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Visualizza Versione Completa : MONDADORI «Vi racconto la mia conversione»



Colombo da Priverno
21-03-02, 11:22
di MICHELE BRAMBILLA


Chi crede in Dio ha tutte le ragioni per convincersi che questo è uno di quegli scherzi che solo lo Spirito Santo è in grado di architettare: Leonardo Mondadori, il presidente della «laica» Mondadori, la più grande casa editrice italiana, si è convertito. E «convertito» sarebbe ancora niente: ha aderito alla più stretta ortodossia cattolica, cioè va a messa ogni domenica, si affida a un direttore spirituale, frequenta abitualmente i sacramenti e in particolare la confessione, infine ha deciso - lui, due volte divorziato e uomo dalla fama di galante, di bon vivant - di vivere da solo, in castità. Ma c'è dell'altro: ben lungi dal tenersi per sé questo cambiamento di vita, anzi questa rivoluzione, ha deciso di mettere tutto in piazza, raccontando ogni cosa a Vittorio Messori in un libro che s'intitola Conversione , e che sarà pubblicato dalla sua stessa casa editrice, inserito in un catalogo dove i testi religiosi non sono certo la maggioranza. Probabilmente non gli gioverà, negli ambienti che frequenta, dichiararsi per quello che è diventato: ma lui, quello che deve dire, lo dice. «Sono convinto», ci confida mentre ci accompagna nel suo ufficio, «che la gente abbia bisogno di indicazioni forti». Forti? Sono fortissime, le indicazioni che dà nel libro, un elettrochoc per il pensiero comune dei nostri tempi.
Dottor Mondadori, perché ha deciso di rendere pubblica questa sua esperienza? Si rende conto che tra intellettuali, scrittori ed editori certi discorsi - ad esempio quelli sull'obbedienza al Magistero - sono terribilmente fuori moda?
«Certo che mi rendo conto, altrimenti sarei un incosciente. Ma quello che mi fa paura non è il rischio di essere considerato fuori moda. Ciò che temo è di non essere capito. Qualcuno dirà: ecco, quello ha un tumore, sta per morire, e allora si butta sulla religione…».
Già, il tumore: un altro tema delicatissimo e personalissimo che lei non esita a rivelare…
«Ho avuto due tumori: uno alla tiroide e un carcinoide al pancreas e al fegato. Ma quello alla tiroide mi è stato asportato con successo, e il carcinoide, per fortuna, è un tumore dalla lentissima evoluzione: si può arrivare a ottant'anni senza accorgersi di averlo. E poi mi curo, oggi per quel male c'è una terapia efficacissima. No, la malattia non c'entra nulla, con la conversione. Anche perché la scoperta del tumore è del 1998, e il mio approdo alla fede di ben cinque anni prima».
Però lei teme ugualmente le incomprensioni, le malignità. Che cosa diranno in azienda, o nei salotti che frequenta?
«In azienda, fortunatamente, mi conoscono. Sanno che ho tanti difetti, ma sanno anche che tento di essere una persona seria e coerente. No, non è la Mondadori che mi preoccupa: è il cicaleccio dei pettegolezzi che mi dà fastidio. Immagino certe battute: ma come, quello parla di castità, e ieri sera l'ho visto a cena con una donna… Perché la mentalità è questa: se uno esce con una donna, ci va anche a letto insieme».
Insomma: lei ha messo in conto derisioni e cattiverie. Eppure, ha ugualmente deciso di uscire allo scoperto. Perché?
«Perché se anche un solo lettore trova, nelle pagine di Conversione , un po' di luce, ho raggiunto il mio scopo».
Vittorio Messori, un altro convertito, nel libro scrive che la sua vita cambiò in seguito a un'esperienza particolare, forse - fa intuire - a qualcosa che assomiglia a un'esperienza mistica. Anche a lei è capitato qualcosa del genere?
