PDA

Visualizza Versione Completa : La piazza dei lavori



Roderigo
25-03-02, 12:11
Salvatore Cannavò

C'è una risorsa inesauribile che in Italia viene fuori nei momenti peggiori per alludere a un futuro migliore. E' un altro paese, nascosto nelle pieghe di quello mediatico, il paese dell'impegno civile e solidale, dei movimenti, ma soprattutto il paese dei lavori. E' la cifra assoluta della giornata di ieri, caratterizzata da un immenso e bellissimo protagonismo di soggetti calpestati e dimenticati - i lavoratori e le lavoratrici - che costituiscono la colonna vertebrale della società, anche quando la si vuole postmoderna. Ieri a Roma abbiamo assistito a una mescolanza eccezionale di volti e figure sociali, a una commistione di generi e di rivendicazioni, di bandiere e di storie personali diverse, di ambizioni e di speranze. Tanti frammenti, tanta moltitudine "cucita" dal filo sottile, ma saldissimo, del proprio incerto legame con il mondo dei lavori. Giovani e vecchi operai di fabbrica, insegnanti e studenti, impiegati pubblici, interinali, precari, forza lavoro in formazione, giovani in cerca del primo impiego e disoccupati di lunga durata, ferrovieri e webmaster, musicisti e lavoratori edili, giornalisti e pensionati: le mille soggettività composite di un proletariato, appunto "postomoderno", non più monolite novecentesco, ma ancora capace di determinare lo spazio della politica. Per questo si è ritrovato naturalmente in piazza a difesa dei diritti del lavoro, percependosi come la sola forza capace di difendere la democrazia e di rispondere immediatamente al terrorismo.
L'articolo 18 e il governo, arrogante e padronale, Berlusconi hanno reso possibile questa mescolanza. Il centrodestra italiano ha questa vocazione ed è bene che inizi a rendersene conto: il paese reale non lo vuole, non lo ama, a dispetto di tutti i sondaggi e dei truffaldini "messaggi alla Nazione". Il fatto che questa polarizzazione si manifesti, e per la seconda volta, proprio sul crinale duro e crudo dello scontro di classe non fa che rendere più esplicito, e a settori sempre più ampi dell'opinione pubblica, la sua natura, i suoi veri progetti, le sue finalità. E a renderlo, finalmente, più debole.

Ma a rendersene conto è bene che sia anche la sinistra moderata. I suoi errori e i suoi fallimenti hanno, per fortuna, indotto milioni di persone a stringersi attorno alla propria condizione materiale e a ripartire da sé, a riscoprire la consapevolezza di sé. Lo hanno fatto prima a Genova, riprogettando la partecipazione politica, poi con la forma atipica dei "girotondi", infine attraverso il tradizionale movimento sindacale, trovando nella Cgil uno strumento capace di raccogliere questa ambizione e questa vocazione. Questa riscossa ha assunto ieri a Roma contorni irreversibili, contribuendo a costruire un pezzo di storia repubblicana. Un protagonismo che non mira a una sorta di supplenza partitita, quanto a rendere espliciti i propri desideri: una politica pulita, fuori dalle pastoie di palazzo e dalle alchimie burocratiche; rivendicazioni concrete - l'inflessibilità del lavoro - per dare futuro e speranza ai propri bisogni materiali; un protagonismo diretto che dovrà esprimersi subito tramite lo sciopero generale, ormai irrinunciabile; un attaccamento alla democrazia più forte di qualsiasi provocazione disperata o strumentalizzazione furbesca.

Solo otto mesi separano le manifestazioni dello scorso luglio dalla giornata di ieri. Un altro filo rosso indissolubile lega i due eventi. Allora avevamo cominciato, in un silenzio troppo violento, a marciare contro l'arroganza dei potenti. Abbiamo continuato contro la guerra e contro il liberismo, spesso in solitudine. Oggi quel rivolo di ribellione mista a speranza si è trasformato in una immensa e indescrivibile piazza permanente che continua a ribadire quel concetto, semplice e geniale, coniato a Porto Alegre: un altro mondo è possibile. La piazza ritorna ad essere una sede legittima della politica, a dispetto del doppiopetto istituzionale di Berlusconi e soci. Quale che sia lo sbocco di questa immensa giornata, è questa la lezione che tutti dovranno tener presente.

