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DEBORAH
19-03-02, 21:50
DA QUANDPO HA CAMBIATO IDEA!!!!!!

Subject: [ihr] Articolo di Benny Morris (un po' lungo)


> Le voci secondo le quali sarei stato sottoposto ad un trapianto di cervello
> sono (per quanto ricordi) infondate - o quantomeno premature. Ma la mia
> opinione sull'attuale crisi mediorientale e sui suoi protagonisti è
> radicalmente cambiata nel corso degli ultimi due anni. Mi sento un po' come
> uno di quei viaggiatori occidentali risvegliatosi bruscamente dal rumore dei
> carri armati russi che facevano irruzione a Budapest nel 1956.
> Nel 1993 ho cominciato una pubblicazione sulle vittime "giuste", una storia
> revisionista del conflitto arabo-sionista dal 1881 fino ad oggi. Ero
> moderatamente ottimista sulle prospettive di pace per il medio oriente. Non
> sono mai stato un ottimista fino in fondo, e i miei studi graduali nel corso
> degli anni '90 della storia precedente al 1948 e relativa ai rapporti tra i
> palestinesi e i sionisti mi hanno riportato alla profondità e all'ampiezza
> dei problemi e delle contraddizioni. Ma almeno gli israeliani e i
> palestinesi parlavano di pace; erano d'accordo sul mutuo riconoscimento; ed
> avevano sottoscritto l'accordo di Oslo, un primo passo che lasciava
> presagire il graduale ritiro di Israele dai territori occupati , la
> necessità di uno stato palestinese ed un trattato di pace tra i due popoli.
> Sembrava che i palestinesi avessero rinunciato ai loro decennali sogni ed
> obiettivi di distruggere e disgregare lo stato ebraico, e che gli israeliani
> avessero abbandonato il sogno di "uno stato israeliano più esteso", dal
> Mediterraneo al fiume Giordano. E, data la centralità dei rapporti
> israelo-palestinesi nel conflitto arabo-israeliano, un accordo di pace
> globale e definitivo tra Israele e tutti i Paesi arabi sembrava a portata di
> mano.
>
> Ma prima che completassi il libro, il mio moderato ottimismo ha lasciato
> spazio a seri dubbi - e nel giro di un anno si è trasformato in un
> pessimismo cosmico. La prima ragione era il rifiuto, da parte dei siriani,
> delle proposte formulate dai primi ministri Yitzhak Rabin e Shimon Peres nel
> 1993-96 e da Ehud Barak nel 1999-2000 che comprendevano il ritiro delle
> truppe israeliane dalle Alture del Golan in cambio di un trattato di pace
> bilaterale. Quello che sembrava aver frenato il Presidente Hafez Assad e, in
> seguito, il figlio e suo successore Bashar Assad, non erano capricci per
> qualche centinaio di metri qua o là, ma un netto rifiuto di stringere un
> accordo di pace con lo stato ebraico. Alla fine, ha vinto la presenza sulle
> pareti dell'ufficio degli Assad di un ritratto di Saladino, il leggendario
> guerriero musulmano curdo del XII secolo che aveva sconfitto i crociati,
> spesso identificati dagli arabi con i sionisti. Già vedo il padre sul letto
> di morte che si rivolge a suo figlio: "Fai quello che vuoi, ma non fare la
> pace con gli ebrei: come i crociati, anche loro si dilegueranno."
>
> Ma il motivo principale che ha sollevato e cristallizzato il mio pessimismo
> è stata la figura di Yasser Arafat, che è alla guida del movimento nazionale
> palestinese dalla fine degli anni sessanta e, in virtù degli accordi di
> Oslo, ha il controllo sulle città del West Bank (Hebron, Betlemme, Ramallah,
> Nablus, Jenin, Tulkarm e Qalqilya) e dintorni e su gran parte della Striscia
> di Gaza. Arafat è il simbolo del movimento, che meglio riflette le miserie
> del suo popolo e le aspirazioni collettive. Purtroppo, si è dimostrato un
> degno successore di Haj Muhammad Amin al Husseini, muftì di Gerusalemme, che
> ha guidato i palestinesi nella loro ribellione degli anni trenta (fallita)
> contro il governo britannico e, durante gli anni quaranta, nel loro
> tentativo (fallito) di impedire la nascita dello stato ebraico nel 1948, che
> ha provocato la loro catastrofica sconfitta e la creazione del problema dei
> rifugiati palestinesi. Husseini era stato implacabile quanto incompetente
> (un mix pericoloso) - ma anche un imbroglione e un bugiardo. Nessuno aveva
> fiducia in lui, né i suoi colleghi arabi, né gli inglesi, né i sionisti.
> Soprattutto, Husseini incarnava il rifiuto - il rifiuto di qualsiasi
