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Visualizza Versione Completa : L'Unità giornale comunista .. ex-comunista ... o comunista travestito ?



la_pergola2000
25-03-02, 15:30
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://www.govisalia.com/Sounds/TVMovies/BattlestarGalactica.mid

Cari amici
La lettera dell'ex direttore dell'unità oggi sul Corriere dimostra quello che andavamo dicendo da tempo.
La posizione di Colombo viene fuori tutta, l'ex direttore addirittura si scaglia, come ci eravamo scagliati noi, su Colombo, il quale si comporta da ex e come ex si trova in posizioni più cattive, De Benedetti, D'alema nessuno si salva.
Dove va l'unità, dove vanno i ds, seguiranno il conservatore Cofferati o altri, un partito che non elabora, che non propone, che non ha niente di riformismo, anzi i propri riformisti li mette in minoranza e li criminalizza dà una immagine scadente.
Ciao a tutti.
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/ZUCCHEROMISERERE.mid

nuvolarossa
26-06-02, 18:30
Le esternazioni di Cofferati

La recente "esternazione" di Cofferati a Siviglia - bisogna fermare il patto scellerato con il governo - pone due problemi: uno di carattere generale, l'altro interno alla sinistra.

Il primo - che evidentemente interessa tutti, anche chi non si colloca nell'area di centrosinistra - riguarda il senso di responsabilità che una grande organizzazione come la CGIL, e ovviamente chi la rappresenta, dovrebbe avere nei confronti del paese e delle sue istituzioni. Questo senso di responsabilità non è mai mancato alla CGIL, da Di Vittorio a Lama. E' possibile che l'attuale segretario non si renda conto della gravità delle sue parole? E non capisca che le parole, soprattutto in certi fasi storiche, possano diventare pietre? E senza voler ipotizzare altri e più preoccupanti scenari, avverte Cofferati l'odiosa intolleranza e l'inaccettabile presunzione che sono insite nella sua affermazione?

Se di tutto questo Cofferati non è consapevole, c'è da riflettere nelle sue capacità di leader politico. E se invece lo è, c'è da preoccuparsi per gli scenari che rischiano di presentarsi per il futuro nel paese.

Il secondo problema, che peraltro dal primo discende, è tutto interno alla sinistra. Per mesi si è ipotizzata una leadership di Cofferati. Il segretario della CGIL è stato descritto come l'uomo in grado di mantenere uniti riformisti e massimalisti; di essere, in un eventuale ticket di governo, l'espressione politica della sinistra da affiancare a quella, più moderata, suggerita dalle forze che si riconoscono nella Margherita.

Oggi appare chiaro che questa ipotesi non ha fondamento. E che Cofferati, lungi dall'unificare, divide la sinistra italiana e il suo stesso partito, i Democratici di Sinistra: dove i dissensi sembrano prevalere largamente sui consensi.

Il segretario della CGIL mostra in questi giorni la sua vera immagine: immagine di divisione, non di ricomposizione. Di divisione del sindacato, di divisione della sinistra. E, quel che è più grave, di divisione del paese. C'è da augurarsi, a questo punto, che siano da prendere sul serio almeno le intenzioni sul suo futuro: tornare in Pirelli. Non vorremmo, in questo caso, essere al posto di Tronchetti Provera. Ma i danni che potrà fare alla Pirelli saranno comunque inferiori a quelli che sta facendo al sindacato, alla sinistra, al paese.

Roma, 26 giugno 2002

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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
29-08-03, 18:39
Sono su Radio Radicale e, in questo momento, sto ascoltando D'Alema ... sta parlando all'assise del meeting di Rimini di Comunione e Liberazione.
... boati di fischi a ripetizione non fanno che interromperlo ... intolleranza precostituita o scarsa argomentazione nell'interpretare le aspettative e le progettualita' delle masse giovanili ?
... sono curioso di leggere domani cosa riassumeranno i media di questa forsennata contestazione ciellina al Presidente diessino. (http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)

nuvolarossa
04-02-05, 14:05
Mazzini e il Comunismo

Ondeggiando tra il Sansimonismo e il Fourierismo, il Comunismo prende a prestito dal primo le sue tendenze tiranniche, e dall’altro la legge della soddisfazione delle inclinazioni.

(G.Mazzini, 1846, Pensieri sulla Democrazia in Europa, pag.131, Feltrinelli 1997)

nuvolarossa
07-02-05, 13:13
http://www.opinione.it/vignette/26_B.jpg

nuvolarossa
04-04-05, 12:49
Padri e figli e gli scheletri negli armadi
Storace e la “padella” di Padellaro