Liberazione 24 marzo 2002
http://www.liberazione.it

25-03-02, 18:29
Originally posted by Roderigo
Salvatore Cannavò

C'è una risorsa inesauribile che in Italia viene fuori nei momenti peggiori per alludere a un futuro migliore. E' un altro paese, nascosto nelle pieghe di quello mediatico, il paese dell'impegno civile e solidale, dei movimenti, ma soprattutto il paese dei lavori. E' la cifra assoluta della giornata di ieri, caratterizzata da un immenso e bellissimo protagonismo di soggetti calpestati e dimenticati - i lavoratori e le lavoratrici - che costituiscono la colonna vertebrale della società, anche quando la si vuole postmoderna. Ieri a Roma abbiamo assistito a una mescolanza eccezionale di volti e figure sociali, a una commistione di generi e di rivendicazioni, di bandiere e di storie personali diverse, di ambizioni e di speranze. Tanti frammenti, tanta moltitudine "cucita" dal filo sottile, ma saldissimo, del proprio incerto legame con il mondo dei lavori. Giovani e vecchi operai di fabbrica, insegnanti e studenti, impiegati pubblici, interinali, precari, forza lavoro in formazione, giovani in cerca del primo impiego e disoccupati di lunga durata, ferrovieri e webmaster, musicisti e lavoratori edili, giornalisti e pensionati: le mille soggettività composite di un proletariato, appunto "postomoderno", non più monolite novecentesco, ma ancora capace di determinare lo spazio della politica. Per questo si è ritrovato naturalmente in piazza a difesa dei diritti del lavoro, percependosi come la sola forza capace di difendere la democrazia e di rispondere immediatamente al terrorismo.
L'articolo 18 e il governo, arrogante e padronale, Berlusconi hanno reso possibile questa mescolanza. Il centrodestra italiano ha questa vocazione ed è bene che inizi a rendersene conto: il paese reale non lo vuole, non lo ama, a dispetto di tutti i sondaggi e dei truffaldini "messaggi alla Nazione". Il fatto che questa polarizzazione si manifesti, e per la seconda volta, proprio sul crinale duro e crudo dello scontro di classe non fa che rendere più esplicito, e a settori sempre più ampi dell'opinione pubblica, la sua natura, i suoi veri progetti, le sue finalità. E a renderlo, finalmente, più debole.

Ma a rendersene conto è bene che sia anche la sinistra moderata. I suoi errori e i suoi fallimenti hanno, per fortuna, indotto milioni di persone a stringersi attorno alla propria condizione materiale e a ripartire da sé, a riscoprire la consapevolezza di sé. Lo hanno fatto prima a Genova, riprogettando la partecipazione politica, poi con la forma atipica dei "girotondi", infine attraverso il tradizionale movimento sindacale, trovando nella Cgil uno strumento capace di raccogliere questa ambizione e questa vocazione. Questa riscossa ha assunto ieri a Roma contorni irreversibili, contribuendo a costruire un pezzo di storia repubblicana. Un protagonismo che non mira a una sorta di supplenza partitita, quanto a rendere espliciti i propri desideri: una politica pulita, fuori dalle pastoie di palazzo e dalle alchimie burocratiche; rivendicazioni concrete - l'inflessibilità del lavoro - per dare futuro e speranza ai propri bisogni materiali; un protagonismo diretto che dovrà esprimersi subito tramite lo sciopero generale, ormai irrinunciabile; un attaccamento alla democrazia più forte di qualsiasi provocazione disperata o strumentalizzazione furbesca.

Solo otto mesi separano le manifestazioni dello scorso luglio dalla giornata di ieri. Un altro filo rosso indissolubile lega i due eventi. Allora avevamo cominciato, in un silenzio troppo violento, a marciare contro l'arroganza dei potenti. Abbiamo continuato contro la guerra e contro il liberismo, spesso in solitudine. Oggi quel rivolo di ribellione mista a speranza si è trasformato in una immensa e indescrivibile piazza permanente che continua a ribadire quel concetto, semplice e geniale, coniato a Porto Alegre: un altro mondo è possibile. La piazza ritorna ad essere una sede legittima della politica, a dispetto del doppiopetto istituzionale di Berlusconi e soci. Quale che sia lo sbocco di questa immensa giornata, è questa la lezione che tutti dovranno tener presente.

Liberazione 24 marzo 2002
http://www.liberazione.it




E' un fatto che nella competizione globale sempre pii' accanista tutto e' a rischio le imprese come i loro dipendenti.

Se la aziende non avranno la possibilita' di ridimensionarsi velocemente in caso di necessita' per queste vorra' dire il fallimento ed allora saranno dolori anche per i lavoratori.