> compromesso con il movimento sionista. Aveva rigettato due proposte
> internazionali di dividere il Paese in due stati, uno ebraico e uno arabo,
> da parte della Commissione Britannica Peel nel 1937 e da parte
> dell'assemblea generale delle Nazioni Unite nel novembre del 1947. Nel
> frattempo, aveva trascorso gli anni della guerra (1941-45) a Berlino,
> lavorando per il ministero degli esteri nazista e reclutando bosniaci
> musulmani per la Wehrmacht.
>
> Abba Eban, il ministro degli esteri israeliano, una volta ha detto
> scherzosamente che i palestinesi non perdevano mai l'occasione di lasciarsi
> scappare una possibilità. Ma nessuno può rimproverarli di incoerenza. Dopo
> Husseini è arrivato Arafat, altro implacabile nazionalista e mentitore
> accanito, poco credibile agli occhi dei leader arabi, israeliani o americani
> (a differenza di molti europei che avevano fiducia in lui).
>
> Nel 1978-79, si è rifiutato di sottoscrivere gli accordi israelo-egiziani di
> Camp David, che avrebbero portato alla costituzione di uno stato palestinese
> dieci anni fa. Nel 2000, voltando le spalle al processo di Oslo, Arafat ha
> respinto per l'ennesima volta un altro compromesso storico, ovvero le
> proposte di Barak a Camp David a luglio e successivamente migliorate con
> l'integrazione delle proposte di Clinton (con il sostegno di Barak) a
> dicembre. Invece, i palestinesi, a settembre, hanno fatto ricorso alle armi,
> lanciando l'attuale mini-guerra o intifada, che ha provocato finora la morte
> di centinaia di arabi e di israeliani, e un odio più radicato da ambedue le
> parti al punto che l'idea di un compromesso territoriale-politico sembra
> essere un sogno nel cassetto. I palestinesi e i loro simpatizzanti hanno
> incolpato gli israeliani e Clinton per quanto accaduto: le umiliazioni e le
> restrizioni quotidiane conseguenti alla continua semi-occupazione
> israeliana; i rinvii dell'astuto ma trasparente Netanyahu negli anni
> 1996-99; l'espansione ininterrotta degli insediamenti nei territori occupati
> sotto Barak e i suoi modi alteri nei confronti di Arafat; e l'insistenza di
> Clinton nel voler organizzare l'incontro di Camp David malgrado i
> palestinesi lamentassero il fatto di non essere ancora pronti. Ma, a dire il
> vero, tutto questo esula dal punto cruciale: Barak, leader sincero e
> coraggioso, ha offerto ad Arafat la possibilità di un accordo di pace
> soddisfacente che comprendeva il ritiro di Israele dal 91% del West Bank e
> dal 100% della Striscia di Gaza; l'eliminazione della maggior parte degli
> insediamenti; la sovranità palestinese sui quartieri arabi di Gerusalemme
> est e la creazione di uno stato palestinese. Per quanto riguarda il Monte
> del Tempio (Haram ash-Sharif) nella città vecchia di Gerusalemme, Barak
> aveva proposto un controllo congiunto israelo-palestinese, il monitoraggio
> del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o la "sovranità divina" sotto
> l'attuale controllo arabo. Quanto ai rifugiati palestinesi, Barak aveva
> offerto un immediato ritorno in Israele ed un ingente risarcimento
> finanziario per facilitare il loro reinserimento negli stati arabi e nel
> nuovo stato palestinese.
>
> Arafat ha rifiutato l'offerta, insistendo sul ritiro di Israele dal 100% dei
> territori, la sola sovranità palestinese sul Monte del Tempio e "il diritto
> di ritorno" dei rifugiati in Israele. Invece di continuare a negoziare, i
> palestinesi - con l'agile Arafat pronto a cavalcare la tigre e a manovrare
> dietro le quinte - hanno lanciato l'intifada. Clinton (e Barak) hanno
> risposto alzando la percentuale del West Bank al 96% (con alcune concessioni
> territoriali da parte di Israele) e la sovranità sulla superficie del Monte
> del Tempio, con il controllo israeliano sulla zona sottostante dove i
> palestinesi hanno recentemente effettuato degli scavi senza un'adeguata
> supervisione archeologica.
>
> Per l'ennesima volta, i palestinesi hanno respinto le proposte, insistendo
> sulla sola sovranità palestinese sul Monte del Tempio (sicuramente una
> richiesta ingiusta: dopo tutto, il Monte del Tempio e i resti del tempio
> sono il più importante simbolo religioso e storico nonché luogo sacro del