«No, nessuna esperienza mistica. Per me è stato un work in progress . Una sensibilità che è andata crescendo. Con molte cadute, intendiamoci. Ma anche con la volontà di rialzarsi sempre».
Ci sarà un giorno, un incontro, una faccia, un luogo, insomma un fatto dal quale tutto è cominciato. O no?
«Sì, ricordo una colazione al Savini con Pippo Corigliano, il responsabile delle pubbliche relazioni dell'Opus Dei. Era il 1992 e io, in quel periodo, non mi interessavo minimamente alla religione, né tantomeno alla Chiesa. Ma sentivo che la mia vita era, come dire?, piena di errori. Avevo già alle spalle due divorzi, tre figli da due donne diverse… Corigliano mi colpì molto. Decisi di incontrarlo altre volte. Cominciai a chiedergli qualche consiglio».
E lui?
«Fu molto discreto. Mi disse: se sei aperto a queste cose, ti farei incontrare con un sacerdote».
Ci andò?
«Naturalmente. Un prete eccezionale. Ebbe un grande rispetto per me. Cominciai a fidarmi di lui, a seguire i suoi suggerimenti. E, piano piano, seguendo ciò che mi diceva, mi resi conto di trovare le risposte che cercavo. Mi feci prendere da un grande entusiasmo, volevo cambiare tutta la mia vita di colpo. E lui, il sacerdote, con grande realismo, mi frenava: non avere fretta, mi diceva, Dio non ti chiede l'impossibile, procedi con calma. Non ho più lasciato quel sacerdote, che è tuttora il mio direttore spirituale».
Che cosa lo ha convinto che il cristianesimo è vero?
«In parte le ho già risposto: la constatazione che il Vangelo è davvero il libretto di "istruzioni per l'uso" dell'uomo. Che Gesù Cristo è davvero la risposta a tutti i nostri interrogativi. Che solo chi segue Cristo si realizza pienamente. Questa è stata la prima "prova" che ho riscontrato. Poi se ne è aggiunta un'altra, di prova: la preghiera. Ho sperimentato che quando si chiede qualcosa a Dio con sincerità e con intenzioni rette, si viene sempre esauditi».
Lei nel libro racconta con emozione il ritorno alla confessione.
«Sarebbe più giusto dire la "scoperta" della confessione. Sì, fu una gioia immensa. Mi ricordai cose che avevo rimosso. E poi mi sentii in pace con Dio. Felice. Come mi sentii felice alla mia vera "prima comunione", a New York, la vigilia di Natale del 1993».
Oggi molti tornano alla religione scegliendo una strada personale, una sorta di rapporto privato con Dio. Lei invece ha scelto la mediazione della Chiesa. Perché?
«E' un punto su cui non ho mai avuto dubbi. La Chiesa è rimasta l'ultimo baluardo contro le follie del nostro tempo. So di passare per una persona un po' stravagante, quando ad esempio parlo di castità pre-matrimoniale. Ma siamo sicuri che donare tutto se stesso per la prima volta solo dopo le nozze non sia un cemento straordinario per un matrimonio? E siamo sicuri che la logica di oggi, per la quale tutto è permesso in questo campo, abbia reso gli uomini più felici? Anche qui, la realtà, la vita mi ha dimostrato che chi segue quell'ortodossia cattolica che va avanti da duemila anni non resta deluso».
Dottor Mondadori, lei ha ancora paura della morte?
«Ho paura della morte "fisica", cioè mi fa paura pensare al momento in cui morirò. Ma mi dico: perché mai Gesù si è fatto crocifiggere? O il cristianesimo è un inganno, oppure nella crocefissione c'è la nostra salvezza».
Lei non teme che sia un inganno?
«No. Io la prova che Gesù c'è l'ho avuta. E se c'è adesso, ci sarà anche dopo la nostra morte. Come sarà, questo "dopo", io non lo so. Ma sono certo che per chi è in pace con Dio sarà molto bello».