I meccanismi di ridimensionamento devono essere rivisti perche' attualmente sono troppi lenti e troppo costosi.

Per le aziende non ci sono artcoli 18 a garanzia della loro sopravvivenza.Lo avevano quelle dell'Unione Sovietica ma ando'
a finire piuttosto male come e' noto.

La competzione neoliberista e' ormai scatenata. il gioco ci e' imposto da altri.

Le aziende si trovano davanti ad un mare di incertezze che poi dovrebbero trasformater in cetrtezze assolute per i propri dipendenti.Troppo bello ! L'incantesimo e' finito e per sempre.

O si e' competitivi o si soccombe.Piaccia o no e' cosi'.Gli " altri " non hanno sei settimane di ferie pagate.Gli americani ne hanno due.Bello il paese dei balocchi ! Se dura !

Comunq

26-03-02, 11:52
Originally posted by ferruccio



E' un fatto che nella competizione globale sempre pii' accanista tutto e' a rischio le imprese come i loro dipendenti.

Se la aziende non avranno la possibilita' di ridimensionarsi velocemente in caso di necessita' per queste vorra' dire il fallimento ed allora saranno dolori anche per i lavoratori.

I meccanismi di ridimensionamento devono essere rivisti perche' attualmente sono troppi lenti e troppo costosi.

Per le aziende non ci sono artcoli 18 a garanzia della loro sopravvivenza.Lo avevano quelle dell'Unione Sovietica ma ando'
a finire piuttosto male come e' noto.

La competzione neoliberista e' ormai scatenata. il gioco ci e' imposto da altri.

Le aziende si trovano davanti ad un mare di incertezze che poi dovrebbero trasformater in cetrtezze assolute per i propri dipendenti.Troppo bello ! L'incantesimo e' finito e per sempre.

O si e' competitivi o si soccombe.Piaccia o no e' cosi'.Gli " altri " non hanno sei settimane di ferie pagate.Gli americani ne hanno due.Bello il paese dei balocchi ! Se dura !

Comunq


Finisco il mio messaggio interrotto accidantalmente:

Comunque se Marco Biagi avesse potuto parlare sabato scorso al Circo Massimo che genere di accoglienza avrebbe avuto ?

Fischi e pernacchie , temo.


la verita' e' che i Sindacati sono ormai fuori dalla realta' economica politia e sociale.Su questa strada Berlusconi ce lo terremo per altre due legislature , se campa.

Roderigo
26-03-02, 16:12
L'abolizione dell'articolo 18, non c'entra nulla con la sopravvivenza o il profitto dell'impresa. Infatti, già oggi, il licenziamento è incluso di fatto in varie tipologie del lavoro atipico. Poi già esistono varie possibilità di licenziamento, disciplinate dalla legge.

- Vi sono i licenziamenti collettivi (minimo cinque lavoratori) in caso di crisi economica o per esigenze relative a ristrutturazioni produttive e organizzative.

- Vi è il licenziamento per giustificato motivo, relativo ad inadempienze contrattuali o allo scarso rendimento del lavoratore.

- Vi è il licenziamento per giusta causa, relativo a fatti e situazioni esterne al rapporto di lavoro, che possono minare il rapporto di fiducia tra datore e prestatore di lavoro.

Quindi, l'abolizione dell'art. 18 a cosa serve? Serve solo a permettere il licenziamento illegittimo, cioè a far rientrare dalla finestra il licenziamento discriminatorio, in primo luogo la possibilità per il padrone di liberarsi di attivisti e delegati sindacali. Esso ha pure una forte valenza politica e simbolica, poichè colpisce frontalmente i concetti stessi di diritto del lavoro e di dignità del lavoratore.

Nè l'uno, nè l'altro sono monetizzabili, per questo la proposta delle 24 mensilità di Berlusconi è inaccettabile: i diritti non sono in vendita.

Facciamo un esempio concreto. Il datore di lavoro molesta un'impiegata, lei si ribella, lui, senza più la rete protettiva dell'articolo 18, può vendicarsi e licenziarla impunemente. Mal che gli vada, dovrà pagare il suo allontanamento. In ogni caso, lei è costretta a subire un ricatto: o si sottomette alle pretese moleste del padrone in cambio del mantenimento del lavoro, o accetta soldi in cambio del licenziamento. Quello che non può scegliere è il diritto di lavorare in cambio del rispetto delle norme contrattuali. Cioè non può scegliere di preservare e difendere la propria dignità.