> popolo ebraico. Vale la pena di ricordare che "Gerusalemme" o le sue
> varianti in arabo non sono citati nemmeno una volta nel Corano).
> Dopo questi rifiuti - che hanno portato direttamente alla sconfitta di Barak
> e all'elezione di Sharon come primo ministro - gli israeliani e i
> palestinesi si sono presi per la gola, e la semi-occupazione è andata
> avanti.
>
> L'intifada è una specie di guerra strana, triste, con il cane bastonato che
> ha rifiutato la pace contestualmente nel ruolo di aggressore e, in presenza
> delle telecamere occidentali, di vittima. Il semi-occupante, con il suo
> esercito potente ma fondamentalmente inutilizzato, si limita semplicemente a
> rispondere in virtù delle restrizioni morali e internazionali entro le quali
> si trova ad operare. Ed esce sconfitta sulla CNN perché i bombardamenti
> degli F-16 sugli edifici vuoti della polizia fanno più effetto degli
> attentatori suicidi che uccidono 10 o 20 civili israeliani per volta.
> L'Autorità Palestinese si è dimostrata essere il regno virtuale della
> falsità, dove ogni funzionario, dal Presidente Arafat in giù, passa il tempo
> a raccontare bugie ai giornalisti occidentali. Normalmente, i corrispondenti
> attribuiscono a queste bugie la stessa o una maggiore importanza rispetto
> alle veritiere o comunque meno mendaci dichiarazioni dei funzionari
> israeliani. Un giorno Arafat accusa le Forze di Difesa Israeliane (IDF) di
> usare proiettili con la punta di uranio contro i civili palestinesi. Il
> giorno dopo parla di gas velenoso. Successivamente, per mancanza di elementi
> probatori, le accuse svaniscono nel nulla - e i palestinesi procedono con
> altre menzogne che vengono riportate sulle prime pagine dei quotidiani arabi
> ed occidentali.
>
> Quotidianamente, i funzionari palestinesi condannano i "massacri" e i
> "bombardamenti" di Israele contro i civili palestinesi - quando in realtà
> non ci sono stati massacri e i bombardamenti sono regolarmente diretti
> contro edifici vuoti dell'AP. Gli unici obiettivi civili che vengono
> deliberatamente colpiti in gran numero, e massacrati, sono gli israeliani -
> per mano degli attentatori suicidi palestinesi. In risposta, l'esercito e lo
> Shin Bet (il servizio di sicurezza israeliano) hanno cercato di colpire i
> responsabili attraverso "uccisioni mirate" dei fabbricanti di ordigni, dei
> terroristi e dei loro mandanti, a mio avviso, una forma altamente morale di
> rappresaglia, deterrenza e prevenzione: questi sono "soldati" (barbari) in
> una mini-guerra e, come tale, obiettivi militari legittimi. Forse i critici
> preferirebbero che Israele rispondesse con la stessa moneta ad un attacco
> suicida a Tel Aviv? I leader palestinesi regolarmente elogiano gli
> attentatori suicidi come eroi nazionali. In una recente serie di articoli, i
> giornalisti palestinesi , i politici e i religiosi hanno tessuto le lodi di
> Wafa Idris, un'attentatrice suicida che si è fatta esplodere in aria nella
> via principale di Gerusalemme - Jaffa Street -, uccidendo un uomo di 81 anni
> e ferendone circa 100. In seguito è scoppiata una polemica - non sulla
> validità morale o politica del gesto ma sul fatto che l'Islam consenta alle
> donne di svolgere questo ruolo.
>
> Invece di essere informati minuziosamente sulle offerte di pace israeliane,
> i palestinesi sono stati bombardati ininterrottamente dai media controllati
> dall'AP con incitamenti e menzogne anti-israeliani. Arafat ha liquidato la
> pratica abilmente, dicendo una cosa agli occidentali e un'altra agli
> elettori palestinesi. Successivamente, rivolgendosi ai telespettatori arabi,
> ha iniziato a usare il termine "l'esercito sionista" (per l'IDF), un ritorno
> agli anni '50 e '60 quando i leader arabi parlavano regolarmente di "entità
> sionista" invece di "Israele" che, secondo loro, implicava una forma di
> riconoscimento dello stato ebraico e della sua legittimità.
>
> In fondo, questo problema della legittimità - che sembrava accantonato dopo
> i trattati di pace israelo-egiziano e israelo-giordano - è attualmente
> motivo di preoccupazione per gli israeliani e della mia "conversione". Per
> decenni, i leader israeliani - in particolare Golda Meir nel 1969 - hanno