di Romano Bracalini

Infamare il padre per colpire il figlio è una pratica corrente nella litigiosa famiglia italiana. Ma è pratica pericolosa in Italia dove a scendere “per li rami” un fascista lo trovi sempre, anche tra i comunisti “rigenerati”. Ma all’Unità devono credersi immuni dal peccato originale, così Padellaro, fresco direttore della Pravda de’ noantri, dopo la cacciata di Colombo, che in questa operazione maramaldesca sarebbe stato certo più accorto - essendosi fatto le ossa e la permanente a New York e non alla Lubianka - chiama una cronista a mezzo servizio, questa tal Luana Benini, da Piombino, patria del vernacoliere Mussi, e le affida il compito di rovistare nell’albero genealogico di Storace per trovare la magagna da esibire all’esecrazione del popolo. Così nella bagarre romana della corsa alla cadrega tra Storace e Marrazzo, una carta velina del pensiero, dopo le firme false, dopo la cura dimagrante della Mussolini, dopo la riammissione della “Disperata” alla corsa politica, ecco che l’Unità spara in prima pagina lo “scoop” di Storace padre (dodicenne) torturatore di ebrei, in cui ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Insomma una fiction. Siccome ogni mezzo è lecito, purché fetente e di infimo conio, avremmo perfino apprezzato il colpo basso se solo fosse stato bene assestato. Ma tirare un colpo e colpire l’arbitro è una gag degna di un vecchio film di Gianni e Pinotto. Insomma un disastro accolto da una valanga di risate; e Padellaro che ha già l’occhio velato di mestizia a rifarsi il trucco arrampicandosi sui vetri senza accomodarla nemmeno un po’. Mario Limentani, il reduce del lager intervistato dalla Benini dice l’indomani che venne picchiato da un tale Storace ma non assicura che era il padre di Storace figlio. La Benini insiste che Limentani ne parlava come se si trattasse di Storace padre. Insomma l’aveva dedotto. Dedurre, percepire sono impressioni dei sensi. La verità deve risultare palpabile. Ma questa Benini, che non è una ragazzina di primo pelo, avendo 57 anni, e appena tredici di professione, di cui non si conoscono opere fondamentali né competenze specifiche, si è arrischiata con la leggiadria di un calabrone su un terreno delicato e pericoloso, anche per esperti ricercatori di storia, senza sentire il bisogno di un minimo controllo, di un riscontro, sempre che sappia cosa vuol dire, bastava fare una corsa in biblioteca, in archivio o all’anagrafe. No, ha dedotto che si trattasse di Storace padre e tanto è bastato anche a Padellaro, che l’indomani ha dovuto scusarsi. Ma forse non basta.
L’ordine dei giornalisti del Lazio ha già aperto un procedimento disciplinare contro Padellaro e la Benini. Qui siamo davanti a un falso clamoroso, un caso inedito di bassa strumentalizzazione politica da cui emerge solo il livore e la superficialità di un direttore e l’incompetenza professionale di una cronista inesperta. Come consigliere nazionale mi impegno che anche l’Ordine nazionale dei giornalisti prenda posizione su questa vicenda.
In fondo più che da piangere viene da ridere, perché se in Italia vuoi colpire qualcuno per i trascorsi degli antenati non hai che l’imbarazzo della scelta. E, semmai, anche qui varrebbe la “par condicio”. Perché Storace e non altri figli di fascisti antisemiti notori diventati comunisti? E semmai che c’entrano i figli? Si farà qualche esempio di empietà paterne. Nell’imminenza della visita di Hitler in Italia, nel maggio 1938, Luigi Barzini jr. inviato del fascistissimo Corriere della Sera, si recò nel suo rifugio sulle Alpi bavaresi e scoprì che il Führer aveva “gli occhi di un padre”. Più tardi Barzini scrisse un libro, “Gli italiani”, per spiegare agli americani come gli italiani, gente poco seria, erano diventati fascisti convinti. Una delle figlie di Barzini lavora al Tg3, Telekabul. Tutt’altro colore. Ma lei che c’entra? Vittorio Veltroni era il radiocronista preferito di Mussolini e nel 1938 venne incaricato della radiocronaca diretta per l’arrivo di Hitler a Roma. Nel dopoguerra Vittorio Veltroni divenne dirigente della Rai democratica e antifascista. Ma suo figlio Walter Veltroni che c’entra?
Nel 1938 Davide Lajolo, in partenza per il fronte spagnolo dalla parte dei fascisti, scrisse sul “Popolo d’Italia” una memorabile epistola d’amore per il Duce: “Sentire Mussolini. Sentire Mussolini è il più grande conforto per noi. Quando si combatteva, c’era sempre Lui. Era per Lui, per l’Idea, per il Verbo…” (Tutto maiuscolo).
Fino al 25 luglio 1943 Lajolo diresse la “Sentinella Adriatica”, organo della federazione fascista di Ancona. Nel 1946 lo troviamo direttore dell’Unità, organo del Pci. Ma i suoi figli, se ne ha, che c’entrano?
L’Unità ne avrebbe mille di casi analoghi e potrebbe scoprirne delle belle se avesse cronisti di qualche vaglia e non propagandisti di fole a mezzo stampa. Vizio d’antica scuola. Perché prendersela solo con gli Storace, padre e figlio, che hanno almeno il merito della coerenza? Da fascista a fascista, senza mai svicolare. Sempre fedeli al nero de borgata.

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Romano Bracalini e' autore di un bellissimo libro su Giuseppe Mazzini ... dal titolo .... Il sogno dell'Italia Onesta .... Arnoldo Mondadori Editore, 1a edizione 1993, lire 35.000

nuvolarossa
13-04-05, 23:00
Gli spettri di Tranfaglia

Non si combattono i rigurgiti neofascisti con le verità di comodo

Se davvero vogliamo evitare che gli spettri del nazifascismo tornino ad affiorare inquietandoci con la loro presenza, come denuncia Nicola Tranfaglia in un articolo sull'"Unità", forse l'analisi dovrebbe essere più complessa e più seria di quella che considera responsabili di questi rigurgiti il governo Berlusconi ed il suo ministro Moratti.

Intanto dovremmo chiederci il senso di equiparare, come fece l'onorevole Violante da presidente della Camera, i giovani di Salò con i partigiani, senza preoccuparsi di distinguere le ragioni ed i torti di ciascuno in una maniera congrua ad uno Stato che, uscito dal fascismo, è diventato democratico. Allora sarebbe stato opportuno spiegare anche che l'adesione dei giovani volontari alla Repubblica sociale fu un torto, perché andavano a sostenere una pseudo repubblica asservita al nazismo, quando ormai il Paese aveva aperto gli occhi sul tragico bilancio della dittatura. Nello stesso tempo sarebbe stato necessario guardare con coraggio ai torti dell'antifascismo che, quasi per volersi emendare dalla complicità con il regime, degenerò in molti casi in brutalità gratuita contro chi non ebbe la prontezza di schierarsi dalla parte del vincitore, e ancora peggio fece quando usò la lotta partigiana per regolare conti in sospeso o disfarsi di futuri oppositori. Una critica della Resistenza in questo senso non è un fenomeno nostalgico, ma un servizio alla democrazia costituitasi. Quanto all'antisemitismo, vorremmo dire sommessamente a Tranfaglia che l'appoggio incondizionato alla causa palestinese ha dimenticato le origini storiche filonaziste di quel movimento. In questi anni l'antisemitismo è stato più alimentato dalle accuse ad Israele provenienti dalla sinistra che dai pochi nostalgici delle Ss.

Infine occorrerebbe riconoscere che il fascismo in Italia ed in Europa ha avuto, per varie ragioni, un sostegno di massa. Per riuscire a rimuovere il totalitarismo nel nostro continente sono dovuti entrare in ballo gli americani e con mezzi dolorosi come la guerra. Quando ci si oppone radicalmente ad un intervento militare americano contro un regime assolutista in Iraq, si rimette in discussione inevitabilmente anche l'intervento statunitense in Europa. Non ci stupiamo allora delle conseguenze sgradevoli che ne derivano: la facilità a strumentalizzarle allontana la capacità di rimuoverle.

