni, graffiti e dipinti preistorici... si va dal naturalistico e astratto della preistoria alle incisioni di epoca storica fatte da viaggiatori occasionali... e poi, ci sono quelli "strani". Corpi rettangolari, teste senza collo e naso a forma di "U". Le braccia sono aperte e le dita a ventaglio, le gambe cortissime e spesso mancano... e ancora cerchi, croci, simboli indecifrabili. Un Archeologo di "cattedra" esclamerà "niente di nuovo sotto il sole"... se non fosse per il fatto che queste cose sono state trovate in cavità rocciose dove, a volte, può penetrare soltanto un braccio!!!

Arthur Machen (1863-1947), giornalista del Galles, specializzato in racconti macabri, dedicò gran parte della sua vita a studiare la leggenda... Machen nacque nella regione di Caerleon, dove si dice che Re Arthur abbia tenuto la sua corte. Era un grande esperto delle Tradizioni popolari del suo Paese. Si sa che nel corso della sua lunga vita di ricercatore, nonchè giornalista a Londra arrivò a queste conclusioni: La "piccola gente" non è del tutto immaginaria, probabilmente è discendente da individui preistorici che hanno abitato l'Europa prima dell'avvento dei Celti. Machen diede sostanza alle sue teorie attingendo alle prove raccolte dagli antropologi, secondo i quali una razza mongolica, di proporzioni minuscole, aveva lasciato tracce della lavorazione della selce in strati di età Neolitica (7000 a.C.) Corrispondenza impressionante col ciclo pittorico detto "delle Teste Rotonde" tra i dipinti rupestri del Sahara (stessa epoca N.d.A.). Piccoli uomini che dominano le forze della natura, in un epoca in cui il deserto era un rigogliosa prateria...volano, sopra uomini di statura normale, questo raffigurano i dipinti... Ma chi erano in realtà costoro?
Erano conosciuti dagli antichi sotto diverse denominazioni, come Turanidi, Picti (o Pitti) e Mediterranei e, in base ai reperti, si era giunti a dedurre che si trattava di genti progredite e civili, capaci di fondere il Bronzo. Fu proprio nell'Età del Bronzo (ca.1500 a.C.) che giunsero i Celti in Europa soppiantando le culture preesistenti (quello che fecero qualche secolo dopo Teutonici e Romani con loro). Ma il Piccolo Popolo fu davvero sterminato? Davvero ne sopravvissero solo le leggende? Arthur Machen non ne era del tutto convinto.

Con l'arrivo dei Celti cominciarono a nascere le leggende. Non tutti gli esseri del Piccolo Popolo scomparvero, molti iniziarono una nuova esistenza nascondendosi in tane e caverne, dalle quali uscivano soltanto di notte per compiere occasionali furti di cibo, bestiame e, a volte, anche rapimenti di bambini neonati, forse per riti sacrificali.
Sono Demoni Orribili... Qualcosa di più o qualcosa di meno di un essere umano!, scriveva senza mezzi termini Arthur Machen nel suo resoconto The shining pyramid, ristampato in Inghilterra nel 1960. Sarà stata fervida immaginazione la sua? Sarà stato un allievo di Giulio Verne, oppure un precusore di Orson Welles (quello che negli anni' 50 ci fece credere all'invasione da Marte)... Bah, io posso solo dirvi che innumerevoli strutture e manufatti di minuscole proporzioni sono stati trovati un po' ovunque (superfluo aggiungere che esiste un'identica situazione per manufatti e resti umani di titaniche proporzioni! Ma questa è un'altra storia). Si va dai labirinti della fortezza preincaica di Sachsuaman alle rovine del Messico pre-Azteco, vale a dire delle culture Zapoteka, Maya ed Olmeka... Strutture piramidali, giardini pensili frammenti di lavorazioni orafe... tutto rigorosamente minuscolo! Adatto cioè per degli esseri viventi alti poco più di Action Man!
Si sa molto poco, grazie alla “Conquista" e "Colonizzazione", dei popoli pre-Azteki... Comunque negli anni '30 un'accanita campagna archeologica rivelò molte cose del Popolo Zapoteka. La capitale si trovava sul Monte Alban, a 12 km circa dall'attuale Oaxaca. Promontorio spianato artificialmente di 300 x 200 m. Vennero alla luce tesori di oro, giada, quarzo e turchese. Ma la scoperta più interessante fu, tutto sommato, una fitta rete di gallerie, alcune di queste alte 60 cm e larghe 50... pochi archeologi riuscirono a penetrarvi strisciando sulla schiena. E dopo aver percorso una sessantina di metri trovarono incensieri urne funerarie rovesciate all'imboccatura di gallerie ancora più piccole. Tutt'intorno ossa e oggetti lavorati di natura sconosciuta... ossa umane sparse e confuse con altre ossa che, ad un primo, superficiale esame sembrarono ossa di gatto... poi non vennero più esaminate. In ogni caso tutto lasciava presupporre una fine repentina e violenta, forse ad avvalorare le leggende indiane sul diluvio universale. Nelle gallerie, infatti, furono anche trovate tracce di erosione marina e conchiglie...