> negato l'esistenza di un "popolo palestinese" e la legittimità delle
> aspirazioni palestinesi per la sovranità. Ma durante gli anni '30 e '40, il
> movimento sionista ha abbandonato il sogno di uno "stato d'Israele più
> esteso", rinunciando alla spartizione della Palestina con gli arabi. Negli
> anni '90 il movimento è andato oltre - acconsentendo alla spartizione e al
> riconoscimento dell'esistenza del popolo palestinese come partner nel
> processo di spartizione.
>
> Purtroppo, il movimento nazionale palestinese, sin dagli inizi, ha negato la
> legittimità del movimento sionista, maturando la visione di una "Palestina
> più grande", ovvero di uno stato in tutta la Palestina popolato da arabi
> musulmani sotto il controllo degli arabi, magari con qualche ebreo in
> rappresentanza di una minoranza religiosa. Nel 1988-93, in un breve momento
> di lucidità, Arafat e l'OLP sembravano decisi all'idea di un compromesso. Ma
> dal 2000 la visione dominante di una "Palestina più grande" è ritornata in
> auge come in passato (e qualcuno si chiede se le dichiarazioni pacifiste del
> 1988-1993 non fossero che semplici escamotage diplomatici).
>
> La leadership palestinese, e con essa la maggior parte dei palestinesi, nega
> il diritto di esistenza dello stato israeliano, nega che il sionismo sia
> stato/sia semplicemente un movimento. (Devo ancora vedere un solo leader
> palestinese pacifista, come sembra essere Sari Nusseibeh, alzarsi in piedi e
> dire: "Il Sionismo è un movimento di liberazione nazionale legittimo,
> esattamente come il nostro. E gli ebrei rivendicano giustamente la
> Palestina, proprio come noi"). Al momento, Israele esiste ed è troppo
> potente per essere distrutto; la realtà è questa. Ma ciò non equivale a
> riconoscerne la legittimità. Da qui le reiterate negazioni, negli ultimi
> tempi, di Arafat, riguardo ad eventuali collegamenti tra il popolo ebraico e
> il Monte del Tempio e, per estensione, tra il popolo ebraico e la terra di
> Israele/Palestina. "Quale Tempio?" chiede. Gli ebrei non sono che ladri
> arrivati dall'Europa che hanno deciso, per motivi imprecisati, di sottrarci
> la Palestina e cacciare i palestinesi. Si rifiuta di riconoscere la storia e
> la realtà di un legame ebraico di 3000 anni con la terra di Israele.
>
> Da un punto di vista meramente simbolico, il Monte del Tempio rappresenta un
> nodo cruciale. Ma più praticamente, il vero problema, la vera cartina di
> tornasole delle intenzioni dei palestinesi, è la sorte dei rifugiati, circa
> 4 milioni, compresi quelli che sono fuggiti o sono stati cacciati durante la
> guerra del 1948 ai quali non è mai stato concesso, così come ai loro
> posteri, di ritornare nelle loro case in Israele.
>
> A metà degli anni ottanta, ho indagato sulle cause che hanno portato alla
> creazione del problema dei rifugiati, con la pubblicazione del 1988 "La
> nascita del problema dei rifugiati palestinesi, 1947-1949". Sono giunto ad
> una conclusione, che ha irritato molti israeliani ed ha inciso negativamente
> sulla storiografia sionista: la maggior parte dei rifugiati era una
> conseguenza dell'azione militare sionista e, in misura minore, di ordini di
> espulsione israeliani, e ordini o raccomandazioni dei leader arabi locali di
> abbandonare la zona. In seguito, i critici di Israele hanno evidenziato
> quegli studi che mettevano in luce la responsabilità di Israele, ignorando
> invece il fatto che il problema era una diretta conseguenza della guerra che
> i palestinesi - e, con loro, i vicini stati arabi - avevano iniziato. E in
> pochi hanno rilevato che, nel mio commento finale, avevo spiegato che la
> nascita del problema era "quasi inevitabile", in considerazione
> dell'obiettivo sionista di costituire uno stato ebraico in una terra
> largamente popolata dagli arabi e della resistenza araba al movimento
> sionista. I rifugiati erano inevitabilmente la conseguenza secondaria del
> tentativo di far entrare un palo quadrato in un foro rotondo. Ma, a
> prescindere dai miei studi, adesso siamo 50 anni avanti - e Israele esiste.
>
> Come ogni altro popolo, gli ebrei hanno diritto ad uno stato e non si farà
> certo giustizia gettandoli in mare. E se i rifugiati potranno tornare a