Roma, 13 aprile 2005

nuvolarossa
22-04-05, 14:43
Due anni di insulti al premier dalle pagine de ‘L’Unità’

di Barbara Alessandrini

Come si costruisce il mostro a tutto tondo, da sbattere in prima pagina e da esorcizzare con ogni mezzo possibile? Basta scorrere i titoli e gli articoli che negli ultimi due anni “L’Unità” di Furio Colombo ha dedicato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per scoprirlo. L’obbiettivo del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e finito nelle mani dell’ex dipendente della Fiat di demonizzare il leader della Casa delle Libertà a suon di insulti e aggressioni sistematiche, e senza nemmeno curarsi di ricorrere ad un po’di humor, è fin troppo evidente. Ogni pretesto è buono per accusare, condannare, criticare, sbertucciare, sbugiardare, insultare, contestare e dipingere a tinte fosche e luciferine il Cavaliere. In realtà, dalla lettura cumulativa di qusto vero e proprio rigurgito di odio allo stato puro scaturisce un’imbarazzante senso del ridicolo. Oltre alla conferma che i vecchi metodi comunisti sono sempre di moda, vivi e vegeti: Riempire di ombre inquietanti chi non merita di essere trattato come avversario politico con cui confrontarsi ma come nemico assoluto da distruggere e cancellare. Un metodo, quello utilizzato da “ L’Unità” non certo inedito. Al contrario antico e insegnato dalla scuola del marxismo-leninismo. A conferma che se i comunisti non mangiano più i bambini è solo perché preferiscono azzannare direttamente i grandi. Soprattutto se si tratta di Berlusconi, responsabile della loro sconfitta nel 2001.
Pubblichiamo di seguito un florilegio, diviso per temi, della valanga di contumelie pubblicate dal giornale dei Ds. Tanto per dare un saggio del ritardo culturale e della chiusura che impedisce alla sinistra massimalista di comprendere il meccanismo della democrazia dell’alternanza e di controbattere ai propri avversari politici con argomentazioni degne di chiamarsi tali.

Il mostro
Scrive a più riprese Maria Novella Oppo, con quel tasso di acidità che soltanto certo ‘cafon sesso’ di sinistra riesce ad avere: “Più che un mutante”, “il re dei bari” (dicembre 2003). La Oppo è degnamente supportata dall’humor di Paolo Ojetti che scrive “Si apre la portiera e non scende nessuno, dev’essere Silvio Berlusconi” e da quello raffinatissimo di Marco Travaglio “Cavalier mummia, cavalier Eta Beta, un sofficino farcito di protovitamine” (febbraio 2004), “ Il re sòla”, “ Il fantozzi di Arcore”, “il nano prelato”, “Oggi il premier approda a Bruxelles per l’esame dei conti. Il ministro olandese Zalam ironizza come se aspettasse un clown ingaggiato per fare quattro risate” (luglio 2004). Nuovamente la Oppo “Una macchietta come Berlusconi” (maggio 2004) e ancora Travaglio “Il cavalier bisunto, la macchietta di Arcore, il Bob Hope della Brianza” (maggio 2004) e “Si tratta semplicemente di un ometto che per noti motivi controlla i mezzi di comunicazione e ne dispone a piacimento” (giugno 2004). E ancora la lista di titoli ed attacchi continua con “Il dottor Silvio Frankenstein” (agosto 2004), “Il servile Berlusconi” (settembre 2004), “berl-luscus sta per bis-luscus, due volte losco” scrive con inedito umorismo Gianni D’Elia.
Quello vomitato dalla Oppo, poi, è un odio così tracimante da investire, in modo stucchevole anche per un carrettiere, pure i familiari del premier. “Il bouquet nelle mani della sposina Silvia Berlusconi, anziana, pelata, e di scarsa virtù, avendo trescato con questo o con quello, pur di avere come si dice a Milano il suo bravo tornaconto…” (ottobre 2004). La Oppo, però, si astiene dallo spiegarci come il fatto che Silvia abbia trescato, lo continui a fare e, magari, lo farà, possa incidere sui destini dell’umanità… Sul mistero, intanto taglia corto Travaglio esordendo con un sonoro “Qua la mano mascalzone bavoso” (gennaio 2005). Ma passiamo alle…

Malattie
Riecco l’impareggiabile Oppo-pensiero: “Berlusconi a furia di mentire si è completamente dissociato” (dicembre 2003). Le fa eco la democratica mente psichiatrica della sinistra, Giovanni Cancrini, che a più riprese si cimenta nel cucire un quadro clinico ad hoc sul perfido cavaliere. Senza per altro il benché minimo senso dell’autocritica. Ma questa non è una novità tra i portatori del verbo mancino: “Le reazioni basate sulla rabbia e sulla denigrazione degli avversari – scrive Cancrini - durano finché la persona con problemi di narcisismo mantiene una certa quota di potere e può contare su un certo tributo di ammirazione e/o adulazione, come ben dimostrato dalla traiettoria di Mussolini che ha assunto un andamento tragico con una progressiva dilatazione delle sue manifestazioni di aggressività” (febbraio 2004). Ecco cosa succede quando si guarda il bruscolino nell’occhio altrui quando nel proprio c’è… l’Unione. Ancora Cancrini “ Il delirio dell’imprenditore-presidente del Consiglio che cerca in maniera piuttosto maldestra di smarcarsi dalla classe politica dipingendola tutta come disonesta cercando così di far dimenticare le origini tutt’altro che chiare della sua fortuna imprenditoriale e la sua indulgenza verso le associazioni mafiose, che oggi più che mai infestano la politica meridionale italiana” (febbraio 2004). Più letterario Saverio Lodato che il 22 maggio 2004 spiega “ Sta diventando come l’Uomo che ride di Victor Hogo, il nostro presidente del Consiglio. Un muto ridens, una maschera incapace anche di un accenno di umana pietà. Una faccia da jolly, una faccia da lifting. La faccia di un potere amletico che si nasconde che sfiugge…”. Titolo del 12 luglio 2004 “ Berlusconi è la malattia del Paese”. Forse, però, non è proprio così perché fa notare Furio Colombo “Non c’è metodo nella follia di Berlusconi, Perché non cè neppure follia, ma soltanto la piatta calcolata ripetizione di gags triviali” (gennaio 2005).

Vite parallele
E’ sul terreno dei parallelismi che la Oppo sprigiona tutta la sua Kultura, ahinoi non ancora ‘sterminata’. “Un ometto col trucco, come Nerone di Petrolini, - scrive del premier - sicuro di poter fare fesso il popolo per sempre, suonandogliele con la sua chitarrina…” (gennaio 2005).
“Governava male, da Porto Rotondo, scriveranno in futuro gli storici. Come Tiberio, isolato a Capri nelle sue dodici ville…” ( gennaio 2004)
“Il cavaliere Dorian Gray è all’ultimo ritratto: L’autoritratto. Si specchia negli altri, vedendo in loro quello che fa lui. Un caso di transfert. In un paese normale un’opposizione che si rispetti gli risponderebbe: Non puoi dire che i politici rubano, perché il primo ladro sei tu” (febbraio 2004). Infine la Oppo “ Un premier sfiduciato come Mrlon Brando che si seduce da solo” ( luglio 2004).

