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Visualizza Versione Completa : I "RACCONTINI INUTILI" di Mastro Titta



26-03-02, 22:40
Sono 23 racconti. Non hanno alcun nesso, l'uno con l'altro, se non quello di essere nati qui, o meglio nella vecchia "discarica" di POL. Molti forumisti li hanno letti o visti proporre tante di quelle volte che ormai ne avranno a sufficienza. Ma qualcuno forse non li ricorda. Chi non li ha mai letti, lo faccia pure senza paura: sono brevi. Inutile aggiungere che sono opere di fantasia e che, pertanto, qualsiasi eventuale riferimento a fatti veramente accaduti o a persone veramente esistenti è del tutto casuale.Un caro saluto. Mastro Titta e Antico Caffè Greco.

26-03-02, 22:42
Non amo ritornare a Bruxelles. La capitale belga è una città molto verde e ordinata, con sobborghi impreziositi da filari di splendide ville ma, a me, ricorda solo giornate d’interminabili riunioni di lavoro e tediose serate colme di locali intravisti dietro il cristallo di un bicchiere di liquore. Ma questa volta vi ritorno da turista, accompagnato da mia moglie, e il collega che, sempre premuroso, viene a prendermi all’aeroporto, mi riceve con un largo sorriso e con un’assicurazione: ci divertiremo.
Mantiene la promessa. Il Belgio, in particolare il versante fiammingo, è splendido: la medioevale Brugge, l’elegante Gand, il tenebroso Mare del Nord ci regalano immagini indimenticabili. Il collega è accompagnato dalla moglie, una olandesina bionda come devono essere tutte le olandesi per essere riconosciute quando non indossano gli zoccoli.. Vive ad Amsterdam, dove il marito la raggiunge ogni domenica, ma è venuta in Belgio per l’occasione. La ragazza è piccola e silenziosa. Partecipa a fatica alle nostre discussioni. Si scusa, dicendo di non parlare molto bene il francese, ma ho l’impressione che invece sia assente per seguire i suoi pensieri lontani.
L’ultima sera siamo a cena ad Anversa. La città, armoniosamente distesa con le sue mille guglie sul gran fiume che l’attraversa, ci fa innamorare di lei. “Hai notato” mi dice il collega “che le giornate qui sono lunghissime? Il sole tramonterà molte ore dopo cena.” Lo ascolto appena, completamente immerso nell’osservazione di quel fiume maestoso che consente il transito persino alle petroliere e che riflette l’immagine luminosa di centinaia di colorati tetti ad angolo acuto. “Mia moglie mi tradisce” mi dice il collega. Si è alzato un po’ di vento e le gialle bandiere delle Fiandre sbattono sul molo. “Sono mesi che praticamente vive con un tizio del Suriname” Io rimango silenzioso a fissarlo, temendo di non capire. Si è fatto veramente freddo. Indosso il maglione di cotone che mi ero previdentemente portato. Capisco. O, almeno, credo di capire. – Tra due mesi si dovrebbe liberare L’Aia – sussurro quasi sottovoce – fai domanda. Io vedo di parlarne al Ministero. Non è bene lasciare incustodito il proprio letto troppo a lungo. Vedrai, forse non è finita, forse si potrà trovare rimedio…”
Una lunga chiatta con traino passa di fronte a noi. “Mi sembra stupido “ fa l’amico “l’anno prossimo dovrei essere promosso. Dopo, magari…ci potrebbe essere Parigi…”
- Ma Parigi - risposi -è ancora più lontana da casa tua...-
Il cielo si è un po’ scurito. Sulla chiatta di fronte a noi un marinaio ubriaco, che probabilmente non sa dove sta e neppure dove va, ci grida qualcosa che non riusciamo a comprendere. Il collega gli risponde in inglese ma il tizio, in canottiera nonostante il freddo, ci fa segno di non avere inteso. Ci passiamo vicino. Ci parliamo ma in realtà non ci capiamo. Non ci vogliamo capire…
E questo maledetto sole, qui alle nostre spalle. Che non si decide mai a tramontare.