> casa, si verificherà un caos indescrivibile e, alla fine, addio Israele.
> Attualmente in Israele vivono 5 milioni di ebrei e più di un milione di
> arabi (una bomba a orologeria sempre più vociante, irredentista,
> pro-palestinese). Se i rifugiati torneranno, nascerà un entità bi-nazionale
> ingestibile e, considerando i tassi di natalità molto più elevati tra gli
> arabi, Israele ben presto cesserà di essere uno stato ebraico. Aggiungiamo
> gli arabi del West Bank e della Striscia di Gaza e avremo, quasi
> istantaneamente, uno stato arabo tra il Mediterraneo ed il fiume Giordano
> con una minoranza ebraica.
>
> Gli ebrei hanno vissuto in minoranza negli stati musulmani a partire dal
> settimo secolo - e, contrariamente alla propaganda araba, non è stata per
> loro un'esperienza piacevole. Erano perennemente considerati cittadini di
> serie B e sempre discriminati come infedeli; sono stati sovente perseguitati
> e non di rado assassinati. Nel corso dei secoli ci sono stati eccidi di
> massa. E negli anni '40 criminali arabi hanno assassinato centinaia di ebrei
> a Baghdad, e altre centinaia in Libia, Egitto e Marocco. Gli ebrei sono
> stati espulsi o sono scappati dal mondo arabo durante gli anni '50 e '60.
> Non c'è motivo di pensare che gli ebrei vorranno nuovamente vivere come
> minoranza in uno stato arabo palestinese, soprattutto in considerazione
> della tragica storia dei rapporti ebraico-palestinesi. Saranno espulsi o
> emigreranno ad occidente.
>
> E' il rifiuto da parte della leadership palestinese delle proposte di pace
> Barak-Clinton del luglio-dicembre 2000, l'inizio dell'intifada e la
> richiesta che Israele accettasse il "diritto di ritorno" che mi hanno
> convinto che i palestinesi, almeno in questa generazione, non vogliono la
> pace: non vogliono, semplicemente, la fine dell'occupazione - ovvero le
> proposte formulate nel luglio-dicembre 2000 che essi stessi hanno rifiutato.
> Vogliono tutta la Palestina e il minor numero possibile di ebrei. Il diritto
> di ritorno è il grimaldello con cui forzare lo stato ebraico. La demografia
> (il tasso di natalità è molto più elevato tra gli arabi) nel tempo farà il
> resto, sempre che le armi nucleari iraniane o irachene non colpiscano prima.
> E non fraintendetemi. Io sono a favore di un ritiro israeliano dai territori
> : la semi-occupazione è immorale e ingiusta, e allontana i partner stranieri
> di Israele nel quadro di un accordo di pace bilaterale; o, se non si
> riuscirà a raggiungere un accordo, di un ritiro unilaterale in direzione dei
> confini strategicamente difendibili.
>
> Nel 1988 sono stato rinchiuso in un carcere militare per essermi rifiutato
> di prestare servizio a Nablus nel West Bank. Tuttavia, non ritengo che lo
> status quo risultante possa durare a lungo. I palestinesi - l'AP stessa o le
> varie fazioni armate, sotto l'egida dell'AP - continueranno a colpire
> Israele con i razzi Katyusha e gli attentatori suicidi, lungo i nuovi
> confini, concordati o stabiliti volontariamente. In ultimo, costringeranno
> Israele a riconquistare il West Bank o la Striscia di Gaza, provocando
> probabilmente un nuovo, più esteso conflitto in Medio Oriente.
>
> Non credo che Arafat e i suoi colleghi vogliano la pace - e non credo che si
> troverà una soluzione permanente a due stati. Non penso che Arafat sia
> costituzionalmente in grado di acconsentire, realmente, ad una soluzione che
> darebbe il 22-25% del territorio (uno stato che si espanderebbe dal West
> Bank a Gaza) ai palestinesi e il restante 75-78% a Israele o di
> sottoscrivere il "diritto di ritorno". Arafat è incapace di rivolgersi ai
> rifugiati in Libano, Siria, Giordania e di dirgli in faccia: "Io ho firmato
> il vostro diritto di nascita, la vostra speranza, il vostro sogno".
> E probabilmente nemmeno lui lo vuole.
> Infine, credo, l'equilibrio delle forze militari o la demografia della
> Palestina, ovvero il discrepante tasso di natalità nazionale, determineranno
> il futuro del Paese; quindi o la Palestina diventerà uno stato ebraico,
> senza una cospicua minoranza araba, o diventerà uno stato arabo, con un
> numero sempre minore di ebrei.
> O diventerà la terra di nessuno".
>
> Benny Morris
> da The Guardian
>

