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Visualizza Versione Completa : Iraq e Palestina: la stessa battaglia



Der Wehrwolf
23-03-02, 18:55
Il destino del popolo palestinese torna ad incrociarsi con quello iracheno. L’attacco atlantico contro l’Iraq era da tempo previsto per il mese di marzo ma le sorti della guerra in Afghanistan hanno costretto Washington a qualche cautela in più. I pretesti formali di sempre, le fantomatiche armi chimiche e batteriologiche possedute da Baghdad, non fanno più presa nell’opinione pubblica e nemmeno le sfarzose autocelebrazioni americane del semestrale dell’ 11 settembre possono ormai scuotere le coscienze della gente che, nonostante la pressione mediatica, comincia ovunque a capire quale sia il reale progetto di Bush e della sua cricca. Ecco quindi che gli atlantici cercano almeno una certa neutralità dei Paesi arabi cosiddetti moderati prima di lanciare l’aggressione contro Saddam Hussein ed il suo popolo. E lo stanno facendo offrendo una sorta di baratto: una specie di tregua in Palestina.
Cadere nel tranello sarebbe però un grave errore. Innanzitutto perché da questa tregua sarebbe proprio Israele a trarre il maggior vantaggio, perché i rastrellamenti indiscriminati e le violenze dell’esercito con la stella di David sono la dimostiazione evidente della situazione di imbarazzo di Tel Aviv. Il governo di Sharon non sarebbe infatti più in grado di sostenere a lungo una situazione di guerra aperta e la progressiva generale condanna dell’opinione pubblica mondiale. Oggi Israele sta cercando di mostrarsi disponibile ad una pace solo perché ha capito che non può vincere senza operare un massacro indiscriminato e sa che oggi non esistono le condizioni per questa “soluzione finale”, ma sa altrettanto bene che qualsiasi patto può essere tradito, a maggior ragione se non esistesse più la minaccia irachena.
Un altro buon motivo per non accedere alle mediazioni americane è poi quello morale. Non si possono barattare le sofferenze e la libertà di un popolo con quelle di un altro popolo, oltretutto fratello.
L’Iraq rappresenta però un bastione per la libertà di tutta la regione e forse per le speranze di tutto il mondo. Caduto il governo di Saddam Hussein e sostituito, come è nei piani atlantici, con un governo fantoccio sarà più semplice poi per gli atlantici ( e per il loro sceriffi israeliani) prendere in mano il controllo effettivo della regione.
La strategia di Washington è ormai chiarissima: da una parte le proposte concilianti di Cheney, dall’altra le minacce atomiche. Per questo motivo consideriamo un errore anche organizzare manifestazioni per la Palestina che non siano anche di sostegno all’Iraq. Scindere il problema condanna gli iracheni ed alla lunga anche gli stessi palestinesi. Ancor di più condanniamo quelle generiche e qualunquiste manifestazioni per la pace, magari fatte insieme all’invasore israeliano, che possono diventare un involontario (o volontarissimo) sostegno alla politica atlantica “contro il terrorismo”.
Questa sinistra, rappresentata anche dal sindaco di Roma, Veltroni, troppo vicino ad Israele, deve scegliere: o con i palestinesi, gli iracheni e tutti i popoli che lottano per la loro libertà (purtroppo ancora mancano gli italiani) oppure con la pax atlantica.
D’altra parte già una volta i comunisti (mamma Urss e con lei tutti i satelliti, Pci compreso) scelsero Yalta ed il riconoscimento di Israele. Il tardivo abbraccio alla causa palestinese ha sempre saputo di sciacallaggio e gli ultimi sviluppi stanno a dimostrarlo.