Spadine... Punzoni... Falcette, piccole asce, piccoli pezzi d'avorio stupendamente lavorati, punte di freccia lunghe appena un cm e mezzo: dal New Hampshire alle isole Aleutine in Alaska, dalla penisola dello Yamal in Siberia ai monti Vindhya dell'India, ed in Sicilia, Egitto e Sudafrica (no, i Pigmei sono più alti di quel misterioso Piccolo Popolo). Alcuni laghi sono ancora oggi evitati dai pellerossa che non amano incontrare i "personaggi" di molte loro leggende che vanno a fare provvista d'acqua. Durante l'Estate del 1932 dei cercatori d'oro ispezionavano una parete di roccia sul fondo di un burrone nei monti Pedro, presso Laramie, Wyoming, 100 km a sud-Ovest di Casper. Ad un tratto videro su una delle pareti di granito qualcosa che brillava come oro. Fecero saltare la parete con la dinamite e, sorpresa, invece dell'oro trovarono una mummia, accovacciata a gambe incrociate, come un piccolo Bhudda, alta appena 35 cm. Il reperto fruttò diversi dollari lo stesso venendo esposta in musei e circhi... poi venne analizzata seriamente. I dottori Henry Fairfileld ed Henry Shapiro, tra i più importanti studiosi della mummia, dichiararono più volte, dopo approfondite analisi (anche a raggi X, rivelatori delle minuscole ossa) che la mummia non apparteneva a nessuna razza terrestre conosciuta, mentre le prove al Carbonio 14 fatte sui tessuti ne rivelarono un'età, approssimativa, di...5 milioni di anni!... La mummietta fu al centro di un giallo ormai dimenticato, con morti misteriose fughe e rapimenti. Le uniche testimonianze rimaste (fotografie, analisi, radiografie) riposano, coperte da tonnellate di polvere nel museo di storia naturale all'istituto di Antropologia dell'Università del Wyoming...


Per gentile concessione dell’autore.
Grazie, ObiWan...

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Shambler
26-10-02, 01:05
la mummia : si tratta di un caso una malforamazione tipo anacefalia (adesso non ricordo il nome preciso) . resti umani con la stessa forma del cranio si trovano nei musei di anatomia patologica..
sorry

Silvia
26-10-02, 02:00
Originally posted by shambler
la mummia : si tratta di un caso una malforamazione tipo anacefalia (adesso non ricordo il nome preciso) . resti umani con la stessa forma del cranio si trovano nei musei di anatomia patologica..
sorry