27-03-02, 09:38
In una delle più belle ville nei sobborghi di Bruxelles, i vertici delle Amministrazioni pubbliche in visita di lavoro nella capitale belga vengono periodicamente invitate al solito cocktail offerto da un giovane ma ben introdotto funzionario italiano della Commissione Europea. La padrona di casa, una piacente signora russa, assolve ai suoi compiti con la nonchalance di chi conosce istintivamente la non semplice arte del ricevere. Era stata avvertita certamente del mio arrivo, perché ho la sensazione che mi cerchi tra i diplomatici e i dirigenti generali che all'ingresso consegnano i loro cappotti al cameriere. A me non porge la mano col palmo lievemente rivolto verso il basso, ad incentivare il goffo baciamano di quei attempati signori, ma mi abbraccia e risponde al mio abbraccio. "Come sta Rico?" mi domanda, richiamando il curioso nomignolo del più grande tra i miei figli.
Quindici anni prima si trovava a casa mia, ad accudire il piccolo nuovo nato. "Come mai conosci così bene l'italiano" le chiesi allora "I turisti italiani a Mosca erano tra i più simpatici e generosi" mi rispose con un sorriso disarmante "mi portavano spesso a cena o a ballare e mi facevano tantissimi regali". E come sei arrivata? "Avevo iniziato una relazione con un siciliano in vacanza. Gli dispiaceva mollarmi in Russia e mi ha mollato due mesi dopo…ma in Italia". Rimase due anni a casa mia. Poi conobbe il giovane diplomatico. Era molto bella. Si sposarono. E poi il Belgio.
"Allora, come sta Rico?" Il marito l'avrebbe fulminata con gli occhi. Vorrebbe cambiare discorso, ma lei non glielo consente. "io e Mastro Titta ci conosciamo da molti anni, abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto per due anni…" io guardo il marito e aspetto che spieghi che la moglie era stata la baby sitter dei miei bambini. Ma lui finge di non capire e comincia a conversare in francese con un nuovo arrivato. Evidentemente ritiene più dignitoso far sospettare che io e la moglie abbiamo avuto una relazione piuttosto di ammettere pubblicamente che essa svolgeva un lavoro "servile".
Un ora dopo mi congedo. Nell'accompagnarmi alla porta, la mia ospite russa, mi dice sottovoce "Non farci caso, in fondo è un provinciale, come quasi tutti questi qui…E' stato un onore per me lavorare a casa tua e per una persona come te." Mi porge la mano. Questa volta gliela bacio. Il marito mi saluta con un sorriso aperto e caloroso "Spero che sarai dei nostri ogni volta che passi da Bruxelles!" Certamente.
Molti sono i grand commis che, tornando da Bruxelles a Roma, amano raccontare delle sontuose cene offerte dal nostro brillante diplomatico e della sua bella moglie russa.
Io non sono più stato invitato.

27-03-02, 19:23
Antico Caffè guidava la vettura di servizio che lentamente s’inerpicava lungo il vialetto di ghiaia che attraversava Villa Pamphili, verso la palazzina Argardi, sede di rappresentanza del Presidente del Consiglio, che si ergeva al centro del suo incomparabile giardino all'italiana. A bordo, oltre al Vecchio Boia, un noto stilista e una ragazzina. Quest'ultima, bruna e minuta, con un maglione di tre taglie più grande del necessario, fumava nervosamente guardando fuori dal finestrino. Aprendole la portiera per farla salire, Antico Caffè le aveva lanciato un'occhiata distratta e aveva concluso che non ne meritava una seconda. Anche lo stilista la ignorava ma soprattutto perché era impegnato a descrivere il progetto che voleva realizzare.
"Sarà una splendida sfilata, caro Mastro Titta. La cornice dell'area riservata di Villa Pamphili che circonda la palazzina è insuperabile. Crede che sarà possibile far accomodare trecento ospiti?
