Tomás de Torquemada
26-03-02, 20:42
Il Sacro Graal
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La leggenda del Sacro Graal ha inizio nell’anno 63 d.C, quando Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, lasciò la Terra Santa per una missione segreta. Dopo un lungo e pericoloso viaggio per mare l’imbarcazione di Giuseppe raggiunse uno stretto estuario a est dell’Inghilterra. Innanzi a lui, si ergeva la sua destinazione ultima: Glastonbury Tor, l’isola di vetro. Una volta sbarcato, Giuseppe alzò il suo bastone al cielo in segno di ringraziamento e lo affondò poi nel terreno. Con sé, aveva portato un prezioso tesoro: si trattava di una coppa contenente il sangue di Gesù Cristo, il Sacro Graal. In Inghilterra il Graal restò a lungo. Per secoli la sua custodia venne tramandata ad una discendenza di guardiani. Come Giuseppe prima di loro, ciascuno era protetto dalla magica coppa. Essa spegneva la loro sete, saziava i loro appetiti, guariva le loro ferite mortali. Aveva un enorme potere di vita e di morte. Durante il regno del leggendario re Artù il Graal veniva custodito in una grande fortezza nella quale era sorvegliato da un valoroso cavaliere. Tuttavia questi tradì il suo sacro dovere per amore di una donna. E così la benedizione del Graal divenne una maledizione. Un giorno, mentre il cavaliere duellava per amore della sua signora, fu ferito di una ferita gravissima, e poiché aveva trascurato la difesa del Graal, non accennava a guarire. Tutto intorno alla fortezza che ospitava il Graal, la terra si fece arida e deserta. Ferito a morte, e tuttavia incapace di morire, il cavaliere vide spegnersi a poco a poco il suo potere. Solo pescando era in grado di dimenticare il dolore della sua condizione. E fu così che incominciarono a chiamarlo il Re Pescatore.
Eppure, c’era ancora una speranza. La profezia parlava di un cavaliere innocente che un giorno avrebbe annullato la maledizione. Il cavaliere - così si diceva - avrebbe posto al re una domanda precisa, e la terra sarebbe rifiorita. Ma qual era questa domanda? Nel frattempo, in una foresta molto distante, viveva una vedova con l’unico figlio rimasto. Aveva perso il resto della famiglia in guerra, e quindi, decisa a salvare almeno il più giovane, lo aveva portato a vivere in quella zona selvaggia, lontano dal mondo degli uomini. Quel ragazzo si chiamava Parsifal. Un giorno Parsifal vide dei cavalieri nella foresta e decise di andarsene per diventare a sua volta cavaliere. Non si girò neppure mentre si allontanava, e non vide la madre cadere a terra morta. Lui le aveva spezzato il cuore. Dopo un lungo viaggio, raggiunse la sua destinazione, Camelot, il castello di re Artù. Entrando a Camelot, sentì levarsi una risata di donna e la profezia aveva detto che una risata di donna sarebbe nuovamente riecheggiata al castello solo in presenza di un uomo abbastanza valoroso da mettersi alla ricerca del Santo Graal. Era il segnale. E Parsifal era l’eletto. Ora, sarebbe stato introdotto alla nobile arte del cavalierato. E il giovane aveva molto da imparare: le astuzie in battaglia, i voti di onore e di coraggio custoditi nel codice della cavalleria, e soprattutto, il codice del silenzio. Ma un giorno Parsifal, preso dal rimorso per aver lasciato la madre, si rimise in cammino e si addentrò nella foresta. All’improvviso, si alzò una nebbia che lo fece smarrire. Fu allora che incontrò il Re Pescatore, e con esso, il suo destino. Vedendo che il giovane cavaliere s’era perso, il re gli offrì riparo per la notte al suo castello. Più tardi, mentre sedevano insieme nel grande salone, cominciò a svolgersi un misterioso rituale. Come dal nulla, apparse una processione di candele. Alla sua testa una donna portava un calice scintillante, oltre il quale apparve un magico banchetto. Con grande sorpresa di Parsifal, il Re Pescatore non si unì a lui per il banchetto. Parsifal vide che era tormentato da una gran pena, e se ne chiese il perché. Ma nonostante la curiosità, si ricordò del codice del silenzio dei cavalieri, e lo rispettò. Poi cadde in un sonno profondo. Svegliandosi il mattino seguente, Parsifal era solo, come se la notte precedente fosse stata un sogno. Il castello era deserto e il Graal era scomparso. Il giovane cavaliere aveva fallito la sua ricerca. Per arroganza, non aveva chiesto al re quale fosse la sua pena. Quella era la domanda da porre. Per anni Parsifal vagò sulla terra in cerca della sua innocenza ormai perduta. Ma invece del Graal, tutto ciò che riuscì a trovare furono gli inganni e le falsità del mondo. Infine, quando ormai le sue speranze erano quasi svanite, raggiunse la cappella di un vecchio eremita. Grazie a lui, comprese di aver peccato di orgoglio, d’aver prima spezzato il cuore di sua madre, e di non aver poi mostrato amore per le sofferenze del prossimo. Solo arrivando a questa consapevolezza, lasciando da parte il suo orgoglio terreno, egli poté riaccostarsi a Dio, rimarginare la ferita del re, allontanare la maledizione dalle sue terre, e restituire tutto il suo potere al Graal.
La leggenda della coppa con il sangue di Cristo potrebbe essere vera? E se davvero esiste, dove si trova adesso il Graal? La leggenda del Graal conobbe inizialmente fama per opera di un poeta francese del XII secolo, Chrétien de Troyes. Egli scrisse di un magico calice che aveva il potere di restituire la vita. Morì, però, prima di terminare la sua opera. La leggenda quale noi oggi la conosciamo, fu scritta dai monaci Cistercensi dell’Europa medievale. Per i monaci, la leggenda era una ricerca della rettitudine, una parabola. Una volta adattata allo spirito del cristianesimo, il contenuto della leggenda originaria rimase lo stesso, fatta eccezione per un dettaglio: il Graal non era più semplicemente un calice magico: si diceva ora che fosse la coppa usata dal Cristo durante l’ultima cena. Gli archivi storici dell’Europa del XII secolo parlano di un’epoca di carestie e pestilenze. Per decenni l’intero continente fu devastato dalle epidemie e dalla siccità. I raccolti non maturavano. Migliaia di persone soffrivano per la distruzione disseminata dalla peste. Fu anche l’era delle Crociate, un’era di guerre e brutalità, nella quale gli eserciti di Europa marciavano contro i musulmani in Terra Santa. La loro missione era quella di riprendersi Gerusalemme, la nicchia più sacra per il mondo cristiano. Per i cristiani del medioevo, la leggenda del viaggio di Parsifal per terre misteriose, alla ricerca del Sacro Graal, era un esempio da imitare. Ben presto divenne una sorta di inno per gli stessi crociati, una delle giustificazioni della guerra santa.
Ma il Graal, come la leggenda che ne parla, è più antico di quanto possa sembrare.
Nonostante la storia della ricerca da parte di Parsifal sia stata scritta per la prima volta nel XII secolo, gli storici concordano nel dire che abbia avuto origine oltre un millennio prima. Le sue radici affondano, infatti, nelle saghe degli eroi dell’Irlanda e della Britannia del tempo dei Celti. Ma se la leggenda è ancora più antica del cristianesimo, il Graal è la coppa di Cristo oppure un idolo pagano? Nel I secolo d.C., quando la Britannia fu invasa dall’impero romano, molte tribù celtiche fuggirono in Bretagna nel nord-ovest della Francia. Portarono con loro i racconti di una antica ricerca, preservati nella memoria dei bardi e dei cantastorie. Gli scrittori del XII secolo adattarono quegli stessi racconti al gusto delle corti francesi del medioevo. Trasformarono gli eroi celtici in cavalieri dalle scintillanti armature e la legge degli antichi guerrieri nei codici medievali del cavalierato. Così nacque la leggenda del Santo Graal. Il Graal avrebbe mostrato il suo benefico potere solo ad un cuore umile e puro.
Ma il mistero più intrigante attende ancora di essere risolto.
Dove si trova, adesso, il Sacro Graal?
Di una cosa possiamo essere certi: Giuseppe d’Arimatea non era un mito. E secondo la leggenda, egli portò il Graal dalla Terra Santa in Inghilterra, a Glastonbury Tor. Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la convinzione che in qualche luogo si celi un magico segreto. Nei pressi della collina (Tor) c’è una sorgente chiamata il "pozzo del calice". In epoca medioevale questo pozzo fu reso famoso dai monaci dell’abbazia di Glastonbury.
A quel tempo, essi sostenevano che la sorgente dovesse il suo insolito colore rossastro a una fonte sacra, ovvero il sangue di Cristo che fuoriusciva dal Graal nascosto. Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte degli ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto inventare questa storia per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di persecuzione. I monaci di Glastonbury - si disse - fuggirono con il Graal alla volta del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro offerto un rifugio. Il priore divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci lavoravano nella tenuta. Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il Graal fu affidato al signore del feudo e lì rimase per 400 anni. Il Graal - si diceva - era una coppa di scuro legno d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e per tutto quel tempo, pare facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia. Molti ritengono che alla morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu affidata ad altri e sia ora conservata in luogo segreto.
Quello che è importante non è trovare il Sacro Graal, ma la sua continua ricerca, la ricerca è il viaggio attraverso la vita stessa, e il Graal dovrà restare per sempre nascosto, per spingere l’uomo a diventarne degno, cercando di trovarlo.
Introduzione
La leggenda del Santo Graal ha sempre avuto un grande fascino sulle menti dei medievalisti, e non soltanto: anche registi, ufficiali militari, occultisti e scienziati si sono introdotti nel mondo misterioso in cui deve entrare chiunque voglia comprendere che cosa sia stato e sia oggi il Graal. "Il fatto che da otto secoli il Santo Graal continui a stimolare l'immaginazione di tante generazioni di lettori - diversi per cultura ed estrazione sociale - costituisce in un certo senso la prova tangibile del suo magico potere" scriveva Alfredo Castelli nel suo Dizionario dei misteri. Dal XII secolo, infatti, l'oggetto chiamato "Graal" ha coinvolto milioni di persone in un dibattito che continua tutt'oggi. Ma che cosa è il Graal?
Secondo alcuni sarebbe un oggetto che fonderebbe le sue origini nella mitologia pagana celtica o islamica. Molti altri, invece, sostengono che si tratti del Calice in cui Gesù Cristo istituì l'Eucarestia durante l'Ultima Cena; nel suo interno, il giorno successivo, Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il Sangue di Cristo, dopo averlo calato dalla croce.
Il Graal esiste ancora?
Considerato il fatto che la Sindone di Torino sia sopravvissuta per duemila anni, e che tra gli scienziati sia quasi unanime l'opinione che si tratti del vero lenzuolo che avvolse Gesù, non stupirebbe la possibile esistenza di una coppa che è ricercata da secoli e che viene denominata "Graal".
Ci sono documenti che provano la sua esistenza?
Della coppa si parla nei tre Vangeli Sinottici; in Matteo 26, 27-28 si legge: [Gesù] prese la coppa del vino, fece la preghiera di ringraziamento, la diede ai discepoli e disse: "Bevetene tutti, perchè questo è il mio sangue, offerto per tutti gli uomini, per il perdono dei peccati."
In seguito, forse Nicodemo o Guseppe d'Arimatea, scrissero un Vangelo che la Chiesa non riconosce, attribuendogli l'aggettivo di Apocrifo. In questo quinto Vangelo, le cui trascrizioni più antiche che possediamo risalgono al VI secolo, viene descritta in dettaglio la calata di Gesù dalla croce, e viene descritto Giuseppe d'Arimatea che raccoglie in una coppa il Sangue del Cristo.
Chi potrebbe aver conservato il Graal?
Le tappe storiche che la reliquia avrebbe seguito sono descritte in un testo medievale dello scrittore Robert de Boron, intitolato Joseph d'Arimathie. Queste, in breve, le vicende seguite dal Graal:
Quando Gesù risorse, i Giudei accusarono Giuseppe d'Arimatea (proprietario della tomba ove Cristo fu deposto) di aver rubato il cadavere. Egli fu dunque imprigionato in una torre e privato del cibo. All'interno della prigione, apparve Gesù in un limbo di luce, affidando a Giuseppe la sua coppa. Lo istruì ai misteri dell'Eucarestia e, dopo avergli confidato alcuni segreti, svanì. Giuseppe poté sopravvivere grazie ad una colomba che, ogni giorno, entrava nella cella e depositava un'ostia all'interno della coppa. Nel 70 d.C. fu rilasciato, grazie all'intervento dell'imperatore romano Vespasiano, e insieme a sua sorella e al suo cognato Bron, andò in esilio oltre il mare, con un piccolo gruppo di seguaci. Qui venne costruita una tavola, che venne chiamata Prima Tavola del Graal: doveva ricordare il cenacolo, e infatti c'erano tredici posti di cui uno era occupato da un pesce, che rappresentava Gesù, e un altro, che rappresentava il seggio di Giuda, era nominato "Seggio periglioso". Giuseppe partì per le terre inglesi, dove a Glastonbury fondò la prima chiesa Cristiana, che dedicò alla Madre di Cristo. Qui il Graal venne custodito e utilizzato come calice durante la celebrazione della Messa, alla quale partecipava l'intera compagnia.
