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Visualizza Versione Completa : Dal forum "Padania": Tradizione nella chiesa?



Mjollnir
24-03-02, 00:45
quote:
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Originally posted by Mjollnir


Patrizio, penso che ci si debba porre piuttosto la questione di a quale rito partecipare e non se partecipare o no ad rito in quanto tale. Altrimenti ti chiedo cosa bisognerebbe fare - dal pto di vista tradizionalista integrale - per liberarsi del giudeo-cristianesimo: infiltrarsi nella chiesa romana e favorire la fuoriuscita dai suoi riti dei contenuti biblici per riaffermarne la continuità col mondo romano preesistente ? Mi sembra un'impresa ardua. D'altra parte, si può dire che la chiesa abbia mantenuto la continuità del rito ? O non è invece che, tradendone i significati originari, sia proprio lei la responsabile della frattura ? Ed il suo rito, a che divino ricollega ? Non è forse un falso divino, una contraffazione, visto che ha generato la secolarizzazione ? Evidentemente la funzione di ponte tra divino ed umano non le è riuscito. O no ?
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Mjollnir, credo che le tante questioni che si possono muovere al cattolicesimo (o meglio al cristianesimo tout court, visto che la polemica è paganesimo-cristianesimo) vengano risolte in chi se le pone, dalla lettura attenta dell'Evola più maturo, ma soprattutto dalla lettura di Guénon (e degli altri grandi tradizionalisti Schuon, Hamvas, Burckhardt, Coomaraswamy) - appurato che la semplice lettura in sè non conduce da nessuna parte ma può solo operare (questo sì) una positiva dischiusura di diversi aspetti della Conoscenza.
Un rito o è valido o non lo è, e fino a prova contraria non può essere dimostrato che il rito cattolico non sia tradizionalmente valido - nemmeno le storture del Concilio Vaticano II sono bastate a disabilitarlo (almeno per ora).
Comprendo il tuo dubbio, ma, come si può affermare che la spiritualità ariana non sia entrata nel cristianesimo, facendolo diventare cattolicesimo? O credi che le cattedrali medievali non fossero prodotti abbastanza ariani?
Questo non ha certo estromesso gli aspetti derivanti dalla tradizione ebraica, e difatti tu contesti una natura ibrida al cattolicesimo (cosa difficilmente contestabile). Ma, puoi affermare che esista o sia esistita una tradizione rimasta puramente di derivazione mono-etnica? Fatti una carrellata delle vie religiose viventi, e vedi un po'. Per quanto riguarda quelle non più viventi, come l'odinismo, sai quanti aspetti di essa sono stati mutuati dai Germani dall'Asia mongola? Basti pensare agli aspetti sciamanici di Odino e alla sua stessa figura, secondo alcuni un "prestito" di età Voelkerwanderungen, quindi per niente ariano. Per non parlare degli aspetti non-ariani del celtismo, cui abbiamo già fatto cenno.
In definitiva, il diritto del cattolicesimo sulle genti europee non è più contestabile - a meno di non voler ragionare (ripeto!) in termini del tutto laici, di archeologismo spirituale, come se bastasse il desiderio di riportare in vita una tardizione morta (o meglio: confluita in altro) per poter rimettere una civiltà su altri binari. I fatti spirituali ci sono dati, e non ci è lecito (perché non abbiamo alcun mezzo in proposito, provenendo tali fatti dall'alto e non dal basso - a meno, ripeto ancora, di non voler ragionare in maniera laica) condannarli o denigrarli, ma solo COMPRENDERLI DAL PUNTO DI VISTA TRADIZIONALE: e qui si può allora dibattere su quali siano le peculiarità delle forme abramiche, rispetto alle altre; ma fermo restando che sono perfettamente legittime, oltreché provvidenziali.

Ciao.

Caro Patrizio
ritorna qui il problema delle categorie del tradizionalismo integrale, come l'unità esoterica delle fedi, la continuità del rito, l'assoluta oggettività dei fatti spirituali, ecc..., alle quali tu attribuisci efficacia praticamente inesorabile, mentre a mio parere rimangono inadeguate.