Il Boia aveva le idee chiare e rimase a confabulare con lo stilista a lungo. Fecero un buon lavoro. La sfilata, che vide tra gli intervenuti molti di "coloro che contano", fu veramente degna delle attese. Naturalmente Antico Caffè si mise seduto nelle prime file, accanto al suo principale, per poter osservare da vicino tutto quel "ben di Dio" che gli scorreva ancheggiante all'altezza degli occhi. Le modelle erano tutte alte, magrissime, sexy ed altezzose, con quelle lunghissime gambe che apparivano all'improvviso ad un metro dal naso del poveruomo, per poi riavvolgersi con una piroetta tra i veli. Una modella in particolare aveva attirato gli occhi di tutti i maschi presenti che non riuscivano a staccarsi dalla generosissima scollatura che evidenziava i seni minuti. I capelli elaboratamente raccolti dietro il collo, l'attillatissimo abito che illudeva nel suo gioco di trasparenze e il portamento austero e distaccato ne facevano una donna da sogno.
" Che donna favolosa, eh Maestro?
Il Vecchio la fissò per qualche secondo.
- Non l'hai riconosciuta? Si tratta della ragazzina che abbiamo accompagnato insieme allo stilista, un paio di settimane fa…
Antico Caffè rimase incredulo.
"Hai visto come siamo noi uomini?" disse il Boia "crediamo all'esistenza delle donne bellissime. E' un sogno, caro amico, quasi tutte le donne sono bellissime…metti loro indosso un vestito di alta sartoria, insegna loro un po' di portamento, consegnale nelle sagaci mani di un truccatore professionista e di un parrucchiere "di grido" e le vedrai trasformarsi in quello che tu desideri e non sapevi di possedere. Se parli con uno dei numerosi fotografi di moda che stanno qui intorno, ti racconteranno che quei luminosi e levigati volti di attrici che pubblicizzano i prodotti cosmetici devono tanta bellezza ad un particolare fondotinta fotografico che nasconderebbe anche le cicatrici di guerra se quelle donne le avessero. Sono maschere, mio insulso autista, sono loro le vere maschere che non esistono…altro che i nick dei forum! E invece, invece di capirlo, noi maschi siamo tutti qui a sbavare dietro a queste truffe e sottovalutiamo le nostre compagne, loro si "vere", che in questo momento stanno combattendo con la lavastoviglie che non funziona o finendo di rammendarci il bottone della camicia. Se avesse lo stesso tempo da dedicare solo a se stessa che hanno queste ragazzine, non credo proprio che tua moglie avrebbe nulla da invidiare a quella modella…"
Questo disse Mastro Titta. E il suo assistente-autista per lungo tempo si è guardato bene dal diffondere il ricordo di una conversazione tanto futile e su argomenti così lontani dai profondi pensieri che accompagnarono in seguito il suo folle amico, sino al mortale epilogo in fondo alla discarica.
Ma recentemente, ritornando a casa, Antico Caffè, che nulla mai aveva capito degli insegnamenti dell’antico principale, guardando la moglie che ancora alzata sistemava le camicie nell'armadio, ricordando improvvisamente quell'episodio lontano, ha avuto come l'impressione di aver compreso tutto ciò che, per un cuore semplice come il suo, in fondo conta del messaggio del suo Folle Amico ed è andato ad abbracciare la moglie come da molto tempo non faceva.
"Sei la donna più bella del mondo" le ha detto, sincero come mai era stato in vita sua.
La moglie, sentendo quanto lui la desiderasse, ha protestato debolmente: "Tesoro…ci sono i bambini.."
"Hai ragione" ha detto l'assistente del Boia.
E ha chiuso la porta a chiave.

28-03-02, 15:20
Antico Caffè non riusciva a ricordare chi fosse quel pallido e magro signore che il Maestro aveva accolto nel suo ufficio con tanta deferenza. Dai modi del suo principale, che ormai conosceva anche nei dettagli, arguiva però che doveva trattarsi di persona di riguardo verso cui Mastro Titta nutriva autentica simpatia.
"Come ti senti adesso?"
- Adesso meglio, caro Mastro Titta, molto meglio. Ma questi quattro mesi hanno rappresentato una prova durissima. Non vedi come sono dimagrito? Impressionante, quasi diciotto chili…è incredibile la velocità con la quale si dimagrisce dopo che il tuo medico, avendoti guardato serio, di dice ..oppure rischia un nuovo episodio . Lo chiamano proprio così, episodio, come se si trattasse di uno dei tuoi "raccontini inutili". Non voglio che mi accada di nuovo, Titta. Non per me, credimi, non voglio rivedere quello sguardo sgomento sul volto di mia moglie…
"Ma cosa dici? - lo interruppe il Maestro cercando di cambiare discorso certo… all’inizio dovrai stare un po' attento ma vedrai che presto ritornerai in gambissima. Pensi di riprendere il vecchio incarico di capo gabinetto?