Il fascista e delinquente
Inaugura il genere Daniele Luttazzi: “L’Italia di Berlusconi è bugiarda, razzista, xenofoba, fascista, antidemocratica, guerrafondaia, impunita, mafiosa, piduista e questi sono i lati migliori” (dicembre 2003). Lo segue di volata sempre lei, l’inimitabile Oppo: “Berlusconi è già tanto che non abbia detto di voler incontrare papà Goebbels”(gennaio 2004). E ancora scrive Travaglio “Il problema non è che noi siamo comunisti (anche se non è proibito), è che il regime c’è, anche se è proibito dalla legge” ( febbraio 2004).
Paolo Ojetti : “…l’effetto è comico e ricorda moltissimo i tempi andati, quando tutto faceva capo a Sua Eccellenza il cavalier Benito Mussolini, capo del Governo e ministro degli Esteri” (luglio 2004)
Rincalza il furioso Colombo “Berlusconi e il suo spettacolo devastante per il Paese, causa di meraviglia di ilarità e di disprezzo dal resto del mondo…Berlusconi conta quanto Mussolini a Salò. Ma come Mussolini a Salò è molto pericoloso” (luglio 2004). Titolo del 14 giugno 2004 “ Il Fuorilegge”. E sempre sotto l’effetto di quel certo difettino di vista ecco il titolo del 17 dicembre 2004 “ Puglia, patto tra Forza Italia e mafia”.

Oblomov
“Berlusconi premier part time, passa la metà del suo tempo in ferie”, e “Il mondo è in guerra, l’economia in pericolo, Alitalia sul baratro, Fiat in cassa integrazione, prezzi alle stelle. Berlusconi è l’unico che continua a rimanere nella sua ville in Sardegna” (settembre 2004).
“ Berlusconi si è dimenticato le due Simone” (settembre 2004). L’elenco sarebbe infinito ma finiamola qui. Con una perla di saggezza della Oppo, naturalmente sulla giustizia:
“All’inaugurazione dell’anno giudiziario erano presentei il presidente del Ciampi in rappreseentanza degli italiani incensurati, e il premier in rappresentanza degli imputati prescritti” (Gennaio 2005).

brunik
22-04-05, 18:41
Una settimana a caso di insulti al Presidente UE dalle pagine dei giornali bananas


http://brunik.altervista.org/foto/settimana.gif

Cybercat56
22-04-05, 22:50
Originally posted by brunik
Una settimana a caso di insulti al Presidente UE dalle pagine dei giornali bananas


http://brunik.altervista.org/foto/settimana.gif

Grazie per aver ristabilito i fatti.

C.

nuvolarossa
22-04-05, 23:23
http://www.gds.it/immagini/berludine.jpg

Cybercat56
22-04-05, 23:27
Originally posted by nuvolarossa
http://www.gds.it/immagini/berludine.jpg

Non l'ho capita.

C.

nuvolarossa
22-04-05, 23:38
.... e' solo un gesto di risposta al fotomontaggio di Prodi ... dove il dito sembra quello dell'Urologo prima di tastare la prostata ...

nuvolarossa
22-04-05, 23:45
Qua c'e un thread dove le tua professionalita' potrebbe trovare adeguato spazio e ridondanza ...

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=42248

nuvolarossa
28-04-05, 11:58
Consulenze miliardarie

Ascoltati Fassino e Diliberto

Piero Fassino ed Oliviero Diliberto sono stati ascoltati ieri mattina dai magistrati del tribunale dei ministri, in via Triboniano a Roma, nell'ambito dell'inchiesta sulle consulenze miliardarie effettuate dal ministero della Giustizia e sulle quali la Procura di Roma ha avviato un'inchiesta in seguito ad una relazione della Corte dei Conti.

tratto da LA VOCE REPUBBLICANA 27 aprile 2005

brunik
29-04-05, 15:26
Originally posted by nuvolarossa
Consulenze miliardarie

Ascoltati Fassino e Diliberto

Piero Fassino ed Oliviero Diliberto sono stati ascoltati ieri mattina dai magistrati del tribunale dei ministri, in via Triboniano a Roma, nell'ambito dell'inchiesta sulle consulenze miliardarie effettuate dal ministero della Giustizia e sulle quali la Procura di Roma ha avviato un'inchiesta in seguito ad una relazione della Corte dei Conti.

tratto da LA VOCE REPUBBLICANA 27 aprile 2005

E chissenefrega, per me potrebbero aver rubato anche e più di Castelli ma cio' non influenzerà in alcun modo il mio voto.

Anzi, più rubano più sono in gamba, non è che possono rubare solo i bananas.

DESTRA GIACOBINA, PENSATE AI PROBLEMI DEL PAESE, INVECE DI CERCARE DI ELIMINARE PER VIA GIUDIZIARIA I PROSSIMI VINCITORI DELLE ELEZIONI.

Evergreen
29-04-05, 17:47
Sai per caso se anche il professor Sola e' implicato in questa faccenda di Fassino e Diliberto e dei miliardi al ministero ?
Grazie.

nuvolarossa
09-05-05, 12:25
Blair e i suoi fratelli

di Paolo Pillitteri

Se Tony Blair fosse (stato) in Italia, la sinistra embedded nel suo Partitio laburista lo avrebbe talmente contestato da impedirgli di vincere qualsiasi competizione. Oltre che di privatizzare, liberalizzare e combattere in Iraq a fianco di Bush. Per sua fortuna, Tony sta in Gran Bretagna dove, pure, la “sua” sinistra mugugna e recalcitra, soprattutto sull’Iraq, ma resta sempre insieme nel Labour Party e, sempre insieme, vincono tutti: a sinistra. Per la terza volta consecutiva, un record assoluto per i laburisti in un paese dove uno che si chiamava Winston Churchill e che aveva vinto una guerra mondiale, era stato repentinamente mandato a casa dallo sconosciuto (laburista) Clement Attlee. Adesso che Blair è al suo terzo mandato, saltano su di nuovo i soloni postcomunisti a cominciare da quelli di “Repubblica”, del solito TG3, fino alla “Unità” (per non parlare del neocomunista Bertinotti) dove, uno come Massimo L. Salvadori è scontento della vittoria e denuncia la mutazione genetica del Labour per le eccessive iniezioni di liberalismo, auspicando la sua prossima caduta al fine di perdere le troppe scorie capitaliste ammucchiate. Altri, invece, come Massimo D’Alema, sono molto più cauti, tant’è vero che, già da prima del risultato blairiano, in effetti clamoroso, avevano elogiato certi aspetti della politica britannica, come ad esempio quella contro il terrorismo internazionale. Una buona posizione, ovviamente, anche se dà tutta l’aria di predisporsi ad elevare di nuovo sugli altari Tony Blair dopo averlo messo in naftalina per anni - esttamente quelli della guerra in Iraq in stretta alleanza con gli Usa - ed aver gufato contro in varie occasione. C’è da giurarci che, un po’ come fecero sempre gli stessi diessini Veltroni, D’Alema, Fassino and Co. all’indomani della prima e seconda vittoria di Blair, si recheranno in visita fraterna al “compagno Tony” facendo finta di essere sempre stati con lui, indefettibilmente uniti e compatti. È sempre così, da noi, soprattutto perché ai DS, nonostante i passi in avanti sulla strada riformista, risulta molto più comoda la politica dello stop and go nei confronti di un esponente del più classico liberalsocialismo piuttosto che una scelta determinata, chiara e incontrovertibile, esattamente come ha fatto Blair e i suoi fratelli laburisti britannici. Qui da noi, DS e sinistra non possono riconoscersi in toto nelle idee liberalsocialiste, quelle che erano patrimonio del socialismo di Bettino Craxi, perché non riescono a sciogliersi dal complesso e dall’amplesso, invero fatali, delle vecchie ideologie, degli antichi sapori, dell’antiamericanismo, del girotondismo, del noglobalismo. E il bello, anzi il tragicomico, è che una simile sinistra rischia di vincere. In Italia.