Alla morte di Giuseppe, la custodia passò a Bron, il quale divenne celebre con il nome di "Ricco pescatore", per aver saziato l'intera compagnia con un pesce che, posto nel Graal, si era miracolosamente moltiplicato. La compagnia si insediò ad Avalon, un luogo che ancora oggi non è stato identificato: si pensa, comunque, che si trovi nel nord Europa. Qui, alla morte di Bron, divenne terzo custode del Graal un uomo di nome Alain. Venne costruito un castello a Muntsalvach, la Montagna della Salvezza (la cui ubicazione è sconoscuta), proprio per custodire il Graal, e nacque uno specifico ordine cavalleresco, chiamato Ordine dei Cavalieri del Graal, sorto con lo scopo di proteggere il calice. Essi sedevano alla Seconda Tavola del Graal, ove la reliquia dispensava a tutti ostie consacrate. Il custode del Graal assunse il titolo di Re e Sacerdote. Dopo alcune generazioni, divenne re un uomo chiamato Anfortas, il quale ricevette una misteriosa ferita che lo rese sterile; sulle cause della ferita ci sono diverse versioni: secondo alcuni avrebbe perso la fede, secondo altri avrebbe rotto il voto di castità per amore di una donna, secondo altri sarebbe stato colpito accidentalmente da una lancia, da parte di uno straniero che si stava difendendo. Il re divenne celebre con il nome di Re Ferito, e la terra su cui regnava venne colpita da un periodo di sterilità: si parla, a proposito di questo periodo, di Terra Desolata (Waste Land).
La lancia con cui il re venne colpito fu identificata con la Lancia di Longino, il soldato Romano che secondo la tradizione biblica avrebbe trafitto il costato di Cristo sulla croce. Essa venne custodita all'interno del Castello del Graal insieme ad una spada, al piatto che sorresse la testa di Giovanni Battista, e al Graal. Questi quattro oggetti influenzarono molto profondamente la cultura successiva, tanto che nei semi delle carte da gioco italiane compaiono ancora le coppe (il Graal), le spade (la spada), i denari (il piatto) e i bastoni (la lancia di Longino). Al fine di ritrovare il Graal, il mago Merlino fondò la Terza Tavola del Graal, chiamata Tavola Rotonda. Dopo aver educato il giovane Artù, quest'ultimo divenne re di Camelot, e si circondò di una compagnia di cavalieri, che presero il nome di "Cavalieri della Tavola Rotonda". Il giorno di Pentecoste il Graal apparve nel centro della Tavola, avvolto in un nimbo di luce, scomparendo dopo breve. I cavalieri, allora, si impegnarono in una ricerca iniziatica del Calice: i più celebri furono Lancillotto, Galvano, Bors, Perceval e Galahad.
Lancillotto fu in grado di avvicinarsi al Graal, ma venne colpito da cecità a causa del suo adulterio con la moglie di Artù, Ginevra. Galvano raggiunse il Castello del Graal ma non riuscì a raggiungere il Graal a causa della sua natura troppo legata alle cose del mondo: egli era privo di quella semplicità richiesta al ricercatore. Soltanto in tre raggiunsero il Graal e furono in grado di partecipare ai suoi misteri: Galahad, cavaliere vergine, Perceval, l'Innocente, e Bors, l'uomo comune, che fu l'unico a ritornare alla corte di Artù per portare la notizia del ritrovamento. Nessuno di essi, però, poté impadronirsene. Perceval, dopo aver vagabondato per cinque anni, ritrovò la strada per il castello del Re Ferito (anche chiamato Re Pescatore), e dopo avergli posto una misteriosa domanda - "Chi serve il Graal?" - risanò la ferita del sovrano. L'acqua tornò a scorrere nella Terra Desolata, facendola fiorire.
Galahad, Perceval e Bors ripresero la ricerca, raggiungendo la città orientale di Sarras, la città del Paradiso, dove il Graal era stato trasferito. Qui parteciparono ad una Messa durante la quale Cristo apparve in una visione dapprima come celebrante, poi come un bambino, e infine come un uomo crocifisso.
Galahad, in seguito alla visione, morì ed venne portato direttamente in cielo. Perceval ritornò al castello del Re Pescatore, e alla morte di costui, lo sostituì sul trono. Bors, invece, ritornò a Camelot.
Il Graal riposò, così, per i secoli successivi a Sarras, una città che ancora oggi non è stata identificata.
Esistono dati storici provati?
Proviamo - adesso - ad immaginare ciò che avvenne del Graal il giorno della Passione di Gesù. Secondo Robert de Boron, sarebbe rimasto in custodia nelle mani di Giuseppe d'Arimatea. E' possibile, però, che esso sia stato deposto nel Santo Sepolcro insieme al cadavere di Cristo: era uso comune - infatti - deporre accanto al morto gli oggetti che gli erano appartenuti o in qualche modo erano connessi a lui. Esiste qualche dato storico che prova questa seconda affascinante ma altrettanto probabile ipotesi? La risposta è sorprendentemente "sì!".
Come si presentasse, al suo tempo, il luogo dove venne pietosamente sepolto il Morto del Golgotha fu per secoli uno dei più confusi problemi d’archeologia. La tradizione, invece, è stata dall’inizio univoca e fermissima. Le testimonianze evangeliche dicono che il piccolo colle dell’esecuzione era fuori delle mura, ma "vicino alla città"; pietroso com’era lo si chiamava in ebraico "Gulgoleth", "Golgotha" in aramaico, e nell’antico latino di Tito Livio "Calva", cranio calvo, Calvario. E ancor oggi, gli arabi chiamano "Ras", testa, una prominenza sassosa. Ma sul pendio occidentale cresceva un giardino, un arido giardino di ulivi e palme, dove il ricco sanhedrita Giuseppe, originario di Ramataim, che noi abbiamo grecizzato in "Arimatea", aveva fatto scavare un sepolcro, forse per sé e, secondo l’uso ebraico, in futuro ampliabile per la discendenza familiare. Infatti, a quei giorni, non vi era stato sepolto nessuno. Non era stato il solo a scegliere quel luogo per un uso funerario, perché alla base della roccia asciutta e scoscesa sono state rinvenute altre antiche tombe ebraiche.
Nell’antico Israele le sepolture ebraiche erano scavate in terreni elevati e asciutti e al riparo da possibili alluvioni. Somigliano a camere, a volta un vano d’ingresso e un secondo, più interno. Vi si trovano sarcofagi di pietra o loculi scavati nella roccia (kokhim), a volte una fossa al centro della stanza, o banchi lungo le pareti. Il Sepolcro del Sanhedrita Giuseppe da Ramataim, come è descritto nei Vangeli, corrisponde all’architettura funeraria ebraica di tipo signorile, di duemila anni or sono - così come ci è stata rivelata dai più recenti scavi. Un’anticamera, ricavata nella pietra, per le operazioni rituali, e poi la camera funeraria. Dall’esterno, l’accesso era molto basso e poteva venir chiuso facendovi rotolare contro una grossa pietra circolare.
Nel 70 Gerusalemme subì le più tragiche e distruttive vicende della sua lunghissima storia: la rivolta ebraica, che passò ai posteri come "Guerra Giudaica" - l’assedio di Tito, che con la sua vittoria avrebbe poi guadagnato l’impero - la dispersione in schiavitù della popolazione superstite, che avrebbe dato origine a una Diaspora millenaria - il saccheggio dei tesori del Tempio, portati in trionfo a Roma - la grandiosa mole del Tempio demolita fino al piano delle fondazioni. Le nascenti tradizioni cristiane furono travolte. Il colle del Golgotha e il pendio contiguo - dove Giuseppe da Ramataim aveva sepolto Gesù e forse posto il Graal - furono rinchiusi in una possente muraglia di contenimento. Poi vi furono rovesciate enormi quantità di terra, prendendola da fuori città, per elevare un terrapieno, in cui Golgotha e Sepolcro sprofondarono.
Nella nuova città di Aelia Capitolina - così era stata rinominata Gerusalemme - nacque poco a poco una segreta comunità cristiano-giudaica, che guidata dal vescovo Marco, mantenne intatta la memoria storica del Sepolcro interrato. Nel 312, Costantino conquistò il potere con il determinante appoggio della semiclandestina cristianità. Nel 324 prese il controllo anche delle provincie orientali; e dovunque - e più che in ogni altro luogo a Gerusalemme - affiorarono con impeto dal silenzio le memorie cristiane.
Costantino scendeva verso Gerusalemme, quando il vescovo della città, che si chiamava Macario, andò ad incontrarlo a Nicea. Doveva essere un oratore persuasivo, e soprattutto sicuro di quanto diceva perché nelle sue parole rivisse la tormentata memoria storica di tre secolo di cristianesimo sommerso: un periodo clandestino che in quei giorni finiva. Il vescovo Macario conosceva bene - tramandati dalla precusa memoria verbale delle famiglie giudeo-cristiane e dei loro sacerdoti - dove fossero tutti i luoghi storici dell’esistenza di Cristo, i testimoni di quei trentatré anni, la nascita in Bethlehem, le case familiari di Nazareth, il colle dove erano state pronunciate le parabole, la sala di quell’ultima cena, il luogo del processo e quelli della morte terribile e della sepoltura, così spietatamente cancellati da Adriano. Costantino ascoltò affascinato dall’intensa suggestione che il racconto operò su di lui e sua madre Elena, e decise la prima operazione archeologica della storia: scavare e riscoprire il Golgotha e il Sepolcro.
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Dante G. Rossetti, Sir Galahad, Sir Bors e Sir Percival ricevono il Sacro Graal (1864) - Immagine tratta dal sito http://bestoflegends.org/
Si incominciò subito, in mezzo a una folla di curiosi, i cristiani trepidanti e pronti a vedere in ogni pietra smossa un segno di quanto cercavano. Insieme a numerose altre presunte reliquie, si proclamò che era stata trovata una coppa che Elena ritenne essere quella stessa usata da Maria di Magdala: di essa si era servita per raccogliere gocce del sangue di Cristo dopo la crocifissione. E’ difficile fare ipotesi sulle sorti della coppa. Pur essendo giunti a noi numerosi resoconti coevi delle ricerche promosse dall’imperatrice Elena del sito del Santo Sepolcro, in essi manca ogni accenno alla sorte della coppa, sebbene nel V secolo lo storico Olimpiodoro scrivesse che venne portata in Britannia quando nel 410 Roma fu saccheggiata dai visigoti. Non mancano neppure contradditori racconti relativi al suo aspetto: in alcuni di essi si tratta di un piccolo recipiente in pietra, in altri di una grande coppa d’argento, e il più popolare narra che era stata incastonata da un artiere romano in uno splendido recipiente d’oro impreziosito da pietre.
Si tratta del Graal? Il calice è giunto a Roma ed è finito in Britannia? Interrogativi che rimarranno tali sinché nuovi dati storici non verranno alla luce.
Quali sono le ipotesi più probabili?
Le due storie del Graal presentate rappresentano due ceppi differenti: mentre l'ultima appartiene ad un filone fondato su documenti, scavi archeologici e studi storici, la prima è tratta dal corpo della letteratura Graaliana, ed è indubbio che essa debba essere depurata dai molti elementi che si sono aggiunti nel corso dei secoli, e che con ogni probabilità hanno rivestito eventi reali di simbolismi e allegorismi. Nel concetto di Terra Desolata, ad esempio, si può leggere il periodo di carestia che colpì l'Europa nel passato. E i vari movimenti del Graal, sintetizzati nella tabella qui sotto, possono documentare reali traslazioni della reliquia, avvenute durante i secoli:
Gerusalemme Palestina
Glastonbury Inghilterra
Muntsalvach Montsegùr, Francia?
Sarras Siria, patria dei Saraceni?