Cominciamo dal sincretismo: è innegabile che nella storia delle credenze si siano sempre avuti fenomeni di questo tipo, tuttavia esso può avvenire a vari livelli ed in misura differente. Non ogni "prestito" o "scambio" di mitologemi ha la stessa portata.
Circa la figura di Odino-Wotan, da tempo G. Dumezil (Gli Dèi dei Germani. Saggio sulla formazione della religione scandinava), E. Turville-Petre (Myth and religion of the North) e Jan de Vries (Altgermanische Religionsgeschichte) hanno fatto giustizia dell'ipotesi della derivazione asiatica (o secondo alcuni addirittura mediterranea !) del Padre degli Dèi germanico: essa era stata avanzata da B. Kummer, Midgards Untergang e proseguita dal teorico del nordicismo etnico H. Guenther,Frommigkeit nordischer Artung, che rifiutavano soprattutto il suo carattere sciamanico ed "impenetrabile" ed il ricorso alla magia. Ma la loro incomprensione di questa figura deriva sia dall'utilizzo del criterio cronologico, sia soprattutto dall'aver trascurato ( o non aver capito, + probabilmente) che Odino è già una ipostasi della divinità della prima funzione, una delle 2, in quanto è complementare al dio Tyr. Quest'ultimo, però, è molto meno conosciuto perchè nel corso dei secoli Odino ha esercitato una certa "egemonia" sia sul dio complementare della 1° funzione, sia su quello della 2°, Thor. Questo è accaduto anche nella religione romana con Juppiter che in pratica "oscura" Dius Fidius. Il presunto sciamanismo asiatico di Odino è una unilateralizzazione del fatto che questo dio rappresenta l'aspetto varunico della sovranità, quindi il lato oscuro, notturno, misterioso, terribile e vendicatore, mentre Tyr rappresentava l'aspetto mitriaco, quindi chiaro, solare, pacifico, benevolo ecc... Ma entrambi garantiscono, con modalità diverse, la sacralità della giustizia e dell'ordine cosmico, il rispetto della gerarchia degli dei e quindi anche degli uomini. Se si considerano, infatti, i miti e gli episodi in cui Odino farebbe sfoggio della sua "stregoneria", si vede chiaramente che la magia dei "vincoli" e dei legami che muta le sorti delle battaglie hanno lo scopo di punire il dio della seconda funzione ed i suoi devoti dalla colpa + grave per loro, e cioè l'insubordinazione, l'arroganza, la brama di potere. In una parola, la hybris del guerriero che rivendicando per sé anche la sovranità in nome della potenza materiale, sconvolge l'ordine del cosmo ed i giusti rapporti tra le funzioni.
Al di là di questo, non ci sono motivi per imputare ad Odino una origine allogena nel pantheon nordico o comunque una comparsa recente; è presente fin dalle origini del paganesimo nordico come dio principale, venerato soprattutto dalla classe aristocratica.

Mjollnir
24-03-02, 01:29
Riepilogando, dei sincretismi o dei prestiti comunque non sconvolgono l'impianto fondamentale di una religione o di una metafisica. Specialmente se avvengono tra sistemi affini. Ma quanto c'è di affine tra il paganesimo indoeuropeo (e non intendo solamente nordico, visto che qualcuno tende sempre a darmi del criptonazista, ma anche di quello celtico, romano, greco, ecc...) e la teologia giudeo-cristiana ? Si può parlare di sincretismi, quando si cercano di far coesistere visioni così radicalmente differenti non in dettagli ma nelle linee fondamentali, oppure non è meglio parlare di un ibrido malriuscito, un gigantesco equivoco ? Il quale, aggiungo io, lentamente e faticosamente sta per venire alla luce del sole ed essere sciolto.
Perciò, il fatto - pacifico - che non esista una tradizione o via religiosa assolutamente "pura" e scevra da influenze non giustifica il paragonarle al caso del cattolicesimo. Sotto questo aspetto sarebbe interessante studiare il caso dell'Iran ed il suo passaggio dal paganesimo avestico all'Islam (altro monoteismo radicale) e magari considerare l'eresia sciita come qualcosa di simile al cattolicesimo romano. Ma ammetto la mia ignoranza sul versante asiatico e riconosco di non essere in grado di fare un'analisi simile.
In ogni modo, è frettolosa anche la tua classificazione del paganesimo come religione morta : in realtà non è mai morta, ma si è semplicemente "celata". Ora però, la situazione sta cambiando: non molti sanno che in Islanda dal 1973 ed in Norvegia dal 1994 esiste un culto pagano-odinista ufficialmente riconosciuto dallo Stato. Certamente i membri non sono saltati fuori dal nulla né sbarcati da Marte, ma indicano una continuità mirabile che ora ha le condizioni + propizie per riemergere dalle macerie dei monoteismi e degli ateismi novecenteschi. Ovviamente situazioni simili vi sono anche in altri paesi - compresa l'Italia - ma quanto a riconoscimento giuridico per ora mi sono noti solo questi 2 casi. Non sono certo fatti da sopravvalutare, ma sono piccoli segnali che indicano una tendenza.
Assodato, dunque, che in generale si tratta di tradizioni morte + che altro nei desideri e sogni dei loro avversari, bisognerebbe vedere:

1- che cosa è effettivamente confluito di esse nel cattolicesimo, se i valori principali o gli aspetti marginali;

2- se la confluenza sia da ritenersi irreversibile e priva di aspetti problematici;

3- se tradizione morta non sia invece proprio il cattolicesimo, intendendo con ciò non + in grado, come si diceva sopra, di interpretare il senso del sacro degli europei e di operare una mediazione tra divino ed umano;

4- se questa sopraggiunta "inabilità" - posto che possa esistere mutamento in questo campo - non sia piuttosto indice di una costitutiva e permanente incapacità che non ha mai abbandonato il cattolicesimo;

5- se, quindi, finchè si è dimostrato vitale, il cattolicesimo non lo debba proprio a quello che ha preso in prestito o di cui si è abusivamente appropriato, e se - ora che le 2 radici sono in via di separazione - per quello che rimane in sè non sia condannato alla marginalità integralista o al parassitismo di ideologie politiche, sociali e morali.

Patrizio (POL)
24-03-02, 02:03
Caro mjollnir, si potrebbe dibattere a lungo sull’asiaticità e sul carattere relativamente recente di Odino, se fosse determinante nella questione in causa. Anche perché per ribattere ( e non è che questo dettaglio mi interessi più di tanto, l’avevo portato come prova di sincretismi anche nelle religioni pagane, ma se ne possono portare diversi altri) e per reggere alla tua ottima preparazione storico-etnologica, dovrei andare a ripescare testi e articoli di cui ricordo a malapena l’ubicazione nella mia biblioteca.
Mi preme invece soffermarmi su un qualcosa che hai liquidato troppo presto: le “[…] categorie del tradizionalismo integrale […] alle quali tu [Patrizio] attribuisci efficacia praticamente inesorabile, mentre a mio parere rimangono inadeguate.” Una affermazione di tale portata – che esclude praticamente ciò che vi è di più elevato nel discorso spirituale – meriterebbe perlomeno di essere motivata. Poiché è comprensibile porsi su piani diversi, ma occorre essere consapevoli di dove ci si situa.
Se ci si pone dal punto di vista profano, ecco che le categorie del pensiero moderno e delle discipline moderne vengono utilizzate del tutto fuori luogo e per giustificare desideri ideologici ed “opinioni” varie. Esempio. Il buon Jung, come sai tratta diffusamente di religioni antiche, e spesso la nostra “area” è rimasta titillata dal suo parlare di wotanismo, tradizione solare, misticismo voelkisch, …, ma quanto si può dire che Jung si sia veramente contrapposto alla forma mentis umanizzante e anti-metafisica delle correnti psicanalitiche più giudaico-freudiane? La corrente junghiana mitiga sì il sessualismo imperante allora, ma le sue ambizioni spiritualeggianti non bastano affatto a farne qualcosa di tradizionalmente valido. In realtà la sua vernice spiritualizzante rende tale corrente “perfino più pericolosa di quella di Freud” (Evola), portando di fatto ad una negazione del trascendente, ridotto qui ad “inconscio collettivo” , che si tratti del misticismo dei simboli, dei miti, delle antiche tradizioni, delle dottrine orientali o ermetiche, o del Cristo pantocrator.
Spero qui di potermi esimere dalla critica non solo allo psicologismo, ma generalmente alle “scienze” moderne e al loro metodo – critica che in un forum come questo andrebbe data per scontata ed acquisita. Diversamente, rimando a tale base, perché senza di essa non è possibile incominciare nessun discorso riguardo a temi inerenti le tradizioni, la Tradizione, e in definitiva tutto lo scibile, poiché in una visione “in ordine” niente si sottrae a tale fulcro.
Alla luce di questa messa in ordine, ho capito che rifarsi alle posizioni del nazionalsocialismo in materia spirituale è fuorviante proprio per questa ragione, poiché, nonostante i buoni spunti di critica al mondo delle democrazie, la Weltanschauung nazionalsocialista rimane fortemente connotata dall’esperienza moderna, da cui prende le mosse (e non solo per l’inquinamento del protestantesimo). L’utilizzo dei criteri storicistici, scientistici, antropologici, ideologici, nel trattare di spiritualità, allontana infatti da una qualunque possibilità sia speculativa che pratica tradizionale, che va invece ricuperata partendo dalla posizione tradizionale, e solo da quella.