Non dispiacerti, shambler… Noi non ci fissiamo su un’idea ma, anzi, lasciamo aperte tutte le possibilità… Ed è vero che, nel 1979, George Gill, docente di antropologia all'Università del Wyoming, riprese in esame le radiografie della mummietta e giunse a una conclusione diversa rispetto a quella di Henry Fairfileld ed Henry Shapiro ( e cioè che i resti appartenevano a un feto anencefalico, con proporzioni simili a quelle di un adulto…), ma anche questa, in fondo, non è che un’ipotesi.
Chissà… :)

Silvia
27-06-03, 22:54
GENESI DELLE RAZZE ESTINTE

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Capita di tanto in tanto che, trovandosi lontano dalle città, passeggiando tra i boschi o lungo le rive di un fiume, si sentano risate, sospiri, o suoni mai uditi altrove. Se colui che è in grado di udire queste "voci" accettasse i loro inviti, si ritroverebbe a percorrere dei sentieri nascosti che conducono in luoghi dove vivono, o meglio sopravvivono, esseri meravigliosi, ma a volte anche terribili, che il mondo moderno ha scartato e dimenticato in favore di un materialismo che ha reso l'uomo ostinatamente cieco ed insensibile. Primi tra questi esseri sono le fate. Spesso descritte come donne bellissime avvolte in veli splendenti, o come fanciulle minuscole con ali di farfalla, le fate sono comunque creature di natura magica considerate dolci ma terribili se infuriate. Una tradizione comune all'area alpina, ma anche a quella ligure e padana, vuole che esse influiscano sulla sorte degli uomini. L'origine del nome "fata", infatti, deriva dal latino fatum, destino, ed era associato a Tria fata, nome con cui venivano chiamate le Parche (o Moire), considerate dagli antichi greci e romani come divinità che decidevano il destino degli uomini. A tale divinità si affianca anche la figura delle tre Norne, che per i popoli nordici, abituati a trascorrere con dignità una vita segnata da controversie alle quali non potevano sottrarsi, avevano un significato simbolico analogo a quello delle suddette Parche. Più tardi, nelle leggende popolari e nelle fiabe, le fate vengono viste anche come ninfe abitatrici delle sorgenti, conoscitrici delle arti magiche e del futuro. Tuttavia, esse non devono essere confuse con le Ondine, spiriti delle acque scelti da Odino stesso per custodire l'oro del Reno, le cui vicende sono narrate nella Saga dei Nibelunghi.