Dove si trova Sarras? La città è situata "ai confini dell'Egitto", e dal suo nome deriverebbe l'aggettivo "saraceno". Potrebbe trattarsi della Siria, della Giordania o dell'Iraq. Secondo lo scrittore trecentesco Albrecht von Scharffenberg, che scrisse "Il secondo Titurel", il Graal sarebbe custodito in un castello detto "Turning Castle" (Castello rotante). Le caratteristiche del castello sono assolutamente simili a quelle del palazzo persiano chiamato Takt-I-Taqdis, costruito nel VII secolo d.C.: era possibile farlo ruotare su grandi rulli di legno. Secondo un'altra leggenda nel castello si sarebbe trovata anche la Santa Croce di Gesù, sottratta da Gerusalemme dal re Chosroes II, che eresse il castello di Takt, il quale saccheggiò la Città Santa nel 614, portando la croce in Persia. Si diceva che insieme alla croce si trovasse il Graal. Quindici anni dopo, nel 629, l'imperatore bizantino Eraclio marciò sulla città di Takt, portando con sé la Croce a Costantinopoli. Con essa, egli potrebbe aver portato con sé anche il Graal. Costantinopoli divenne in seguito celebre per essere la città più ricca di reliquie dell'intera cristianità. La Sindone di Torino, ad esempio, fu custodita ad Edessa dal 33 d.C. (proprietà di re Abgar) al 15 Agosto 944, giorno in cui l'imperatore bizantino mandò un esercito ad appropriarsi della reliquia. Il sudario venne probabilmente preso dai Templari nel 1204, e da qui avrebbe raggiunto Lirey, in Francia.Come la Sindone, così il Graal potrebbe esser stato trovato a Costantinopoli durante le Crociate: ciò spiegherebbe il motivo per cui i romanzi del Graal comparvero improvvisamente sulla scena. Se il Graal raggiunse l'Europa, non è chiaro dove possa esser custodito. Potrebbe esser stato portato in Italia dai Savoia, che entrarono in possesso anche della Sindone. Per questo motivo si pensa possa trovarsi a Torino.
Secondo altri, il Graal sarebbe caduto in mano alla setta dei Catari, e portato nel castello di Montsegur ove, in questo stesso secolo, fu ricercato da un ufficiale nazista, Otto Rahn. Ma le teorie sono molte, e sono state raccolte tutte nella sezione dedicata ai "Luoghi" del Graal, che amplia alcuni dei dati qui presentati e raccoglie una gran quantità di ipotesi, tra le quali forse qualcuna nasconde un barlume di verità.
Dove è nascosto il Graal?
I luoghi che potrebbero nascondere la reliquia
"A partire dal 1095 molti cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa in occasione delle Crociate. Là erano entrati per forza di cose in contatto con le tradizioni religiose ed esoteriche del luogo: forse qualcuna di esse - magari riferita nel famoso libro cui Chrétien dichiarò di essersi ispirato - parlava del sacro contenitore e delle avventurose vicende di cui era stato protagonista cinquecento anni prima. Può essere che il Graal sia stato materialmente rintracciato dai Crociati e portato nel Vecchio Continente. Dove?"
Alfredo Castelli, Enciclopedia dei Misteri - I Segreti di Re Artù, 1994
Il Graal nel mondo
- Glastonbury Tor (INGHILTERRA)
Nel 63 d.C. Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, lasciò la Terra Santa per una missione segreta. Dopo un lungo e pericoloso viaggio per mare l’imbarcazione di Giuseppe raggiunse uno stretto estuario a est dell’Inghilterra. Innanzi a lui, si ergeva la sua destinazione ultima: Glastonbury Tor, l’isola di vetro. Una volta sbarcato, Giuseppe alzò il suo bastone al cielo in segno di ringraziamento e lo affondò poi nel terreno. Con sé, aveva portato un prezioso tesoro: si trattava di una coppa contenente il sangue di Gesù Cristo, il Sacro Graal. In Inghilterra il Graal restò a lungo. Per secoli la sua custodia venne tramandata ad una discendenza di guardiani. In un anno imprecisato del primo millennio i monaci di Glastonbury annunciarono la scoperta di due ampolle che sarebbero state sepolte con Giuseppe d'Arimatea. Erano state menzionate in precedenza (verso il 540) da Maelgwyn di Gwynedd, zio di san Davide, che scrisse:
Giuseppe aveva con sé nel suo sarcofago due ampolle bianche e argento piene di sangue e sudore del profeta, Gesù.
Le ampolle sono raffigurate nelle vetrate colorate della chiesa di St. John a Glastonburv, nella chiesa di Langport in Somerset e sulla parete divisoria fra la navata e il coro a Plymtree nel Devon. Non furono mai esposte al pubblico e questa mancanza di una conferma visibile della loro esistenza diede origine alcuni secoli dopo a una nuova tradizione di Glastonbury: il roveto incantato. Nel 1520, la letteratura locale parlava di un cespuglio a Wearyall Hill che si copriva di foglie e di fiori a Natale oltre che a maggio. Il cespuglio venne distrutto durante la Guerra Civile britannica (1642-1651), ma alcuni germogli furono ripiantati lì intorno e ogni pianta fiorì di nuovo nella stessa maniera. Gli esperti botanici stabilirono che il cespuglio non era originario dell'Inghilterra, ma sembrava di origine levantina. E così ebbe inizio una nuova mitologia del Somerset.
Nel 1716 un locandiere locale affermò che l'insolita pianta di rovi nasceva dal bastone che Giuseppe di Arimatea aveva piantato perché fiorisse a Natale. L'idea che la "verga" di Giuseppe dovesse fiorire in quel modo derivava originariamente da un versetto profetico del libro di Isaia 11, 1 che dice: "E uscirà un rampollo del tronco di Iesse [il padre di Davide] e una pianterella spunterà dalle sue radici". In alcune opere d'arte e scritti apocrifi della Chiesa, il bastone fiorito della stirpe reale è raffigurato in mano del padre di Gesù, Giuseppe.
Fu soltanto nel XIX secolo, grazie agli Idylls of the King di Alfred Tennyson che Glastonbury venne specificamente collegata al Santo Graal. L'insolita acqua rossastra del Chalice Well di Glastonbury venne associata al sangue di Gesù. Il pozzo fu debitamente ribattezzato Chalice Well e si disse che il colore dell'acqua derivava dal contenuto del calice del Graal che Giuseppe aveva seppellito lì vicino. Il famoso coperchio del pozzo, completo di griglia di ferro battuto in stile celtico, fu disegnato dall'architetto Frederick Bligh Bond dopo la Grande Guerra. Nonostante l'assortimento di elementi sacri e arturiani a Glastonbury (alcuni veri e altri falsi), l'associazione personale di Giuseppe di Arimatea alla Britannia ricevette attestazioni storiche molto più valide.
Fu oggetto di dibattito in vari Concili ecclesiastici europei, dove gli inglesi poterono vantare un collegamento con il cristianesimo molto precedente a quello di Roma. Al Concilio di Pisa nel 1409 si discusse persino se fosse venuto in Occidente prima Giuseppe o Maria Maddalena. Negli Annales Ecclesiasticae del 1601, il bibliotecario vaticano cardinale Baronio annotò che Giuseppe di Arimatea giunse per la prima volta a Marsiglia nel 35 d.C. Da lì, andò in Britannia con i suoi compagni a predicare il Vangelo. Questo veniva confermato molto prima dal cronista Gildas III (516-570) nel De Excidio Britanniae, dove egli affermava che i precetti del cristianesimo furono portati in Britannia negli ultimi giorni dell'imperatore Tiberio Cesare che morì nel 37 d.C. Ancora prima di Gildas, eminenti uomini di chiesa come Eusebio, vescovo di Cesarea (260-340) e sant'Ilario di Poitiers (300-367) scrissero di antiche visite apostoliche in Britannia. Gli anni 35-37 d.C. sono quindi fra le prime date indicate come inizio dell'evangelismo cristiano. Corrispondono a un periodo di poco successivo alla Crocifissione e precedente al tempo in cui Pietro e Paolo erano a Roma e ai Vangeli del Nuovo Testamento.
Un personaggio importante nella Gallia del secolo era san Filippo. Gildas e William di Malmesbury lo descrissero come l'ispiratore della missione di Giuseppe in Inghilterra. Il De Sancto Joseph ab Anmathea afferma: "Quindici anni dopo l'Assunzione [vale a dire nel 63 d.C.], lui [Giuseppe] venne da Filippo apostolo fra i Galli". Nel IX secolo, Freculfo, vescovo di Lisieux, scrisse che san Filippo inviò poi la missione dalla Gallia in Inghilterra "per recare colà la buona novella del verbo di vita e predicare l'incarnazione di Gesù".
Al loro arrivo nell'Inghilterra sud-occidentale, Giuseppe e i suoi dodici missionari furono guardati con un certo scetticismo dagli abitanti del luogo, ma vennero accolti abbastanza cordialmente dal re Arvirago di Siluria, fratello di Caractaco il Pendragone. Dopo essersi consu1tato con altri capi, concesse a Giuseppe dodici hides di terra a Glastonbury, pari a circa seicento ettari (un hide è un pezzo di terreno agricolo considerato sufficiente per mantenere una famiglia per un anno con un aratro, che nel Somerset [la zona di Glastonbury] equivale a 120 acri, circa 48,5 ettari). Qui costruirono la loro chiesetta, unica del genere, sul modello dell'antico Tabernacolo ebraico. E fu forse in questa piccola chiesa che nascosero il Graal. Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la convinzione che in qualche luogo si celi un magico segreto.
Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte degli ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto inventare questa leggenda per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di persecuzione. L'ultimo Abate di Glastonbury, Richard Whiting, affidò ai suoi monaci una coppa di legno da portare via in un luogo sicuro. La coppa era descritta come "il più prezioso tesoro della nostra abbazia".
I monaci di Glastonbury fuggirono con il calice alla volta del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro offerto un rifugio. Il priore divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci lavoravano nella tenuta. Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il Graal fu affidato al signore del feudo e lì rimase per 400 anni.
Adrian Wagner, pronipote del più celebre Richard (pochi sanno che Richard Wagner visitò la Nanteos Mansion appena prima della realizzazione del suo 'Parsifal'), riporta un ulteriore tappa della reliquia, nell'Abbazia Cistercense di Strata Florida: "La coppa è la stessa usata durante l’ultima cena, fatta di legno d’ulivo. Giuseppe d’Arimatea portò la coppa a Glastonbury dove rimase fino al XVI secolo quando i sette Monaci di Glastonbury fuggirono, portandola con sé e lasciandola al sicuro nelle mani dei Monaci Cistercensi di Strata Florida."
Il Graal - si diceva - era una coppa di scuro legno d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e per tutto quel tempo, pare facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia. Molti ritengono che alla morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu affidata ad altri e sia ora conservata nel caveau di una banca.
La Nanteos Cup si era nei secoli guadagnata la reputazione di possedere poteri rigenerativi, e molte cure miracolose furono dispensate, facendo bere i malati dalla Coppa. Ma ciò che rimane della Coppa di Nanteos è davvero un frammento dell’originale coppa utilizzata da Cristo per il Sacramento dell’Ultima Cena? Davvero possiede poteri curativi?
Gli attuali proprietari della Coppa raccontano un evento miracoloso accaduto alla loro figlia Jean. Ella si trovava a letto in ospedale con un grave trauma cranico provocato dalla caduta di un mattone sulla sua testa. Il padre prese la Coppa e pregò che la figlia guarisse. Dopo alcuni minuti ricevette una telefonata dall’ospedale, nella quale i medici annunciarono che l’emorragia si era arrestata e la bambina sarebbe sopravvissuta. E non soltanto Jean sopravvisse, ma si riprese completamente, ed ora vive una vita normale.
Può essere un interessante spunto di discussione il fatto che la coppa abbia davvero poteri curativi; potrebbe soltanto essere un veicolo per motivare la fede delle persone. Molti pensano che quel frammento di coppa possa identificarsi con la Coppa dell’Ultima Cena. Finché non si troverà una fonte di chiarimento ulteriore su un argomento così circondato da un alone mitico, non sapremo mai con certezza se quella coppa sia l’autentico Graal. Ma fino ad allora non abbiamo ragione di dubitare della veridicità delle storie che riguardano la Coppa di Nanteos.
- Castello di Gisors (FRANCIA)
Un Cavaliere Templare, Jean de Chalon, interrogato dall'Inquisizione rivelò che, poco prima che la furia papale e del re di Francia si scatenasse sull'ordine, un convoglio composto da tre carri partì verso la Manica. In mare li aspettava una flotta di diciotto navi. Ma il convoglio non raggiunse mai la costa: probabilmente si era fermato a Gisors. Un celebre occultista francese, Gerard de Sede, in base a certe informazioni avute da un suo giardiniere, era convinto che sotto il castello di Gisors esistessero dei sotterranei misteriosi. Così De Sede insistette perché fossero svolte delle ricerche. Si scontrò con un muro di diffidenza e di omertà, finché nel 1970 vennero eseguiti alcuni scavi. Vennero alla luce undicimila monete del XII secolo. Più tardi, nel 1976, fu rintracciata una cripta rettangolare di 125 metri quadrati che non figurava in nessuna planimetria del castello.