nuvolarossa
10-05-05, 13:02
Due repubblichini ci spiegano la drammaturgia italiana

di Dimitri Buffa

“L’Unità” è un giornale che si richiama all’antifascismo militante a ogni piè sospinto. Spesso prendendosi troppo sul serio. Cosa che spesso produce l’effetto paradossalmente contrario a questa visione del mondo: fare risultare simpatico il proprio dichiarato nemico.
Ed è quanto accade con il messaggio indiretto dell’ultima iniziativa editoriale di Padellaro e Colombo: una collezione di dvd per fare spiegare agli italiani il teatro. Da chi: da due ex repubblichini, Giorgio Albertazzi e Dario Fo. Sarà solo un caso? Ci avranno pensato?
Non c’erano altri luminari per curare la raccolta? Sia quel che sia, vista da fuori la circostanza induce al riso. Tanto più che quel quotidiano viene fatto con abbondante dose retorica di pensoso allarmismo contro la deriva plebiscitaria e totalitaria che, asseritamente, avrebbe trasformato l’Italia in un regime.

brunik
10-05-05, 13:08
Originally posted by Evergreen
Sai per caso se anche il professor Sola e' implicato in questa faccenda di Fassino e Diliberto e dei miliardi al ministero ?
Grazie.

SPERO DI Sì PERCHè PRODI HA UNA FAMIGLIA DA MANTENERE, PURTROPPO è IL POLITICO ITALIANO CHE GUADAGNA MENO DI TUTTI E IN QUALCHE MODO DOVRà PUR PROVVEDERE.

BEN VENGANO QUINDI I SOLDI IN CASA PRODI, ANCHE SE ILLEGALI, IO LO VOTO LO STESSO PERCHE' E' PIU' BRAVO DEL PATACCA E DEL RESTO ME NE FREGO.

nuvolarossa
10-05-05, 15:04
La storia è una brutta bestia

Non ci stancheremo mai di spiegare che la storia è una brutta bestia. E anche se avremmo voluto credere che essa si svolgesse su un percorso luminoso e rassicurante, “le magnifiche sorti e progressive”, per dirla con un ironico Giacomo Leopardi, a volte capiamo di non saper proprio su quale strada vada a cacciarsi. Se la storia fosse finita, come sostenne un simpatico e fantasioso filosofo nippo - americano, avremmo forse tirato un sospiro di sollievo. Ahinoi, la storia invece continua andare avanti, come si è visto subito all’inizio del secondo millennio. Non solo, ma magari è capace di procedere pure all’indietro. Basta pensare che il revisionismo non è più una moda reazionaria, ma una necessità scientifica. Come si fa ad esempio ad accettare beatamente la versione del nostro affezionatissimo Valentino Parlato, per il quale senza la Russia il nazismo non sarebbe stato sconfitto? Perché è vero che senza la geniale azione politico militare di Stalin, come ha ricordato anche quel vecchio bolscevico trinariciuto di S. K. Karol (sul "Manifesto" domenica scorsa) la Germania non sarebbe stata sconfitta, per lo meno non in un lasso di tempo così breve. Nessuno discute di questo. Piuttosto ci chiederemmo se Parlato non ha il dubbio che il nazismo sarebbe mai nato senza il comunismo sovietico; se, senza Lenin, avremmo mai avuto un Mussolini, cioè se senza una rivoluzione nell’Europa dell’Est tale da mettere sgomento nel cuore di tutta la borghesia capitalistica occidentale, avremmo mai visto sorgere il fascismo nel nostro continente.
Come diceva quel pensatore tedesco? “La reazione si accoppia con la rivoluzione”. Chissà se Parlato se lo ricorda. Ma egli se lo ricorderà benissimo è può dirci che stiamo solo teorizzando. In pratica le armate russe comuniste sconfissero comunque quelle naziste a aprirono la porta sulla vittoria già nel ’45. Benissimo. Ed allora, caro Parlato, il ‘38, lo vogliamo ricordare? Non è stato forse il patto di Stalin con Hitler a consentire al dittatore nazista di prendere piede all’interno e all’esterno, di muoversi con una certa tranquilla autonomia fino alla sua offensiva in Polonia ed in Cecoslovacchia? La Russia avrebbe potuto intervenire prima, no? Ma il punto è un altro, quello che Parlato non vuole vedere in nessuna maniera, ma che pure è ormai impossibile nascondere alla luce del sole: la tragica analogia tra fascismo e comunismo. Quella che è stata nascosta per anni, ma che non sfugge più nel momento in cui i Paesi vittime del patto di Varsavia si sono ribellati, e chiedono che i simboli del comunismo siano considerati come quelli del nazismo perché ritengono i dominatori russi alla stregua, o peggiori, dei nazisti. Per questa ragione l’amministrazione americana ha posto in questione le intese di Yalta. Non certo nel loro valore storico: non era possibile una visione diversa da quella che fu sancita allora; ma nelle prospettive future, visto che tutta la parte del mondo sacrificata al dominio sovietico cerca ora un suo riscatto, guardando ad Occidente e soprattutto all’America. E questa ribellione dell’Ucraina, del Kazhakistan, della Georgia, caro Parlato, è una scelta volontaria di quei Paesi, non certo un’aggressione militare, un’esportazione di democrazia con la violenza. E’ un’istanza di libertà profonda che un giornalista di fiuto dovrebbe annusare in fretta, e capire come si sta sviluppando nuovamente quella bestia di cui parlavamo in principio, e le pulsioni che la trascinano, o le ferite, da cui si vuol curare. Purtroppo, a volte, sul talento interpretativo prevale la disciplina dell’apparato di partito, che non si è mai dismessa, nemmeno quando il partito non esiste più, e da tempo. E così, invece di accettare la fine di un impero, se ne fantastica un altro.

brunik
10-05-05, 15:40
Originally posted by nuvolarossa
La storia è una brutta bestia


Piuttosto ci chiederemmo se Parlato non ha il dubbio che il nazismo sarebbe mai nato senza il comunismo sovietico; se, senza Lenin, avremmo mai avuto un Mussolini, cioè se senza una rivoluzione nell’Europa dell’Est tale da mettere sgomento nel cuore di tutta la borghesia capitalistica occidentale, avremmo mai visto sorgere il fascismo nel nostro continente.