Patrizio (POL)
24-03-02, 02:05
Ho visto adesso il tuo ultimo messaggio, cui risponderò domani.
Ciao.

Mjollnir
24-03-02, 02:45
Infine una osservazione sulla oggettività assoluta dei fatti spirituali e sulla totale mancanza di mezzi da parte umana: questo atteggiamento non è proprio del paganesimo indoeuropeo. Sia nella teologia ellenica che in quella scandinava, invece, si nota una costante comunanza e analogia di natura tra divino ed umano, tra dèi e uomini, per usare un concetto heideggeriano, una circolarità nella quale il movimento non è solo dall'alto al basso, ma anche viceversa. Questo perchè sia uomini che Déi popolano la stessa dimora che è il mondo, e così come l'uomo ha bisogno di Dio, anche Dio ha bisogno dell'uomo. Si trovani concetti simili anche nei grandi eterodossi (per qualcuno: eretici) cristiani e nei mistici. Scoto Eriugena afferma tutto è in Dio e Dio è in tutto, Jakob Boehme :Tu non devi dire "dov'è Dio ? Sappi che tu stesso sei in Dio e anche quello in cui Dio è" , cioè in cui Dio viene ad esistenza. L'uomo come condizione necessaria della manifestazione di Dio.
Questa visione, invece, del dato religioso come oggettivo ed indipendente è molto sospetto, e ricorda tanto la diagnosi hegeliana della religione giudaica, che presenta un umanità come oggetto assoluto e spossessato di sé di fronte alla soggettività assoluta ed arbitraria di JHWH.

Mjollnir
24-03-02, 03:08
Scusami Patrizio, ho postato automaticamente senza vedere la tua prima risposta.
In generale, mi sembra di percepire comunque una certa impermeabilità delle rispettive argomentazioni: cioè, pare che parliamo delle stesse cose ma su 2 registri abissalmente diversi ed anche con presupposti molto differenti. Pare che stiamo facendo 2 monologhi: io ti parlo di storia delle religioni e tu mi parli dell'unica sapienza "in ordine" che sarebbe la Tradizione, in base a caratteristiche che fatico molto a comprendere ( o ad accettare ?) come la trascendenza, la non-umanità, l'oggettività assoluta, la continuità ecc...Mi viene da pensare che tutto ciò abbia per la scuola tradizionalista un significato particolare.
Siccome voglio vederci chiaro e penetrare + a fondo nei presupposti di questa corrente, ti chiedo se esista qualche testo di quegli autori (o altri, anche) che possa considerarsi una "propedeutica" od una "metodologia" del tradizionalismo, in modo da sgombrare il campo da eventuali equivoci.
Grazie e ciao.

Patrizio (POL)
25-03-02, 00:13
Originally posted by Mjollnir
Scusami Patrizio, ho postato automaticamente senza vedere la tua prima risposta.
In generale, mi sembra di percepire comunque una certa impermeabilità delle rispettive argomentazioni: cioè, pare che parliamo delle stesse cose ma su 2 registri abissalmente diversi ed anche con presupposti molto differenti. Pare che stiamo facendo 2 monologhi: io ti parlo di storia delle religioni e tu mi parli dell'unica sapienza "in ordine" che sarebbe la Tradizione, in base a caratteristiche che fatico molto a comprendere ( o ad accettare ?) come la trascendenza, la non-umanità, l'oggettività assoluta, la continuità ecc...Mi viene da pensare che tutto ciò abbia per la scuola tradizionalista un significato particolare.
Siccome voglio vederci chiaro e penetrare + a fondo nei presupposti di questa corrente, ti chiedo se esista qualche testo di quegli autori (o altri, anche) che possa considerarsi una "propedeutica" od una "metodologia" del tradizionalismo, in modo da sgombrare il campo da eventuali equivoci.
Grazie e ciao.