ALBY (POL)
19-03-02, 22:26
Originally posted by KLASSENKAMPF


P.S. Rendo atto - contro voglia - ai forum-sionisti del fatto che NESSUNO DI LORO ( a parte, forse, il desaparecido Condor) si è mai abbandonato alla fraseologia da bettola di "Lady" Fait e che hanno (quasi sempre) mantenuto un aplomb (quasi sempre) impeccabile.

Solo perche' a differenza di Deborah non viviamo quotidianamente l'incubo di attentati

I'm Hate
20-03-02, 02:29
Di sicuro,non e' sana mentalmente.
:D

Goku
20-03-02, 13:33
...detto da chi ha scelto,con il suo nick-name,di esaltare pubblicamente l'Odio... ;)

Cordiali saluti

DEBORAH
20-03-02, 13:48
Originally posted by KLASSENKAMPF
Avete notato la tattica di Fait?
Appena si sente KO - il che succede sempre più spesso - dà la stura al suo typico turpiloquio da taverna dietro al tempio (oscenità, parolacce, bestemmie, insulti ai forumisti e alle loro madri etc). Il risultato è quello di costringere i moderatori a chiudere il thread e stppare la discussione.
Consiglierei pertanto di metter sù una conventio ad leprosam excludendam, ignorandola, per evitare che la cosa si ripeta.

P.S. Rendo atto - contro voglia - ai forum-sionisti del fatto che NESSUNO DI LORO ( a parte, forse, il desaparecido Condor) si è mai abbandonato alla fraseologia da bettola di "Lady" Fait e che hanno (quasi sempre) mantenuto un aplomb (quasi sempre) impeccabile.



Ti confido un segreto: io provo una gioia immensa a offendervi, te e i tuoi compari nazisti. E' la prima volta che ho l'occasione di farlo. prima , nella mia vita, a parte quando nel 43 sono venuti a portarci via e hanno preso i miei nonni non avevo mai avuto la gioia di poter dire a dei nazisti quanto li odio e quanto spero che muoiano tutti. Io KO? , animale, sei tu che puzzi di cadavere.

DEBORAH
20-03-02, 13:50
Originally posted by KLASSENKAMPF


Non conosco l'arabo, ma presumo che se il turpiloquio fosse figlio degli attantati, della violenza, dell'umiliazione e del genocidio, il vocabolario dei Palestinsei si ridurrebbe a una parola sola: "maledettoisrael!".


e io dico "maledetto te"

DEBORAH
20-03-02, 13:52
Originally posted by I'm Hate
Di sicuro,non e' sana mentalmente.
:D


sanissima grazie. Infatti sono cosi' soddisfatta di potervi insultare.

Non capisco perche' voi siate ancora nel forum ma finche' ci sarete o ci saro' io, godro' a insultare dei maiali , delle belve, dei cadaveri come voi.