Allora potremmo anche chiederci se senza il Cav. Patacca avremmo una sinistra al 54% e una destra al 37%, per stare più sull'attuale, senza per forza rivangare tutti i giorni dell'anno le vecchie storie di 80 anni fa, che sono sempre le solite stronzate che ripetete un giorno sì e l'altro pure da ormai 10 anni, cioè proprio dall'avvento del Cav. Patacca che ha dato la spinta decisiva al komunismo italico, come brillantemente evidenziato da questo bel grafico del quale faccio dono agli amici del forum per le opportune riflessioni da pubblicare magari sull'Opinine di Arturo.


http://brunik.altervista.org/EFFETTOB.gif

nuvolarossa
11-05-05, 22:00
Dimenticare Yalta

Quei Paesi dell'Est che vedono gli Usa come una speranza

Per fortuna c'è ancora qualche intellettuale serio in giro per l'Europa che si ricorda che gli accordi di Yalta si criticano almeno dal 1980, a causa dell'intervento in Polonia contro Solidarnosc.

Retrospettivamente a quella data, forse, invece non ci fu la critica necessaria, tanto che dovemmo subire la repressione ungherese, poi la costruzione del muro di Berlino, infine Praga.

La Francia era scossa, la Germania rattrappita, la Spagna franchista, l'Inghilterra illividita e l'Italia compiacente, grazie ad un partito del 30 per cento dei consensi che guardava a Mosca con la nostalgia con cui si ammira nella notte una stella brillante e lontana.

Ma allora perché gli americani non sono intervenuti subito per esportare la loro democrazia? Per la semplice ragione che l'esportazione della democrazia con la forza era già avvenuta contro l'Europa totalitarista degli anni '40 e si era potuta realizzare in breve tempo grazie al contributo sovietico. Nessuno ha mai messo in discussione il ruolo compiuto dai carri armati di Stalin, tanto che Bush era in prima fila sulla Piazza Rossa nel 60esimo anniversario della vittoria contro il nazifascismo. L'eroismo, il contributo sovietico, non fa però venire meno il fatto che, per liberare una parte dell'Europa, un'altra finì sotto un giogo pesante e mortale quanto lo fu quello nazista. Lo sanno bene gli abitanti di Budapest, i cittadini di Praga, gli ufficiali polacchi seppelliti a Katin. Ancora meglio lo sanno i Paesi baltici, che hanno subito una repressione perfino negli anni della perestrojka gorbacioviana e sono i più avvelenati contro Mosca. E anche i georgiani che hanno festeggiato la visita di Bush nel loro Paese, nemmeno la liberazione fosse avvenuta ieri, devono avere una qualche idea in proposito. E sì che Stalin veniva dalla loro terra. Ma non ci sono nostalgie a Tbilisi.

Il problema è che l'accordo di Yalta fu sottoscritto perché i russi erano a Berlino e la loro bandiera sventolava sul palazzo della Cancelleria dei Reich. Non se ne sarebbero andati con una pacca sulle spalle. Yalta fu dunque solo il riconoscimento di questo stato di fatto, del contributo sovietico alla sconfitta di un comune nemico, congelando un conflitto scritto nelle idee. E Yalta funzionò parzialmente perché, fino a quando l'Unione sovietica fu una grande potenza, la pace ottenuta in Europa si pagò con uno scontro costante sul resto dello scenario internazionale, ora con guerre vere e proprie - la Corea, il Vietnam - ora con crisi e conflitti più sfumati, ma altrettanto intensi, in Medioriente, in Sudamerica, in Angola.

Ora che perfino le ex Repubbliche sovietiche si spingono verso la collaborazione e l'intesa con gli Stati Uniti d'America, che l'Ucraina, la Georgia ed il Kazikisthan sentono maggiore affinità, o per lo meno vorrebbero averla, con gli Usa rispetto alla madrepatria russa, come si può non vedere in Yalta una tragedia?

Perché noi dall'altra parte della cortina di ferro abbiamo goduto dei benefici della democrazia e del benessere, ma i nostri fratelli europei - tedeschi, ungheresi, polacchi - cosa hanno avuto?

La risposta pare chiara dal rapporto straordinario che i governi di questi Paesi, una volta autonomi, hanno saputo instaurare con l'America. Mentre i principali partner ed i tradizionali alleati degli Usa preferiscono quasi rimarcare le distanze, i vecchi satelliti sovietici o perfino le vecchie Repubbliche sovietiche si buttano letteralmente fra le braccia di Bush. Tanto che l'Europa si ritrova Putin come partner più probabile, invitandolo, magari, ad allentare la repressione in Cecenia. Speriamo che ci si riesca, perché la violazione dei diritti umani compiuta in quella regione, la distruzione di Grozny, sono le pagine più ingloriose della nuova Russia, pari a quelle della peggiore repressione sovietica.

Ci rendiamo ben conto di come sia difficile per la Russia assistere al distacco di un'intera area geografica di grande dimensione che poi va per suo conto. Ma dubitiamo che essa possa fare gran che per trattenerla, se non attraverso un'altra trasformazione, che punti non solo allo sviluppo delle libertà economiche, ma anche a quello delle libertà civili ed individuali. Perché se nel primo caso l'iniziativa di Putin c'è - anche se piuttosto carente - nel secondo i risultati non si vedono affatto.

Roma, 11 maggio 2005

nuvolarossa
27-05-05, 18:41
http://www.opinione.it/vignette/120_B.jpg

nuvolarossa
04-08-05, 11:13
Magdi Allam ridicolizza L’Unità e la sinistra

Per l’Onu l’Iraq non è un Paese occupato dal 2004, ma alcuni politici italiani la pensano diversamente
Sulla prima pagina del Corriere della Sera del 2 agosto è stato pubblicato uno splendido articolo di Magdi Allam che ha smascherato la pretestuosità delle posizioni della sinistra italiana sulla missione in Iraq, evidenziando, ove ve ne fosse ancora bisogno, le falsità e la manipolazione delle notizie che contraddistingue la missione giornalistica dell’Unità e quella politica dei principali esponenti dell’Unione. Stranamente questo articolo nella versione online non è stato linkato, sebbene inserito a sistema, nella versione online del quotidiano. Solo nel corso del pomeriggio è stato possibile rintracciarlo all’interno del forum che lo stesso Allam gestisce sul sito del Corriere.
Ebbene, nei giorni scorsi campeggiava sull’Unità uno scoop urlato a caratteri cubitali in un titolo spietato: “In Iraq siamo occupanti, lo dice l’Onu. Ecco perché l’Italia è a rischio”. Certo l’Italia è a rischio, ma non crediamo per la ragione smascherata dalla sensazionalistica inchiesta dell’Unità, in realtà rivelatasi l’ennesima panzana rifilata dal giornale diretto di Padellaro. E Magdi Allam non usa giri di parole per scoprire la pochezza culturale e propagandistica della sinistra italiana e di uno scoop che “soffre di due mali diffusi nella nostra categoria: il poltronismo e l’ideologismo. Sarebbe bastato prendersi, infatti, la briga di leggere le prime tre righe del preambolo della risoluzione 1546 delle Nazioni Unite, approvata all'unanimità l'8 giugno 2004, per sapere che per la comunità internazionale l'Iraq non è più uno Stato occupato per la precisione dal 28 giugno 2004”.