Dopo quella scoperta gli scavi furono interrotti per ordine del governo, e della cosa non si parlò più. Il giardiniere che raccontò del castello a Gerard de Sede aveva scavato una galleria sotto la torre denominata "del prigioniero": dopo uno scavo di 21 metri aveva trovato una grande cappella che, secondo lui, conteneva 13 statue (forse Cristo e gli apostoli), diciannove sarcofagi in pietra e trenta cofani di metallo in tre file da dieci. La galleria fu fatta interrare, e nessuno gli credette. Soltanto dopo molte fatiche ed ostacoli egli riuscì a trovare le prove dell'esistenza storica della cappella: in un manoscritto del '600 rinvenne la descrizione della "cappella di Santa Caterina", con tredici sarcofagi e diciannove sarcofagi.
Forse i Cavalieri Templari (che secondo Wolfram von Eschenbach sarebbero stati custodi del Graal) avrebbero nascosto il loro tesoro nei sotterranei del castello di Gisors, e il ricercatissimo "tesoro dei Templari" comprenderebbe anche il Santo Graal, che i Cavalieri avrebbero ritrovato in Terrasanta. Secondo alcuni si tratterebbe del Baphomet, idolo della Setta degli Assassini, affidato, dopo la scomparsa della setta, ai Templari.
- Fortezza catara di Montségur (FRANCIA)
I Catari erano membri di una setta che aveva ereditato le sue dottrine dal culto di Zoroastro e dai Manichei. Nati in Medio Oriente, si trasferirono in Europa attraversando Turchia e Balcani, insediandosi in Francia nel XII secolo. Furono sterminati nel 1244 dai francesi. Essi avrebbero potuto portare con sè il Graal durante le loro peregrinazioni. In questo caso esso si troverebbe nascosto nei sotterranei della loro fortezza. Secondo Wolfram von Eschenbach, il Graal si troverebbe nel castello di Munsalvaesche, che significa "Monte Salvato" o "Monte Sicuro" (Montségur). Si sa per certo che negli anni '30 il tedesco Otto Rahn, colonnello delle SS, e il filosofo Alfred Rosemberg, amico di Hitler, intrapresero ricerche a Montségur e in altre fortezze catare, alla ricerca del Calice. Otto Rahn scomparve misteriosamente. Secondo alcuni fu rinchiuso in un campo di concentramento perché "sapeva troppo".
- Abbazia di Fécamp (FRANCIA)
Secondo una storia franco-normanna, Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue coagulato di Gesù nel suo guanto di ferro. Giunto a casa, depose il sangue in uno scrigno prezioso (forse si riferisce al Graal). Affidò la reliquia a suo nipote Isacco, il quale lasciò Gerusalemme per Sidone. Qui, fu avvertito in sogno di un pericolo imminente, e decise di proteggere il sangue del Salvatore. Si trovò davanti ad una pianta di fico che aveva le dimensioni adatte. Scavò una nicchia, e vi nascose il Preziosissimo Sangue. Perché l'umidità non lo rovinasse, preparò un tubo di piombo che lo proteggesse. Appena ebbe completato l'opera di occultamento, improvvisamente la corteccia dell'albero si riaccostò, e sanò il taglio che lui aveva praticato. L'albero, però, si trovava vicino al mare. Rischiava, dunque, di essere travolto dalle onde. Alla fine concluse che forse era proprio quella la volontà di Dio, e si decise a tagliare l'albero all'altezza delle radici. Lo spinse in mare, e questo scomparve presto dalla sua vista. Il fico giunse in Gallia, l'attuale Francia. Fu dunque inviato un messaggero a Isacco per avvisarlo che il tronco era intatto. Il territorio della Normandia ove l'albero si era arenato venne chiamato Fici Campus, attualmente Fécamp. Venne ritrovato dopo alcuni secoli, e il Preziosissimo Sangue fu sigillato in un'ampolla di cristallo e conservato nel sacrario dell'abbazia della Santa Trinità di Fécamp. Secondo Jessie Weston, l'ampolla sarebbe il vero Graal, che influenzò tutta la letteratura graaliana. La tesi è espressa in Quest of the Holy Grail, (1913).
- Provenza (FRANCIA)
Secondo Alfred Weisen il termine Graal deriverebbe dalla contrazione di Gross Aal, ovvero "Grande tempio" in una lingua dimenticata. Il tempio cui si riferisce sarebbe costituito da una zona delle Gorges du Verdon, in Provenza, delimitata dal disegno di uno zodiaco di 15 chilometri di diametro tracciato sul terreno da fiumi e sentieri, e visibile solo da alta quota.
- Shropshire (INGHILTERRA)
Ho ricevuto una e-mail riportante queste notizie: "Alcuni sostengono che il Graal sia custodito in una fattoria dello Shropshire, ed è realizzato in legno d'ulivo. Col passare degli anni, il legno si è consumato, ed è rimasta solo la mezza coppa sinistra. E' stata consegnata alla famiglia che vi abita qualche secolo fa, e si dice avesse poteri curativi. Chi in paese fosse malato, si recava nella casa e beveva un sorso d'acqua dalla coppa."
- Roslin Chapel, Lothian (SCOZIA)
Il celebre ricercatore del Graal Trevor Ravenscroft annunciò nel 1962 di aver concluso una ricerca che durava ormai da 20 anni. Disse d'aver trovato il Graal nel cosiddetto Pilastro dell'Apprendista, all'interno della Cappella. La cappella è a tutt'oggi visitata da moltissimi ricercatori del Graal, e non è difficile ritrovarvi moltissimi riferimenti al Graal nelle sue incisioni e sulle vetrate. Metal-detectors sono stati utilizzati sul pilastro, ed è stato localizzato un oggetto nel centro del pilastro. Lord Roslin, il proprietario, ha assolutamente vietato di utilizzare i raggi X sulla colonna. Questa ipotesi è trattata in "The Sword and The Grail" di Andrew Sinclair, su cui si legge tra l'altro:
"Sulla pietra tombale di Sir William de St. Clair a Rosslyn, compare un calice in cui è inscritto una rosa-croce ottagonale con un fiore nel centro che sta ad indicare il Sangue di Cristo.
Si tratta di una delle più antiche rappresentazioni del Sangue di Cristo, che deriverebbe dalla scoperta di rivelazioni Gnostiche contenute in segreti Vangeli ritrovati dai Templari e in seguito trasmessi alla Confraternita della Rosa+Croce, che considerava il cuore di Gesù come il tempio ove la vita del mondo veniva generata, come la rosa e la coppa. Ciò suggerisce anche una connessione tra i Templari e i Catari, prima della Crociata contro gli Albigesi. I Catari erano anch'essi Gnostici, e furono molto influenzati dal trovatore Courst che scrisse in lingua d'Oc, in particolare nell'epico e cavalleresco "Roman de la Rose", e nel successivo romanzo sul Graal. In questi scritti i Templari, avvolti nelle loro tuniche rosso-crociate, sono i custodi del segreto della "rosa dentro il calice". Il Graal sulla pietra tombale di St. Clair spiega anche il motivo per cui attualmente esso venga custodito nel pilastro dell'apprendista nella Rosslyn Chapel, un pilastro costruito proprio per custodirlo. Se le reliquie Templari raggiunsero Rosslyn, potrebbero esser state affidate ai St. Clairs per sicurezza. Gli odierni templari di Scozia possiedono una coppa ingioiellata risalente al Medio Evo, che potrebbe essere appartenuta al tesoro dei Templari. E come sono esistiti i guardiani della Santa Croce, così i St. Clairs potrebbero essersi sentiti investiti del compito di custodire il Santo Graal nella loro cappella."
- Oak Island, New Scotland (USA)
William Crooker, in una pubblicazione, sostiene che i Templari si sarebbero messi in salvo dallo sterminio perpetrato ai loro danni da Filippo il Bello, e il loro mitico tesoro sarebbe stato portato, da Henry Sinclair, in Nova Scotia nel 1398. Nascosto nel money pit, un profondissimo pozzo ancora inviolato, è oggetto della ricerca di moltissimi storici ed archeologici.
- Galles
Si racconta di una comunità nel Galles che faceva la guardia ad una coppa di terracotta contenuta in un calice d'oro. Aveva poteri taumaturgici ed era un potente strumento di benessere se si trovava nelle mani giuste. Nel 1880 un gruppo di studiosi, interessati ad argomenti esoterici come la Cabala e la divinazione con i Tarocchi, decisero di distruggere il Santo Graal. Nei dieci anni successivi il Graal fu più volte trasferito e nascosto, finchè trovò un posto sicuro. Tuttavia un Guardiano tradì gli altri e il Graal fu portato via. Una messa nera fu celebrata sul Graal per annullare il suo potere, e in seguito fu fatto a pezzi.
- Takht-I-Sulaiman (IRAN)
La fortezza di Takht-I-Sulaiman, centro principale del culto di Zoroastro, è straordinariamente simile al castello del Graal descritto da Wolfram von Eschenbach. Alcuni identificano Takht-I-Sulaiman con la mitica "Sarraz" in cui il Santo Graal sarebbe da secoli custodito.
- Valencia (SPAGNA)
In Spagna, nella cattedrale di Valencia, è conservato un calice per secoli venerato come quello che Gesù avrebbe utilizzato nel corso dell'Ultima Cena per la transustanziazione del vino. Accuratamente studiato, si è rivelato composto di tre parti: una base, costituita da una tazza capovolta; uno stelo, decorato con pietre preziose e perle; una coppa, in cornalina (varietà di calcedonio, di colore rosso). Anche la base è dello stesso materiale.
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Il Calice di Valencia - Immagine tratta dal sito http://www.kathpedia.com/
La base reca su un lato un'iscrizione araba, che è stata variamente interpretata: 'larga piana', 'rosso incarnato', 'per colui che splende', 'per colui che dà luce', significati dei quali i primi due costituiscono una descrizione pertinente dell'oggetto; gli altri si riferirebbero invece alla sua destinazione. Altri significati proposti dagli studiosi sono 'gloria a Maria', 'gloria al Figlio di Maria', 'il Misericordioso', appello quest'ultimo tipico di Allah. C'è anche chi propone di leggere ALZAHIRA, il nome di una cittadina residenziale fatta costruire dagli Omaiadi di Cordova (dominanti su gran parte della Penisola Iberica tra la fine del I e l'inizio del II millennio d.C.) e andata distrutta con il crollo della dinastia. In questo caso la base del calice potrebbe provenire dall'assedio di Alzahira in cui vennero sconfitti gli Omaiadi. Lo stelo è il frutto di un raffinato lavoro di oreficeria databile tra il XII e il XIV secolo.
La coppa è sicuramente la parte più antica del calice e quindi quella che riveste maggiore interesse.
Secondo la Confraternita del Santo Calice di Valencia, il Vaso utilizzato da Gesù durante l'ultima cena, "non può esser stato perso di vista dopo la morte del Redentore, poiché molte volte i discepoli si riunirono nel Cenacolo. Il Santo Calice potrebbe esser stato portato a Roma da San Pietro, capo della Chiesa. Trascorsero, poi, due secoli e mezzo, durante i quali il fervore dei cristiani non aveva bisogno di una reliquia così singolare; in seguito, esistono chiari indizi per affermare che i vari papi celebrarono nei primi secoli la Messa nello stesso calice usato da Cristo durante l'Ultima Cena. In seguito l'imperatore Valeriano scatenò una sanguinosa persecuzione contro il cristianesmo, durante la quale morì martire Papa Sisto II. Il Pontífice, prima di morire, prese la reliquia e la affidò al diacono Lorenzo, originario di Huesca. Fu martirizzato anche questi, ma non prima di esser riuscito ad inviare alla sua città natale il Calice dell'Eucarestia, accompagnato da una lettera. Era l'anno 258 o, secondo altri, il 261."
Le cronache raccontano effettivamente che Lorenzo si rifiutò di consegnare ai persecutori i tesori della Chiesa romana. "Si ritiene che Lorenzo, al fine di salvare il patrimonio della Chiesa e in particolare il preclaro calice, l'abbia inviato in Spagna e proprio nella sua città, Osca, dove ancora vivevano i suoi genitori Oronzio e Pazienza, anch'essi successivamente martirizzati." (P.Baima Bollone, L'impronta di dio, Milano, 1985)
Prosegue la Confraternita: "Insigni storici dell'Aragona registrarono la permanenza della preziosissima coppa a Huesca durante i secoli seguenti, finché, nell'anno 713 la Spagna fu invasa dai Musulmani, e il vescovo di Huesca, chiamato Audeberto, decise di lasciare la città per rifugiarsi, con i beni che era riscito a salvare (tra cui il Santo Calice), sulla cima del monte Pano, su cui viveva l'eremita Juan de Atarés; qui fu fondato il monastero di San Juan de la Peña; e da qui nacque un gruppo di uomini che intrapresero la dura lotta per la riconquista contro i Musulmani.
E' possibile che questi eventi epici costituiscano l'origine o la fonte dei celebri poemi di Chretièn de Troyes e Wolfram von Eschenbach, che ebbero per protaginista Perceval o Parzival, che in seguito fu ripreso da Richard Wagner nel suo Parsifal. In tutti questi poemi c'è un Vaso meraviglioso, chiamato Graal.
