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Der Wehrwolf
19-03-02, 20:08
L’arcivescovo di Bologna punta il dito contro Tv,
istituzioni e demagoghi
Biffi: ruoli sconvolti da scorretti modelli di comportamento
di Giulio Ferrari

Di fronte all’orrore che suscitano vicende come il delitto di Cogne, con una madre sospettata di aver trucidato il proprio bambino, le coscienze si interrogano smarrite alla ricerca di un perchè, nella desolante consapevolezza che neppure una sentenza del tribunale potrà mai spiegare l’inammissibile. Quando la ragione umana riconosce i suoi limiti, è la sapienza della religione a soccorrerla, e ad additare lucidamente i mali che oggi minano la serenità familiare si è levata la voce del cardinale Giacomo Biffi. L’arcivescovo di Bologna, tra i pochi prelati che hanno mantenuto saldo e vitale il radicamento alla fede cattolica (è suo anche il coraggioso grido di allarme contro l’invasione islamica della Penisola), non ha esitato a chiamare in causa il demonio (che, ha detto, «sembra concentrare i suoi attacchi più violenti contro la famiglia») ma ha anche formulato una dettagliata analisi della crisi famigliare che, per l’autorevolezza di chi la propone e l’indubbia attinenza alla realtà, potrebbe essere sottoscritta da credenti e non credenti. Il cardinale, nella sua relazione tenuta in una parrocchia bolognese, ha esposto quello che definito “l’inventario dei guai” che sconvolgono il senso stesso della famiglia e, pertanto, sono all’origine dei drammi che si abbattono sul nucleo fondamentale della società.
L’IRRESPONSABILITÀ DEI GENITORI
In primo luogo, Biffi ha puntato il dito contro quei padri e madri che rinunciano alle responsabilità del loro ruolo nei rapporti famigliari. «Il sistema peggiore di educare - ha detto l’arcivescovo di Bologna - è quello dei genitori che fanno a gara nel fare regali ai propri figli, ma non riescono a colmare il vuoto che si profila perchè gli stessi figli non hanno un padre e una madre alle loro spalle». Dove manca il senso della famiglia tradizionale, e si instaurano rapporti che sarebbe più giusto definire di “convivenza” all’insegna del cameratismo e del disimpegno reciproco, «i figli - ha osservato Giacomo Biffi - vengono derubati del diritto primario di avere un padre e una madre uniti e collaboranti» e a nulla serve che i genitori cerchino di compensare questa omissione «colmandoli di regali o premiandoli con le settimane bianche». Nulla, infatti, può rimediare ai guasti causati da «genitori che non fanno il proprio mestiere» e che pensano di cavarsela con dei palliativi, magari impostando un rapporto di amicizia. «Ma i figli - ha ammonito il porporato - non hanno bisogno di genitori amici, quelli se li trovano da soli». La confusione dei ruoli all’interno del focolare, per il cardinale origina un rapporto che inevitabilmente scade nell’individualismo e nell’egoismo, con tutte le deleterie e imprevedibili conseguenze che, in situazioni esasperate, ne possono derivare.
DISFATTISMO MEDIATICO
In tale contesto, Biffi ha denunciato le responsabilità dei mezzi di comunicazione nel fornire modelli distorti e nell’alimentare attese illogiche e conseguenti frustrazioni. I canali dell’informazione, ha detto l’arcivescovo, «si fanno un punto di onore nel presentare la famiglia in una luce sfavorevole, quando non arrivano addirittura all’irrisione». Un vero linciaggio scientemente operato dai media, usi a trattare l’istituzione famigliare con toni scandalistici, ricordandosi della sua esistenza soprattutto quando vi è l’opportunità di enfatizzare squallide vicende quali «gli abusi sessuali». Nel promuovere lo scadimento generale dei costumi, che peraltro non ha risparmiato la famiglia, la parte del leone tocca alla televisione, colpevole secondo il cardinale di «proporre modelli che non offrono un comportamento corretto dal punto di vista del matrimonio».
L’ALIENAZIONE SESSUALE
E tra le colpe del piccolo schermo, vi è senz’altro quella di essere stato il “cavallo di Troia” della «rivoluzione sessuale», introducendo tra le mura domestiche comportamenti «che non sopportano nè regole nè finalità». Ne è conseguita la banalizzazione dell’atto sessuale, che da gesto d’amore che riflette lo spirito della creazione ha finito per degradarsi a una sorta di bisogno corporale. Con l’effetto, ha rilevato Biffi, che anche all’interno della famiglia il sesso è stato avvilito, diventando «più opaco, alienante, privo di significato».
LA NEGLIGENZA DELLE ISTITUZIONI
Davanti alla tempesta che si è abbattuta sui focolari italiani, ha sottolineato l’arcivescovo, lo Stato è rimasto con le mani in mano. Anzi, in molti casi ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per accrescerne le difficoltà: la schiacciante pressione fiscale e la totale assenza di interventi a favore delle giovani coppie ne sono la testimonianza più esplicita. Politiche che hanno indubbiamente pesato nel crollo della denatalità italiana e nel costringere i giovani a un deprimente “parcheggio” sino alla soglia dei trenta anni d’età nella famiglia d’origine. Una situazione a cui l’attuale governo sta cercando di porre mano: dietro la spinta della Lega Nord vengono finalmente varati quei provvedimenti, dai finanziamenti per gli asili nido e i nidi aziendali ai contributi per la prima casa, che segnano una inversione di tendenza. Non a caso, il cardinale Biffi ha parlato di «miglioramenti positivi registrati negli ultimi tempi», pur lamentando che la legislazione civile «nei suoi orientamenti prevalenti non difenda la famiglia»: è infatti ancora faticoso pensarla «come soggetto di diritti». Quei diritti che la sinistra e certo radicalismo laicista non hanno invece voluto negare alle coppie omosessuali e agli immigrati.
LA DEMAGOGIA DEMOGRAFICA
Proprio la filosofia delle “porte aperte” all’ immigrazione dimostra quanta demagogia e malafede, ha rilevato il prelato bolognese, si celi in chi si è adoperato per ridimensionare la famiglia nella propria consistenza, prima ancora che nella sua rilevanza sociale. Si è irriso ai nuclei famigliari numerosi, e si è propagandato persino l’aborto come rimedio anticoncezionale, paventando gli effetti devastanti della crescita demografica sugli equilibri ecologici e sull’economia. E oggi si invoca l’invasione straniera come rimedio alle culle vuote. «Gli stessi che in passato dicevano che eravamo in troppi - ha dichiarato Giacomo Biffi - ora raccontano che bisogna aprirsi all’immissione di milioni di persone: qui c’è qualcosa che non funziona. Tuttavia, comincia a farsi strada lentamente una nuova consapevolezza, che la crescita della famiglia è importante, se non altro perchè ci si accorge che i conti dell’Inps non quadrano».