Il libro: «Conversione. Una storia personale», di Leonardo Mondadori e Vittorio Messori, Mondadori editore, 170 pagine, 10 euro, in libreria a partire da sabato 23 marzo.

"Corriere della Sera"

Colombo da Priverno
21-03-02, 11:25
Ecco l’incipit del libro Conversione di Leonardo Mondadori e Vittorio Messori (editore Mondadori).

«La vita, per alcuni è cupa, per altri grigia. Per me è radiosa. Ci sono molti elementi che concorrono alla luminosità della mia esistenza attuale: innanzitutto, un mattino di quattro anni fa ho scoperto, in un colpo solo, di avere un tumore alla tiroide e un carcinoide al pancreas e al fegato, per cui da allora devo sottopormi ogni giorno alla terapia dell’interferone. Inoltre, svolgo il mio lavoro fra molti contrasti e anche, com’è naturale, qualche disillusione. Infine, anche per colpe mie, sono lontano da colei che, malgrado un divorzio, nella prospettiva cristiana resta mia moglie e che mi ha dato una figlia, mentre gli altri due figli sono venuti dal mio secondo matrimonio. Eppure, godo di una vita cristiana vibrante. Ed è questa visione di fede che, malgrado tutto, rende la mia esistenza radiosa».

Colombo da Priverno
21-03-02, 16:28
Conversione: si usa ancora? Se poi il convertito è il presidente del maggior gruppo editoriale italiano (e uno dei primi europei), 3000 miliardi di fatturato annuo e 5200 dipendenti, pluridivorziato, ricchissimo, potentissimo, verrebbe da gridare al miracolo. Oppure da dubitare...
Invece proprio Conversione. Una storia personale sta scritto sul frontespizio di un librino che esce lunedì (pp. 156, 10 euro) e che sconcerterà molti. Il cognome di Mondadori vi è ripetuto due volte, in alto e in basso: come autore e come editore. Si tratta infatti del colloquio-confessione che Leonardo Mondadori - il nipote prediletto di Arnoldo, il patron della casa di Segrate - ha rilasciato allo scrittore e giornalista Vittorio Messori in tre giorni di testa a testa, quest'inverno, nella splendida masseria che l'editore possiede in Puglia. «E Leonardo ha raccontato tutto senza alcun ritegno - dice ora Messori -. Anche i peccati e le vigliaccate commesse. Anche il pianto per la prima comunione fatta a 46 anni nella cattedrale di San Patrizio a New York. Un documento impressionante».
Via, Messori: anche lei è un convertito. Certe cose dovrebbe saperle...
«È vero. Siamo quasi coetanei e veniamo ambedue da un ambiente culturale (non certo sociale) omogeneo: il liceo classico "laico", le facoltà statali, nessun contatto con la dimensione religiosa; e a un certo punto abbiamo incontrato il Vangelo. Però io non ho il suo coraggio di espormi: in fondo Mondadori è presidente di un gruppo industriale importantissimo, è cresciuto nella grande borghesia, da bambino è stato sulle ginocchia di Thomas Mann e alla sua porta suonavano Montale o Ungaretti... Beh, mi ha colpito la sua semplicità e sincerità nel venire allo scoperto».
E perché l'ha fatto?
«Fondamentalmente Mondadori è un uomo buono e generoso: racconta per essere utile a qualcuno, soprattutto a quelli del suo giro. Infatti l'idea dell'intervista è nata dopo che mi aveva sottoposto il progetto di un "vademecum cattolico" per rispondere alle obiezioni che i suoi amici borghesi gli pongono, quando sanno della conversione. Le solite cose: il celibato dei preti, ricchezze della Chiesa, soprattutto cose morali... Ma io - leggendo l'introduzione scritta da Mondadori stesso, di un cattolicesimo senza alcun rispetto umano - ho capito subito che la vera notizia era il suo caso e gli ho proposto di raccontare piuttosto la sua storia "scandalosa": in senso evangelico».
Vediamola, dunque.
«Leonardo Mondadori avrà 56 anni a settembre e ne aveva 5 quando il nonno Arnoldo gli fece assumere il suo cognome, praticamente designandolo come successore. Leonardo ha avuto due matrimoni e due divorzi, tre figli da donne diverse, un sacco di convivenze; finiva sui giornali scandalistici per i continui flirt. Poi, dieci anni fa, a causa della pubblicazione di un libro di Escrivà da Balaguer, c'è stato il contatto con alcuni membri dell'Opus Dei e - lentamente - la conversione. E non a una generica religiosità, bensì a un cattolicesimo molto ortodosso, addirittura "papista"».