L'uomo sorrise. Ma era un sorriso più compassionevole che amaro.
- Non ci penso neppure. Vedi, il giorno che tutto il mondo ha deciso di stringere il mio cuore nel suo pugno e che io ho provato, per la prima e spero ultima volta, la morsa dell'universo…un atroce sgomento che ti assale e che ti fa apparire il terribile dolore alla spalla e al braccio quasi accettabile rispetto a quello che intuisci ti tormenterà un istante dopo…quel giorno, dicevo, avevo la mia scrivania tutta ingombra di bigliettini di "cose da fare", di “promemoria” e di “impegni inderogabili” e la mia agenda aperta piena di annotazioni di riunioni a cui partecipare, di appuntamenti presi o da prendere, di questioni da risolvere…
- Lo so bene. E' la vita che facciamo tutti..
- E' la vita che facciamo tutti noi che ci sentiamo il centro dell'universo. Quante volte non torniamo a casa perché "abbiamo troppo da fare"? L'ufficio ha bisogno di noi…noi siamo indispensabili…Ebbene, caro Mastro Titta, sono rientrato oggi, dopo oltre quattro mesi, nel mio ufficio. I bigliettini erano ancora tutti lì sulla scrivania e nessuno li aveva letti, le riunioni si erano svolte ugualmente e gli appuntamenti erano saltati senza che il mondo se ne accorgesse. Il mio lavoro era tranquillamente andato avanti senza di me e nessuno, dico nessuno, aveva sentito la mia mancanza. Tutto quel mio impegno, quel mio affannarmi, che tanto aveva contribuito alla mia malattia, non era assolutamente necessario. Noi infartuati siamo solo dei suicidi. Ma quello che è grave è che, in fondo, ci suicidiamo senza nessun valido motivo. Ci suicidiamo per generosità. Ci suicidiamo per presunzione…
Riaccompagnandolo a casa, Caffè si accorse subito che il principale non era del suo solito umore. Vai piano, Caffè…non abbiamo nessuna fretta…ogni tanto un colpetto di freno…ogni tanto…"Il suo assistente sospettò che fosse rimasto impressionato dalla "morsa dell'universo" che si era stretta con tanta violenza intorno al cuore del suo amico. Probabilmente era così.. Oppure, il vecchio Boia, che in tante occasioni aveva dimostrato una lungimiranza ignota a tanti altri, già intuiva l'appuntamento che aveva fissato con quella stessa "morsa dell'universo" dieci anni dopo, in un fondoscala, mentre cantava una melanconica canzone d'amore ad una donna lontana, di cui nessuno gli sentì mai pronunciare il vero nome. Ma sono stanco di raccontare storie tristi e questa è una storia che abbiamo già raccontato.
Mastro Titta

07-04-02, 21:41
“Meno male che questa sera è venuto lei a trovarlo, caro Professore, il nostro Mastro Titta sta diventando sempre più solitario e intrattabile. Ci voleva la visita di un amico!” . Il Professore annuì mentre si versava il suo secondo bicchiere di porto. Con la scusa di non riuscire a trovare quella marca da nessuna parte veniva spesso a berlo in casa del Boia, che invece lo trovava benissimo anche nel supermercato sotto casa. “In effetti, caro Caffè, il Maestro è più meditabondo e distratto del solito. Pensa che io ero venuto per raccontargli una storia che ritengo potrebbe essere un oggetto interessante per uno dei suoi prossimi raccontini ma lui non mi ha voluto ascoltare. Mi ha detto “la ascolterò solo se parla di una procace ninfomane che decide di battere il record mondiale di durata in prestazioni sessuali accompagnandosi ad un vecchio ma ancora prestante boia in pensione.” Gli ho detto “Caro Maestro, questa non mi sembrerebbe affatto una bella storia da scrivere!” E lui “E chi la vorrebbe scrivere? Mi accontenterei di sognarla!”.