Presso tutti i popoli del Nord era diffusa la credenza negli elfi, anche se le fonti eddiche non precisano la loro origine. Per certo si sa che alleati degli Asi erano i Ljosalfar, elfi della luce o elfi bianchi. Essi avevano fattezze umane ma erano molto più belli degli uomini: dal corpo aggraziato, dai capelli d'oro e d'argento e dagli occhi splendenti come le stelle, emanavano un chiarore che di notte, quando scendevano sulla terra per danzare e cantare nei campi fioriti, riluceva nelle radure dei boschi o sulle colline, dove lasciavano orme in cerchio a testimoniare la loro presenza. Il loro regno era però Alfheim, situato nei cieli e legato alla terra da quel grande fiume che gli uomini hanno chiamato Via Lattea. Secondo un poema eddico, Alfheim fu donato al dio Freyr, divinità della fertilità, dell'abbondanza e della luce solare, come regalo per il suo primo dente. E' per questo motivo che gli uomini nelle campagne, intorno all'anno Mille, compivano sacrifici atti ad aggraziarsi la benevolenza degli elfi. Ad essi venivano infatti offerte le ultime spighe, gli ultimi frutti ed alcune manciate di lino, perchè col rinnovarsi dei cicli stagionali gli spiriti dei campi e dei boschi curassero la prosperità del regno vegetale. Questi culti insegnavano inoltre a guardare l'ambiente con un maggior rispetto: in Norvegia e in Danimarca, ad esempio, si esitava a tagliare i boschi in quanto esisteva la credenza che gli elfi e molti altri géni prendessero dimora nelle cavità degli alberi e che per far legna si dovesse chiedere il loro permesso. Se si trascuravano questi aspetti, gli elfi potevano vendicarsi rapendo i bambini, facendo smarrire i viandanti o impazzire gli uomini. Più tardi, con la diffusione del cristianesimo, queste credenze furono esorcizzate riducendo l'immagine degli elfi a quella di caproni, cervi, lupi, maiali, o spiritelli malvagi che infastidiscono e procurano male agli uomini. Questa visione malvagia degli elfi ha quindi origini più recenti, tuttavia anche i popoli nordici volevano l'esistenza di una razza elfica votata al male, quella degli elfi scuri o Dökkalfar. Provenienti dal regno sotterraneo di Svartalfheim, essi erano di carnagione scura quanto la pece e di natura gelosi, astuti, portatori di sventura e malattia. Nonostante le molte doti negative, gli elfi neri erano abili orafi in grado di costruire oggetti magici di grande valore. E' proprio per questa loro capacità, per la collocazione del loro reame e per la discendenza da Ymir che essi vennero equivocabilmente confusi con i nani. Questi infatti erano creature che vivevano nel sottosuolo dei monti, presso una dimora costituita da cunicoli e grandi aule, denominata Nidavellir. Come i Dökkalfar, essi nacquero in forma di vermi nelle carni putrescenti di Ymir, il gigante primordiale. Nonostante la bassa statura e le membra deformi, i nani rivestono un ruolo di considerevole importanza per l'universo vichingo. Dopo la creazione del mondo gli dèi pongono quattro nani a sostegno della volta celeste: Austri, Vestri, Nordri e Sudri, indicanti i punti cardinali. "I nani conoscevano così bene il segreto dei tesori della terra e del fuoco primordiale da aver saputo forgiare gli oggetti più preziosi degli dèi". Essi infatti erano attratti dal fascino dell'oro, con il quale costruivano fulgidi gioielli e tesori di inestimabile valore. Talvolta questa loro cupidigia fu fonte di guai e discordie, come nel caso della Saga dei Nibelunghi. In alcuni casi, però, le leggende popolari vogliono che un nano di tanto in tanto si riveli a una persona di animo puro per condurla nei pressi di un ricco tesoro, esigendo che il beneficiato non rivelasse mai la provenienza delle proprie ricchezze, pena la perdita di tutto. In questo loro aspetto i nani ricordano gli gnomi della tradizione d'Irlanda, i quali esaudivano i desideri degli uomini con una pentola piena d'oro. Se gli spiriti elementali erano quindi schivi e restii a farsi vedere dagli uomini, ve ne erano altri che avevano grande gioia nell'"occuparsi" di loro. Erano questi i folletti, esseri inconsistenti (il nome deriva dalla radice fol, soffio d'aria) che vivevano in seno alle famiglie. Essi stavano nascosti nelle case, osservavano le azioni di coloro che vi dimoravano e, giudicandoli dal comportamento, decidevano di amarli, anche se indirettamente, o perseguitarli con terribili dispetti. Molte sono le favole o i racconti a riguardo di questi due aspetti dei folletti, l'uno fastidioso e molesto, l'altro allegro e vivace. Per certo si sa che, se gli uomini erano presuntuosi, egoisti, o assumevano dei comportamenti negativi, le punizioni dei folletti arrivavano immediate: scherzi, talvolta anche pericolosi, dispetti e manifestazioni che facevano perdere il senno. Al contrario, se le persone erano buone, i folletti vivevano serenamente e talvolta decidevano di mostrarsi loro. Gli spiriti assumevano allora le forme più svariate, a seconda delle circostanze: un sasso, un animaletto, una fiammella, un oggetto, ma più spesso l'aspetto dei simpatici ometti era quello di simpatici ometti dall'aspetto grazioso che proteggevano la famiglia, i suoi animali, e sbrigavano i lavori domestici o quelli pesanti anche grazie all'aiuto dei loro poteri magici. In questo somigliavano anche alle divinità familiari degli antichi etruschi e sabini, divinità che, come molte altre, sono state combattute dalla religione moderna e sostituite con le figure dei suoi santi. Sono stati proprio questi culti imposti a far perdere all'uomo la capacità di percepire le presenze che ancora abitano l'ambiente che lo circonda. Esse sono ancora qui, tra noi, ad aspettare o forse a cercare colui che, conservando il vero senso della gioia, della sincerità e dell'umiltà, possa ancora una volta accoglierli nella dimora che più amano. [...]