Dal sito http://www.misteri.org/
http://www.crystalinks.com/holygrailite.jpg
Immagine tratta dal sito http://www.crystalinks.com/
La leggenda del Sacro Graal ha inizio nell’anno 63 d.C, quando Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, lasciò la Terra Santa per una missione segreta. Dopo un lungo e pericoloso viaggio per mare l’imbarcazione di Giuseppe raggiunse uno stretto estuario a est dell’Inghilterra. Innanzi a lui, si ergeva la sua destinazione ultima: Glastonbury Tor, l’isola di vetro. Una volta sbarcato, Giuseppe alzò il suo bastone al cielo in segno di ringraziamento e lo affondò poi nel terreno. Con sé, aveva portato un prezioso tesoro: si trattava di una coppa contenente il sangue di Gesù Cristo, il Sacro Graal. In Inghilterra il Graal restò a lungo. Per secoli la sua custodia venne tramandata ad una discendenza di guardiani. Come Giuseppe prima di loro, ciascuno era protetto dalla magica coppa. Essa spegneva la loro sete, saziava i loro appetiti, guariva le loro ferite mortali. Aveva un enorme potere di vita e di morte. Durante il regno del leggendario re Artù il Graal veniva custodito in una grande fortezza nella quale era sorvegliato da un valoroso cavaliere. Tuttavia questi tradì il suo sacro dovere per amore di una donna. E così la benedizione del Graal divenne una maledizione. Un giorno, mentre il cavaliere duellava per amore della sua signora, fu ferito di una ferita gravissima, e poiché aveva trascurato la difesa del Graal, non accennava a guarire. Tutto intorno alla fortezza che ospitava il Graal, la terra si fece arida e deserta. Ferito a morte, e tuttavia incapace di morire, il cavaliere vide spegnersi a poco a poco il suo potere. Solo pescando era in grado di dimenticare il dolore della sua condizione. E fu così che incominciarono a chiamarlo il Re Pescatore.
Eppure, c’era ancora una speranza. La profezia parlava di un cavaliere innocente che un giorno avrebbe annullato la maledizione. Il cavaliere - così si diceva - avrebbe posto al re una domanda precisa, e la terra sarebbe rifiorita. Ma qual era questa domanda? Nel frattempo, in una foresta molto distante, viveva una vedova con l’unico figlio rimasto. Aveva perso il resto della famiglia in guerra, e quindi, decisa a salvare almeno il più giovane, lo aveva portato a vivere in quella zona selvaggia, lontano dal mondo degli uomini. Quel ragazzo si chiamava Parsifal. Un giorno Parsifal vide dei cavalieri nella foresta e decise di andarsene per diventare a sua volta cavaliere. Non si girò neppure mentre si allontanava, e non vide la madre cadere a terra morta. Lui le aveva spezzato il cuore. Dopo un lungo viaggio, raggiunse la sua destinazione, Camelot, il castello di re Artù. Entrando a Camelot, sentì levarsi una risata di donna e la profezia aveva detto che una risata di donna sarebbe nuovamente riecheggiata al castello solo in presenza di un uomo abbastanza valoroso da mettersi alla ricerca del Santo Graal. Era il segnale. E Parsifal era l’eletto. Ora, sarebbe stato introdotto alla nobile arte del cavalierato. E il giovane aveva molto da imparare: le astuzie in battaglia, i voti di onore e di coraggio custoditi nel codice della cavalleria, e soprattutto, il codice del silenzio. Ma un giorno Parsifal, preso dal rimorso per aver lasciato la madre, si rimise in cammino e si addentrò nella foresta. All’improvviso, si alzò una nebbia che lo fece smarrire. Fu allora che incontrò il Re Pescatore, e con esso, il suo destino. Vedendo che il giovane cavaliere s’era perso, il re gli offrì riparo per la notte al suo castello. Più tardi, mentre sedevano insieme nel grande salone, cominciò a svolgersi un misterioso rituale. Come dal nulla, apparse una processione di candele. Alla sua testa una donna portava un calice scintillante, oltre il quale apparve un magico banchetto. Con grande sorpresa di Parsifal, il Re Pescatore non si unì a lui per il banchetto. Parsifal vide che era tormentato da una gran pena, e se ne chiese il perché. Ma nonostante la curiosità, si ricordò del codice del silenzio dei cavalieri, e lo rispettò. Poi cadde in un sonno profondo. Svegliandosi il mattino seguente, Parsifal era solo, come se la notte precedente fosse stata un sogno. Il castello era deserto e il Graal era scomparso. Il giovane cavaliere aveva fallito la sua ricerca. Per arroganza, non aveva chiesto al re quale fosse la sua pena. Quella era la domanda da porre. Per anni Parsifal vagò sulla terra in cerca della sua innocenza ormai perduta. Ma invece del Graal, tutto ciò che riuscì a trovare furono gli inganni e le falsità del mondo. Infine, quando ormai le sue speranze erano quasi svanite, raggiunse la cappella di un vecchio eremita. Grazie a lui, comprese di aver peccato di orgoglio, d’aver prima spezzato il cuore di sua madre, e di non aver poi mostrato amore per le sofferenze del prossimo. Solo arrivando a questa consapevolezza, lasciando da parte il suo orgoglio terreno, egli poté riaccostarsi a Dio, rimarginare la ferita del re, allontanare la maledizione dalle sue terre, e restituire tutto il suo potere al Graal.
La leggenda della coppa con il sangue di Cristo potrebbe essere vera? E se davvero esiste, dove si trova adesso il Graal? La leggenda del Graal conobbe inizialmente fama per opera di un poeta francese del XII secolo, Chrétien de Troyes. Egli scrisse di un magico calice che aveva il potere di restituire la vita. Morì, però, prima di terminare la sua opera. La leggenda quale noi oggi la conosciamo, fu scritta dai monaci Cistercensi dell’Europa medievale. Per i monaci, la leggenda era una ricerca della rettitudine, una parabola. Una volta adattata allo spirito del cristianesimo, il contenuto della leggenda originaria rimase lo stesso, fatta eccezione per un dettaglio: il Graal non era più semplicemente un calice magico: si diceva ora che fosse la coppa usata dal Cristo durante l’ultima cena. Gli archivi storici dell’Europa del XII secolo parlano di un’epoca di carestie e pestilenze. Per decenni l’intero continente fu devastato dalle epidemie e dalla siccità. I raccolti non maturavano. Migliaia di persone soffrivano per la distruzione disseminata dalla peste. Fu anche l’era delle Crociate, un’era di guerre e brutalità, nella quale gli eserciti di Europa marciavano contro i musulmani in Terra Santa. La loro missione era quella di riprendersi Gerusalemme, la nicchia più sacra per il mondo cristiano. Per i cristiani del medioevo, la leggenda del viaggio di Parsifal per terre misteriose, alla ricerca del Sacro Graal, era un esempio da imitare. Ben presto divenne una sorta di inno per gli stessi crociati, una delle giustificazioni della guerra santa.
Ma il Graal, come la leggenda che ne parla, è più antico di quanto possa sembrare.
Nonostante la storia della ricerca da parte di Parsifal sia stata scritta per la prima volta nel XII secolo, gli storici concordano nel dire che abbia avuto origine oltre un millennio prima. Le sue radici affondano, infatti, nelle saghe degli eroi dell’Irlanda e della Britannia del tempo dei Celti. Ma se la leggenda è ancora più antica del cristianesimo, il Graal è la coppa di Cristo oppure un idolo pagano? Nel I secolo d.C., quando la Britannia fu invasa dall’impero romano, molte tribù celtiche fuggirono in Bretagna nel nord-ovest della Francia. Portarono con loro i racconti di una antica ricerca, preservati nella memoria dei bardi e dei cantastorie. Gli scrittori del XII secolo adattarono quegli stessi racconti al gusto delle corti francesi del medioevo. Trasformarono gli eroi celtici in cavalieri dalle scintillanti armature e la legge degli antichi guerrieri nei codici medievali del cavalierato. Così nacque la leggenda del Santo Graal. Il Graal avrebbe mostrato il suo benefico potere solo ad un cuore umile e puro.
Ma il mistero più intrigante attende ancora di essere risolto.
Dove si trova, adesso, il Sacro Graal?
Di una cosa possiamo essere certi: Giuseppe d’Arimatea non era un mito. E secondo la leggenda, egli portò il Graal dalla Terra Santa in Inghilterra, a Glastonbury Tor. Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la convinzione che in qualche luogo si celi un magico segreto. Nei pressi della collina (Tor) c’è una sorgente chiamata il "pozzo del calice". In epoca medioevale questo pozzo fu reso famoso dai monaci dell’abbazia di Glastonbury.
A quel tempo, essi sostenevano che la sorgente dovesse il suo insolito colore rossastro a una fonte sacra, ovvero il sangue di Cristo che fuoriusciva dal Graal nascosto. Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte degli ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto inventare questa storia per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di persecuzione. I monaci di Glastonbury - si disse - fuggirono con il Graal alla volta del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro offerto un rifugio. Il priore divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci lavoravano nella tenuta. Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il Graal fu affidato al signore del feudo e lì rimase per 400 anni. Il Graal - si diceva - era una coppa di scuro legno d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e per tutto quel tempo, pare facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia. Molti ritengono che alla morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu affidata ad altri e sia ora conservata in luogo segreto.
Quello che è importante non è trovare il Sacro Graal, ma la sua continua ricerca, la ricerca è il viaggio attraverso la vita stessa, e il Graal dovrà restare per sempre nascosto, per spingere l’uomo a diventarne degno, cercando di trovarlo.
Introduzione
La leggenda del Santo Graal ha sempre avuto un grande fascino sulle menti dei medievalisti, e non soltanto: anche registi, ufficiali militari, occultisti e scienziati si sono introdotti nel mondo misterioso in cui deve entrare chiunque voglia comprendere che cosa sia stato e sia oggi il Graal. "Il fatto che da otto secoli il Santo Graal continui a stimolare l'immaginazione di tante generazioni di lettori - diversi per cultura ed estrazione sociale - costituisce in un certo senso la prova tangibile del suo magico potere" scriveva Alfredo Castelli nel suo Dizionario dei misteri. Dal XII secolo, infatti, l'oggetto chiamato "Graal" ha coinvolto milioni di persone in un dibattito che continua tutt'oggi. Ma che cosa è il Graal?
Secondo alcuni sarebbe un oggetto che fonderebbe le sue origini nella mitologia pagana celtica o islamica. Molti altri, invece, sostengono che si tratti del Calice in cui Gesù Cristo istituì l'Eucarestia durante l'Ultima Cena; nel suo interno, il giorno successivo, Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il Sangue di Cristo, dopo averlo calato dalla croce.
Il Graal esiste ancora?
Considerato il fatto che la Sindone di Torino sia sopravvissuta per duemila anni, e che tra gli scienziati sia quasi unanime l'opinione che si tratti del vero lenzuolo che avvolse Gesù, non stupirebbe la possibile esistenza di una coppa che è ricercata da secoli e che viene denominata "Graal".
Ci sono documenti che provano la sua esistenza?
Della coppa si parla nei tre Vangeli Sinottici; in Matteo 26, 27-28 si legge: [Gesù] prese la coppa del vino, fece la preghiera di ringraziamento, la diede ai discepoli e disse: "Bevetene tutti, perchè questo è il mio sangue, offerto per tutti gli uomini, per il perdono dei peccati."
In seguito, forse Nicodemo o Guseppe d'Arimatea, scrissero un Vangelo che la Chiesa non riconosce, attribuendogli l'aggettivo di Apocrifo. In questo quinto Vangelo, le cui trascrizioni più antiche che possediamo risalgono al VI secolo, viene descritta in dettaglio la calata di Gesù dalla croce, e viene descritto Giuseppe d'Arimatea che raccoglie in una coppa il Sangue del Cristo.
Chi potrebbe aver conservato il Graal?
Le tappe storiche che la reliquia avrebbe seguito sono descritte in un testo medievale dello scrittore Robert de Boron, intitolato Joseph d'Arimathie. Queste, in breve, le vicende seguite dal Graal:
Quando Gesù risorse, i Giudei accusarono Giuseppe d'Arimatea (proprietario della tomba ove Cristo fu deposto) di aver rubato il cadavere. Egli fu dunque imprigionato in una torre e privato del cibo. All'interno della prigione, apparve Gesù in un limbo di luce, affidando a Giuseppe la sua coppa. Lo istruì ai misteri dell'Eucarestia e, dopo avergli confidato alcuni segreti, svanì. Giuseppe poté sopravvivere grazie ad una colomba che, ogni giorno, entrava nella cella e depositava un'ostia all'interno della coppa. Nel 70 d.C. fu rilasciato, grazie all'intervento dell'imperatore romano Vespasiano, e insieme a sua sorella e al suo cognato Bron, andò in esilio oltre il mare, con un piccolo gruppo di seguaci. Qui venne costruita una tavola, che venne chiamata Prima Tavola del Graal: doveva ricordare il cenacolo, e infatti c'erano tredici posti di cui uno era occupato da un pesce, che rappresentava Gesù, e un altro, che rappresentava il seggio di Giuda, era nominato "Seggio periglioso". Giuseppe partì per le terre inglesi, dove a Glastonbury fondò la prima chiesa Cristiana, che dedicò alla Madre di Cristo. Qui il Graal venne custodito e utilizzato come calice durante la celebrazione della Messa, alla quale partecipava l'intera compagnia.