R.

Roderigo
26-03-02, 16:20
Io non posso condividere un punto di vista che concepisce il lavoro ed i lavoratori solo come una funzione, una variabile dipendente della competizione e delle esigenze dell'impresa. I lavoratori sono persone, non fazzoletti usa e getta.

Ma poi è proprio vero che si è più competitivi riducendo i rapporti di lavoro a rapporti semi-servili, in cui salario, condizioni di lavoro, e sicurezza (sul e del posto di lavoro) sono decisi solo dal padrone, senza render conto a nessuno? Elementi importanti di competizione non sono anche la coesione sociale, il tenore di vita, la possibilità per tutti di progettarsi un futuro, lo stimolo a lavorare bene e a qualificare sempre meglio la propria professionalità? Produce forse questi effetti la precarizzazione del lavoro? Spinta addirittura fino al punto di consentire i licenziamenti illegittimi.

Ma in queste condizioni, con chi si vuole competere? Con le imprese della Romania o con quelle della Germania?
In Germania, i lavoratori licenziati illegittimamente vengono reintegrati. In Romania, non credo proprio.

R.

Roderigo
26-03-02, 16:26
Originally posted by ferruccio
Comunque se Marco Biagi avesse potuto parlare sabato scorso al Circo Massimo che genere di accoglienza avrebbe avuto ?
Fischi e pernacchie , temo.
Se il popolo del Circo Massimo avesse saputo che Biagi era minacciato dal terrorismo, certamente avrebbe voluto che gli si garantisse protezione. Poi, dalle idee di Biagi, come da quelle di chiunque, è legittimo dissentire.

R.

27-03-02, 10:57
Originally posted by Roderigo
Io non posso condividere un punto di vista che concepisce il lavoro ed i lavoratori solo come una funzione, una variabile dipendente della competizione e delle esigenze dell'impresa. I lavoratori sono persone, non fazzoletti usa e getta.

Ma poi è proprio vero che si è più competitivi riducendo i rapporti di lavoro a rapporti semi-servili, in cui salario, condizioni di lavoro, e sicurezza (sul e del posto di lavoro) sono decisi solo dal padrone, senza render conto a nessuno? Elementi importanti di competizione non sono anche la coesione sociale, il tenore di vita, la possibilità per tutti di progettarsi un futuro, lo stimolo a lavorare bene e a qualificare sempre meglio la propria professionalità? Produce forse questi effetti la precarizzazione del lavoro? Spinta addirittura fino al punto di consentire i licenziamenti illegittimi.

Ma in queste condizioni, con chi si vuole competere? Con le imprese della Romania o con quelle della Germania?
In Germania, i lavoratori licenziati illegittimamente vengono
reintegrati. In Romania, non credo proprio.

R.

I competitori si subiscono non si scelgono. Se per esempio arrivano produzioni cinesi che insidiano sia il prodotto italiano che quello tedesco che facciamo ? Gli sventoliamo davanti l'articolo 18 ?

La competizione globale e' ormai a livelli feroci. Tutto condibvisibile quanto dice RODERIGO ma la reata' e' quella che e'.
Comunque tornero' a breve sull'articolo 18.

Intanto occorre avere ben presente che gia' milioni di itraliani non ne uscufruiscono in quanto dipendentie di aziende sotto i 16 dipendenti.NON SO QUANTO QUESTA REGOLA SIA COSTITUZIONALE MA E' COSI.Dunque se io mi trovo un lavoro in una di queste ditte so che posso essere licenziato anche senza giusta causa E NON CE' ART.18 CHE TENGA !

Vi sono imprenditori che sarebbero disposto anche a farsi scuoiare vivi pur di non oltrepassare la soglia dei 15 dipendenti
e questo perche' non sarebbe possibile in caso di necessita' di tornare indietro.

Segue

27-03-02, 13:13
ARTICOLO !8

Come e' noto negli USA non esiste alcun articolo 18.Chiunque puo' essere licenziato senza giusta causa.

E' una regola molto brutale e discrezionale che non e' accettabile.

E' il tipico prodotto della mentalita' calvinista cosi' come lo sono un sistema sanitario molto carente o come il loro sistema elettorale fatto in modo da tagliare fuori una bella fetta degli americani meno abbienti con sistemi che penso tutti conosciate.

Il fatto e' che da noi si e' esagerato in senso opposto con un garantismo eccessivo.