Aaron Beltrami su Algiza N° 4

dal sito http://www.centrostudilaruna.it

Shambler
02-07-03, 20:55
bacini a tutti.:-00H :-00H :-00H :-00H :-00H :-00H

Silvia
09-05-04, 16:29
GNOMI, ONDINE & CO.: GLI SPIRITI ELEMENTALI

Le Tradizioni popolari di tutto il mondo affermano l’esistenza degli Spiriti di Natura, eteree creature che popolano i boschi, le montagne, i corsi d’acqua e l’habitat incontaminato dei grandi spazi aperti. Queste tradizioni, di origine preletteraria, parlano di Fate, Elfi, Gnomi, di Silfidi e di Ondine... e di tutta una serie di figure fantastiche che popolano ancora l’immaginario collettivo.

Tali credenze erano comuni presso gli antichi Celti, convinti dell’esistenza di esseri e forze profonde celate agli uomini, un pantheon di divinità maggiori e minori che hanno in seguito dato vita alle immaginifiche e affascinanti leggende del Piccolo Popolo. Per i Celti esistevano luoghi sacri dove queste presenze misteriose, eppure reali, avevano la possibilità di manifestarsi con un vigore insospettato. Tali creature erano portatrici di energie cosmiche benefiche.

Queste energie, attraverso il rito consacrato nei luoghi misteriosi del culto druidico, nel maestoso e inquietante silenzio delle tenebrose foreste di querce, grazie all’incontro con una natura ancora giovane e non contaminata, si manifestavano imprigionate dalle forze evocatrici dello sciamano-druida e offrivano i loro servigi agli uomini.

Sotto la classificazione di Spiriti di Natura o Spiriti Elementali sono raggruppate diverse specie di esseri che godono di una loro evoluzione affine, in qualche modo, a quella del regno animale e umano, ma costituita tutta da una materia più sottile di quella fisica.



Gnomi: Spiriti della Terra
Il nome è stato ideato da Paracelso e, nella fantasia dei popoli europei, designa esseri di piccola statura (la cui scala può decrescere alle proporzioni più minute), dalla natura spesso maligna, dall'aspetto di vecchi barbuti, astuti e dotati di una forza straordinaria. Si tratta di un chiaro richiamo ad antiche mitologie quali quella germanica, celtica, slava, ecc. Gli gnomi abitano nelle viscere delle montagne, nelle fessure metalliche del pianeta, nelle grotte cristalline, sonnecchiano sotto le volte d'oro e d'argento delle miniere di cui sono i guardiani. Vengono spesso citati come abili minatori e orafi e come custodi di immensi tesori.


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Ondine: Spiriti dell’Acqua
Paracelso le chiama anche Ninfe. C’è una parte vastissima della mitologia dedicata a queste figlie delle acque, universalmente conosciute e spesso deificate. Sono le mitiche Sirene, la Ninfa Eco che langue d’amore per il suo bel Narciso, le Naiadi e le Nereidi, le tante Melusine che attraversano come meteore le leggende popolari del Medioevo. Tutte vivono in simbiosi con l’Acqua dei fiumi, dei laghi, delle cascate e delle sorgenti e la loro esistenza è legata a quella del loro Elemento: se un fiume si prosciuga o si inquina, la Ninfa muore. La Tradizione ce le descrive come esseri femminili di bellezza eterea, dotate di chioma fluente, pelle di alabastro e voce soave per attirare i naviganti e farli naufragare. Possono restare visibili anche sulla terra, ma al suono dell'undicesima ora devono tuffarsi nell'acqua, pena una morte crudele.