Antico Caffè Greco rinunciò al tentativo di riporre la bottiglia ormai semivuota. “Non ci faccia caso, Professore, la senilità del Maestro ormai gioca brutti scherzi. Quale storia voleva raccontargli? “Una storia vera, come tutte le storie del vecchio Titta. Tu lo sai che io ho un fratello che, molti anni fa, è stato gambizzato dai terroristi? “ Caffè Greco sospirò. Tutti sapevano che il fratello del Professore, anche lui economista di buona notorietà, era stato oggetto negli anni settanta di un attentato che lo aveva costretto molte settimane in ospedale. “Ma certamente non sai” continuò il cattedratico versando l’ultima goccia di porto nel suo bicchiere “ che io ho anche una figlia che, alcuni anni fa, ha avuto un brutto incidente in autostrada.” Il volto di Caffè Greco era privo di espressione. Cosa diavolo c’entrava il fratello ferito con l’incidente della nipote? “Non fu un brutto incidente. Ma poteva esserlo. Mia figlia e la sua amica andavano a velocità sostenuta nonostante la nebbia abbastanza intensa. Il Tir che avevano di fronte frenò repentinamente ma, grazie al cielo, il tamponamento fu lieve. Un giovane si era infatti accorto di un incidente che bloccava la strada oltre la curva e, coraggiosamente, era sceso dalla propria auto con una torcia elettrica per segnalare agli altri veicoli il grave pericolo. Purtroppo, per realizzare quel nobile intento, fu travolto e ucciso. Quel giovane perse la vita per salvare quella di molte altre persone, tra cui mia figlia. Capisci il problema?” No, non ci capisco nulla. Cosa diavolo c’entra suo fratello gambizzato dai terroristi con sua figlia salvata da un automobilista?
“Non capisci perché tu leggi solo le pagine sportive..” disse ridendo Mastro Titta entrando nella stanza. Si era messo il suo solito papillon a pois e evidentemente si accingeva ad uscire. Il vecchio cuore anarchico dell’assistente del Boia ebbe un lieve fremito d’indignazione “Se sono ignorante, Maestro, m’illumini…” Non te la prendere, non puoi conoscere la storia che il professore cerca di raccontarci, sei troppo giovane. Anni fa il figlio primogenito di un importante notabile democristiano, Marco D.C., diventò il capo di una colonna di terroristi. Erano tempi in cui molti giovani idealisti avevano fatto la scelta sciagurata della lotta armata. Il figlio di questo ministro della Repubblica non era peggiore né migliore di tanti altri malconsigliati ragazzi che furono rovinati da quella enorme follia collettiva. Probabilmente questo giovane ha partecipato al ferimento del fratello di questo nostro amico professore che sta finendo di svuotarci il bar. Non è cosi?” “Secondo i magistrati, non esiste alcun dubbio a riguardo…”ribadì il Professore.
Antico Caffè Greco non parve convinto. “Continui a non capire? Eppure è facile. Marco D.C. , l’uomo che ha cercato di uccidere lo zio, è lo stesso eroico ragazzo che ha salvato la vita alla nipote. Alcuni anni dopo, scarcerato per essere assoggettato a pene alternative, si è trovato su quella maledetta autostrada.. e ha sacrificato la propria vita per salvare quella di alcuni sconosciuti. Il Professore si trova quindi in questa insolita posizione psicologica: deve odiare quel terrorista che ha riempito di piombo il fratello oppure deve essere grato all’eroe per quello che ha fatto per la figlia?”
Il Professore si alzò trionfante. “Ecco, mio caro Boia, hai centrato il problema. Non è un buon oggetto per un raccontino? Come possiamo, in definitiva, giudicare una persona così controversa?”
Veramente, mi sembra una stronzata!” si lasciò scappare Caffè. “Una volta tanto sono d’accordo col mio acuto assistente” disse Mastro Titta “non abbiamo certamente bisogno di episodi come questo per sapere quanto di negativo si possa annidare nel cuore di una persona “per bene” e quanto di buono si possa trovare anche in quello di un presunto malvagio. Gli esseri umani si somigliano molto più di quanto essi stessi non immagino.” E prese la porta di casa.
Maestro, ma dove va?
“A cercare una ninfomane…” ridacchiò il vecchio Boia scendendo le scale.