Nel libro Mondadori rivela però di avere il cancro: non si tratterà di un «ritorno all'ovile» dettato dalla malattia?
«La conversione risale a 10 anni fa, quando Leonardo era uno sportivo di 45 anni e - tra l'altro - era nel pieno della "guerra di Segrate" con Carlo De Benedetti. La scoperta dei tre distinti tumori è avvenuta invece 5 anni or sono. Quindi non si può parlare di paura di morire».
E qual è stato per Mondadori lo spunto a interessarsi del Vangelo?
«È stato colpito dall'ambiente umano della Chiesa, che non conosceva. A differenza di me - per me i cattolici e i preti sono venuti molto dopo, la mia è stata un'esperienza solitaria d'incontro-scontro col Vangelo - Mondadori ha conosciuto alcuni credenti ed ha scoperto che erano persone colte e buone».
Ma che cosa c'è di sorprendente nella fede per un uomo dell'esperienza di Mondadori?
«La confessione, per esempio: che è la prima fonte della sua gioia. Leonardo ha pianto molto quando ha fatto la prima confessione, 10 anni fa. Ciò a cui è più affezionato nel Vangelo è Cristo che perdona i peccati. Ma tutta l'esperienza della fede per lui è un'esperienza di gioia: il libro infatti racconta di un uomo felice pur nelle sue difficoltà, perché vede tutto alla luce del Vangelo. Anche vedendolo ci si rende conto che è radioso; la prima moglie gli ha chiesto una volta se avesse fatto una plastica alla faccia; "No, ho fatto una plastica all'anima", ha risposto».
Sembra un «santino».
«Tutt'altro. Nel libro non c'è nessuna agiografia. La storia che ho raccontato non è affatto quella di un futuro santo, semmai quella di un pover'uomo (come tutti) che tenta di essere cristiano con le solite difficoltà, gli errori, i limiti. Mondadori è stato colpito dalla grazia senza nessun suo merito, però ha cercato di rispondervi con tutta la buona volontà. Io stesso pensavo che le grandi conversioni tipo belle époque (Péguy, Bloy, Claudel, Papini...) appartenessero ormai al passato e vedere che sbagliavo mi ha confortato: Mondadori è la prova che la grazia colpisce ancora. E poi per me è stata un'occasione apologetica preziosa: questa storia può far riflettere soprattutto l'ambiente impermeabile al Vangelo che è sempre stata la grande borghesia laica».
Colpisce anche in Mondadori la scelta di un cristianesimo molto «tradizionale», diciamo...
«Sì, Mondadori ha un direttore spirituale, segue un programma di devozioni giornaliere, recita il rosario, fa l'esame di coscienza tutte le sere... È un metodo che con lui ha funzionato. Parla con molto coraggio, ad esempio, in modo persino imbarazzante, della via di castità che ha scelto e che gli è costata parecchio (oggi Mondadori vive solo). Gli ho chiesto come fa e lui dice di aver chiesto alla Madonna la grazia della castità...».
C'è anche un capitolo sull'uso del denaro.
«Sì, gli ho domandato perché con lui non è scattato l'"effetto San Francesco". Ma dall'Opus Dei Mondadori ha imparato che la sua situazione di privilegio non è una colpa da espiare, bensì un'occasione da utilizzare. È un dovere usarla per far del bene».
E come concilia certe copertine dei suoi settimanali con la conversione?
«Cerca di rifarsi al realismo cristiano: fare il bene senza rincorrere il meglio, sapendo che il mondo perfetto ci è stato promesso in un'altra vita. D'altronde Mondadori, per storia e tradizione, non è un editore di nicchia e la sua funzione non è quella di censurare. Leonardo fa il bilancio tra attivo e passivo: se lasciasse il suo posto le cose migliorerebbero? Probabilmente no. Così, se non blocca prodotti che magari non gli piacciono, ne aggiunge altri che fanno del bene».
E ai cattolici che cosa può dire una storia così?
«Li conforta. Vedono un vip di quel nome e di quel prestigio, ricco, intelligente, che scopre la verità e la bellezza della morale cattolica più tradizionale dopo aver fatto il libertino. Una bella sorpresa».

Roberto Beretta
"Avvenire"