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Salamandre: Spiriti del Fuoco
Paracelso ce le descrive come creature agili e snelle, che abitano in prossimità dei vulcani in attività (alcune Salamandre sarebbero presenti sull’Etna sin dalle più remote antichità). Benvenuto Cellini ricorda di averne vista una, da bambino, nel caminetto della sua casa.
Secondo la Tradizione, hanno l’aspetto di lingue di fuoco o di sfere luminose vaganti nell’aria. Le loro femmine si fanno vedere raramente, ma sono bellissime, più belle di tutti gli altri spiriti, perché costituite dell'elemento più puro. Nell'antichità non mancavano le leggende legate a questi spiriti, ma individuate nell'animale "salamandra”: si credeva che vivesse nel fuoco, trasudasse olio bollente e urinasse acqua forte. Bastava avere in casa il corpo di uno di questi animali per avere sempre fuoco in cucina.


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Silfi e Silfidi: Spiriti dell’Aria
Paracelso li chiama anche Silvani e vengono spesso confusi con gli Elfi della Tradizione nordica.
Di queste creature evanescenti ed eteree si conosce ben poco: si sa che vivono nel vento, che si spostano con le correnti aeree brillando di splendidi colori dentro un raggio di sole e che non disdegnano il contatto con gli umani. Anche se si tratta di creature estremamente timide, spesso si mostrano ingannevoli, in special modo quelle di natura femminile ( :rolleyes: ). Le Silfidi sono un prodigio di eleganza e di bellezza: si bagnano nelle gocce di rugiada e vivono nei calici dei fiori.


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pcosta
09-05-04, 21:20
modesto contributo (alla "Shambler"): gli smiley del piccolo popolo

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Silvia
17-06-06, 18:47
Lo gnomo è forse il personaggio emblematico all'interno della cultura folklorica sul Piccolo Popolo. Il termine gnomo pare derivi dal latino spurio, del XIV secolo, gnomus e si attribuisce alla fantasia di Paracelso, che con questa parola avrebbe inteso sintetizzare il concetto di giudizio equo e saggio. [1]

Nella mitologia nordica, gli gnomi sarebbero nati dal cadavere di Ymir, gigante primordiale della mitologia germanica, ucciso dagli dèi Odino, Vili e Ve: i pezzi del suo corpo servirono da materia prima nella creazione del mondo. In genere, gli gnomi sono indicati come i depositari di antiche conoscenze, tesori, segreti; sono sempre anziani e barbuti, conoscono la natura, sono abili nelle tecniche minerarie e nella metallurgia.
Nell’Edda gli gnomi fabbricavano le armi e gli ornamenti per gli dèi. Questo legame con l'universo della metallurgia apre tutta una serie di rimandi alla cultura tradizionale, in cui le arti del metallo, l'alchimia e la mitologia guerriera sono spesso in stretta simbiosi. I piccoli abitanti del buio, quelli che vivono sottoterra nella "caverna-fucina", sono indicati come costruttori di armi: una specificità di ampio valore simbolico, intorno la quale è possibile scorgere l'influenza di antiche tradizioni guerriere.

Ma la connessione del Piccolo Popolo con l'attività mineraria e metallurgica propone uno spazio simbolico ben più ampio. Infatti, osservando il legame tra gli gnomi e l'universo dei metalli, è possibile scorgere sostanziali riferimenti alla cultura alchemica, metaforicamente evocata sotto l'epidermide simbolica della fiaba. Per meglio mettere a fuoco il tema, ci sia concesso dilungarci su una riflessione del Sermonti, secondo il quale è allo gnomo che "spetta il compito sacrilego di violare il grembo della Grande Madre e di estrarne l'embrione minerale che, uscito dalle viscere dell'Orco e sottoposto a fusioni, lavorazioni e purgature, si avvia, in tempi accelerati, a trasformarsi in metallo puro. L'arte del nano è una maieutica minerale e si compie al confine tra l'inesistenza e l'esistenza".