Quanto Roderigo affrema sulla possibilita'0 di licenziamento per scarso rendimento e' TOTALMENTE inesistente.Una sentenza,una sola che abbia mai consentito un tale licenziamento.

Nella realta' si garantiscono anche gli assenteisti di professione,
i finti malati financo sorpresi fuiori casa ripetutamente in orari quando non sarebbe consentito esserci .etc.etc..

Il Sindacato protegge costoro ad oltranza ed il risultato e' che ormai specie da parte delle aziende sotto i 16 dipendenti vi e' la corsa a...non assumere per non trovarsi a dover sopportare costi che non possono piu' sostenre nel caso la situazione cambi in peggio.

Non tiriamo fuori poi la storia della operaia insidiata dal padrone.
Ci sono anche i casi dove l'operaia insidia il padrone o chi per esso.Scherzo ! ( ma mica tanto ! )


Quanto alla riduzione di personale per cris ristrutturazione etc.
e' vero che e' possibile.Con avvocati alla mano pero perche' in tribunale ci si finisce.Idem le liste di mobilita' che possono avere un costo tale de divinire impossibili il che significa affondare poi le aziende sia che si tengano il personale esuberante o he riescano a licenziarlo con gli oneri che seguono.
Voglio dire in sostanza che se il Sindacato non consente una maggiore flessibilita' alle aziende si fara' poi carico del mancato sviluppo e cosi' Berlusconi potra' dire che se non ce' stata nuova occupazione questo e' dovuto alla rigidita' sindacale vero o meno che possa essere.

Un'ultima parola sull'America:ma lo sapete perdche' in America non e' possibile ricoerre contro un licenziamento discrezionalòe ?

Perche' e' sancito dalla loro Costituzione tramite un articolo sulla sacralita' del contratto commerciale.Queste GRANDI DEMOCRAZIE !



Ripeto:la situazione che si e' generata con queste proposte governative di possibilita' in certi casi di mandare a casa qualcuno e' largamente dovuto alla rigidita' del mercato del lavoro negativa come e' negativo pure il suo opposto e cio' il sistema americano di licenziamenti indiscriminati.


Saluti





.

Roderigo
27-03-02, 16:23
Originally posted by ferruccio
I competitori si subiscono non si scelgono. Se per esempio arrivano produzioni cinesi che insidiano sia il prodotto italiano che quello tedesco che facciamo ? Gli sventoliamo davanti l'articolo 18 ?
L'articolo 18 serve per tutelare i lavoratori dai licenziamenti illegittimi. I diritti sono un valore in sè, non un elemento subordinato delle esigenze vere o presunte della competitività. Anzi, se proprio si vuole stabilire una gerarchia di valori, allora ti dico che i diritti dei lavoratori vengono prima della competitività delle imprese, così come gli uomini sono più importanti dell'economia. Quest'ultima ha valore se serve i primi, non il contrario.

Non è vero che non si può scegliere il terreno della competizione.
Puoi scegliere di competere sul terreno del supersfruttamento, dei bassi salari, della precarietà e della insicurezza. In questo caso, i tuoi concorrenti saranno le imprese dei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Ma il capolinea di questa strada è lo sfruttamento del lavoro minorile, fenomeno infatti esteso anche nei paesi ricchi.
Su questa strada però devi accettare anche la competizione sul fronte interno alla tua stessa azienda, quello del conflitto sociale: se io sono povero o senza lavoro, della tua competitività non m'importa nulla.
Oppure puoi scegliere di competere sul terreno della formazione professionale, dell'innovazione di processo e di prodotto, sul rispetto dei diritti dei lavoratori, quindi sul loro consenso e la loro partecipazione. Se il mio lavoro è ben retribuito e la mia dignità rispettata e valorizzata, allora la tua competitività può essere importante anche per me.


Originally posted by ferruccio
Intanto occorre avere ben presente che gia' milioni di itraliani non ne uscufruiscono in quanto dipendentie di aziende sotto i 16 dipendenti.NON SO QUANTO QUESTA REGOLA SIA COSTITUZIONALE MA E' COSI.Dunque se io mi trovo un lavoro in una di queste ditte so che posso essere licenziato anche senza giusta causa E NON CE' ART.18 CHE TENGA !
E' vero e ciò non è giusto. Infatti, la Fiom e Rifondazione Comunista stanno promuovendo un referendum sull'articolo 18, il cui effetto, se approvato, sarà la sua estensione a tutte le imprese.