Alla morte di Giuseppe, la custodia passò a Bron, il quale divenne celebre con il nome di "Ricco pescatore", per aver saziato l'intera compagnia con un pesce che, posto nel Graal, si era miracolosamente moltiplicato. La compagnia si insediò ad Avalon, un luogo che ancora oggi non è stato identificato: si pensa, comunque, che si trovi nel nord Europa. Qui, alla morte di Bron, divenne terzo custode del Graal un uomo di nome Alain. Venne costruito un castello a Muntsalvach, la Montagna della Salvezza (la cui ubicazione è sconoscuta), proprio per custodire il Graal, e nacque uno specifico ordine cavalleresco, chiamato Ordine dei Cavalieri del Graal, sorto con lo scopo di proteggere il calice. Essi sedevano alla Seconda Tavola del Graal, ove la reliquia dispensava a tutti ostie consacrate. Il custode del Graal assunse il titolo di Re e Sacerdote. Dopo alcune generazioni, divenne re un uomo chiamato Anfortas, il quale ricevette una misteriosa ferita che lo rese sterile; sulle cause della ferita ci sono diverse versioni: secondo alcuni avrebbe perso la fede, secondo altri avrebbe rotto il voto di castità per amore di una donna, secondo altri sarebbe stato colpito accidentalmente da una lancia, da parte di uno straniero che si stava difendendo. Il re divenne celebre con il nome di Re Ferito, e la terra su cui regnava venne colpita da un periodo di sterilità: si parla, a proposito di questo periodo, di Terra Desolata (Waste Land).
La lancia con cui il re venne colpito fu identificata con la Lancia di Longino, il soldato Romano che secondo la tradizione biblica avrebbe trafitto il costato di Cristo sulla croce. Essa venne custodita all'interno del Castello del Graal insieme ad una spada, al piatto che sorresse la testa di Giovanni Battista, e al Graal. Questi quattro oggetti influenzarono molto profondamente la cultura successiva, tanto che nei semi delle carte da gioco italiane compaiono ancora le coppe (il Graal), le spade (la spada), i denari (il piatto) e i bastoni (la lancia di Longino). Al fine di ritrovare il Graal, il mago Merlino fondò la Terza Tavola del Graal, chiamata Tavola Rotonda. Dopo aver educato il giovane Artù, quest'ultimo divenne re di Camelot, e si circondò di una compagnia di cavalieri, che presero il nome di "Cavalieri della Tavola Rotonda". Il giorno di Pentecoste il Graal apparve nel centro della Tavola, avvolto in un nimbo di luce, scomparendo dopo breve. I cavalieri, allora, si impegnarono in una ricerca iniziatica del Calice: i più celebri furono Lancillotto, Galvano, Bors, Perceval e Galahad.
Lancillotto fu in grado di avvicinarsi al Graal, ma venne colpito da cecità a causa del suo adulterio con la moglie di Artù, Ginevra. Galvano raggiunse il Castello del Graal ma non riuscì a raggiungere il Graal a causa della sua natura troppo legata alle cose del mondo: egli era privo di quella semplicità richiesta al ricercatore. Soltanto in tre raggiunsero il Graal e furono in grado di partecipare ai suoi misteri: Galahad, cavaliere vergine, Perceval, l'Innocente, e Bors, l'uomo comune, che fu l'unico a ritornare alla corte di Artù per portare la notizia del ritrovamento. Nessuno di essi, però, poté impadronirsene. Perceval, dopo aver vagabondato per cinque anni, ritrovò la strada per il castello del Re Ferito (anche chiamato Re Pescatore), e dopo avergli posto una misteriosa domanda - "Chi serve il Graal?" - risanò la ferita del sovrano. L'acqua tornò a scorrere nella Terra Desolata, facendola fiorire.
Galahad, Perceval e Bors ripresero la ricerca, raggiungendo la città orientale di Sarras, la città del Paradiso, dove il Graal era stato trasferito. Qui parteciparono ad una Messa durante la quale Cristo apparve in una visione dapprima come celebrante, poi come un bambino, e infine come un uomo crocifisso.
Galahad, in seguito alla visione, morì ed venne portato direttamente in cielo. Perceval ritornò al castello del Re Pescatore, e alla morte di costui, lo sostituì sul trono. Bors, invece, ritornò a Camelot.
Il Graal riposò, così, per i secoli successivi a Sarras, una città che ancora oggi non è stata identificata.
Esistono dati storici provati?
Proviamo - adesso - ad immaginare ciò che avvenne del Graal il giorno della Passione di Gesù. Secondo Robert de Boron, sarebbe rimasto in custodia nelle mani di Giuseppe d'Arimatea. E' possibile, però, che esso sia stato deposto nel Santo Sepolcro insieme al cadavere di Cristo: era uso comune - infatti - deporre accanto al morto gli oggetti che gli erano appartenuti o in qualche modo erano connessi a lui. Esiste qualche dato storico che prova questa seconda affascinante ma altrettanto probabile ipotesi? La risposta è sorprendentemente "sì!".
Come si presentasse, al suo tempo, il luogo dove venne pietosamente sepolto il Morto del Golgotha fu per secoli uno dei più confusi problemi d’archeologia. La tradizione, invece, è stata dall’inizio univoca e fermissima. Le testimonianze evangeliche dicono che il piccolo colle dell’esecuzione era fuori delle mura, ma "vicino alla città"; pietroso com’era lo si chiamava in ebraico "Gulgoleth", "Golgotha" in aramaico, e nell’antico latino di Tito Livio "Calva", cranio calvo, Calvario. E ancor oggi, gli arabi chiamano "Ras", testa, una prominenza sassosa. Ma sul pendio occidentale cresceva un giardino, un arido giardino di ulivi e palme, dove il ricco sanhedrita Giuseppe, originario di Ramataim, che noi abbiamo grecizzato in "Arimatea", aveva fatto scavare un sepolcro, forse per sé e, secondo l’uso ebraico, in futuro ampliabile per la discendenza familiare. Infatti, a quei giorni, non vi era stato sepolto nessuno. Non era stato il solo a scegliere quel luogo per un uso funerario, perché alla base della roccia asciutta e scoscesa sono state rinvenute altre antiche tombe ebraiche.
Nell’antico Israele le sepolture ebraiche erano scavate in terreni elevati e asciutti e al riparo da possibili alluvioni. Somigliano a camere, a volta un vano d’ingresso e un secondo, più interno. Vi si trovano sarcofagi di pietra o loculi scavati nella roccia (kokhim), a volte una fossa al centro della stanza, o banchi lungo le pareti. Il Sepolcro del Sanhedrita Giuseppe da Ramataim, come è descritto nei Vangeli, corrisponde all’architettura funeraria ebraica di tipo signorile, di duemila anni or sono - così come ci è stata rivelata dai più recenti scavi. Un’anticamera, ricavata nella pietra, per le operazioni rituali, e poi la camera funeraria. Dall’esterno, l’accesso era molto basso e poteva venir chiuso facendovi rotolare contro una grossa pietra circolare.
Nel 70 Gerusalemme subì le più tragiche e distruttive vicende della sua lunghissima storia: la rivolta ebraica, che passò ai posteri come "Guerra Giudaica" - l’assedio di Tito, che con la sua vittoria avrebbe poi guadagnato l’impero - la dispersione in schiavitù della popolazione superstite, che avrebbe dato origine a una Diaspora millenaria - il saccheggio dei tesori del Tempio, portati in trionfo a Roma - la grandiosa mole del Tempio demolita fino al piano delle fondazioni. Le nascenti tradizioni cristiane furono travolte. Il colle del Golgotha e il pendio contiguo - dove Giuseppe da Ramataim aveva sepolto Gesù e forse posto il Graal - furono rinchiusi in una possente muraglia di contenimento. Poi vi furono rovesciate enormi quantità di terra, prendendola da fuori città, per elevare un terrapieno, in cui Golgotha e Sepolcro sprofondarono.
Nella nuova città di Aelia Capitolina - così era stata rinominata Gerusalemme - nacque poco a poco una segreta comunità cristiano-giudaica, che guidata dal vescovo Marco, mantenne intatta la memoria storica del Sepolcro interrato. Nel 312, Costantino conquistò il potere con il determinante appoggio della semiclandestina cristianità. Nel 324 prese il controllo anche delle provincie orientali; e dovunque - e più che in ogni altro luogo a Gerusalemme - affiorarono con impeto dal silenzio le memorie cristiane.
Costantino scendeva verso Gerusalemme, quando il vescovo della città, che si chiamava Macario, andò ad incontrarlo a Nicea. Doveva essere un oratore persuasivo, e soprattutto sicuro di quanto diceva perché nelle sue parole rivisse la tormentata memoria storica di tre secolo di cristianesimo sommerso: un periodo clandestino che in quei giorni finiva. Il vescovo Macario conosceva bene - tramandati dalla precusa memoria verbale delle famiglie giudeo-cristiane e dei loro sacerdoti - dove fossero tutti i luoghi storici dell’esistenza di Cristo, i testimoni di quei trentatré anni, la nascita in Bethlehem, le case familiari di Nazareth, il colle dove erano state pronunciate le parabole, la sala di quell’ultima cena, il luogo del processo e quelli della morte terribile e della sepoltura, così spietatamente cancellati da Adriano. Costantino ascoltò affascinato dall’intensa suggestione che il racconto operò su di lui e sua madre Elena, e decise la prima operazione archeologica della storia: scavare e riscoprire il Golgotha e il Sepolcro.
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Dante G. Rossetti, Sir Galahad, Sir Bors e Sir Percival ricevono il Sacro Graal (1864) - Immagine tratta dal sito http://bestoflegends.org/
Si incominciò subito, in mezzo a una folla di curiosi, i cristiani trepidanti e pronti a vedere in ogni pietra smossa un segno di quanto cercavano. Insieme a numerose altre presunte reliquie, si proclamò che era stata trovata una coppa che Elena ritenne essere quella stessa usata da Maria di Magdala: di essa si era servita per raccogliere gocce del sangue di Cristo dopo la crocifissione. E’ difficile fare ipotesi sulle sorti della coppa. Pur essendo giunti a noi numerosi resoconti coevi delle ricerche promosse dall’imperatrice Elena del sito del Santo Sepolcro, in essi manca ogni accenno alla sorte della coppa, sebbene nel V secolo lo storico Olimpiodoro scrivesse che venne portata in Britannia quando nel 410 Roma fu saccheggiata dai visigoti. Non mancano neppure contradditori racconti relativi al suo aspetto: in alcuni di essi si tratta di un piccolo recipiente in pietra, in altri di una grande coppa d’argento, e il più popolare narra che era stata incastonata da un artiere romano in uno splendido recipiente d’oro impreziosito da pietre.
Si tratta del Graal? Il calice è giunto a Roma ed è finito in Britannia? Interrogativi che rimarranno tali sinché nuovi dati storici non verranno alla luce.
Quali sono le ipotesi più probabili?
Le due storie del Graal presentate rappresentano due ceppi differenti: mentre l'ultima appartiene ad un filone fondato su documenti, scavi archeologici e studi storici, la prima è tratta dal corpo della letteratura Graaliana, ed è indubbio che essa debba essere depurata dai molti elementi che si sono aggiunti nel corso dei secoli, e che con ogni probabilità hanno rivestito eventi reali di simbolismi e allegorismi. Nel concetto di Terra Desolata, ad esempio, si può leggere il periodo di carestia che colpì l'Europa nel passato. E i vari movimenti del Graal, sintetizzati nella tabella qui sotto, possono documentare reali traslazioni della reliquia, avvenute durante i secoli:
Gerusalemme Palestina
Glastonbury Inghilterra
Muntsalvach Montsegùr, Francia?
Sarras Siria, patria dei Saraceni?