Der Wehrwolf
19-03-02, 20:09
Nadia Lanfredi: da troppi anni l’istituzione familiare è in difficoltà
di Simone Girardin

«Occorre incominciare ad imboccare la strada secondo la quale la famiglia è un soggetto sociale a tutti gli effetti». Nadia Lanfredi, responsabile dell’Associazione Donne Padane dell’Emilia è convinta che in Italia si debba attuare un progetto serio e coerente sul fronte delle politiche familiari, troppo spesso evocate nelle passate legislature e che oggi invece deve essere attuato.
Secondo lei la politica, nel delicato campo della famiglia, gioca un ruolo fondamentale?
«Sicuramente. La politica ha bisogno di riconoscere le radici, di creare sfide e costruire progetti intorno al nucleo familiare. E non si deve sentire mai stanca di affermare che il futuro dell’umanità è legato a quello della famiglia. Bisogna avere la forza e il coraggio di guardare alla famiglia come criterio di misura di tutta l’azione politica e non solo come un qualsiasi settore della vita pubblica. Al bene della famiglia sono correlate tutte le dimensioni della vita umana e sociale: la tutela della vita, la cura della salute e dell’ambiente; i piani regolatori delle città, che devono offrire condizioni abitative, servizi e spazi a misura delle famiglie; il sistema scolastico che deve garantire una pluralità di interventi a partire dal diritto di scelta dei genitori; la revisione dei processi lavorativi e dei criteri fiscali, che non penalizzino il nucleo familiare».
Come avrà potuto leggere su molti quotidiani, e non è il nostro caso, oppure guardato i telegiornali nazionali e locali, si continua da settimane a parlare del terribile delitto di Cogne. Non le sembra che questa cattiva ingerenza dei mass media rischi di disegnare la famiglia come un luogo abitato da mostri?
«Non credo o almeno spero che non si voglia dare questa immagine. Vedo invece quanto la famiglia come istituzione sociale sia da anni in crisi. E noi abbiamo il dovere di dare delle risposte concrete a queste difficoltà, di consegnare delle certezze. Bisogna saper progettare ed investire sulla famiglia. Oggi c’è l’assoluta necessità di creare le condizioni per una significativa inversione di tendenza sulle politiche familiari, a partire da una assunzione del principio di sussidiarietà nei rapporti tra Stato e famiglia».
Come madre, che cosa si aspetta, che cosa vorrebbe per i suoi figli e per la sua famiglia?
«Vorrei che la famiglia fosse più tutelata. Non bastano le detrazioni fiscali o interventi di natura economica. Si devono moltiplicare le iniziative culturali, sociali e politiche che, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, aiutino sia i figli che le famiglie stesse. Penso agli oratori che oggi non esistono quasi più, a luoghi d’incontro dove poter discutere e parlare. E la strada è ancora lunga».
Ma perché si è insistito tanto sul tema della famiglia? Il motivo è semplice, anche se non tutti forse riescono a comprenderlo: dalla famiglia dipende il destino dell’uomo, la sua felicità, la capacità di dare senso alla sua esistenza. Ed è per questo che non ci si può stancare di affermare che il futuro dell’umanità è strettamente legato a quello della famiglia. Ed è così evidente e paradossale che l’atteggiamento di tv e giornali sulla vicenda di Cogne, purtroppo assai diffuso, trascura, offende e relativizza il valore della famiglia, vero cardine dell’identità.