Originally posted by ferruccio
Non tiriamo fuori poi la storia della operaia insidiata dal padrone.
Ci sono anche i casi dove l'operaia insidia il padrone o chi per esso.Scherzo ! ( ma mica tanto ! )
Non ha alcuna importanza se vi sono operaie che insidiano il padrone, perchè il padrone non è ricattabile. Le molestie e le violenze sessuali, prima di tutto, sono un rapporto di potere.


Originally posted by ferruccio
Quanto Roderigo affrema sulla possibilita'0 di licenziamento per scarso rendimento e' TOTALMENTE inesistente.Una sentenza,una sola che abbia mai consentito un tale licenziamento.
Nella realta' si garantiscono anche gli assenteisti di professione,
i finti malati financo sorpresi fuiori casa ripetutamente in orari quando non sarebbe consentito esserci .etc.etc..
Il Sindacato protegge costoro ad oltranza ed il risultato e' che ormai specie da parte delle aziende sotto i 16 dipendenti vi e' la corsa a...non assumere per non trovarsi a dover sopportare costi che non possono piu' sostenre nel caso la situazione cambi in peggio.
Quanto alla riduzione di personale per cris ristrutturazione etc.
e' vero che e' possibile.Con avvocati alla mano pero perche' in tribunale ci si finisce.Idem le liste di mobilita' che possono avere un costo tale de divinire impossibili il che significa affondare poi le aziende sia che si tengano il personale esuberante o he riescano a licenziarlo con gli oneri che seguono.
Questi sono luoghi comuni che non corrispondono alla realtà. Ho lavorato in una media azienda elettromeccanica nel torinese, e ho visto come questa si è liberata di operai e impiegati come e quanto ha voluto, anche con i bilanci in attivo. Si possono poi citare gli esempi più clamorosi della Fiat e della Olivetti. Oppure della Telecom, che con un fatturato super di 10 mila miliardi, si è liberata in un colpo solo di 13.500 lavoratori.
La verità è che in Italia, ogni anno, il 22% degli occupati lascia il suo posto di lavoro. Altro che rigidità del mercato del lavoro! E' una percentuale che non ha pari in nessun paese europeo, uguale solo a quella degli Stati Uniti.

R.

27-03-02, 17:22
Originally posted by Roderigo

Questi sono luoghi comuni che non corrispondono alla realtà. Ho lavorato in una media azienda elettromeccanica nel torinese, e ho visto come questa si è liberata di operai e impiegati come e quanto ha voluto, anche con i bilanci in attivo. Si possono poi citare gli esempi più clamorosi della Fiat e della Olivetti. Oppure della Telecom, che con un fatturato super di 10 mila miliardi, si è liberata in un colpo solo di 13.500 lavoratori.
La verità è che in Italia, ogni anno, il 22% degli occupati lascia il suo posto di lavoro. Altro che rigidità del mercato del lavoro! E' una percentuale che non ha pari in nessun paese europeo, uguale solo a quella degli Stati Uniti.

R.

Mi piacerebbe sapere come ha fatto quella azienda torinese a liberarsi di personale.Oggi come oggi e' piu' facile sciogliere un matrimonio che un rapporto di lavoro.Altrimenti perche' questi
provvedimenti per limitare gli effetti dell'art.18 ?

Il paragone con le grandissime aziende non prova nulla.Loro " possono " hanno troppi mezzi da usare..,troppe aderenze politiche.Il piccolo invece e' praticamente indifeso.

Io comunque non condivido di seguire l'esempio americano.
Dico solo che occorre piu' flessibilita senza esagerare

Ripeto: se il Sindacato non avesse difeso ad oltranza chi non meritava di essere difeso oggi la situazione sarebbe diversa ed ancora oggio e' piu facile sciogliere un matrimonio che un rapprto di lavoro.Lapercentuale del 22 % di mobilita' volontaria dove l'hai cavata ? Mi sembra assurda.

Chiaro che piu' siu coinvolgono i dipendenti e li si motivano meglio e' per l'azienda e per tutti.

Ma in certe situazioni di mercato non c'e' motivazione che tenga
purtroppo.Nel caso non passassero le modeste richieste governative per molti il futuro sara' di restare a lavorare in nero
o di non trovare posto di lavoro nella aziende piccole perche' questa si rifiuteranno di prendere dimensioni superiori.

A me Cofferati sembra un novello Metternich:togliete un mattone,uno solo e l'impero verra' giu' tutto ! Infatti......