Dove si trova Sarras? La città è situata "ai confini dell'Egitto", e dal suo nome deriverebbe l'aggettivo "saraceno". Potrebbe trattarsi della Siria, della Giordania o dell'Iraq. Secondo lo scrittore trecentesco Albrecht von Scharffenberg, che scrisse "Il secondo Titurel", il Graal sarebbe custodito in un castello detto "Turning Castle" (Castello rotante). Le caratteristiche del castello sono assolutamente simili a quelle del palazzo persiano chiamato Takt-I-Taqdis, costruito nel VII secolo d.C.: era possibile farlo ruotare su grandi rulli di legno. Secondo un'altra leggenda nel castello si sarebbe trovata anche la Santa Croce di Gesù, sottratta da Gerusalemme dal re Chosroes II, che eresse il castello di Takt, il quale saccheggiò la Città Santa nel 614, portando la croce in Persia. Si diceva che insieme alla croce si trovasse il Graal. Quindici anni dopo, nel 629, l'imperatore bizantino Eraclio marciò sulla città di Takt, portando con sé la Croce a Costantinopoli. Con essa, egli potrebbe aver portato con sé anche il Graal. Costantinopoli divenne in seguito celebre per essere la città più ricca di reliquie dell'intera cristianità. La Sindone di Torino, ad esempio, fu custodita ad Edessa dal 33 d.C. (proprietà di re Abgar) al 15 Agosto 944, giorno in cui l'imperatore bizantino mandò un esercito ad appropriarsi della reliquia. Il sudario venne probabilmente preso dai Templari nel 1204, e da qui avrebbe raggiunto Lirey, in Francia.Come la Sindone, così il Graal potrebbe esser stato trovato a Costantinopoli durante le Crociate: ciò spiegherebbe il motivo per cui i romanzi del Graal comparvero improvvisamente sulla scena. Se il Graal raggiunse l'Europa, non è chiaro dove possa esser custodito. Potrebbe esser stato portato in Italia dai Savoia, che entrarono in possesso anche della Sindone. Per questo motivo si pensa possa trovarsi a Torino.
Secondo altri, il Graal sarebbe caduto in mano alla setta dei Catari, e portato nel castello di Montsegur ove, in questo stesso secolo, fu ricercato da un ufficiale nazista, Otto Rahn. Ma le teorie sono molte, e sono state raccolte tutte nella sezione dedicata ai "Luoghi" del Graal, che amplia alcuni dei dati qui presentati e raccoglie una gran quantità di ipotesi, tra le quali forse qualcuna nasconde un barlume di verità.
Dove è nascosto il Graal?
I luoghi che potrebbero nascondere la reliquia
"A partire dal 1095 molti cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa in occasione delle Crociate. Là erano entrati per forza di cose in contatto con le tradizioni religiose ed esoteriche del luogo: forse qualcuna di esse - magari riferita nel famoso libro cui Chrétien dichiarò di essersi ispirato - parlava del sacro contenitore e delle avventurose vicende di cui era stato protagonista cinquecento anni prima. Può essere che il Graal sia stato materialmente rintracciato dai Crociati e portato nel Vecchio Continente. Dove?"
Alfredo Castelli, Enciclopedia dei Misteri - I Segreti di Re Artù, 1994
Il Graal nel mondo
- Glastonbury Tor (INGHILTERRA)
Nel 63 d.C. Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, lasciò la Terra Santa per una missione segreta. Dopo un lungo e pericoloso viaggio per mare l’imbarcazione di Giuseppe raggiunse uno stretto estuario a est dell’Inghilterra. Innanzi a lui, si ergeva la sua destinazione ultima: Glastonbury Tor, l’isola di vetro. Una volta sbarcato, Giuseppe alzò il suo bastone al cielo in segno di ringraziamento e lo affondò poi nel terreno. Con sé, aveva portato un prezioso tesoro: si trattava di una coppa contenente il sangue di Gesù Cristo, il Sacro Graal. In Inghilterra il Graal restò a lungo. Per secoli la sua custodia venne tramandata ad una discendenza di guardiani. In un anno imprecisato del primo millennio i monaci di Glastonbury annunciarono la scoperta di due ampolle che sarebbero state sepolte con Giuseppe d'Arimatea. Erano state menzionate in precedenza (verso il 540) da Maelgwyn di Gwynedd, zio di san Davide, che scrisse:
Giuseppe aveva con sé nel suo sarcofago due ampolle bianche e argento piene di sangue e sudore del profeta, Gesù.
Le ampolle sono raffigurate nelle vetrate colorate della chiesa di St. John a Glastonburv, nella chiesa di Langport in Somerset e sulla parete divisoria fra la navata e il coro a Plymtree nel Devon. Non furono mai esposte al pubblico e questa mancanza di una conferma visibile della loro esistenza diede origine alcuni secoli dopo a una nuova tradizione di Glastonbury: il roveto incantato. Nel 1520, la letteratura locale parlava di un cespuglio a Wearyall Hill che si copriva di foglie e di fiori a Natale oltre che a maggio. Il cespuglio venne distrutto durante la Guerra Civile britannica (1642-1651), ma alcuni germogli furono ripiantati lì intorno e ogni pianta fiorì di nuovo nella stessa maniera. Gli esperti botanici stabilirono che il cespuglio non era originario dell'Inghilterra, ma sembrava di origine levantina. E così ebbe inizio una nuova mitologia del Somerset.
Nel 1716 un locandiere locale affermò che l'insolita pianta di rovi nasceva dal bastone che Giuseppe di Arimatea aveva piantato perché fiorisse a Natale. L'idea che la "verga" di Giuseppe dovesse fiorire in quel modo derivava originariamente da un versetto profetico del libro di Isaia 11, 1 che dice: "E uscirà un rampollo del tronco di Iesse [il padre di Davide] e una pianterella spunterà dalle sue radici". In alcune opere d'arte e scritti apocrifi della Chiesa, il bastone fiorito della stirpe reale è raffigurato in mano del padre di Gesù, Giuseppe.
Fu soltanto nel XIX secolo, grazie agli Idylls of the King di Alfred Tennyson che Glastonbury venne specificamente collegata al Santo Graal. L'insolita acqua rossastra del Chalice Well di Glastonbury venne associata al sangue di Gesù. Il pozzo fu debitamente ribattezzato Chalice Well e si disse che il colore dell'acqua derivava dal contenuto del calice del Graal che Giuseppe aveva seppellito lì vicino. Il famoso coperchio del pozzo, completo di griglia di ferro battuto in stile celtico, fu disegnato dall'architetto Frederick Bligh Bond dopo la Grande Guerra. Nonostante l'assortimento di elementi sacri e arturiani a Glastonbury (alcuni veri e altri falsi), l'associazione personale di Giuseppe di Arimatea alla Britannia ricevette attestazioni storiche molto più valide.
Fu oggetto di dibattito in vari Concili ecclesiastici europei, dove gli inglesi poterono vantare un collegamento con il cristianesimo molto precedente a quello di Roma. Al Concilio di Pisa nel 1409 si discusse persino se fosse venuto in Occidente prima Giuseppe o Maria Maddalena. Negli Annales Ecclesiasticae del 1601, il bibliotecario vaticano cardinale Baronio annotò che Giuseppe di Arimatea giunse per la prima volta a Marsiglia nel 35 d.C. Da lì, andò in Britannia con i suoi compagni a predicare il Vangelo. Questo veniva confermato molto prima dal cronista Gildas III (516-570) nel De Excidio Britanniae, dove egli affermava che i precetti del cristianesimo furono portati in Britannia negli ultimi giorni dell'imperatore Tiberio Cesare che morì nel 37 d.C. Ancora prima di Gildas, eminenti uomini di chiesa come Eusebio, vescovo di Cesarea (260-340) e sant'Ilario di Poitiers (300-367) scrissero di antiche visite apostoliche in Britannia. Gli anni 35-37 d.C. sono quindi fra le prime date indicate come inizio dell'evangelismo cristiano. Corrispondono a un periodo di poco successivo alla Crocifissione e precedente al tempo in cui Pietro e Paolo erano a Roma e ai Vangeli del Nuovo Testamento.
Un personaggio importante nella Gallia del secolo era san Filippo. Gildas e William di Malmesbury lo descrissero come l'ispiratore della missione di Giuseppe in Inghilterra. Il De Sancto Joseph ab Anmathea afferma: "Quindici anni dopo l'Assunzione [vale a dire nel 63 d.C.], lui [Giuseppe] venne da Filippo apostolo fra i Galli". Nel IX secolo, Freculfo, vescovo di Lisieux, scrisse che san Filippo inviò poi la missione dalla Gallia in Inghilterra "per recare colà la buona novella del verbo di vita e predicare l'incarnazione di Gesù".
Al loro arrivo nell'Inghilterra sud-occidentale, Giuseppe e i suoi dodici missionari furono guardati con un certo scetticismo dagli abitanti del luogo, ma vennero accolti abbastanza cordialmente dal re Arvirago di Siluria, fratello di Caractaco il Pendragone. Dopo essersi consu1tato con altri capi, concesse a Giuseppe dodici hides di terra a Glastonbury, pari a circa seicento ettari (un hide è un pezzo di terreno agricolo considerato sufficiente per mantenere una famiglia per un anno con un aratro, che nel Somerset [la zona di Glastonbury] equivale a 120 acri, circa 48,5 ettari). Qui costruirono la loro chiesetta, unica del genere, sul modello dell'antico Tabernacolo ebraico. E fu forse in questa piccola chiesa che nascosero il Graal. Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la convinzione che in qualche luogo si celi un magico segreto.
Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte degli ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto inventare questa leggenda per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di persecuzione. L'ultimo Abate di Glastonbury, Richard Whiting, affidò ai suoi monaci una coppa di legno da portare via in un luogo sicuro. La coppa era descritta come "il più prezioso tesoro della nostra abbazia".
I monaci di Glastonbury fuggirono con il calice alla volta del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro offerto un rifugio. Il priore divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci lavoravano nella tenuta. Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il Graal fu affidato al signore del feudo e lì rimase per 400 anni.
Adrian Wagner, pronipote del più celebre Richard (pochi sanno che Richard Wagner visitò la Nanteos Mansion appena prima della realizzazione del suo 'Parsifal'), riporta un ulteriore tappa della reliquia, nell'Abbazia Cistercense di Strata Florida: "La coppa è la stessa usata durante l’ultima cena, fatta di legno d’ulivo. Giuseppe d’Arimatea portò la coppa a Glastonbury dove rimase fino al XVI secolo quando i sette Monaci di Glastonbury fuggirono, portandola con sé e lasciandola al sicuro nelle mani dei Monaci Cistercensi di Strata Florida."
Il Graal - si diceva - era una coppa di scuro legno d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e per tutto quel tempo, pare facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia. Molti ritengono che alla morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu affidata ad altri e sia ora conservata nel caveau di una banca.
La Nanteos Cup si era nei secoli guadagnata la reputazione di possedere poteri rigenerativi, e molte cure miracolose furono dispensate, facendo bere i malati dalla Coppa. Ma ciò che rimane della Coppa di Nanteos è davvero un frammento dell’originale coppa utilizzata da Cristo per il Sacramento dell’Ultima Cena? Davvero possiede poteri curativi?
Gli attuali proprietari della Coppa raccontano un evento miracoloso accaduto alla loro figlia Jean. Ella si trovava a letto in ospedale con un grave trauma cranico provocato dalla caduta di un mattone sulla sua testa. Il padre prese la Coppa e pregò che la figlia guarisse. Dopo alcuni minuti ricevette una telefonata dall’ospedale, nella quale i medici annunciarono che l’emorragia si era arrestata e la bambina sarebbe sopravvissuta. E non soltanto Jean sopravvisse, ma si riprese completamente, ed ora vive una vita normale.
Può essere un interessante spunto di discussione il fatto che la coppa abbia davvero poteri curativi; potrebbe soltanto essere un veicolo per motivare la fede delle persone. Molti pensano che quel frammento di coppa possa identificarsi con la Coppa dell’Ultima Cena. Finché non si troverà una fonte di chiarimento ulteriore su un argomento così circondato da un alone mitico, non sapremo mai con certezza se quella coppa sia l’autentico Graal. Ma fino ad allora non abbiamo ragione di dubitare della veridicità delle storie che riguardano la Coppa di Nanteos.
- Castello di Gisors (FRANCIA)
Un Cavaliere Templare, Jean de Chalon, interrogato dall'Inquisizione rivelò che, poco prima che la furia papale e del re di Francia si scatenasse sull'ordine, un convoglio composto da tre carri partì verso la Manica. In mare li aspettava una flotta di diciotto navi. Ma il convoglio non raggiunse mai la costa: probabilmente si era fermato a Gisors. Un celebre occultista francese, Gerard de Sede, in base a certe informazioni avute da un suo giardiniere, era convinto che sotto il castello di Gisors esistessero dei sotterranei misteriosi. Così De Sede insistette perché fossero svolte delle ricerche. Si scontrò con un muro di diffidenza e di omertà, finché nel 1970 vennero eseguiti alcuni scavi. Vennero alla luce undicimila monete del XII secolo. Più tardi, nel 1976, fu rintracciata una cripta rettangolare di 125 metri quadrati che non figurava in nessuna planimetria del castello.