Anch’io ho avuto la stessa impressione, ma non credo ci sia “impermeabilità”: credo piuttosto che – data l’importanza capitale del discorso in cui siamo andati a parare – è comprensibile che una parte non annuisca tanto facilmente all’altra. Credo invece che tali discussioni siano molto feconde (e mi rammarico solo di non potervi dedicare il tempo adeguato, visto che al momento sono abbastanza impegnato in tutt’altri argomenti).
Poni diverse questioni di non certo facile soluzione, ma, a mio avviso, molte risposte appaiono già ponendosi all’interno di un determinato modo di pensare, che io definirei una “Ordnung-zitadelle”, quella che deve resistere all’assedio modernista delle forze dei tempi ultimi. Ripeto: va fatta pulizia di tutti gli schematismi di pensiero invalsi dal Rinascimento in poi ed impostisi in questi secoli (i cui esordi, per la verità, risalirebbero già ai “Greci” classici).
A questo proposito sto redigendo un articolo che comparirà su una rivista d’”area” dove cerco di passare in rassegna i principali errori della modernità in cui anche l’a stessa nostra “area” non manca sistematicamente di cadere. Un tentativo modesto, ma credo non inutile.
In particolare, la credenza di poter riportare in vita tradizioni morte in funzione anti-cattolica comincia proprio col Rinascimento, alla stregua dell’umanesimo (ovvero la riduzione all’umano) prima e dei nascenti nazionalismi poi (nati in funzione borghese e anti-imperiale), senza parlare dei deliri di Voltaire e dei suoi amici illuministi. Un filo (o una matassa di fili) che continuano ininterrottamente fino al Romanticismo, tramite il Classicismo. Dall’arte esterioristica rinascimentale – avviata già dal Giotto - alla contemplazione della statuaria greca da parte del Winkelmann, si crede di ravvisare nell’esteriorismo della grecità post-periclea dei tratti superiori dell’anima che tale periodo avrebbe posseduto in confronto allo “squallore” medievale, non comprendendo minimamente il discorso del simbolo e dell’arte oggettiva, “intellettuale”, che il cristianesimo ha meritoriamente riportato tra gli europei. Il filo continua poi con tutta quella poetica tedesca (pre-)romantica che da Klopstock, Herder, Goethe porta fino al nazionalsocialismo. Tentativi destinati a lasciare l’amaro in bocca, poiché tutti privi di una retta inquadratura tradizionale, e quindi in grado di concepire nient’altro che panteismo, naturalismo e immanentismo – nel migliore dei casi (quando, cioè, non vi sia da scorgervi qualcosa di anche demonico).
Mi fa molto piacere la tua richiesta di qualche testo sul “metodo” tradizionale, spero solo di non essere inadeguato o di non dimenticare qualcosa di altrettanto importante – nel qual caso mi appellerei anche ad altri forumisti, se vogliono contribuire.
Premesso che di Guénon – dei cinque autori citati – andrebbe letto TUTTO (ed è quello che sto cercando di fare, dopo aver raccolto praticamente la bibliografia disponibile completa), i testi che mi permetto di segnalarti a mo’ di introduzione (consiglio di non leggere mai introduzioni scritte da terzi: sempre l’autore stesso!) sono sicuramente:
“Precisazioni necessarie”, ed. di Ar, 1988 (una raccolta di agevoli articoletti su tutti i campi del moderno, soprattutto sul rapporto tra “scienze” e Tradizione);
“La crisi del mondo moderno”, ed. Mediterranee, 1991 (una trattazione dell’”età oscura” ben più profonda delle intuizioni nicciane e spengleriane);
“Il regno della quantità e i segni dei tempi”, ed. Adelphi (dove passa ad esaminare caso per caso in maniera più sistematica la malattia dell’Occidente).
Una sola citazione evoliana, invece, ma che viene spesso sottovalutata in rapporto agli scritti più politici del pensatore romano: “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo”, ed. Mediterranee. Quest’ultimo per rendersi finalmente conto di quali debbano essere i limiti da non travalicare quando si voglia intraprendere l’impresa più straordinaria che ci sia dato compiere. Qui vengono messe alla berlina tutte le finte soluzioni escogitate dalla Sovversione con mezzi molteplici e sotto le specie più diverse atte ad impedire all’uomo moderno la fruizione del vero spirituale. E’ ciò che già Spengler definì la “doppia spiritualità”, da Guénon definita “neospiritualismo”, una serie di vere e proprie contraffazioni sfornate dalla controiniziazione e sparse come mode spontanee, che costituiscono la seconda fase dell’opera sovversiva di distacco dal sacro, la prima essendo il razionalismo materialista negatore della trascendenza tout court, la cui sete di sacro conseguentemente formatasi viene deviata da tali specchietti per le allodole.
E qui mi riaggancio direttamente alla nostra quaestio, ovvero a quanto spesso ci si illuda di ricollegarsi al divino ricorrendo a soluzioni che non hanno alcuna legittimità, ma che anzi, quando non sono semplici invenzioni, possono anche essere molto pericolose. Che cosa infatti distingua i culti “asatru” e nordicisti dagli svaghi new age degli ambienti di sinistra, è davvero difficile dirlo. Quando tali mode non sono mere derivazioni dello spirito razionalista-deista di marca protestante, rientrano in quel naturalismo i cui confini col sottobosco stregonesco-demonico, wicca, sono veramente labili. Ho personalmente potuto constatare la natura totalmente priva di qualunque serietà di tali ambienti, qui da noi richiamantisi ad un preteso “longobardismo”; recentemente è stato pubblicato un libro (credo dalla ASEFI) sul revival neospiritualista celtico e longobardo nel Nord Italia, il cui ultimo capitolo comprende un’intervista al fondatore della Comunità Odnista. La si può leggere sul sito di Introvigne. Ciò che salta subito all’occhio è un’assenza totale di sensibilità metafisica, anche a non voler considerare la questione della legittimità rituale.
Mi fermo qui per non farla troppo lunga.
Mi rendo conto di non avere risposto direttamente a molti altri tuoi argomenti, cosa cui spero di rimediare nei prossimi interventi, per quanto è nelle mie possibilità, naturalmente.