Dall'Anatolia, ove iniziò l'antichissima età dei metalli, sono giunte al mondo classico le misteriose leggende dei Kabiri, dei Coribanti, dei Telchini, dei Dattili, nani sotterranei e industriosi esseri non del tutto formati o malformati come gli embrioni di pietra con cui vivono in dimestichezza, talvolta in forma di giganti. Il nano è sempre astuto, spesso indovino e buffone e rivela la verità come svela la materia. La mitologia nordica ci racconta di nani custodi di tesori, Gnomi, Nibelunghi, Elfi o Coboldi, magici forgiatori di armi, come Durendal, la spada di Orlando, o Gugnir, la lancia di Odino.

Non è possibile, in questa sede, estendere la riflessione sul rapporto tra il Piccolo Popolo, le arti del metallo e l'alchimia, vanno comunque poste in rilievo alcune osservazioni. In primis il fatto che la conoscenza delle tecniche necessarie alla lavorazione dei metalli assegna ai loro possessori un'aura magica, alimentata da poteri straordinari: "l'eroe che sa estrarre la spada dalla roccia non è necessariamente un grande guerriero, ma sempre un mago potente signore di tutte le cose materiali e spirituali; un veggente paragonabile, nei termini dell'Età del Ferro, al moderno inventore, chimico o ingegnere, che crea nuove armi per il suo popolo". [2].

E ancora, come ignorare i rapporti tra eroi, fabbri e sciamani [3], nitidamente rinvenibili nella tradizione della cavalleria, in cui esperienze pagane e tradizioni cristiane convivono così strettamente da risultare inscindibili.
In fondo, fabbri e sciamani, "furono signori del fuoco tanto quanto gli alchimisti - e tutti, aiutando l'opera della natura, acceleravano il ritmo temporale e, in fin dei conti, si sostituivano al Tempo". [4]
Così il cerchio si chiude, l'antico mito del fabbro-sciamano si amalgama a quello più intellettuale dell'alchimista, conoscitore dei segreti della materia e capace di sfruttare quelle energie naturali che i comuni mortali possono solo subire. Lo gnomo è anche questo...


NOTE

[1] Liber de Nymphis, Sylphis, Ygmacis et salamandris et caeteribus spiritibus
[2] H. Zimmer, Il re e il cadavere, Milano 1988, pag. 212
[3] "Fabbri e sciamani - entrambi depositali di tecniche iniziaticamente acquisite, entrambi signori del fuoco, cioè capaci di dominare quell'elemento - sono strettamente imparentati, al punto che un proverbio yakuta proclamava: Fabbri e sciamani provengono dallo stesso nido" (F. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, Firenze 1981, pag. 56)
[4] M. Eliade, Il mito dell'alchimia, Roma 1968, pag. 187.



Da Indagine sul Piccolo Popolo – Laura Rangoni e Massimo Centini
Atlantide Edizioni (pag. 15 e seguenti)


http://www.silviadue.net/fantasy/Fee60.jpg

geometrantonio
17-06-06, 19:33
Ogni passaggio iniziatico si compie nell'oscurità.
Il neonato silente, riposa nell'antro oscuro della madre, per morire come feto, e nascere uomo.
Nell'oscurità dello stomaco della balena, Pinocchio passa dalla materia allo spiritus et materia.

pcosta
20-06-06, 21:15
Ogni passaggio iniziatico si compie nell'oscurità.
Il neonato silente, riposa nell'antro oscuro della madre, per morire come feto, e nascere uomo.
Nell'oscurità dello stomaco della balena, Pinocchio passa dalla materia allo spiritus et materia.