Dopo quella scoperta gli scavi furono interrotti per ordine del governo, e della cosa non si parlò più. Il giardiniere che raccontò del castello a Gerard de Sede aveva scavato una galleria sotto la torre denominata "del prigioniero": dopo uno scavo di 21 metri aveva trovato una grande cappella che, secondo lui, conteneva 13 statue (forse Cristo e gli apostoli), diciannove sarcofagi in pietra e trenta cofani di metallo in tre file da dieci. La galleria fu fatta interrare, e nessuno gli credette. Soltanto dopo molte fatiche ed ostacoli egli riuscì a trovare le prove dell'esistenza storica della cappella: in un manoscritto del '600 rinvenne la descrizione della "cappella di Santa Caterina", con tredici sarcofagi e diciannove sarcofagi.
Forse i Cavalieri Templari (che secondo Wolfram von Eschenbach sarebbero stati custodi del Graal) avrebbero nascosto il loro tesoro nei sotterranei del castello di Gisors, e il ricercatissimo "tesoro dei Templari" comprenderebbe anche il Santo Graal, che i Cavalieri avrebbero ritrovato in Terrasanta. Secondo alcuni si tratterebbe del Baphomet, idolo della Setta degli Assassini, affidato, dopo la scomparsa della setta, ai Templari.
- Fortezza catara di Montségur (FRANCIA)
I Catari erano membri di una setta che aveva ereditato le sue dottrine dal culto di Zoroastro e dai Manichei. Nati in Medio Oriente, si trasferirono in Europa attraversando Turchia e Balcani, insediandosi in Francia nel XII secolo. Furono sterminati nel 1244 dai francesi. Essi avrebbero potuto portare con sè il Graal durante le loro peregrinazioni. In questo caso esso si troverebbe nascosto nei sotterranei della loro fortezza. Secondo Wolfram von Eschenbach, il Graal si troverebbe nel castello di Munsalvaesche, che significa "Monte Salvato" o "Monte Sicuro" (Montségur). Si sa per certo che negli anni '30 il tedesco Otto Rahn, colonnello delle SS, e il filosofo Alfred Rosemberg, amico di Hitler, intrapresero ricerche a Montségur e in altre fortezze catare, alla ricerca del Calice. Otto Rahn scomparve misteriosamente. Secondo alcuni fu rinchiuso in un campo di concentramento perché "sapeva troppo".
- Abbazia di Fécamp (FRANCIA)
Secondo una storia franco-normanna, Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue coagulato di Gesù nel suo guanto di ferro. Giunto a casa, depose il sangue in uno scrigno prezioso (forse si riferisce al Graal). Affidò la reliquia a suo nipote Isacco, il quale lasciò Gerusalemme per Sidone. Qui, fu avvertito in sogno di un pericolo imminente, e decise di proteggere il sangue del Salvatore. Si trovò davanti ad una pianta di fico che aveva le dimensioni adatte. Scavò una nicchia, e vi nascose il Preziosissimo Sangue. Perché l'umidità non lo rovinasse, preparò un tubo di piombo che lo proteggesse. Appena ebbe completato l'opera di occultamento, improvvisamente la corteccia dell'albero si riaccostò, e sanò il taglio che lui aveva praticato. L'albero, però, si trovava vicino al mare. Rischiava, dunque, di essere travolto dalle onde. Alla fine concluse che forse era proprio quella la volontà di Dio, e si decise a tagliare l'albero all'altezza delle radici. Lo spinse in mare, e questo scomparve presto dalla sua vista. Il fico giunse in Gallia, l'attuale Francia. Fu dunque inviato un messaggero a Isacco per avvisarlo che il tronco era intatto. Il territorio della Normandia ove l'albero si era arenato venne chiamato Fici Campus, attualmente Fécamp. Venne ritrovato dopo alcuni secoli, e il Preziosissimo Sangue fu sigillato in un'ampolla di cristallo e conservato nel sacrario dell'abbazia della Santa Trinità di Fécamp. Secondo Jessie Weston, l'ampolla sarebbe il vero Graal, che influenzò tutta la letteratura graaliana. La tesi è espressa in Quest of the Holy Grail, (1913).
- Provenza (FRANCIA)
Secondo Alfred Weisen il termine Graal deriverebbe dalla contrazione di Gross Aal, ovvero "Grande tempio" in una lingua dimenticata. Il tempio cui si riferisce sarebbe costituito da una zona delle Gorges du Verdon, in Provenza, delimitata dal disegno di uno zodiaco di 15 chilometri di diametro tracciato sul terreno da fiumi e sentieri, e visibile solo da alta quota.
- Shropshire (INGHILTERRA)
Ho ricevuto una e-mail riportante queste notizie: "Alcuni sostengono che il Graal sia custodito in una fattoria dello Shropshire, ed è realizzato in legno d'ulivo. Col passare degli anni, il legno si è consumato, ed è rimasta solo la mezza coppa sinistra. E' stata consegnata alla famiglia che vi abita qualche secolo fa, e si dice avesse poteri curativi. Chi in paese fosse malato, si recava nella casa e beveva un sorso d'acqua dalla coppa."
- Roslin Chapel, Lothian (SCOZIA)
Il celebre ricercatore del Graal Trevor Ravenscroft annunciò nel 1962 di aver concluso una ricerca che durava ormai da 20 anni. Disse d'aver trovato il Graal nel cosiddetto Pilastro dell'Apprendista, all'interno della Cappella. La cappella è a tutt'oggi visitata da moltissimi ricercatori del Graal, e non è difficile ritrovarvi moltissimi riferimenti al Graal nelle sue incisioni e sulle vetrate. Metal-detectors sono stati utilizzati sul pilastro, ed è stato localizzato un oggetto nel centro del pilastro. Lord Roslin, il proprietario, ha assolutamente vietato di utilizzare i raggi X sulla colonna. Questa ipotesi è trattata in "The Sword and The Grail" di Andrew Sinclair, su cui si legge tra l'altro:
"Sulla pietra tombale di Sir William de St. Clair a Rosslyn, compare un calice in cui è inscritto una rosa-croce ottagonale con un fiore nel centro che sta ad indicare il Sangue di Cristo.
Si tratta di una delle più antiche rappresentazioni del Sangue di Cristo, che deriverebbe dalla scoperta di rivelazioni Gnostiche contenute in segreti Vangeli ritrovati dai Templari e in seguito trasmessi alla Confraternita della Rosa+Croce, che considerava il cuore di Gesù come il tempio ove la vita del mondo veniva generata, come la rosa e la coppa. Ciò suggerisce anche una connessione tra i Templari e i Catari, prima della Crociata contro gli Albigesi. I Catari erano anch'essi Gnostici, e furono molto influenzati dal trovatore Courst che scrisse in lingua d'Oc, in particolare nell'epico e cavalleresco "Roman de la Rose", e nel successivo romanzo sul Graal. In questi scritti i Templari, avvolti nelle loro tuniche rosso-crociate, sono i custodi del segreto della "rosa dentro il calice". Il Graal sulla pietra tombale di St. Clair spiega anche il motivo per cui attualmente esso venga custodito nel pilastro dell'apprendista nella Rosslyn Chapel, un pilastro costruito proprio per custodirlo. Se le reliquie Templari raggiunsero Rosslyn, potrebbero esser state affidate ai St. Clairs per sicurezza. Gli odierni templari di Scozia possiedono una coppa ingioiellata risalente al Medio Evo, che potrebbe essere appartenuta al tesoro dei Templari. E come sono esistiti i guardiani della Santa Croce, così i St. Clairs potrebbero essersi sentiti investiti del compito di custodire il Santo Graal nella loro cappella."
- Oak Island, New Scotland (USA)
William Crooker, in una pubblicazione, sostiene che i Templari si sarebbero messi in salvo dallo sterminio perpetrato ai loro danni da Filippo il Bello, e il loro mitico tesoro sarebbe stato portato, da Henry Sinclair, in Nova Scotia nel 1398. Nascosto nel money pit, un profondissimo pozzo ancora inviolato, è oggetto della ricerca di moltissimi storici ed archeologici.
- Galles
Si racconta di una comunità nel Galles che faceva la guardia ad una coppa di terracotta contenuta in un calice d'oro. Aveva poteri taumaturgici ed era un potente strumento di benessere se si trovava nelle mani giuste. Nel 1880 un gruppo di studiosi, interessati ad argomenti esoterici come la Cabala e la divinazione con i Tarocchi, decisero di distruggere il Santo Graal. Nei dieci anni successivi il Graal fu più volte trasferito e nascosto, finchè trovò un posto sicuro. Tuttavia un Guardiano tradì gli altri e il Graal fu portato via. Una messa nera fu celebrata sul Graal per annullare il suo potere, e in seguito fu fatto a pezzi.
- Takht-I-Sulaiman (IRAN)
La fortezza di Takht-I-Sulaiman, centro principale del culto di Zoroastro, è straordinariamente simile al castello del Graal descritto da Wolfram von Eschenbach. Alcuni identificano Takht-I-Sulaiman con la mitica "Sarraz" in cui il Santo Graal sarebbe da secoli custodito.
- Valencia (SPAGNA)
In Spagna, nella cattedrale di Valencia, è conservato un calice per secoli venerato come quello che Gesù avrebbe utilizzato nel corso dell'Ultima Cena per la transustanziazione del vino. Accuratamente studiato, si è rivelato composto di tre parti: una base, costituita da una tazza capovolta; uno stelo, decorato con pietre preziose e perle; una coppa, in cornalina (varietà di calcedonio, di colore rosso). Anche la base è dello stesso materiale.
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Il Calice di Valencia - Immagine tratta dal sito http://www.kathpedia.com/
La base reca su un lato un'iscrizione araba, che è stata variamente interpretata: 'larga piana', 'rosso incarnato', 'per colui che splende', 'per colui che dà luce', significati dei quali i primi due costituiscono una descrizione pertinente dell'oggetto; gli altri si riferirebbero invece alla sua destinazione. Altri significati proposti dagli studiosi sono 'gloria a Maria', 'gloria al Figlio di Maria', 'il Misericordioso', appello quest'ultimo tipico di Allah. C'è anche chi propone di leggere ALZAHIRA, il nome di una cittadina residenziale fatta costruire dagli Omaiadi di Cordova (dominanti su gran parte della Penisola Iberica tra la fine del I e l'inizio del II millennio d.C.) e andata distrutta con il crollo della dinastia. In questo caso la base del calice potrebbe provenire dall'assedio di Alzahira in cui vennero sconfitti gli Omaiadi. Lo stelo è il frutto di un raffinato lavoro di oreficeria databile tra il XII e il XIV secolo.
La coppa è sicuramente la parte più antica del calice e quindi quella che riveste maggiore interesse.
Secondo la Confraternita del Santo Calice di Valencia, il Vaso utilizzato da Gesù durante l'ultima cena, "non può esser stato perso di vista dopo la morte del Redentore, poiché molte volte i discepoli si riunirono nel Cenacolo. Il Santo Calice potrebbe esser stato portato a Roma da San Pietro, capo della Chiesa. Trascorsero, poi, due secoli e mezzo, durante i quali il fervore dei cristiani non aveva bisogno di una reliquia così singolare; in seguito, esistono chiari indizi per affermare che i vari papi celebrarono nei primi secoli la Messa nello stesso calice usato da Cristo durante l'Ultima Cena. In seguito l'imperatore Valeriano scatenò una sanguinosa persecuzione contro il cristianesmo, durante la quale morì martire Papa Sisto II. Il Pontífice, prima di morire, prese la reliquia e la affidò al diacono Lorenzo, originario di Huesca. Fu martirizzato anche questi, ma non prima di esser riuscito ad inviare alla sua città natale il Calice dell'Eucarestia, accompagnato da una lettera. Era l'anno 258 o, secondo altri, il 261."
Le cronache raccontano effettivamente che Lorenzo si rifiutò di consegnare ai persecutori i tesori della Chiesa romana. "Si ritiene che Lorenzo, al fine di salvare il patrimonio della Chiesa e in particolare il preclaro calice, l'abbia inviato in Spagna e proprio nella sua città, Osca, dove ancora vivevano i suoi genitori Oronzio e Pazienza, anch'essi successivamente martirizzati." (P.Baima Bollone, L'impronta di dio, Milano, 1985)
Prosegue la Confraternita: "Insigni storici dell'Aragona registrarono la permanenza della preziosissima coppa a Huesca durante i secoli seguenti, finché, nell'anno 713 la Spagna fu invasa dai Musulmani, e il vescovo di Huesca, chiamato Audeberto, decise di lasciare la città per rifugiarsi, con i beni che era riscito a salvare (tra cui il Santo Calice), sulla cima del monte Pano, su cui viveva l'eremita Juan de Atarés; qui fu fondato il monastero di San Juan de la Peña; e da qui nacque un gruppo di uomini che intrapresero la dura lotta per la riconquista contro i Musulmani.
E' possibile che questi eventi epici costituiscano l'origine o la fonte dei celebri poemi di Chretièn de Troyes e Wolfram von Eschenbach, che ebbero per protaginista Perceval o Parzival, che in seguito fu ripreso da Richard Wagner nel suo Parsifal. In tutti questi poemi c'è un Vaso meraviglioso, chiamato Graal.
Dal sito http://www.misteri.org/