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tziku
24-03-02, 13:06
L'INTERVENTO

Riforma dello Statuto, perché non provare con la Costituente?

di Manlio Brigaglia

Si continua a parlare dello Statuto sardo, e della necessità di riformarlo. Riformarlo, sì, ma come? Le opzioni in campo sono sostanzialmente due: quella di chi pensa che debba farlo una speciale assemblea costituente e quella di chi pensa che la Regione (il consiglio regionale) ha già mezzi e i poteri per fare una serie di riforme, mentre la battaglia - chiamiamola così - nei confronti dello Stato (il Parlamento) andrebbe finalizzata alla costruzione di un nuovo quadro generale che regoli i rapporti fra le due istituzioni: Pietro Soddu, sostenitore di questa seconda posizione, lo chiama il (nuovo) Patto costituzionale.
I sostenitori della Costituente hanno dalla loro il vantaggio che il consiglio ha già fatto la legge per eleggerla, chiamando i sardi alle urne ed eleggendo i membri col sistema proporzionale, in modo che ci siano tutte le voci della comunità isolana. Capifila di questo "partito" sono Massimo Fantola e Pier Sandro Scano.
Pier Sandro Scano e Pietrino Soddu si sono confrontati venerdì a Sassari in un incontro organizzato dalle facoltà di Giurisprudenza dell'isola, con l'intervento non solo di giuristi ma anche di sociologi ed economisti.
Quello che poteva colpire un ascoltatore di passaggio come me era la incredibile distanza fra alcune opinioni di Scano e alcune opinioni di Soddu. Scano sostiene che in Sardegna c'è un grosso risveglio dell'opinione pubblica, che la gente si sta appassionando al tema delle riforme e allo strumento della Costituente, Soddu sostiene che in Sardegna è ormai venuta del tutto meno non soltanto la fiducia nella Regione, ma anche più in generale l'attenzione alla politica. Insomma, una crisi di partecipazione democratica: alla quale Scano, se non ho capito male, oppone l'occasione della Costituente come momento di catalizzazione, di risveglio di quello che c'è da risvegliare e da catalizzare.

Quando si discusse il primo Statuto regionale, cioè negli anni 1945-48, io c'ero già. E ricordo il clima di attesa che circondava la discussione. Allora i giornali erano poca cosa di poche (e perfino piccole) pagine, ma la gente sembrava stranamente bene informata e desiderosa di esserlo.

C'era un'attesa messianica, come si dice: e la parola l'ho sentita anche nel convegno di venerdì. Insomma, mentre si potrebbe pensare che quella sia stata un'operazione d'élite, tutta fatta nelle chiuse stanze del potere, il ricordo parla diversamente. Il ricordo e forse anche la storia, se si pensa alla dura contrapposizione fra i partiti nel momento in cui si veniva consolidando il gioco della parti fra gli opposti schieramenti, che il 18 aprile avrebbe fissato per anni. E c'erano le lotte contadine, anche quelle capaci di coinvolgere masse di sardi autenticamente "popolari" in problemi e progetti di amplissimo e rovente respiro.

Così fu anche negli anni in cui aspettavamo la Rinascita (eccola lì, l'altra attesa messianica).
Perché non dovrebbe essere possibile ricreare quel clima? Certo, l'dea che una cosa che potrebbe (forse dovrebbe) fare il consiglio regionale debba essere delegata a una specie di consiglio regionale bis, come sarebbe la Costituente, non incoraggia molto. Fra me pensavo: quel consiglio regionale che abbiamo conosciuto negli anni Sessanta, con uomini come Umberto Cardia e Paolo Dettori, Girolamo Sotgiu e Giovanni Battista Melis, Bustianu Dessanay e Alessandro Ghinami, Nino Giagu e, perché no? Lo stesso Soddu, sarebbe stato così proclive a lasciare un compito così impegnativo nelle mani di altri?

:ronf