Il vicedirettore del Corriere della Sera è tuttavia persona troppo intelligente per non pensare che una simile verifica potesse costare troppa fatica agli autori della scoperta, così ha notato che in realtà sarebbe stato sufficiente dare uno sguardo a un sommario a pagina 13 sull'Unità del 29 giugno 2004 nel quale si illustrava che «il proconsole di Bush, dopo 13 mesi di occupazione, ha consegnato una cartella in pelle contenente la dichiarazione ufficiale del trasferimento di sovranità».

Allam invita comunque a leggere le prime tre righe del preambolo della risoluzione dell'Onu 1546 che recitano: «Il Consiglio di Sicurezza saluta l'inizio di una nuova fase nella transizione dell'Iraq verso un governo eletto democraticamente, e in attesa della fine dell'occupazione e dell'assunzione di piena responsabilità e autorità da parte di un governo ad interim dell'Iraq pienamente sovrano e indipendente entro il 30 giugno 2004...». Il concetto della fine del regime di occupazione è chiarito nell'articolo 2: «Il Consiglio di Sicurezza... saluta il fatto che, sempre entro il 30 giugno 2004, finirà l'occupazione e l'Autorità provvisoria della Coalizione cesserà di esistere, e che l'Iraq riaffermerà la propria completa sovranità».
La stessa risoluzione legittima pienamente la forza multinazionale in Iraq, perché — si specifica nell'articolo 9 - la sua presenza «è una richiesta dell'entrante governo ad interim dell'Iraq», mentre l'articolo 10 stabilisce che «la forza multinazionale avrà l'autorità di prendere tutte le misure necessarie per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq», nonché «la prevenzione e la dissuasione dal terrorismo in modo che, fra l'altro, le Nazioni Unite possano svolgere il loro ruolo di assistenza al popolo iracheno». La legittimazione internazionale della forza multinazionale era già insita nella risoluzione 1511 approvata il 16 ottobre 2003, laddove l'articolo 13 «autorizza, altresì, la Forza multinazionale sotto comando unificato a prendere tutti i provvedimenti necessari per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq...» e dove l'articolo 14 «esorta i Paesi membri (dell'Onu, ndr) a dare il proprio contributo, in virtù di questo mandato delle Nazioni Unite, anche con l'invio di forze militari, alla Forza multinazionale...».

Ma Allam, nel rivolgersi ai giornalisti dell’Unità, tocca un altro punto dolente: la diffusione di una cultura che legittima la cosiddetta “resistenza” irachena giustificando in talune espressioni finanche l’uso di attacchi terroristici. Questo modo di pensare ha mietuto diverse vittime tra un certo tipo di intellettuali, come Gianni Vattimo, tra i politici, ma caso ancor più grave, tra magistrati, come Clementina Forleo, “che non sanno o non vogliono sapere che secondo il diritto internazionale l'Iraq è uno Stato pienamente sovrano e che la Forza multinazionale è pienamente legittimata dalle risoluzioni 1511 e 1546 dell'Onu”. Ed è dunque scontato che, se sono legali il governo iracheno e le forze multinazionali, non si possa attribuire la patente di legalità a chi li combatte tramite il terrorismo. Nel frattempo L'Unità ha realizzato un altro grande scoop: è la guerra ad alimentare il terrorismo. Come se decine di attentati terroristici e la preparazione dell'invasione messa in atto scrupolosamente e da lungo tempo dai gruppi fondamentalisti islamici che ruotano più o meno tutti intorno ad Al Qaeda fossero state schermaglie pacifiche ed inviti al dialogo interculturale.

Paolo Carotenuto
http://www.legnostorto.com

Lincoln (POL)
04-08-05, 22:03
l'articolo di Magdi Allam preciso e documentato come sempre ma di fatto,puntualizza l'ovvio.Vero è d'altro canto,che si rivolgeva a quelli dell'Unità per cui...
Mi hanno fatto anche leggere poi la risposta sull'Unità di tal Gravagnuolo, un testo penoso infarcito di falsità,mistificazioni e propaganda spicciola.
Nulla di nuovo sotto il sole della nostra sinistra già comunista...:(

brunik
05-08-05, 09:03
Originally posted by Lincoln
l'articolo di Magdi Allam preciso e documentato come sempre ma di fatto,puntualizza l'ovvio.Vero è d'altro canto,che si rivolgeva a quelli dell'Unità per cui...
Mi hanno fatto anche leggere poi la risposta sull'Unità di tal Gravagnuolo, un testo penoso infarcito di falsità,mistificazioni e propaganda spicciola.
Nulla di nuovo sotto il sole della nostra sinistra già comunista...:(

:lol :lol "Ti hanno fatto leggere l'Unità" ? E chi è quel cattivo che "ti fa leggere" l'Unità?

Ma chi la racconti, Lincoln, lo sappiamo che sei un komunista abbonato dal 1948. Te l'Unità la leggi di nascosto dal Partito.

nuvolarossa
05-08-05, 09:24
Brunik .. dubito fortemente che tu ti applichi alla comprensione anche durante la lettura di Topolino ... e che Qui Quo e Qua siano le tre politiche diverse che, durante la giornata, svolge con indifferenza sorridente ... il tuo leader filoterrorista che risponde al nome di Prodi ....

http://www.nuvolarossa.org/

nuvolarossa
07-03-07, 20:03
L'Unità va alla guerra
Un editoriale di Padellaro rompe il fronte del pacifismo

Come è evidente al presidente della Camera, onorevole Bertinotti, la situazione in Afghanistan è destinata a peggiorare. Non solo perché vi era, come si sapeva, una offensiva delle forze talebane in atto, a cui americani, inglesi e canadesi hanno già risposto con una controffensiva imponente, ma anche, come non si poteva sapere e certo si sperava non succedesse, perché è stato rapito un giornalista italiano.

http://www.lastampa.it/redazione/cmssezioni/esteri/200703images/mastrogiacomo02h.jpg