Mjollnir
26-03-02, 10:26
Ti ringrazio molto per le indicazioni, Patrizio.
Mi riprometto di affrontare le altre questioni quando avro' + tempo; per quanto riguarda gli ambienti asatru non li conosco personalmente, quindi non posso dare giudizi sulla serieta', tuttavia mi sembra che da parte loro ci sia un rifiuto radicale dell'approcio tradizionalista, per cui il tuo giudizio non mi stupisce.
Man mano che affrontero' Guenon e gli altri ti faro' sapere le mie impressioni.
Ciao.

Patrizio (POL)
26-03-02, 21:10
Figùrati. Quando vuoi tornare ad intervenire sei il benvenuto (visto che pare che questo thread non sia molto frequentato da altri abituè di Tradizione ed Esoterismo).
Volevo aggiungere, a quella che ritengo dovrebbe essere la costituenda bibliografia essenziale di ognuno di noi, di Frithjof Schuon il libello “Caste e razze” (pubblicato sia dal Veltro di Mutti che da ES), dove analizza i vari tipi interiori d’uomo e il loro rapporto con le razze – una maniera per inquadrare il tema razziale, non negandolo stoltamente, ma al contempo mettendosi al riparo dal biologismo.
Ps. Naturalmente si possono discutere insieme, o collettivamente, eventuali dubbi che potrebbero insorgere durante la lettura del (non sempre digeribile) Guénon. A me ne vengono sistematicamente, a conferma dell’adagio socratico (era lui?) del problema risolto che ne apre altri dieci. E’ il dramma del non aver trovato la figura del proprio maestro, per cui bisogna appoggiarsi ad upa-guru, maestri parziali e momentanei, e letture scelte, … nella speranza di non perdere il filo.
Ps.2: Sia chiaro che il mio proporre tali autori non implica minimamente una qualche “idolatria” degli stessi, che rimangono dei semplici interpreti e divulgatori umani delle Rivelazioni e delle tradizioni, sebbene ad un livello enormemente superiore a qualunque altro scrittore o studioso o “pensatore” occidentale.
Ciao.