Trattandosi di un Pesce-cane e non di una Balena, il passaggio iniziatico di Pinocchio è ancora più oscuramente esoterico; come Atena glaucopide, di molto consiglio, vergine pura, protettrice delle città, strenua e gagliarda, Tritogeneia, che l'Egioco Zeus ha partorito dal suo capo augusto, così Pinocchio viene partorito dal ventre del Pesce-cane, uscendone vestito di tutto punto come la Dea della Sapienza.
Nulla è casuale nel mito moderno di Pinocchio, nemmeno il trattino tra Pesce e cane.

http://www.pcosta.net/ima/pesce-cane.jpg

sacher.tonino
21-06-06, 06:48
Grazie Professore
Mi fà piacere che lei è sempre presente su POL; anche diminuendo i Suoi interventi, per questo, ancora più preziosi.

Tanguy
03-07-06, 18:59
Se vi dovesse mai capitare di recarvi sull'isola di Man, non dimenticate di percorrere la strada che va da Douglas a Castletown, è splendida.

Ma ricordate; appena a sud si Stanton station vi troverete ad attraversare un ponte molto caratteristico.

http://img282.imageshack.us/img282/6889/186wm.jpg

Si tratta del Fairy Bridge e sarebbe estremamente scortese, da parte vostra, passare senza neppure proferire un Laa Mie(Buona giornata) nei confronti della fata che ne abita i dintorni.

Qualcuno si spinge perfino a suggerire che tale mancanza di tatto sarebbe punita con piccoli incidenti per tutto il tempo della vostra permanenza sull'isola.

Procurate quindi di porgere omaggio, il Genius Loci qui ha un pessimo carattere.

Tomás de Torquemada
13-07-06, 14:39
Sembianza di folletto

Una volta qua in campagna non ci credevano che c'erano gli spiriti, invece gli spiriti c'erano.
[Un marito e una moglie] andavano a totani, appena andavano a totani, avevano la candeletta, la candeletta antica, appena lei friggeva i totani, andava il folletto e: ffffff, gliela spegneva.
Senza vento, senza niente, [allora] quella là dice: "Oh, Peppino! Ma qua io accendo la candela e si spegne. Com'è?" - perché a quei tempi c'era la candela -.
"Nieeente!" - diceva il marito. E se ne andava. E un folletto tanto [così] (1) le andava a ballare davanti, eh!
Vanno per vedere e dice: "E com'è questo servizio? Dobbiamo vedere se domani sera succede lo stesso."
[La sera dopo] vanno a totani, a prendere i totani: lo stesso, preciso. Gli fa il folletto (2): "Tu - dice - fai quello che vuoi, ma io sempre qua sto."
E questo qua dice: "Mamma mia, il folletto c'è!"
Erano gli spiriti. Lo spirito si faceva con il lenzuolo, tutto coperto... si faceva di tutte le maniere.

Nunziata Pavone, 1901, operaia delle cave di pomice
Canneto (Lipari), 16.08.1983

(1) Nunziata, la narratrice, allargando leggermente le dita di una mano mi mostra come era piccolo il folletto.

(2) La storia non differisce molto da quella raccolta in Calabria dal demologo Bruzzano nel XIX secolo. Un folletto spegne continuamente la candela a due vecchi, e avendo loro deciso di cambiare casa andavano cercando la pala e la scopa. Da dietro la porta lui dice: "No vi prichiati ca li portu jeu pala e scopa". L. Bruzzano (Anonimo), Il folletto in Sicilia e Calabria, in "La Calabria", a. II, n. 5, 15 gennaio, 1890, p.40.

Da I confini irreali delle Eolie. Spiriti e diavoli nella tradizione orale di Macrina M. Maffei, Dario Flaccovio Editore 2002, p. 151-152

***

Aggiungo che una storia di folletto che spegne la candela si tramanda anche nella mia famiglia.