"L'Unità" definisce questo episodio drammatico "un sequestro contro l'Italia". Di più, l'editoriale del suo direttore, Antonio Padellaro, parla di "atto di guerra". Scrive Padellaro: "Ancora non sappiamo se i talebani l'abbiano fatto volutamente ma visto che subito hanno rivendicato con parole di assoluta violenza il sequestro del collega Daniele Mastrogiacomo, il loro va considerato come un atto di guerra contro l'Italia". Il quotidiano italiano, che è stato il massimo alfiere del pacifismo nostrano, ci fa sapere che in questo caso non ci sono più argini. La rivendicazione violenta è sufficiente e non ci sono dubbi che mai i talebani possano avere commesso uno sbaglio di identità, o che, magari, Mastrogiacomo fosse una spia della Nato. Per l'"Unità" la questione è chiarissima: i talebani hanno dichiarato guerra all'Italia. Ora noi eravamo dell'idea che, avendo i talebani difeso e protetto Bin Laden anche dopo l'attentato dell'11 settembre 2001, fossero già dei nostri nemici. Ma se l'"Unità" voleva avere un casus belli più adeguato alla sua sensibilità e lo trova nel sequestro del nostro collega, va benissimo lo stesso.

L'importante è trovarsi tutti dalla stessa parte della barricata per fronteggiare una situazione così drammatica.

Speriamo che tutta la maggioranza si mostri sensibile all'argomento usato dall'"Unità" e che sostenga il ministro degli Esteri D'Alema, che sta producendo il massimo sforzo per la liberazione di Mastrogiacomo. Ivi inclusa l'opzione militare; così come nel caso in cui i talebani non riparassero all'atto di guerra, l'Italia non potrebbe più prescindere dall'azione di guerra in Afghanistan. Se qualcuno accusa la maggioranza di ipocrisia a riguardo, dobbiamo notare che a questo punto poco importa. A noi preme che si faccia il proprio dovere a fianco degli alleati dell'Italia. Certo c'era chi avrebbe preferito, in questi frangenti, essere aiutato dalla fortuna. Dispiace, ma la stessa appare già essersi esaurita.

Roma, 7 marzo 2007

tratto da http://www.pri.it

jmimmo82
08-03-07, 20:10
Il quotidiano italiano, che è stato il massimo alfiere del pacifismo nostrano, ci fa sapere che in questo caso non ci sono più argini. La rivendicazione violenta è sufficiente e non ci sono dubbi che mai i talebani possano avere commesso uno sbaglio di identità, o che, magari, Mastrogiacomo fosse una spia della Nato. Per l'"Unità" la questione è chiarissima: i talebani hanno dichiarato guerra all'Italia. Sembra che abbiano preso coscienza del nemico... A questo punto, una domanda sorge spontanea:

E' mai possibile che le minaccie rivolte al nostro giornalista, toccano la sensibilità dei nostri connazionali di sinistra più dei vari attacchi alla vita e alla dignità umana perpetrati dai talebani ai danni del povero popolo afghano per anni?

la_pergola2000
09-03-07, 03:14
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://www.govisalia.com/Sounds/TVMovies/OverRainbow.mid

purtroppo si.

ti sei domandato perchè la votazione sull'Afghanistan è slittata? forse i nostri ex pacifisti aspettavano che venisse sequestrato un giornalista di Repubblica per votare con la coscienza a posto.

nuvolarossa
23-05-08, 12:58
Soru, L'Unità e la politica

Renato Soru ha acquistato il quotidiano L’Unità. Lo fa con soldi propri, la società editrice è in gravi difficoltà, la redazione si era opposta ad altri editori, mentre altri imprenditori amici del Pd avevano più di una perplessità a mettere la mano in tasca. Un lieto fine? Per chi ci lavora sì, ma, forse, qualche altra osservazione è necessaria.
Soru non è solo un imprenditore divenuto ricco grazie a Tiscali, è anche il governatore della Sardegna, eletto con i voti della sinistra ma, a suo tempo, non desiderato dal Partito Democratico, che gli aveva preferito il senatore Antonello Cabras. Investe il proprio denaro non (solo) a sostegno di un’impresa editoriale, non (solo) per simpatia verso certe idee politiche, ma (anche) a sostegno della propria attività politica. Comperando L’Unità rafforza la propria posizione, giacché l’apparato del partito non può che essergli grato. Tutto più che lecito, per carità, ma denota il diffondersi della concezione proprietaria della politica.
Per chi, come me, è cresciuto accanto a uomini come Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini, non è possibile dimenticare con quanta cura ripetevano che il denaro ricevuto non avrebbe mai potuto condizionare la loro attività politica. E, tanto per non girarci attorno, si trattava spesso di denaro irregolare, non conforme alla legge, ma sicurissimamente né frutto di reati né destinato a comperarne le opinioni e le posizioni. Era, questa, la cifra della loro onestà politica. Quando scoppiò lo scandalo dei soldi dati, segretamente, dai petrolieri La Malfa voleva andare dal magistrato per sostenere che la responsabilità era tutta e solo sua. Lo faceva anche perché sapeva che quella era la prova della sua onestà (era il capo di un partito nuclearista, i cui esponenti coerenti non hanno, oggi, nulla di cui pentirsi).
La raccolta dei fondi è fondamentale, per l’autonomia e la rispettabilità politica. E’ fondamentale che il leader sia capace di raggranellarli, direttamente o tramite persone di fiducia, senza che nuocciano alla sua libertà. Il nostro è un sistema ipocrita, e, ancora oggi, gli stessi donatori preferiscono restare nell’ombra. Dove la democrazia ha una caratura superiore gli elenchi sono pubblici, proprio perché gli elettori non abbiano dubbi sul rapporto fra denari presi e parole dette. E’ successo, però, che la follia antidemocratica del manipulitismo ha, da un parte, consentito i più vistosi ladrocini ai danni della collettività e, dall’altra, tagliato i canali di finanziamento della politica. E siccome i soldi servono, ecco che s’avanza la politica proprietaria: i protagonisti che li hanno li spendono per rafforzarsi, ai danni di chi non ne dispone, e se li raccoglie è facilmente accusabile di nefandezze varie.
Tutto questo non è illecito, naturalmente, ma è il segno di una stortura nel rapporto fra la politica e gli interessi che rappresenta. Passi per la fine della retorica della militanza, passi che non si sostenga più siano le salamele a finanziare L’Unità (da sempre finanziata anche dall’Unione Sovietica, così come Paese Sera), ma, forse, non tutto quello che è trasparente è anche apprezzabile.
Naturalmente so bene che il rapporto proprietario fra Soru e L’Unità è ben poca cosa rispetto a quel che nel centro destra è rappresentato dal fatto che la forza principale è stata creata ed alimentata dalla capacità economica del suo leader. Ma è significativo, benché non confortante, che si passi dall’eccezione alla regola.

Davide Giacalone

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/16170